Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: FuoriTarget    25/03/2010    3 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
10





10




Il risveglio arrivò troppo presto.
La nausea era ancora lì dietro la gola, bussava alla porta della bocca con moderata insistenza e non sembrava intenzionata a lasciarla in pace. La nottata non era stata affatto piacevole: tra il vomito, gli incubi e il dolore lancinante dietro la fronte non aveva praticamente chiuso occhio fino all'alba.

La prima cosa che percepì dopo aver ripreso coscienza fu la sensazione di scardinamento di tutti gli arti, si sentiva come se l'avessero centrifugata dentro una lavatrice al massimo dei giri. La schiena il collo e tutte le articolazioni dolevano e al solo pensiero di muoverle un senso d'oppressione si fece spazio tra la nausea e la sonnolenza.
Oltre tutto questo non ricordava affatto come e quando Manuel l'avesse condotta a casa sua.
Se n'era accorta durante una delle numerose tribolazioni che aveva patito la notte, per sbaglio rivoltandosi per trovare una posizione comoda era finita addosso al corpo caldo e muscoloso dell'ultima persona che avrebbe voluto trovarsi accanto, che -per inciso- non aveva mosso un dito per aiutarla se un grugnito scocciato. Ci aveva pensato parecchio ma non era riuscita a venire a capo del dilemma prima di addormentarsi di nuovo, e al risveglio la domanda era tornata lì a tormentarla. Come cavolo era finita dal parcheggio delle Colombare al letto di Manuel in reggiseno e mutande?
Pian piano aprì gli occhi e riconobbe le sue cose abbandonate sulla sedia della scrivania, il vestito e la borsa cacciati là da mani disattente.

"perchè evo sempre cacciarmi in questi casini?" pensò riprendendo coscienza di se e osservando perplessa il secchio e l'asciugamano posati a terra accanto al comodino. Si guardò attorno spaesata, Manuel chiaramente non c'era, e lei non aveva la più pallida idea ne di che ore fossero e ne dove lui potesse essersi cacciato. Provò a scandagliare i rumori della casa, ma sembrava vuota, e si ripromise di fargli il culo quando si fosse fatto vivo: non poteva lasciarla in casa sua da sola e senza vestiti!!!
Cercarlo era evidentemente inutile, arrabbiarsi uno spreco di energie e un incentivo al mal di testa, per cui riaccoccolarsi sotto le coperte era in assoluto la scelta migliore che potesse fare.


Passarono pochi secondi o forse anche un'ora o una settimana, non si accorse quanto ancora aveva dormito quando la voce di Manuel riempì la stanza.
-il tuo cellulare sta suonando da due ore.-
Non poteva essere vero, non si era nemmeno voltato, come poteva averla sentita?? Aveva parlato proprio pochi secondi dopo che lei aveva aperto gli occhi, non era normale, cos'era diventato anche veggente?   
Si riscosse in fretta da quei pensieri idioti per concentrarsi su ciò che le era stato detto.
-a si?- esordì con le voce impastata.
Le sembrava di aver dormito troppo e troppo poco allo stesso tempo. Si stirò i muscoli delle gambe sotto le coperte e poi, nell'attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata, venne il turno delle braccia e della schiena. Infine si rassegnò ad aprire del tutto gli occhi e ispezionare l'ambiente. Era domenica, e come tutte le domeniche in quella camera il caos regnava sovrano perchè Sonia aveva il weekend libero. Le magliette i jeans di un paio di giorni prima giacevano a penzoloni sulla poltrona, le dunk abbandonate accanto all'ultimo gradino della scala con dentro ancora dei calzini grigi, probabilmente sporchi; a destra invece correva il lungo tavolo da lavoro di Manuel sovrastato da quattro mensole di libri.
Là c'era lui, seduto davanti al portatile e assorto in chissà quali misteriosi affari. Sulla scrivania un collage di quaderni libri appunti e post-it davano finalmente alla stanza l'aria di adolescenza che le mancava.
Alice lo osservò senza muoversi, doveva essere andato a correre a giudicare dai pantaloncini e dalla maglia sbracciata segnata da grossi aloni di sudore. In una mano stringeva li-pod ancora acceso e le cuffie penzolavano sul petto.
-perchè sono in mutande e reggiseno?- si azzardò finalmente a chiedere
Lui nemmeno in quel caso si mosse: -il tuo vestito puzzava di vomito e birra.-
In effetti fino alle svariate birre, ai salti sull'erba con le altre due la memoria ancora non la tradiva, era da là in poi che si offuscava, mentre dal momento in cui si era inginocchiata di fronte ad un albero il vuoto era quasi totale.
-ha!- si limitò a questo prima di ricordarsi del cellulare: -dov'è finita la mia borsa?- era decisamente il momento di spostare l'attenzione su altro.
Solo a quel punto lo vide voltarsi, cercarla tra le lenzuola con la coda dell'occhio e per poi indicarle il fondo del letto con la mano. Stretta nel lenzuolo ALice raggiunse la sua meta e incredibilmente le bastò allungare un braccio per ripescare il cellulare dalla borsa.
Sei chiamate perse e due messaggi.
Tre di casa e tutte le altre di Laura, i messaggi invece erano tutti suoi.
"tua madre ti ha cercata un casino di volte. chiamami appena leggi questo mess" L'urgenza e il tono di Laura non presagivano niente di buono, il secondo era ancora peggio: "l'ho fatta parlare con mia madre e mi devi un bel po' di favori, ma tu CHIAMAMI!!!"
Senza esitare andò a ripescare il numero dell'amica dalle ultima chiamate, ma nel momento esatto in cui premette il tasto verde lo schermo lampeggioò un paio di volte e poi si spense lasciandola a bocca aperta: -cazzo! batteria scarica....- esclamò lasciandolo cadere sull'altro lato del letto. Quando si dice la sfiga..
-tieni- brontolò un voce sopra di lei, non si era nemmeno accorta che si fosse alzato vide solo il Blackberry nero atterrare tra le sue gambe con tonfo leggero. Alice lo guardò un attimo interdetta, un dubbio affiorò subito nel mare della confusione della sua mente, ma non ebbe nemmeno il tempo di elaborarla che la risposta arrivò inaspettata.
-è inutile che ti arrovelli il cervello, la tua amica sa già che hai dormito qui...- e detto questo sparì dentro al bagno.
A quel punto non si prese nemmeno lo scrupolo di chiedere spiegazioni, compose il numero alla svelta con gli occhi puntati sulla porta del bagno. Manuel era in piedi davanti allo specchio a torno nudo e la guardava attraverso il riflesso davanti a lui.
Al secondo squillo la voce trillante di Laura le trapanò il timpano: -finalmente!!! ti ho chiamata un sacco di volte..-
-mmmh non urlarmi nelle orecchie: ho mal di testa e ho dormito poco, le ho viste le chiamate e anche i messaggi.- e una porta venne chiusa proprio quando Alice aprì bocca.
-tua madre ha chiamato un'ora fa, ieri le ho detto che avresti dormito da me, ma stamattina non sembrava molto convinta quindi l'ho fatta parlare con Luisa. E questo merita un favore bello grosso!- fece una piccola pausa, troppo corta però perchè Alice potesse intervenire: -mia madre ti ha coperta ma ti conviene spicciarti ad andare a casa. Prima però raccontami tutto!!!!-
-tutto cosa? non mi ricordo nulla..-
-ci credo con la sbronza che hai preso! mi meraviglio che tu sia così arzilla...perchè mi chiami col suo numero?-
-il mio è scarico- brontolò grattandosi i capelli, il solito interrogatorio..
-puoi parlare?-
Alice non amava affatto il tono cospiratorio che usava Laura contro Manuel, però tese l'orecchio comunque per controllare: dal bagno arrivava lo scrosciare ritmico della doccia e nient'altro.
-si, è sotto la doccia-
-è andato tutto bene? non ti ha molestata vero? quello sarebbe capace di qualsiasi cosa...-
-no, cioè si, è andato tutto bene. e' stato gentile, direi, o almeno  credo.-
-mmmh, chiamami se vuoi che ti venga a prendere o per qualsiasi altra cosa! ma prima chiama tua madre, credo abbia detto qualcosa a proposito di un pranzo e di tua nonna..sembrava incazzata.-
In quel momento le nubi si diradarono tutte in un colpo e Alice scattò in ginocchio sul letto: l'anniversario dei suoi genitori!
-cazzo il pranzo, mi ero dimenticata...devo correre, ti mando un messaggio se ho bisogno! grazie mille Laura!- e chiuse di scatto la telefonata.
Doveva correre e doveva farlo davvero, una schiera di parenti infiocchettati e impomatati l'aspettava per pranzo, i suoi festeggiavano venticinque anni di matrimonio e con ogni probabilità sua madre l'avrebbe uccisa se non si fosse presentata a casa in perfetto ordine per quell'occasione. Recuperò di corsa tutta la sua roba e constatò l'entità dei danni, il vestito era lurido, puzzava e aveva persino un piccolo strappo sull'orlo, decisamente se sua nonna l'avesse vista con una cosa del genere addosso l'avrebbe diseredata, ci voleva una soluzione e alla svelta.
-carini i capelli..-
La voce di Manuel la sorprese, era talmente concentrata sui suoi disastri che aveva scordato la doccia e il suo ospitante. Invece lui era là, in boxer con i capelli e il corpo tutto bagnato e la guardava divertito dalla porta del bagno. Alice si alzò per specchiarsi e l'immagine che si trovò davanti era davvero orrenda, urgevano manovre diversive.
-oddio!! è un casino e io devo correre!-
Certo se l'obiettivo era evitare di finire di nuovo insieme, le tattiche di Manuel non erano esattamente appropriate; non poteva, non era affatto corretto da parte sua uscire dal bagno in quelle condizioni, con quei cavolo di addominali scolpiti in bella mostra. No, lui la correttezza non sapeva nemmeno cosa fosse.
Quando entrambi si resero conto di essere mezzi nudi l'imbarazzo piombò nel silenzio: era talmente evidente che sembrava quasi che si fosse materializzato come una terza persona nella stanza. Alice si morse l'interno di una guancia per frenare l'istinto primordiale di saltargli al collo e baciarlo che l'era salito dallo stomaco, mentre Manuel per togliersi dalla mente l'immagine dell'ultima volta che le aveva tolto uno dei suoi stupidi completini, afferrò i primi vestiti che trovò nell'armadio e li indossò alla svelta.
Non riusciva nemmeno a guardarlo, i ricordi la tormentavano portando a galla la rabbia che l'aveva scossa le prime settimane. Stare nella stessa stanza con quel ragazzo le chiudeva lo stomaco. Quante volte ancora sarebbe dovuta finire così? Lui l'aveva sentita gridare, piangere e gemere tra le sue braccia, l'aveva vista spogliarsi per lui, giocare a fare la femme fatale, le aveva insegnato a fargli perdere la testa...come poteva ancora guardarlo negli occhi senza voler sprofondare??
Manuel intanto aveva ripreso a farsi i fatti suoi, seduto davanti al computer con una sigaretta tra le labbra.
-che ore sono?- fu Alice ad interrompere il silenzio
-appena passato mezzogiorno-
-cazzo! oggi ho un pranzo con i parenti, perchè martedì i miei partono. Se non corro a casa mia madre mi disintegra..- tuffandosi alla disperata ricerca di un elastico per i capelli nel casino della sua borsa.
La cosa più importante da affrontare era la questione vestiti, per questo lo chiamò con tono dolce e misurato.
-che vuoi?- chiese senza voltarsi

-avrei bisogno di...un prestito!-
-vuoi dei soldi?- la cosa lo lasciò perplesso, per quanto ne sapeva la famiglia di Alice non se passava affatto male, per questo si voltò a studiarla.
-nooo che hai capito!?...volevo dei vestiti in prestito, non posso presentarmi a casa in mutande o con questo coso puzzolente, te li restituisco domani!-
La guardò più imbarazzato che stupito, era una richiesta legittima in quelle condizioni, ma l'immagine di lei con i suoi vestiti addosso rievocò la sera della festa al BleuMoon. Ricordò la sua camicia azzurra troppo larga per lei che ne copriva le forme e scopriva generosamente le gambe sottili, la canzone dei Muse quelle dita che lo chiamavano e infine il bacio caldo che gli aveva dato in mezzo alla pista. Un brivido lo percorse lungo la schiena.
-prendi quello che ti serve..- le disse con un cenno verso l'armadio sull'altro lato della stanza
-grazie!- 
Aprì le ante del grosso armadio alla sua destra, non sarebbe stato facile trovare qualcosa che le andasse bene in quell'oceano di vestiti. C'erano un mucchio di scatole ammassate nelle mensole in alto, mentre sulle stampelle troneggiavano giacche e giubbotti e una sacca per abiti nera in un angolo, nell'altro lato trovò altre stampelle piene di jeans e le divise appese ordinatamente dietro un divisorio.
"è sorprendentemente attento all'abbigliamento per essere un ragazzo, ha quasi più vestiti di me.." pensò guardando le pile ordinate di magliette, i pantaloni appesi accanto alle camicie, i felpe le giacche e infine le cravatte appese all'anta.
-quante cravatte, ma le usi?- chiese lei innocente
-solo a scuola...le altre sono regali.- le rispose distrattamente. Alice non potè fare a meno di storgere il naso, chi mai avrebbe potuto regalare una cravatta a Manuel, di certo qualcuno che non lo conosceva davvero.
Prese una maglietta bianca a maniche corte da una pila di cianfrusaglie da basket e la infilò, era ovviamente troppo larga e lunga ma non ci fece caso, la cosa importante era coprirsi decentemente, avrebbe pensato a casa a sistemarsi, e proseguì alla ricerca di un paio di pantaloni.

Dopo qualche minuto non aveva ancora trovato nulla, erano tutti troppo larghi, Manuel l'aveva guardata per tutto il tempo in silenzio ma alla fine spazientito si alzò e attraversò la stanza raggiungendo l'armadio. Aprì un cassetto al disotto delle ante e ne estrasse un paio di vecchi pantaloncini rossi sintetici.
-questi mi vanno corti da anni, a te dovrebbero stare!- le disse sprezzante lanciandoglieli quasi in faccia.
Li guardò e li infilò titubante, ma si accorse che aveva ragione, certo non erano il genere di capo che poteva avere lei nell'armadio, ma erano pantaloncini larghi che le arrivavano al ginocchio con una fascia elastica alta in vita. Ci infilò dentro la maglietta e si voltò speranzosa verso di lui con le braccia aperte.
La squadrò seduto sul letto e gli uscì un sorrisetto arrogante.
-non è che sei un po' cleptomane...non fai altro che rubarmi i vestiti, ci provi gusto?-
-ahahah- rispose lei sarcastica -è solo per necessità!-
Raccattò in fretta il cellulare, e il vestito, riempì la borsa e afferrò i sandali: -mi fai mandare un messaggio? devo dire a Laura che mi venga a prendere.-
Manuel si alzò dal letto e schiacciò la sigaretta in un posacenere sulla scrivania, chiuse lo schermo del portatile dopo un'ultima occhiata e infine si decise a risponderle.
-non c'è bisogno: ti porto io.-

Così si ritrovarono insieme in ascensore, entrambi che evitavano insistentemente di guardare l'altro e con la consapevolezza che avrebbero voluto trovarsi in tutt'altra situazione.
Poi un dubbio assalì la mente di Alice; lei non ricordava nulla della sera prima, di come avesse fatto il suo vestito a puzzare di birra e vomito o come si fosse strappato e sporcato d'erba, ne in che circostanze si fosse spogliata. Divenne sempre più nervosa, studiava Manuel con la coda dell'occhio con l'assurda speranza di leggergli nella mente qualche ricordo della sera prima. E se presa dalla frenesia dell'alcol ci avesse provato con lui un'altra volta?
Era indecisa se sprofondare nella vergogna o incazzarsi per il mutismo del ragazzo.
-senti, io..ieri sera, cioè noi, non mi ricordo molto e..-
-no! non abbiamo scopato-
L'aveva interrotta prima ancora che finisse ma perlomeno si era tolta il dubbio e si concesse un lieve sospiro di sollievo che probabilmente Manuel non notò.
-ah ecco! b-bene direi..- si concesse un altro secondo per pensare ma già che erano in argomento, tanto valeva andare fino in fondo: -e perchè sono finita a casa tua?- e questa volta si azzardò ad alzare lo sguardo su di lui.
Senza tacchi faticava a guardarlo negli occhi.
-le tue amiche avevano la macchina piena e portarti a casa non mi sembrava una buona idea visto che non stavi in piedi- giocava col bordo della chiave e non si era nemmeno posto il problema di guardarla in faccia.
-allora bhè: grazie!-
-no potevo certo lasciarti là- le rispose con un'alzata di spalle, ma Alice non se ne curò, con lui più che con chiunque un gesto valeva più di mille parole.
Raggiunsero il box della famiglia Bressan e Alice non si stupì affatto davanti alla BMW lucida e imperlata che trovò dietro al portone automatico, era decisamente l'auto adatta a lui. Non l'aveva mai vista di persona -o almeno non in condizioni che ricordasse- ma le voci invidiose correvano a scuola, Jack ne tesseva le lodi ogni volta che vedeva Manuel sulla moto, mentre suo fratello sperava continuamente di convincerlo a prestargliela. La sua micra al confronto pareva la macchina dei Flinstones.
Passò i polpastrelli delicatamente sul cofano, attenta a non sfiorarlo con le unghie mentre Manuel prendeva possesso del posto di giuda senza tanti complimenti. Di sicuro avrebbe preferito la Honda parcheggiata in un angolo che lo chiamava come una sirena.
-perchè non la usi mai? è una bella macchina in fondo...- provò di buttare lì con noncuranza subito prima che il rombo del motore sovrastasse la sua voce.
Non le rispose, ingranò la prima e scivolò senza sforzo fuori dai garage sotto lo sguardo attonito di Alice, la quale non potè fare a meno di pensare che a lei sarebbero servite almeno due manovre solo per uscire dal box.
-preferisco la moto...- fu la laconica risposta che arrivò solo dopo un paio di curve.
Non che lei ne capisse molto, ma quella non doveva essere certo una semplice utilitaria e non si avvicinava nemmeno ad un banale regalo per i diciott'anni, di certo doveva costare parecchio: con i sedili in pelle, i finestrini posteriori oscurati e un impianto stereo da paura. Eppure suo padre aveva un suv scuro della Volvo, ne era certa perchè aveva accompagnato personalmente Manuel a riprenderlo nel parcheggio dell'aeroporto. E in famiglia c'erano solo loro.
-mah io preferisco questa, d'inverno in moto si gela!- e in quel preciso istante capì a chi doveva essere appartenuta quell'auto e il motivo per cui Manuel preferiva la moto sempre e comunque.
Per il resto del viaggio nessuno parlò, raggiunsero casa di Alice in una decina di minuti, giusto in tempo prima che lo implorasse di cambiare cd. Quella roba non faceva per lei.

L'auto si fermò sul retro davanti alla porta del garage su precisa indicazione della ragazza. Il tragitto era stato silenzioso e imbarazzante rotto solo dal suono dei Queens of the stone age, non sapeva bene perchè ma Alice sentiva che in lui qualcosa non andava, non riusciva a interpretare la sua espressione, sembrava scocciato e a disagio allo stesso tempo, non capiva cosa potesse aver fatto per meritare quel silenzio pressante.
La loro ultima conversazione sensata che ricordava era stata qualche giorno prima sui gradini d'entrata della scuola, non era stata una vera e propria conversazione, più che altro lui le aveva detto di lasciarlo in pace.
Si sentiva in imbarazzo anche lei pensando alla sue parole e al fatto che ora lui la stava riportando a casa dopo che avevano dormito insieme per l'ennesima volta. Lontani ma nello stesso letto.
Manuel invece non sapeva che fare, stava cominciando ad odiarla, più cercava di sfuggire da lei, più se la ritrovava tra le braccia  in un modo o nell'altro..ti avrei reso felice..quelle parole risuonavano cupe nella sua mente...ci apparteniamo!
-senti...grazie per avermi aiutata, non mi ricordo molto, ma ti devo un favore, quindi sarò pronta a ricambiare quando avrai bisogno!- cerava di essere ironica, ma voleva davvero ringraziarlo. Manuel nonostante tutto le era stato vicino in tanti momenti.
Giocava con un gancio della borsa tenendo gli occhi bassi, troppo codarda per incrociare il suo sguardo.
-non mi piace non sapere cos'ho combinato...-
Continuavano a non guardarsi.
-vedi di non ridurti più in quelle condizioni, non ho intenzione di tenerti ancora la testa mentre vomiti!- fu il suo laconico commento. Non si voltò nemmeno lui, ostinato a guardare lo specchietto.
-ciao- mormorò quindi impercettibilmente Alice aprendo la portiera.
Girò attorno all'auto con circospezione poi chiavi alla mano si avvicinò alla porta accanto al garage e scomparve senza voltarsi.
Ora doveva correre sotto la doccia prima che qualcuno potesse vederla.

Neanche a dirlo lunedì a scuola non si presentò proprio.
Si era alzato presto come sempre ma all'improvviso l'idea di rivedere Alice non lo allettava affatto. Dopo averla scaricata davanti a casa domenica mattina, aveva cercato di tenersi occupato con gli amici per tutto il pomeriggio, mentre la sera, conscio che si sarebbero adunati tutti al BM  era rimasto rintanato in casa a vedersi Trecento su Sky.
Quindi essere poi costretto ad incrociala a mensa non era esattamente nei suoi piani. Per questo arraffò qualche libro, l'i-pod, e le chiavi della moto prima di andarsi a rintanare da qualche pare. Da solo.
Si ritrovò senza neanche pensarci troppo davanti ad una delle sale studio dell'università, dove era ceto non avrebbe incontrato nessuno dei suoi amici. Il cellulare trillò un paio di volte all'arrivo dei messaggi di Jack e Sonia -che evidentemente aveva scoperto la sua fuga- ed elaborò velocemente una scusa per entrambi: al primo disse solo di essersi alzato tardi mentre alla seconda spiegò che aveva bisogno di libri per finire la tesina d'esame. Per tutta la mattina rimase chiuso là dentro, autoconvincendosi che era davvero là per finire la tesina, ma la sua testa era continuamente piena di pensieri che con avevano nulla a che fare con la "Critica alla ragion pura" di Kant. Alice Aroldi era il suo unico cruccio.
Le sue parole sull'amore e sull'appartenersi l'avevano toccato più di quanto non volesse ammettere, e si sarebbe fatto fustigare più che confessare che aveva passato le ultime due ore sulla stessa pagina del libro.
Per pranzo tornò a casa dove trovò un messaggio di Sonia sul frigo che lo minacciava di morte per aver trovato più di trenta mozziconi di sigaretta sparsi in tutta la casa. Era sempre stata fin troppo affezionata a lui: era lei a sgridarlo per il fumo e le nottate passate fuori, per i calzini sporchi lasciati in bagno e il disordine in camera. Lei che gli raccomandava di studiare di più matematica, lei che gli preparava le cotolette per cena quando prendeva un bel voto. Suo padre da un paio d'anni s'era fatto di nebbia, tornava a casa solo ogni due settimane per il weekend o addirittura per qualche giorno in più: in quelle rare occasioni s'informava solo del suo rendimento scolastico e del numero di assenze, a volte lo portava fuori a cena con qualche personalità del basket ma nulla di più.
E Manuel si era adattato a quella nuova versione della casa.
Raccattò qualcosa per pranzo e finì per mangiare sul divano davanti ai Simpson come faceva alle medie. Quando c'era ancora sua madre.
Poco dopo le tre Filo lo svegliò dalla pennichella con un messaggio: "hai preso 8 in fisica...il solito rottoinculo!!!"
E già pregustava il sapore della sua cotoletta alla milanese.

Martedì mattina purtroppo fu costretto da Sonia, che era entrata in camera già sul piede di guerra, ad andare a scuola alla seconda ora. Arrivò in classe giusto in tempo per sentire la penosa interrogazione d'inglese di Charlie passando inosservato alla prof.
Per le quattro ore successive non fece altro che ignorare i fratelli Zonin che cercavano il pelo nell'uovo nel racconto della sua fuga del giorno prima. Era Filo quello più dubbioso, sembrava convinto che avesse qualcosa da nascondere, mentre Jack che invece aveva colto nel segno lo scrutava senza dir nulla seguendone ogni respiro. Fu quasi un sollievo quando la prof di storia lo chiamò alla cattedra per interrogarlo sul processo di Norimberga.
Solo pochi minuti prima della campana Filo riuscì a stupirlo, se n'era stato zitto per quasi tutta la durata dell'esercitazione di fisica dell'ultima ora, glissando pure sul suo 8 in storia, poi all'improvviso l'aveva guardato di sottecchi e aveva mormorato nascosto dietro alle spalle di suo fratello: -non avrai mica ricominciato a vedere quel pirla di Cherubini???-
Manuel s'irrigidì all'istante, non ci voleva credere che il suo amico avesse avuto davvero il coraggio di pronunciare quella domanda!
Gli salì una rabbia violenta e bollente dallo stomaco che fece parecchia fatica a controllare, non rispose nemmeno perchè se avesse aperto bocca avrebbe finito col prenderlo a pugni, preferì fulminarlo solo con lo sguardo sperando che capisse che quel tasto non andava toccato.
-sta calmo!- si affrettò ad aggiungere l'altro: -è solo che ti ho visto strano e mi sono preoccupato...non guardarmi con quella faccia di pitbull incazzato!!-

A mensa la situazione si quietò, nessuno fece più domande inopportune sulla fuga e tutti ripresero i consueti ruoli: Filo sfotteva Charlie, il Vigna e Edo parlottavano a bassa voce di chitarre e concerti e il resto della scuola che tirava avanti nella mediocrità più assoluta.
Poi arrivò il suo momento di tortura personale...Alice entrò in mensa con la bionda al suo fianco, si mise in fila parlottando a bassa voce con l'amica presero un vassoio e l'una accanto all'altra attraversarono lo stanzone dirette ad un tavolo a pochi metri dal loro. E nemmeno per un misero istante lo guardò.
Manuel ne seguì ogni movimento, dalla camminata marziale e altezzosa che sfoderava quando si trovava al centro dell'attenzione, al gesto leggero con cui sistemò la gonna sotto le cosce. Ed era una maledetta bastarda, perchè lo faceva sentire bene.
La conosceva già da un paio d'anni quando all'inizio della quinta Jack gliela presentò ufficialmente. Era l'unica rossa della scuola, ma sebbene fosse discretamente carina, a lui le rosse non erano mai piaciute troppo. Eppure quel giorno qualcosa andò diversamente, quegli occhi blu così allegri e limpidi gli strapparono un sorriso e da quella volta divennero il suo cruccio.

Cominciò a guardarla ogni tanto a mensa giusto per distrarsi un po', all'epoca era ancora immischiato in giri troppo torbidi e non aveva nessuna voglia di uscire con Filo e i suoi amici. All'inizio era stato solo curioso di capire come una come lei potesse stare con un essere insignificante come Edoardo; Alice era bella intelligente, lo sapevano tutti e non c'era da stupirsi se in quel periodo anche Edo sfoggiasse una media ben superiore alle sue possibilità.
Non c'era malizia -in principio- poi col passare del tempo l'aveva trovata inconsciamente sensuale. Ma non nel modo in cui si sarebbe aspettato.
Dopo erano subentrati altri pensieri: pian piano si era accorto di quanto fosse carina con i capelli raccolti e di quanto le sue maschere da gran donna adulta fossero false. Camminava sempre con la schiena tesa, la pancia contratta e le spalle dritte come un colonnello dell'esercito, ma non aveva capito nulla. Era molto, molto meglio quand'era se stessa, quando ciondolava in giardino con la sigaretta tra le labbra, stretta in quel suo cappottino blu che la faceva ancora più magra. O quando si spostava una ciocca di capelli indietro. O quando imbarazzata finiva sempre per grattarsi l'interno del gomito sinistro.
Poi, per caso, ci era finito a letto e le cose erano cambiate tutto a un tratto in una sera.
Aveva scoperto che senza vestiti era ancora più bella e che quando rideva vicino al suo orecchio gli faceva venire i brividi dietro al collo.
In un primo momento si era pure illuso di poterla gestire, sopratutto quando si era finalmente liberata di Edoardo. Invece tutto era precipitato. Grazie a lui.
A volte passava interi minuti a guardarla da lontano, a mensa o in palestra, ripetendosi i motivi per cui era meglio che le cose rimanessero com'erano, una sorta di rito punitivo che si autoimponeva per scacciare i rimpianti.
La sua libertà era sempre il primo a venirgli in mente, ma anche il più labile perchè ci avrebbe rinunciato volentieri pur di riaverla almeno una volta.
Il secondo erano valanghe di complicazioni che Alice avrebbe portato con se: li aveva visti bene negli anni prima Jack e poi il Vigna, segregati e schiavizzati dall'amore...telefonate interminabili, serate sprecate in cenette romantiche e un continuo di compromessi e rinunce che facevano seriamente a pugni col suo carattere tremendo. Ricordava bene quella sera che aveva provato a giocare con Alice al fidanzato perbene, l'aveva portata a bere in un pub del centro e non era stato affatto male. Era alquanto evidente che lei fosse diversa e che non lo avrebbe mai costretto a fare una qualunque di quelle stronzate da fiori e cioccolatini. Purtroppo per lui era ben lungi dall'essere una noiosa palla-al-piede facendo cadere così una delle sue argomentazioni.
Infine c'era il motivo più importante, quello che ancora lo teneva aggrappato al suo rimpianto: il passato.
Stare con lei avrebbe significato inevitabilmente darle tutte le risposte che aveva sempre cercato di strappargli. E Manuel non ne aveva alcuna intenzione, avrebbe dovuto mettersi a nudo ed esporsi al suo giudizio. Conosceva bene Alice e sapeva che con molte probabilità non gli avrebbe mai perdonato certe scelte. E questo significava perderla.
Non poteva, proprio non poteva.
Ripensò ancora una volta alle sue parole mentre la guardava lasciare il tavolo con la sigaretta già in mano: "ti avrei reso felice..." perchè era certo che lei l'avrebbe fatto se solo lui gliene avesse data la possibilità.
Ma c'erano cose nel secondo cassetto del suo armadio che non era ancora pronto ad affrontare.
-ohi Manu?!!!- Filo lo scosse con una spallata riportandolo alla cruda realtà....quella senza Alice.
-a chi stavi guardando il culo maledetto porco?- lo canzonò seguendo la scia del suo sguardo.
A quel punto reagì d'istinto, lo prese per la collottola riportandolo al suo posto con uno spintone: -non sono affari tuoi coglione!-
-e non t'incazzare! senti piuttosto: stasera? pockerino da te?-
Manuel si voltò di nuovo fingendo di non aver sentito Filo, ma Alice era già scomparsa tra la ressa.
-no! non posso...-
Seguirono una serie di lamentele più o meno serie ma nessuna arrivò al suo orecchio, era troppo occupato a convincersi che non valesse la pena rischiare solo per una rossa.


A metà della penultima settimana prima della fine dell'anno le Stimate si riempirono di volantini neri e argento, due grossi poster davano bella mostra sulle macchinette, mentre altri comparvero nelle aule e sui tavoli della mensa. Laura sapeva di cosa si trattasse ancora prima di averli tra le mani.
La prima ora del mercoledì ne strappò uno dalla porta del bagno delle ragazze e se lo portò in classe tutta gongolante, non vedeva l'ora di farlo vedere alle altre due. Per sua sfortuna le trovò entrambe impegnate alla cattedra al suo rientro, si era scordata che le avrebbero interrogate in arte proprio quel giorno.
Così si ritrovò a studiare da sola il volantino.
Da un paio d'anni il BM organizzava subito dopo la fine della scuola la "festa dei diplomandi" in attesa dell'esame, e quel banale foglietto ne era l'annuncio: esattamente il venerdì prima dell'ultimo giorno, le prevendite costavano 10 euro e la brillante scritta argentata nell'angolo avrebbe fatto impazzire Alice, lei adorava il free drink!!
Attese febbrilmente la fine dell'ora e il responso delle prof sull'interrogazione, e quando vide la rossa e la mora tornare al banco raggianti seppe che la media era salda ancora una volta!
-otto e mezzo tutte e due!!- trillò Chiara coinvolgendola in un abbraccio al limite dello stritolamento mentre Alice riponeva con cura i libri e sorrideva tra se.
-bene, ora ho io una bella notizia per voi...- esclamò appena fu libera dalle braccia dell'altra: -tadan! sono uscite le prevendite per la festa di fine anno, ma sono in edizione limitata e noi dobbiamo subito accaparracene tre!-
Alice le strappò subito di mano il volantino e scorse febbrilmente tutte le parole fino ad arrivare alla parte che le interessava, per poi affondare sconsolata nella sedia: -non è possibile...-
-che c'è?-
-guarda chi vende le prevendite- brontolò passando il foglio alle due che la guardavano allibite
In fondo nell'angolo un numero di cellulare e un nome erano scritti in stampatello, ed il nome era inequivocabile: MANUEL.
-eh qual'è il problema? ci parlo io no!?! tu devi solo sganciare 10 euro al resto penserà la sottoscritta!-
Detta così sembrava alquanto tranquillizzante ma Alice non credeva più in nulla se non nella sua cattiva sorte, sapeva che quel nome avrebbe potato a qualcosa di strano.
Alla ricreazione la fila alle macchinette era interminabile e tutta la scuola brulicava di eccitazione per quei volantini, non si parlava d'altro e sopratutto le ragazze sprizzavano euforia per aver ottenuto il numero di Manuel Bressan così facilmente.

-prendiamo questo caffè e andiamo a fumare prima che mi venga un esaurimento nervoso!!- brontolò Alice stordita dall'ennesimo gridolino eccitato da parte di una ragazzina tutta emo e piena di piercing al passaggio di Manuel dall'altro lato del corridoio.
In cortile occuparono il solito angolo sulle scale che veniva inconsapevolmente riservato per loro, i ragazzi chiacchieravano a qualche metro ma lui non era nel gruppo.
-ancora quattro giorni e saluteremo questo posto...- commentò Laura spaparanzata al sole per risucchiare ogni raggio disponibile.
-per fortuna!- le rispose Alice sensualmente accomodata sulle scale con le gambe stese in bella vista. Farsi ammirare era ancora uno dei suoi passatempi preferiti in fondo.
Scrollò la cenere a terra con un gesto meccanico delle dita e sbuffò fuori tutto il veleno che le invadeva i polmoni. Dolce maledetta nicotina.
Uno sguardo veloce al cortile e si rese conto che in cinque anni poco era cambiato: Cherubini spadroneggiava ancora come fosse l'unico spacciatore della zona e si attorniava ancora di belle e stupide ragazzine e figli di papà altolocati senza nulla da perdere.
Era così da un paio d'anni, tutti sapevano che Cheru spacciasse coca, pasticche e robaccia varia dentro e fuori dalla scuola. Ma l'omertà è il peccato preferito dagli adolescenti (e non solo), la filosofia del non vedo-non sento-non parlo andava molto di moda alle Stimate e portava con se parecchie conseguenze.
Cherubini Andrea era figlio di un noto avvocato del foro milanese e per questo intoccabile, e le voci che giravano su di lui erano tutte indiscutibilmente vere, l'anno prima Manuel si era fatto vedere spesso con quella compagnia di gente e la maggior parte della scuola aveva cominciato a parlare del bello e drogato Bressan sempre peggio.
Alice non ci aveva mai visto chiaro in quella faccenda, sapeva solo che lui e Cheru non si parlavano praticamente più al di fuori del BM.
Per questo quando vide il trio mal assortito spuntare dall'entrata principale e appartarsi in un angolo si drizzò tutta attenta.
Manuel si guardava intorno con il volto tirato e la fronte corrugata, mentre Cherubini camminava tutto tronfio del suo metro e sessanta scarso come se fosse un imperatore romano nell'arena. L'unica donna del gruppo li seguiva pedissequamente sculettando a più non posso, Alice la odiava per inerzia ormai. Clarissa non era mai stata una mente brillante, aveva un anno meno di loro e si era atteggiata da regina della scuola fin dal biennio. I quarta quando Alice cominciò a spopolare tra i ragazzi si tinse anche lei i capelli di un rosso fuoco tutto fuorchè naturale.
La sfida a distanza tra le due si combatteva a colpi di manicure perfette e scarpe all'ultima moda. Clarissa era sempre stata accanto a Cherubini fin da quando Alice riuscisse a ricordare sebbene non fosse ben chiaro se fossero una coppia o solo un mini-bulletto con la sua gallinella.
Osservò la scena strizzando gli occhi per metter bene a fuoco l'altro lato del cortile, la ragazza si avvicinò a Manuel schioccandogli un bacio sulla guancia senza che lui facesse un passo. In realtà lo scambio non durò che qualche minuto, Cheru fu l'unico a parlare, l'altro annuiva e basta poi improvvisamente sfilò dalla tasca dei pantaloni una o più (Alice era troppo lontana per capirlo) banconote da cinquanta euro e le passò nella mano già allungata dell'altro.
Si guardò intorno sbalordita, nessuno aveva notato nulla, nemmeno gli amici di Manu che sedevano sulle scale vicini al lei parevano aver visto la scena. Ritornò attenta a quell'angolo di cortile giusto in tempo per vedere Clarissa strusciarsi un po' contro il fianco dell'oggetto della sua attenzione, e lui allontanarla con disinvoltura, salutare Cheru e allontanarsi.
E guardare Manuel attraversare il giardino era davvero uno spettacolo che meritava tutta la sua attenzione: con la sua solita aria trasandata e sexy, senza giacca con le maniche arrotolate e la cravatta lenta fece sobbalzare non pochi cuori innocenti. Inconsapevole -forse- dell'effetto che aveva sul mondo femminile della scuola si passò una mano tra i capelli tirandoli tutti indietro, aveva un'espressione sollevata che strappò un sorriso ad Alice.
Un paio di ragazze si lasciarono scappare un gridolino compiaciuto quando si accorsero di lui. In fondo era semplicemente perfetto.
Come se seguisse un copione prestabilito le passò accanto ignorandola, si fermò in piedi accanto a Filo che lo aspettava sorridente: -fatto?- gli chiese
Lui annuì come se niente fosse e fece scivolare in bocca la sigaretta che il Vigna gli allungò. Alice non vedeva l'ora di vederci chiaro in tutta quella faccenda.

L'ultima settimana di maggio volò via e Alice nemmeno se se accorse, i suoi erano partiti e aveva la casa tutta per se, passava le giornate a studiare perchè quel cento lo voleva davvero, e ogni sera andava a letto sempre più tardi impegnata com'era sui libri.
E fu proprio a causa dello studio che il sabato prima del ponte della festa della Repubblica arrivò troppo tardi per la prima ora.
La bicicletta non l'aveva presa quella mattina, troppa fatica pedalare dopo una notte quasi insonne

Arrivò alla porta a vetri dell'ingresso della scuola con venti minuti di ritardo consapevole che non l'avrebbero fatta entrare. Provò ad implorare la bidella ma alla fine si arrese ad aspettare la prima campanella seduta sullo scalone di marmo.
L'esame la stava angosciando ogni minuto di più, non riusciva a far altro che studiare e così si era ritrovata sveglia nel cuore della notte a ripassare l'avvento del nazionalsocialismo in Germania -decisamente non il suo argomento preferito-. Si accasciò sui gradini freddi senza forze: aveva bisogno di un caffè ma nemmeno una moneta. Appoggiò la schiena al muro e chiuse gli occhi sconsolata, forse sarebbe riuscita a schiacciare almeno un pisolino di mezz'ora prima di entrare in classe.
Poi una voce. Profonda e sexy.
L'unica che non avrebbe mai voluto sentire.
-non ci credo Aroldi..tu che arrivi in ritardo!-
Aprì leggermente gli occhi e l'inconfondibile figura di Manuel Bressan si stagliò al suo orizzonte. Bello e maledetto se ne stava appoggiato con un gomito al corrimano e le guardava le gambe senza pudore. Perchè non si era messa le calze, stupida cretina??
-sssh...cosa urli? non vedi che sto dormendo in piedi!! lasciami un po' in pace!!- non aveva davvero voglia di mettersi a discutere con lui, non a quell'ora e con così poca caffeina in corpo.
Incredibilmente lui non rispose, si staccò solo dello scalone diretto all'altro lato del corridoio.
Sentì i suoi passi muoversi sul marmo avanti e indietro, la porta aprirsi e richiudersi ancora una volta, poi più nulla, solo il silenzio di un corridoio vuoto. E la stanchezza la vinse. Chiuse gli occhi sperando di dormire per quei miseri minuti che le erano rimasti.
Nel torpore un colpo sulla spalla la svegliò bruscamente, aprì gli occhi di scatto spaesata per rendersi poi conto di essere sui gradini della scuola.
-sveglia bella addormentata!-
Quel tono ritornò ad importunarla per l'ennesima e Alice si ritrovò a fulminare il ragazzo chinato davanti a lei con la solita aria strafottente cucita sul volto.
-prendi.- le intimò perentorio allungando un braccio per dondolarle davanti un bicchierino bianco fumante.
Quell'odore mutò del tutto la sua reazione.
-gr..grazie..- 
Cominciò a mescolare la bevanda calda con il bastoncino trasparente tenendo gli occhi fissi sul liquido scuro, e lo ingurgitò in due sorsi, avida di caffeina. Manuel la guardava ancora chinato.
-cos'hai fatto stanotte per ridurti così?-
-studiato- rispose semplicemente con gli occhi bassi strappandogli un ghigno di compatimento.
E lui perchè era arrivato in ritardo? Ci pensò varie volte ma non trovò il coraggio di chiederglielo.
-oh ho qualcosa per te!!- esclamò improvvisamente Alice posando il bicchiere sul gradino per agguantare la borsa. Ci volle un po' ma riuscì a sfilare il sacchetto di carta dalla tracolla dell'Eastpack e passarlo al ragazzo che la guardava stranito: -i tuoi vestiti..- mormorò come spiegazione.
Manuel spiò il contenuto del sacchetto poi si alzò e lo ficcò nella sua borsa senza alcun riguardo.
-li hai lavati almeno?-
-certo! per chi mi hai preso scusa? li ho pure stirati.- brontolò offesa incrociando le braccia
La scrutò un secondo poi con un sopracciglio alzato la interrogò divertito: -tu?-
-ma guarda tu se mi devo mettere a discutere con te delle mie capacità di casalinga!?! parli tu poi che non sai nemmeno dove sia la lavatrice in casa tua..- lo canzonò ridendo Alice, contagiandolo con la sua allegria.
-ti devo ricordare cos'hai fatto con me su quella lavatrice...Alice Aroldi?-
E solo il tono con cui pronunciò il suo tono la fece arrossire fino alla punta dei capelli mentre Manuel si sedeva accanto a lei sulla scala, giusto per continuare a darle un po' fastidio.
Non ci poteva credere Alice che erano ancora capaci di chiacchierare semplicemente come due amici, come facevano una volta -tra una scopata e l'altra-. Fu così strano al suono della campana vederlo alzarsi e allungarle una mano per aiutarla, che quando si separarono senza nemmeno un saluto ci rimase quasi male. Proprio ora che si era abituata a non averlo più tra i piedi.

Passò l'intero pomeriggio in biblioteca a studiare e poi dall'estetista -questa volta sul serio-, cercò di non pensare a Manuel e alle sue stranezze, un giorno la insultava e la ignorava il giorno dopo le portava il caffè e chiacchieravano tranquilli sulle scale della scuola. Stava cominciando a pensare di aver perso qualche dettaglio significativo per completare il puzzle della sua mente.
Sulla strada verso casa si ritrovò a pensare che forse tutti quei segreti fossero dovuti ad una personalità bipolare che le aveva nascosto!!!
Aveva ancora la divisa addosso mentre saliva sull'autobus che l'avrebbe scaricata e pochi metri da casa sua, stava seduta guardando fuori dal finestrino quando il cellulare vibrò sulla sua coscia nella tasca della gonna.
-un messaggio?- mormorò con un filo di voce assorta nella solitudine tra lei e l'ipod.
"Edo ha chiamato Jack oggi pomeriggio e gli ha fatto una sacco di domande sue te e M. perchè dice di avervi visti parlare stamattina! ma non avevate smesso di vedervi? cmq sta attenta..sembrava parecchio incaz! baci"
-oh cazzo!- urlò a mezzo autobus, molti passeggeri si voltarono verso di lei che imbarazzata sorrise e arrossì. Ringraziò il cielo che Jack fosse così ingenuo e Chiara così leale: Edo era una belva quando ci si metteva e quella sembrava proprio la situazione che l'avrebbe fatto incazzare parecchio.
Si passò una mano sulla frangia spettinandola tutta. Era davvero un bel casino!














Spazio Autrice:

non ci sono scuse per il ritardo

perdono perdono perdono




Ringraziate la mia beta 'bambolotta', senza di lei non sareste lì davanti allo schermo a leggere questo capitolo.
E' la pazienza fatta donna!!
(mi ha pure impedito di cambiare il titolo che io ormai odio)



Risposte alle recensioni:

Annalisa70: come vedi il ritardo è ormai una costante della mia vita!!! non è che mi scordo di voi. anzi siete il mio incubo...in senso buono...è che ho troppo TROPPI impegni!
Amo90: presto...che parola strana, può voler dire molte cose!
Per sempre noi: carissime! benritrovate! ammetto che ho passato un periodo d'inferno, tra la sessione d'esami (che però è andata benissimo) la settimana bianca col mio moroso e gli esami extra sessione mi sono davvero impiccata con le mie mani...cercherò di rimediare: i promise! Manuel qui è la contraddizione fatta a persona, come tutti gli uomini del resto, ma in fondo che lo dice che bisogna essere per forza coerenti sempre??
Pink princess: certo che la continuo! eccomi qui infatti! solo che con me ci vuole pazienza..abbi pietà, però è sempre bello avere nuove lettrici!!!
Sophief88: no ti prego continua con le mail...tartassami tutte le volte vuoi!! ti autorizzo ufficialmente a disturbarmi ad ogni ora del giorno e della notte, ho bisogno di qualcuno che mi sproni altrimenti non combino nulla! Spero che questo cap ti piaccia come quello precedente!! baciiiii
Bambolotta: ti devo pure rispondere??


Ho rinunciato a dire a presto: facciamo così
..se tutto va bene ci vediamo prima del 26 aprile..





1000 baci. Vale.
















































   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: FuoriTarget