Era una mattinata piovosa, di quelle che si vedono spesso a La Push. Il cielo era grigio e cupo, quasi minaccioso, e prometteva che la pioggia non sarebbe finita presto. Come ogni giorno misi la divisa del negozio dove lavoravo part-time nello zaino e mi diressi in macchina dopo aver salutato mia madre. Mi sembrava ancora strano guidare quella macchina. Non mi sembrava giusto nei confronti di mio padre, ma non potevamo permetterci di comprarne un'altra e io dovevo andare al lavoro, quindi la usavo anche se mi faceva stare male e non dicevo niente a mia madre. Tanto a cosa sarebbe servito? Guardai l'orologio, Seth era in ritardo come al solito. Suonai il clacson e lui uscì di casa con quella sua faccia allegra che mi avrebbe dato fastidio se fosse appartenuta a chiunque altro. Ma lui era mio fratello, gli volevo bene, e volevo che fosse felice almeno lui. Salì in macchina lamentandosi della mia impazienza. Certo, era colpa mia, mi sembra anche giusto. Senza sprecarmi a rispondergli mi diressi verso la scuola con gli occhi fissi sulla strada. Lo facevo sempre in quel punto, non tanto perchè volessi evitare un incidente (se nella macchina non ci fosse stato Seth sarebbe stato anche gradito, un bel trauma cranico e passa tutto) ma perchè non volevo vedere quello che mi avrebbe fatto stare molto peggio di una macchina che mi veniva addosso a folle velocità. Avevo paura di vedere la casa di Sam o, peggio ancora, di vedere lui. Mio fratello mi fissava preoccuato ma non disse nulla. Sapeva che non mi andava di parlarne, in fondo chi avrebbe voluto? Lo lasciai a scuola e mi diressi al lavoro in un piccolo negozio di vestiti a Olympia. La giornata passò uguale a tutte le precedenti: noiosa e frustrante. Noiosa perchè il repertorio del negozio era talmente misero che mi sembrava di vedere le stesse due camicette da anni. Frustrante perchè passare ore col sorriso sulle labbra a dar retta a ragazzette viziate non era l'ideale per una che avrebbe voglia di lanciarsi davanti a un treno in corsa. All'ora di pranzo mi resi conto di essere calda. Dovevo avere la febbre, e alta anche. Ma non ero stanca e mi servivano i soldi così rimasi in negozio fino all'orario di chiusura. Verso le 18.30 tornai alla macchina decisa ad andare a letto senza cena. Guidai lentamente, non avevo fretta di tornare a casa. All'improvviso, nei pressi della foresta incrociai una macchina. Alla guida Sam. Mi sentii mancare. Quanto tempo era che non lo vedevo? Aveva sempre la stessa espressione pacifica, non bruciava dentro come me. Inchiodai di colpo, senza curarmi delle altre macchine. Probabilmente mi beccai anche qualche insulto, ma che importava? Scesi dalla macchina con le mani tremanti da quanto ero sconvolta. E così era felice? Non gli importava di avermi spezzato il cuore? Sapevo di avere pieno diritto di odiarlo, eppure perchè non ci riuscivo? Perchè continuavo a piangere come una stupida sotto la pioggia? Perchè tremavo tanto da non riuscire a reggermi in piedi? All'improvviso tutto si fece annebbiato, non sentii niente se non un grande calore invadermi tutto il corpo. I vestiti si strapparono di dosso, ma stranamente non sentii freddo. Istintivamente mi misi a correre senza una direzione precisa mi lasciavo portare dalla rabbia e dalla tristezza. Solo quando giunsi in riva al fiume mi resi contodi quanta strada avevo percorso. E con grande sconcerto mi accorsi anche di non essere in piedi. Avevo corso chilometri e chilometri a quattro zampe. Mi avvicinai timorosa al fiume per specchiarmi. Al posto del mio riflesso, nel fiume si stagliava la figura di un grande lupo grigio.