" E' quel tocco
particolare che ti distingue,
le tue mani bianche
tese verso l'argine;
è il tuo corpo che
mi chiama e parla di me,
che mi piace tanto di
te "
L'Aura - "Demian"
L'ultima Storia d'Amore prima di andare a dormire
Quando
il sole era già calato da un pezzo e la luna regalava alla
terra i
suoi raggi argentei, all'orfanotrofio regnava il silenzio; una
condizione di calma quasi surreale, disturbata solo a volte dai colpi
decisi di un pugno ancora morbido su una robusta porta di legno.
Lo
faceva entrare ogni volta, constatando che quel ragazzino poco
più
grande di lui si recava nella sua stanza sempre alla stessa ora, a
mezzanotte. Chissà se tale orario aveva per lui un
significato
particolare, o se si trattava semplicemente d'una curiosa serie di
coincidenze; la mente del più piccolo, seppur ancora acerba,
s'impegnava costantemente ad elaborare dati e a riflettere su tutto
ciò che accadeva, rendendolo particolamente scaltro ed
intelligente.
Per questo egli sembrava odiarlo. Eppure, quasi ogni notte, andava a
trovarlo per raccontargli una storia.
Toc, toc!
Il
rumore risuonò nel lungo corridoio della Wammy's House,
luogo quasi
inquietante a quell'ora, sui muri una sorta di lugubre gioco di ombre
rendeva particolarmente tetri i tanti candelabri presenti, riposti su
degli eleganti comodini in stile ottocentesco. L'istituto somigliava
ad un'antica dimora di nobili, e indubbiamente conteneva un gran
valore al suo interno.
Dopo
pochi secondi la porta si aprì con un cigolio leggero,
lasciando
intravedere parte della camera che oramai conosceva a menadito.
"
Ciao, Mello " lo salutò, atono come al solito,
giocherellando
con una ciocca dei propri capelli chiari.
"
Buonasera, Near "
Iniziavano
sempre così le loro conversazioni, con frasi di circostanza
e
sguardi freddi e scostanti. L'albino non era mai stato un tipo
loquace, per cui si limitava soprattutto ad ascoltare, a guardare le
labbra del biondo muoversi a volte lente e a volte veloci,
osservandole come quasi esse fossero linfa vitale per lui. Da quando
era stato portato in quel posto, dopo essere rimasto orfano, nessuno
aveva mai parlato con lui – o meglio, qualcuno ci aveva
provato, ma
lui aveva sempre evitato ogni contatto del genere; forse per paura,
forse per presunzione –; Mello, però, era diverso
dagli altri.
Possedeva una personalità interessante, un carattere
impulsivo e in
un certo qual modo divertente; metaforicamente parlando, Near poteva
esser considerato come il bianco e nero, mentre l'altro come i
variopinti colori dell'arcobaleno.
Tornando
a quella sera, il più grande si sedette come al solito sul
letto ad
una piazza fasciato da bianche lenzuola, fissando per un momento la
parete di fronte a sé, lo sguardo perso nel vuoto a pensare
a chissà
che cosa. Poi guardò Near, che nel frattempo si era seduto
anch'egli, accanto a lui, guardandolo con i grandi occhi d'onice.
Gli
rivolse una smorfia quasi infastidita, come faceva sempre. L'altro
dunque si domandò perché mai perdesse
così tanto tempo nel cercare
di instaurare un rapporto con lui, dal momento che quelle occhiate
potevano significare solo una cosa: ti odio. Eppure non riusciva a
cacciarlo, per qualche motivo che ancora non gli era chiaro. Forse
proprio perché era così luminoso, così
splendidamente assurdo,
che lo adorava. E gli piaceva ascoltarlo, anche se spesso e
volentieri si divertiva a raccontargli storie dell'orrore e leggende
metropolitante udite dagli altri ragazzi, soprattutto dal suo
migliore amico Matt. Oramai però ci aveva fatto l'abitudine
e
cercava di sorridere, quando sul volto di Mello si disegnava un
ghigno quasi perverso, come se gli piacesse spaventarlo o per lo meno
provare a farlo. Lui però si sforzava di apparire
indifferente,
sprezzante, anche se qualche volta gli era capitato di tremare mentre
cercava di prendere sonno, dopo aver udito uno di quei racconti
spaventosi. Alla fin fine, non era altro che un bambino; cresciuto
troppo in fretta, sì, ma pur sempre un bambino. Il suo
aspetto
esteriore tradiva la sua mente vivace e fin troppo saccente
nonostante l'età, conferendogli un'aura diversa da quella
delle
altre persone; come un angelo dalle ali ancora poco sviluppate, indi
incapace di volare lontano ma letale nella corta distanza. Una
creatura immacolata all'interno di una teca di cristallo, involucro
che Mello desiderava ridurre in frantumi, ogni volta che Near tendeva
le mani piccole e candide verso di lui, come a voler chiedere aiuto.
La pura essenza dell'innocenza in bilico sull'argine di un
precipizio, impaziente d'essere salvata e vissuta appieno.
Per
questo andava a trovarlo; per strapparlo alla solitudine con
l'ingenua ostinazione di un ragazzino, per diventare il punto di
riferimento del suo acerrimo rivale. Sarebbe stata di certo una
grande vittoria, per lui.
Ma,
se Mello aveva un secondo fine piuttosto evidente, l'altro lo
accoglieva semplicemente perché sapeva bene che anche il
biondo,
seppur ostentasse il contrario, si sentiva incompreso. Perso nel
pensiero continuo di dover primeggiare, di diventare il successore di
colui che era il suo mito, spesso e volentieri non s'accorgeva della
beltà delle semplici cose di tutti i giorni: un sorriso, il
crepitare del fuoco in un caminetto, il fascino della natura
rigogliosa del cortile che circondava l'edificio.
"
Una volta, mia mamma mi raccontò la storia di un bambino che
veniva
costantemente seguito da un fantasma " esordì il
più grande,
estraendo dalla tasca una delle sue amate barrette di cioccolato,
strappando l'involucro color argento, " Era un ragazzo allegro e
apparentemente senza alcuna preoccupazione, eppure dentro di
sé
nascondeva una gran paura; si sentiva spaventato quando doveva andare
a letto, a scuola, e perfino quando giocava a calcio in giardino con
i suoi amici "
Near
ascoltava senza perdere neppure una parola, studiandole ad una ad una
per ricercare messaggi subliminali fra di esse; lo faceva sempre,
certo che volesse comunicargli qualcosa attraverso quelle frasi. Non
lo interrompeva mai, conscio che se lo avesse fatto, egli si sarebbe
sicuramente arrabbiato.
"
Era terrorizzato perché era perseguitato dall'immagine di un
bambino
probabilmente poco più piccolo di lui, che lo seguiva
dovunque
andasse senza mai fiatare; lo osservava da lontano, da dietro le
finestre o gli alberi, senza cambiare mai espressione. Era vestito di
bianco, talmente anonimo da parer quasi trasparente "
L'albino
sussultò impercettibilmente, sperando che Mello non avesse
colto il
suo leggerissimo movimento; d'improvvisò si
ricordò di quello
stesso pomeriggio, quando per alcune decine di minuti era rimasto
immobile a fissare i ragazzi giocare a calcio, malcelato dietro una
delle grandi finestre. Possibile che stesse alludendo a quello?
Pensò
alla percentuale di probabilità che potesse essere
così, mentre il
racconto continuava.
"
Sembrava un fantasma, un'anima errante sulla terra " disse,
sorridendo appena, " O forse lo era, nessuno potrà mai dirlo
con certezza. Però sembrava invidiare quel ragazzo
così fortunato,
circondato da gente che lo amava e che lo apprezzava. Un giorno, il
nostro protagonista decise di farsi coraggio e di avvicinarglisi,
guardandolo meglio. I suoi occhi erano persi nel vuoto, ma al tempo
stesso lo scrutavano con meticolosa attenzione. Era interessante "
Addentò
il cioccolato che si spezzò con un colpo secco nel silenzio,
e
quando ebbe ingoiato la piccola parte riprese a parlare, volgendo lo
sguardo verso la fioca luce dell'abat jour sul vecchio comodino.
"
Quella creatura così strana tese le braccia magre verso di
lui,
senza dire nulla, sospirando appena; lui guardò le sue mani,
erano
bianche, tanto che inizialmente le paragonò a quelle di un
cadavere.
Poi scacciò quel pensiero così macabro e le
osservò meglio,
pensando che probabilmente dovevano essere fredde perché
nessuno si
era mai preoccupato di riscaldarle. Improvvisamente il fantasma
– o
quel che era, non importa – gli sembrò
terribilmente solo e
sofferente, alla ricerca disperata di un appiglio per rimanere
ancorato al mondo che pareva rifiutarlo senza un perché "
Si
guardarono negli occhi per un attimo, mentre Mello staccava un altro
pezzo di delizia al cacao e la gustava lentamente.
"
Ad un certo punto fu come se la terra si aprisse in una voragine, e i
due vennero prepotentemente separati da una forza estranea. Il
bambino vestito di bianco continuò a cercare il suo tocco,
troppo
distante, troppo caldo e luminoso per potergli appartenere. Eppure
tutto il suo corpo sembrava chiamare l'altro, desiderarlo, quasi come
rappresentassero due facce della stessa medaglia. E il protagonista,
un ragazzino dai capelli biondi – che tutti descrivevano come
innocente angelo –, saltò per cercare di diminuire
la distanza fra
di loro, prepotentemente e assurdamente attratto da colui che fino a
quel giorno lo aveva fatto tremare di paura più di una volta
"
Lì
si fermò, finendo il cioccolato e riponendo la carta nella
tasca dei
pantaloni neri.
Per
lunghi secondi non si udì rumore alcuno, salvo il vento che
ogni
tanto, dispettoso, fischiava fra le fronde degli alberi.
Per
qualche oscuro motivo, il racconto di quella sera era stato
più
spaventoso degli altri, sebbene non lo si potesse definire davvero
dell'orrore. Lo era stato perché in esso c'era qualcosa di
vero,
quasi tangibile.
Near
pensò, rimuginando sulle parole che aveva appena udito. In
verità
aveva formulato un'ipotesi, ma voleva esser certo che la storia fosse
terminata prima di sparare sentenze.
"
E poi? " domandò, sperando che continuasse.
"
E poi cosa? " ribatté Mello.
"
Cosa successe? E' riuscito a raggiungerlo o è caduto nel
precipizio?
" indagò curioso, avvicinandosi all'altro di qualche
centimetro.
Quel
tanto che bastò ad accelerare il battito cardiaco del
biondo, che
probabilmente arrossì perfino; fortunatamente la luce era
poca, e
forse lui non se n'era accorto. Com'era sospettabile, aveva capito
senza alcun problema dove voleva arrivare, e probabilmente sapeva
anche che quella storia se l'era inventata sul momento.
"
Non si sa. Nessuno conosce il seguito " rispose, sentendosi
maledettamente succube della persona che, se solo avesse potuto,
avrebbe ucciso nel più cruento dei modi. Eppure, quando gli
era
vicino, quel che provava non era follia omicida, ma tutt'altra cosa.
Qualcosa di ancor più orribile, almeno secondo lui.
Near
prese per l'ennesima volta a giocherellare coi propri capelli,
ghignando, certo d'aver messo Mello in imbarazzo. Perché la
stanza
era comunque abbastanza illuminata per poter vedere i mutamenti
dell'espressione di un viso peraltro così vicino al suo.
Il
biondo lo osservò ancora, scrutò quel corpo che
sembrava chiamarlo,
cercarlo, e ancora una volta si trattenne. Di certo un adulto avrebbe
considerato immorale quel desiderio, dal momento che nasceva nella
mente di un ragazzino di appena quattordici anni. Però, lui
non
poteva farci nulla. E per questo si maledì, quando si
sentì
voglioso di toccarlo ed esplorare un mondo a lui ancora sconosciuto,
e dannatamente affascinante.
Mentre
si tormentava l'altro si stese sul letto, poggiando il capo sul
morbido cuscino. Fissò per un po' il soffitto con sguardo
vitreo,
dopodiché di voltò verso Mello, facendo
schioccare la lingua sul
palato, prima di parlare.
"
Sai... stavolta è stato diverso. Quella di stasera,
sinceramente
parlando, somigliava di più ad una storia d'amore "
asserì, in
tutta calma.
Egli
si alzò di scattò, irritato ed incredulo,
evitando di guardarlo.
"
D'amore? Tu sei proprio pazzo! " mentì, ferito nell'orgoglio
perché Near, com'era prevedibile, aveva colpito ancora. E
tremò
quando questi gli prese la mano, scoprendo la sua inaspettatamente
calda. Un brivido gli percorse la schiena a quel contatto, e gli
piacque da impazzire.
"
Buonanotte, Mello " disse poi l'albino, chiudendo gli occhi e
lasciandosi cullare dall'abbraccio di Morfeo.
E sperò che non se ne andasse, che restasse con lui, quella notte e tante altre ancora.
Fine ~