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Autore: kiku77    28/03/2010    10 recensioni
Al rientro dal Brasile e dopo gli impegni con la nazionale, Tsubasa si concede una settimana alle Hawaii per ultimare la sua preparazione atletica: il suo sogno di andare a giocare in Europa sta per diventare realtà.Cosa succederà a Sanae, invece?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sanae, finito il turno, si sentì come liberata di un grosso peso.

“Ancora un giorno e poi un po’ di vacanza!” disse fra sé e sé.

Sull’autobus aveva trovato un posto in fondo e aveva fissato le strade e le case che passavano rapidamente attraverso il vetro. Proprio appena scesa, le suonò il cellulare e vide che era Tsubasa.

Guardò l’orologio: erano le sette; un po’ presto per telefonarle, ma non diede molto peso alla cosa e rispose con molto entusiasmo.

“Ciao Tsubasa!”

“Ciao.”

“Oggi sono proprio felice…” disse senza neanche sapere bene perché si sentisse così.

“ Ah sì? … e come mai?” chiese lui, con un leggero distacco.

“Mah… niente… sarà quest’aria natalizia… tu cosa mi racconti?”

“Niente di speciale… tu piuttosto…”

Sanae chiacchierava al telefono con Tsubasa e camminava verso casa. Intravedeva già le luci del mercato che si apriva e l’odore pungente dl pesce scaricato dai pescatori.

Ne salutò uno con la mano, mentre l’asfalto sotto i piedi vibrava per l’arrivo del treno delle 19 e 17 da Tokyo.

Passò il muretto pieno di muffa dove i gatti a volte si stendevano e aspettavano i resti del vicinato.

Era già buio fitto: sfilò felice e spensierata davanti ai lampioni che illuminavano quella fetta di viale.

“Mi sembra di sentirti così bene, stasera… sembri così vicino…” disse.

La voce di Tsubasa risuonava nitida ma in alcuni punti era come se si sdoppiasse e c’era un’eco.

Procedeva spedita; passò anche l’ultimo lampione prima di girare l’angolo verso il suo palazzo rotto e anche se concentrata a parlare, notò di sfuggita che proprio appoggiato alla colonna luminosa, c’era un ragazzo alto e muscoloso.

Attraversando quella porzione di spazio avvertì il suo profumo e le sembrò che la voce che veniva dal cellulare fosse la stessa che spuntava da quel corpo di ragazzo.

Fece qualche passo ancora pensando che fosse solo la confusione delle sue sensazioni.

Poi si sentì chiamare.

“Sanae…”

Lei si fermò di colpo e fissò il cellulare: la linea era caduta.

“Sono qui…”

Tsubasa continuava a parlarle, eppure la comunicazione era stata interrotta.

Si girò di colpo e lo vide.

Restò senza parole. Senza fiato.

Tsubasa non si mosse di un passo. Semplicemente si mise il telefono in tasca, così come le mani. Aveva lo sguardo basso  e sembrava serio.

Lei capì subito che ormai aveva scoperto tutto.

“Pensavo di farti una sorpresa. Invece sei tu che l’hai fatta a me…” disse lui, sempre senza guardarla.

Sanae fece quasi finta di niente. Aveva voglia di correre e  toccarlo.

“Sei… sei cresciuto ancora… mi sembri più grande…”

“Quando pensavi di dirmelo, eh? Per quanto ancora credevi di mentirmi?” chiese nervosamente e questa volta guardandola, quasi a cercare un modo per tagliarla dentro, con gli occhi.

“ Non lo so… non volevo che ti preoccupassi… tu hai avuto i tuoi problemi… io, i miei…”

“Ah sì? Dimmi… come dovrei prenderla quindi? Mettiti nei miei panni: torno a casa e scopro che la mia ragazza ha dovuto cambiare casa, deve lavorare…, tu come ti sentiresti?”

Tsubasa l’aveva detto con naturalezza: era stato spontaneo.

Sanae fece un passo indietro per ripetersi dentro la testa le parole che aveva usato Tsubasa.

Era innamorata, sì, ma non era stupida.

“La tua ragazza? E da quando sarei la tua ragazza? Devo essermi persa un passaggio in questi anni…”

“Sanae, non  cambiare argomento…” disse lui.

“Non lo cambio l’argomento stai tranquillo, in quello sei già bravissimo tu! Comunque io non sono la tua ragazza. Non sono la ragazza di nessuno! E non ti devo dare spiegazioni! Adesso devo andare a casa…” riprese a camminare e, sconvolta, rientrò a casa.

Tsubasa era rimasto talmente sorpreso dalla sua reazione che non era riuscito a dire niente per fermarla.

I pescatori gli passavano davanti e lui si mise a osservarli, incapace di muoversi.

 

 

Sanae in casa, gettò la borsa per terra; corse in camera sua e dalla finestra cercò fuori di vedere se riusciva a scorgerlo passare.

Il cellulare ricominciò a suonare e lei lo afferrò quasi tremando.

Era lo squillo di un messaggio da parte di Yukari.

“Alle nove ci troviamo tutti al locale dietro il giardino dei peschi per festeggiare il ritorno di Tsubasa. Ryo gli ha spiegato tutto e non l’ha presa molto bene: ha detto che veniva da te, quindi penso vi siate già visti…”

Sanae non rispose.

“Stai male?”, le chiese sua madre preoccupata per averla vista arrivare così sconvolta.

“Tsubasa è tornato…”

“Ma come? Non aveva detto che…”

“Mi ha parlato come se fossi la sua ragazza… come se fossi sua…”

La signora Nakazawa si avvicinò a Sanae e la invitò a prende posto sul letto per farsi accarezzare la testa come quando era bambina.

“E tu cos’hai provato?” chiese lei.

“Rabbia… rabbia e piacere insieme”.

Restarono ancora qualche minuto vicine e Sanae si lasciò accarezzare da sua madre, perché nonostante tutto lei aveva il potere di calmarla e di rassicurarla.

Dopo un po’ andò alla scrivania e strofinò la sua conchiglia nervosamente.

Si spogliò guardandosi allo specchio e ispezionando ogni centimetro del suo corpo che ormai non aveva più niente di bambina e sapeva di buono, lei lo sentiva.

Si fece il bagno e si profumò.

Prese dall’armadio il suo maglioncino nero scollato e si mise i jeans.

Asciugò i capelli a testa in giù e si diede un po’ di crema al gelsomino sulle mani.

 

Arrivata al locale, dalle vetrate poteva vedere che erano già tutti dentro e molti avevano già preso posto. Con le luci del ristorante, adesso riusciva a vedere bene Tsubasa: sembrava molto nervoso anche se sorrideva a tutti e Ryo doveva farlo ridere parecchio a giudicare da come stesse facendo il pagliaccio, mimando un’azione di gioco.

Entrò e ci fu un momento d’imbarazzo e silenzio.

Lei salutò come se niente fosse, accarezzandosi i capelli dietro l’orecchio destro e forse tradendo la sicurezza dei movimenti con il rossore sulle guance.

Cercò di non incontrare i suoi occhi, mentre Tsubasa la stava letteralmente fissando e ispezionando, quasi fosse un bel regalo da scartare. Sentiva il suo sguardo che scivolava dall’alto al basso tornando poi verso il suo volto.

Sanae cercò un posto libero e decise di restare un po’ in fondo. Non sarebbe andata da lui: non era la sua ragazza, non lo era mai stata ed era ora che lui se ne rendesse conto. Aveva dato per scontato troppe cose: per Sanae la realtà dei fatti era un po’ diversa.

Ryo ci rimase male e Tsubasa, pur continuando a ridere e scherzare, era ancora più nervoso e scosso.

Ogni tanto Yukari cercava gli occhi di Taro ma lui non sembrava intenzionato a fare un passo indietro.

Era disperata e si sentiva mancare l’aria. Ryo l’abbracciava e le stringeva la mano ma lei si sentiva soffocare e le pareva che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.

Sanae ascoltava i discorsi dei ragazzi e ogni volta che Tsubasa prendeva la parola, faceva qualcosa per non dare l’impressione di pendere dalle sue labbra come sempre.

Lui non faceva che guardarla e dopo un po’ cominciò a sentire che la rabbia per l’atteggiamento di lei aumentava e lo infastidiva.

I gestori del locale invitarono i clienti a partecipare al karaoke e, anche loro a turni, salirono sul palco a cantare.

Ad un certo punto fu l’ora di andare e dopo che Tsubasa ebbe pagato per tutti, uscirono fuori e a gruppetti passeggiarono per le strade deserte del quartiere. Sanae era rimasta in disparte e indietro per guardare i suoi amici da un’altra prospettiva. Si sentiva diversa, quasi estranea. Pensò che forse era la sensazione di molti di loro: Yukari teneva la schiena dritta ed era rigida come se aspettasse da un momento all’altro che qualcosa le trafiggesse le scapole; Ryo rideva come un matto e faceva confusione ma aveva scelto un regalo per lei ed era pronto ad impegnarsi sul serio; Taro aveva il passo lento e nel suo volto c’era rassegnazione e disperazione anche se Sanae non riusciva a capire perché. Vide che anche in ciascuno degli altri  ragazzi c’era un accenno di cambiamento, una luce o un’ombra un po’ diverse dal solito.

Tsubasa ogni tanto si girava e la cercava come se avesse perso l’orientamento. Senza di lei, camminava e non riusciva a sembrare sicuro come al solito; non teneva un ritmo, non c’era ordine nei suoi movimenti.

Per un momento Sanae ebbe la sensazione fulminea che forse quello che lui le aveva fatto intendere, era vero: lei era sua; era la sua bussola, il suo ritmo interiore, ciò che gli portava ordine dentro e fuori di sé. E si sentì viva e  un po’ meno innocente; un po’ meno bambina, appunto.

Alla piazzetta dei peschi si salutarono e si diedero appuntamento per il giorno seguente.

Ognuno andò per la sua strada e Sanae prese a camminare esattamente come gli altri.

“Aspetta Sanae!” disse Tsubasa.

Lei aspettò.

“Voglio accompagnarti a casa. Posso?”

Sanae lo guardò per bene. Non aveva usato il suo solito tono impacciato; aveva detto “voglio” e lei lo interpretò come “ho bisogno”, “ho bisogno di te”.

Era bello e lei moriva dalla voglia di toccarlo. Ormai non le bastava più semplicemente vederlo.

“Sì…” rispose.

Si avviarono camminando l’uno accanto all’altra, senza parlare.

La notte era profonda e faceva freddo.

Il silenzio era rotto dal suono del vento che, a folate, passava tra gli alberi gelidi e spogli.

Con Sanae accanto, Tsubasa camminava molto meglio: il passo era ritmico e regolare, c’era sicurezza e si percepiva che provasse una specie di benessere interiore.

Arrivarono alla porta e non si erano ancora parlati.

“Non è poi così tanto brutto come sembra qui… io sto bene… mio padre ha ricominciato a vivere…”

Lui le sorrise mettendosi le mani nelle tasche del giubbotto e annuì con la testa.

“Posso salire?” chiese poi, senza stare a perdere altro tempo. Aveva capito che con lei non era più tempo di scherzare. Non l’avrebbe aspettato per sempre. Nella difficoltà, si era data da fare e probabilmente, questo l’aveva fatta crescere molto in fretta.

 Ai suoi occhi, era troppo bella per lasciare che qualcuno gliela portasse via solo perché lui aveva aspettato più del dovuto.

“Sì, se vuoi…”

“Sì, voglio salire” disse lui molto serio e concentrato in volto.

__

Ciao! Grazie a tutte le persone che continuano a leggere questa ff !

Ringrazio poi di cuore coloro che lasciano un commento! Ecco… siamo arrivati ad un momento fondamentale per la storia.

Giusyna: è sempre bello ricevere i tuoi commenti e ti ringrazio per aver recensito rubando del tempo alla tua vita, ai tuoi impegni. Il cap di ieri l’altro era proprio di transizione e forse anche leggermente macchinoso rispetto al mio solito. Però spero tu non l’abbia trovato pesante da un punto di vista dello stile. Ora è  arrivato il momento dell’incontro… ho cercato di renderlo “vivo”e spero ti sia piaciuto!

DolceBarbara: grazie per aver recensito il cap! Tsubasa è tornato e come al solito… dà prova di vivere in un mondo parallelo… però io lo trovo così tenero! Sul triangolo, sono d’accordo: la situazione è sempre complessa e sta degenerando…

Hitomichan: ciao! Grazie per aver recensito e per avermi detto della scena che ti immagini… beh, ormai sai come scrivo e conosci il mio mondo narrativo… diciamo che le cose non vanno esattamente come ti sei immaginata ( se no saresti una veggente!), ma hai colto un elemento importante: ho inserito il regalo, perché sarà determinante per il proseguire della storia… ancora qualche cap e capirai! Ah e poi sono contenta che non ti aspettavi il ritorno di Tsubasa! Grazie!

Tsubasanae: grazie per la rece! Sono contenta che l’attenzione verso questa ff ti spinga a seguirla così tanto… ti ringrazio! Direi che l’incontro tra Tsubasa a Sanae è abbastanza “spumeggiante”: ora lui vuole entrare in casa sua… che sia l’occasione per chiarirsi?

Marychan82: spero con tutto il cuore che tu non fossi triste per qualcosa di grave, ma magari “solo” per quei giorni di malinconia che tutte le ragazze, ahimè ( o per fortuna? – dipende sempre dalla prospettiva…) passano. Una tristezza tutta interiore ( e spesso ancora più difficile da sopportare), tutta cuore e intelletto, che sembra priva di una via d’uscita. Grazie per quello che mi hai scritto: se ti sei sentita capita, leggendo il mio cap, forse perché in alcuni pg, hai riconosciuto la stessa tristezza, significa che c’è in essi qualcosa di reale. Grazie,davvero (spero che oggi sarà una giornata migliore!)...

Mareluna: ciao!Direi che la tua rece riflette i “sentimenti” contrastanti che suscitano gli avvenimenti della ff e soprattutto i comportamenti dei pg… adesso arrivano dei cap abbastanza importanti e spero che ti piacerà il modo in cui farò evolvere le cose…grazie per aver commentato!

   
 
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