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Autore: SummerRestlessness    28/03/2010    0 recensioni
Lena è...semplicemente non è tanto normale.
E' sclerotica e strana e spesso si perde nei propri pensieri mentre la vita le scorre davanti...ha qualche vizio, come riuscire ad innamorarsi di una persona che ha conosciuto 2 minuti prima...e ora ha un nuovo lavoro, in cui tutto è noioso e scontato come prevedeva, tranne un piccolo particolare...
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partenza

“Allora, cosa ne dici degli altri?” mi chiede a bruciapelo non appena siamo a distanza di sicurezza e sembra che qui si sia già formato un club esclusivo: noi due e “gli altri”. Le rispondo “Penso che dovremmo stare alla larga dalle voci che sussurrano e dalla foresta, almeno all’inizio.”. Annuisce e sorride con fare da complottatrice: “Lost, eh? Bello, sisi.”.

Per i pochi che non lo sapessero, Lost è un telefilm su un’isola deserta che si scopre a poco a poco non essere affatto deserta…e altre mille cose. E’ un po’ da sfigati, nel senso che ti devi appassionare e ricordare tantissimi particolari, tutti intrecciati in qualche modo, ma dal successo che ha avuto direi che ci sono un bel po’ di sfigati in giro. Comunque, io sorrido e annuisco con la testa. Poi mi lancio nella mia prima frase che non sembri tirata fuori a caso: “Mmh, Katia mi sembra simpatica. E anche Matt.”. Tralascio il Ragazzo senza nome perché spero sia lei a dirmi come si chiama. “Si, uhm, Katia…” fa lei come se fosse una sommelier che assaggia un vino “Si, Katia è ok…è…bionda, beh. Matt è simpatico…” sorride “…se la tira un po’! Hai sentito com’era impostato all’inizio? Poi però si è sciolto ed è stato carino…Anche a dirci che il suo vero nome è Mattia…!”. Rido. Ecco cosa mi ero persa, l’impostatissimo Matt è in realtà il simpatico Mattia. Che altro, mentre annaspavo alla ricerca del mio nome per poterlo dire a…? “Lorenzo poi…” ricomincia lei.

Lorenzo, certo. Non ci sarei mai arrivata. Non avevo colto neanche una sillaba, chessò, un “re” o un più significativo “zo”. So solo che ora come ora vorrei tanto chiamarmi Lucia.

“Lorenzoooooo…” ripete Amanda allungando la “o” finale per indicare che è indecisa “…non so.” conclude. Arriccia la bocca, non è soddisfatta. “E’ strano.” le dico io per aiutarla, sentendomi una completa idiota. Lei annuisce ma sembra che cerchi nell’aria qualcosa in più “Sì, è vero, mi ha dato la mano in un modo distratto, non so. O annoiato. Mah. Comunque cambiando argomento…” e inizia a spiegarmi come pensa che dovremmo disporci nel negozio. In teoria per ora dovremmo solo fare un giro di perlustrazione, visto che non ci sono ancora clienti e l’apertura è tra mezz’ora. Quindi ci posizioniamo dove c’è un bancone per mostrare gli abiti alle clienti (le donne ovviamente sono nel reparto donna) e iniziamo a parlare e a immaginare come sarà lavorare qui. Intanto ci raggiunge anche Katia che, alla domanda di Amanda “Visto qualcosa di interessante?” risponde “Ho già tipo speso con l’immaginazione il mio prossimo stipendio qui dentro.” e mi diventa istantaneamente più simpatica. E attenzione perché non ho detto che mi sono innamorata.

Continuiamo a divagare su argomenti a caso, finché non mancano pochi minuti all’apertura e anche i “camerieri” hanno posizionato qualche bicchiere di vino sui tavolini vicino ai camerini di prova. Amanda, appena prima che si aprano le porte automatiche che riverseranno su di noi i primi clienti mattinieri, afferra tre bicchieri e ne porge uno a me e uno a Katia. Poi ci guarda negli occhi e beve il suo spumante alla goccia. Seguo il suo esempio subito e mi metto a ridere mentre anche Katia svuota il suo bicchiere con una smorfia. Poi dice: “Domani questo lo correggiamo.” e io sento che è già nato un rituale. Ci mettiamo gli auricolari e si parte.

Dopo due signore sui 50 anni che “pensavano” di avere la taglia 42 e invece avevano la 46 sono già stufa di questo lavoro. I clienti di questo negozio sono perlopiù abbastanza ricchi, quindi abbastanza snob. E far notare ad una signora abbastanza ricca e abbastanza snob che una 42 non le entrerà nemmeno se si cospargesse di quintali di burro (bleah.) non è appropriato. Le porti quindi una 42, poi una 44 ed infine una 46 che però “il colore che voleva in questa taglia è in ordinazione, abbiamo solo il nero”. E lei quasi si offende perché nel frattempo ha provato 2 vestiti, si è resa conto di non essere più una ragazzina e poi lei quel vestito lo voleva proprio rosso. E tu annuisci e prometti che il vestito rosso taglia 46 arriverà presto, dopo essertene accertata tramite aggeggino posto nel tuo orecchio. E poi preghi che lei non ti chieda di riprovare la 42. Mi sto quasi nascondendo dai clienti che si aggirano per il negozio quando sbatto contro qualcosa.

“Ops…” mi giro e c’è il Ragazzo Senza Nome. RSN. O Lorenzo, giusto? Perfetto.

“Ehi.” dice lui con una voce un po’ roca.

C’è un problema. Sì, un altro: mi innamoro spesso dei ragazzi per la loro voce, specialmente per quelle voci roche e basse e del tipo “ho fatto le ore piccole e ho passato la serata… urlando.”. Ora sì che sono fregata.

Ridacchia (ovviamente di me) e indicando in alto dice: “Vuoi cambiare reparto?”. Io alzo la testa e vedo sopra di noi l’insegna con scritto “Uomo”. Ri-ops. Sorrido incerta, poi guardo una signora che si dirige proprio verso di me con aria minacciosa: “Oddio, forse dovrei.” Sorride anche lui: “Non credo. Io sto scappando da quel tizio con la camicia verde pisello e il maglioncino azzurro.” e mi fa un cenno con la testa “Ha deciso che vuole un pantalone ocra ma nessuno dei nostri pantaloni è abbastanza ocra per lui.” Sbuffa e mi sorride di nuovo. “Allora mi sa che per stavolta lascio!” gli dico io avendo evidentemente perso tutta la mia sagacia e ritorno mesta nella mia metà di negozio, giusto in tempo per farmi catturare da una nuova cliente, giovane, magra e carina. Si cambia stile, finalmente? Cerco di non sbuffare mentre mi dice che ha bisogno di un regalo per sua zia e mi dirigo con lei verso gli scaffali.

A fine giornata, a pochi minuti dalla chiusura, mi siedo un attimo a riposare sui divanetti color crema vicino ai camerini. Mi massaggio le caviglie: forse non è stata una grande idea mettere tacchi 12 il primo giorno. Però mi fanno sentire più professionale. Chissà se si possono mettere anche di altri colori, oltre che neri. Sono piegata su me stessa facendo questi pensieri di alta filosofia quando un paio di decolletè rosse si avvicinano alla mia visuale quasi rasoterra. Mi rialzo e Amanda si siede accanto a me: sì ai tacchi colorati, dunque. Strano che non avessi notato i suoi, prima.

“Com’è andata?” chiede e io mi volto verso di lei e alzo le spalle “Niente male.”
Lei mi guarda e scoppia a ridere “Che schifo, eh?”.

   
 
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