Wire

“Ricordi, da piccola, quale fosse il limite?”
Scuoto la testa.
Non ho immagini né suoni utili.
La sua veste scintilla. È seduta accanto a me, ferma, composta. I capelli legati, il trucco sofisticato ma misurato.
“E ora? Ora lo ricordi?”
La osservo, bella, sicura, il genere di persona che riesce a conquistare quel che vuole. Perché sia rimasta qui, in questa famiglia dalle limitate possibilità, è ancora un mistero.
“Non più in là del filo rosso” dico.
Irma sorride. Si alza, la lunga veste a strisciare sul pavimento.
Si porta le mani ai capelli. Il nastro che le lega la lunga treccia viene sciolto. I capelli ondulati, lunghissimi, ricadono ai lati del volto.
Mi porge il suo nastro, che mi lega al polso.
Ha inizio ora, qualunque cosa per cui nostro padre ci avesse preparato. Lei con quel nastro ha fatto chilometri, e poi è sempre tornata.
“Ora tocca a te” dice. “Ma ritorna”
“Non so, vedrò”
“Non puoi vedere. È una regola. E’ una regola rossa, come il semaforo. Dovresti fermarti”
“Tu non l’hai fatto prima di me”
“E guarda dove sono ora: qui”
Dovrei ascoltarla. Dovrei, ma non l’ho mai fatto in vita mia.
È una regola, rossa, come il semaforo, il sangue e il nastro che ho al polso.
È il limite.
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Tutto ciò che avete letto corrisponde solo alla mia immaginazione e non a fatti reali.
Per cortesia, lo so che ne avrete abbastanza, ma vi rendete conto che è solo ora che sto iniziando a uscire da un lungo letargo che mi ha afflitta quest'anno?
Se ve ne rendete conto, potete anche comprendere che questa è terapia.
Perciò per favore, abbiate paziena. Prima o poi smetterò di stressarvi con cose che non stanno né in cielo né in terra, lo prometto.
Nel frattempo, se recensite non sarebbe male. Così, tanto per fare.
Asta la vista!

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