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Autore: Farrah Wade    28/03/2010    1 recensioni
Essere genitori non è mai una cosa facile. Spesso si devono prendere decisioni difficili riguardo ai figli. Quante volte per "fare del bene" si deve "fare del male", rischiando di essere fraintesi e addirittura odiati dai propri figli? Ne sa qualcosa il dottor Philip Price, che oltre a dirigere un ospedale, si troverà alle prese col non facile carattere dei suoi gemelli. La sofferta ma necessaria decisione di mandarli a studiare in un collegio adatto al rango della famiglia scatenerà una serie di terribili eventi che vedranno coinvolti i suoi figli e una strana "allucinazione" che lo porterà a dubitare della loro sanità mentale e rivangare alcuni segreti celati da tempo dal nonno dei gemelli, il primario ormai in pensione Preston Price. Genitore austero e brillante medico, Philip cercherà sempre di fare "la cosa giusta" finendo inevitabilmente col fare quella sbagliata.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Rachel era nella sua stanza. Stava riposando dopo un pomeriggio passato all’aperto ed era molto soddisfatta. Non c’era scuola, quindi niente compiti, ed era rientrata in casa esausta per il tanto ridere e per il moto fatto in un limpido pomeriggio estivo. Avevano fatto una partitella a baseball, lei e Benji, e naturalmente aveva vinto lui. Era diventato troppo bravo, ma non era dispiaciuta. Adorava il suo fratellino ed era contentissima quando lui le insegnava qualche nuovo lancio che aveva appena imparato. Poi, quando segnava un nuovo punto, faceva quella cosa che Rachel adorava: puntava il dito al cielo e indicava, imitando in questo il suo giocatore preferito dei Red Sox, Tom Gordon.
Lo aveva fatto anche quel pomeriggio e Rachel era andata in visibilio. Si era proprio divertita un sacco e dopo uno spuntino preparatole da Gwen era salita di sopra e si era addormentata col sorriso ancora stampato sulle labbra, a ricordo della meravigliosa giornata appena passata.
Era del tutto ignara del fatto che Benji e suo padre avevano discusso di nuovo e che lui ora era in castigo nella sua stanza. Non era al corrente degli ultimi sviluppi. Ricordava solo che mentre era in cucina a fare merenda, con Gwen che iniziava a preparare la cena, qualcosa aveva attirato l’attenzione di Benji.
Era una busta bianca, posata sulla mensola in alto, accanto al frigorifero, fuori dalla portata di occhi indiscreti. Il posto dove la domestica era solita tenere la corrispondenza importante prima di consegnarla ai signori Price.
Rachel aveva visto l’espressione di Benji farsi pensierosa. Rapidamente, non visto da Gwen, aveva preso la busta ed era sgusciato fuori dalla cucina prima che la domestica si accorgesse della sparizione del documento.
Rachel non l’aveva più visto né gli aveva più parlato da quel momento. Aveva finito la sua merenda con tutta tranquillità, senza curarsi di andarlo a cercare per curiosare dentro quella busta. Sapeva che se fosse stata una cosa importante glielo avrebbe fatto sapere lui stesso.
Così era salita nella sua stanza e, appena toccato il letto si era addormentata beata, spossata da tutte le avventure vissute quel pomeriggio.
Ma all’improvviso qualcosa turbò il suo sonno, così tranquillo fino a quel momento.
Era come se una nuvola nera avesse oscurato un cielo azzurro e limpido, minacciando pioggia.
Si mosse nel sonno, cercando di scacciare quella sensazione sgradevole che aveva disturbato la quiete del suo riposo, ma non riuscì a riportare la calma di poco prima. Si agitò di nuovo, cercando di emergere da quel sogno buio e spaventoso, quando improvvisamente udì una voce.
Era una risata maligna, terrificante, che le fece accapponare la pelle. Poi udì la voce di suo fratello. Era spaventato almeno quanto lei e le stava chiedendo aiuto.
Rachel si spaventò ancora di più per questo. Significava che Benji era in pericolo se chiedeva aiuto a lei! Cercò di non perdere la testa e di stabilire un nuovo contatto con Benji. Era strano, ma era come se avessero comunicato davvero. Non era nel suo sogno, non era immaginazione, era nella sua testa che avevano parlato!
Non seppe come spiegarselo, ma cercò nuovamente il contatto con la mente di Benji. Le venne spontaneo, come se lo avesse fatto da sempre, ed era convinta che anche per lui fosse lo stesso.

 Aiutami Rachel! Non so cosa mi sta succedendo … Aiutami ti prego, solo tu puoi farlo!

Di nuovo la voce di Benji le riempì la testa. Era un’invocazione disperata ma Rachel trovò il coraggio di rispondere.

-Resisti, fratello. Ora vengo ad aiutarti, vengo da te!

Sentì ancora quella malefica risata e si svegliò di soprassalto con un gemito, rizzandosi a sedere sul letto. Aveva ancora la pelle d’oca ed era sudata, segno di quanto quell’incubo fosse stato reale.
Si guardò intorno smarrita, cercando di fare mente locale su quanto era accaduto.
Era nella sua stanza, cosa che la tranquillizzò parecchio. Si era addormentata coi vestiti ancora addosso, dopo una splendida giornata, ed ora si risvegliava terrorizzata da un incubo surreale, dove suo fratello le chiedeva aiuto. Sembrò riaversi dal suo turbamento e si alzò di scatto.

Benji ha bisogno di me devo aiutarlo, anche se non so come.

Questo pensiero bastò per farla muovere. Aprì la porta e corse fuori nel corridoio, in cerca di qualcuno che potesse aiutarla.
Svoltò l’angolo delle scale e letteralmente finì tra le braccia di Reynolds che, colto alla sprovvista dal suo slancio, si sbilanciò all’indietro.

-Rachel, tesoro. Dove vai così di fretta? Hai quasi placcato il tuo quarterback!

Lei sorrise e gridò il suo nome con sollievo. - JOHN! Mi devi aiutare, è importante.

Prese a tirarlo per un braccio, sospingendolo nella sua direzione.
Lui si fece serio e la osservò. La bambina sembrava spaventata sul serio. Era scalza, notò. Indossava i suoi adorati jeans a zampa d’elefante ed una magliettina rosso fuoco che le metteva in risalto i lunghi capelli corvini, ora trattenuti da una coda di cavallo che le arrivava alla vita.
Negli occhi chiarissimi, identici a quelli del fratello, tremolò una lacrima e John si rese conto di quanto fosse sconvolta.

-Cosa è successo tesoro. Vuoi che chiami papà?

Rachel scosse il capo con vigore, facendo danzare i lunghi capelli.

-No. No, John aiutami tu, per favore. Benji sta male ha bisogno del mio aiuto ma io non so che cosa devo fare.-

John si sorprese. - Come sarebbe a dire che Benji sta male? Che cos’ha?

-Non lo so, John non perdiamo tempo. Presto, vieni!

Rachel continuava a tirarlo per un braccio ma Reynolds si chinò all’altezza dei suoi occhi e la prese delicatamente per le spalle.

-Tesoro, calmati ora. Guardami: Benji non sta male. Ha solo fatto arrabbiare di nuovo tuo padre per la storia della scuola, e lui l’ha punito. Non sta male, hai capito? Ora andiamo da Phil e gli chiediamo il permesso di vederlo, così ti renderai conto da sola che sta bene, okay?

Rachel cercò di divincolarsi da John mettendosi a piangere e urlare.

-No! No. Non è vero. Non capisci. Lui ha chiesto aiuto a me, mi ha chiesto aiuto come io ora lo chiedo a te! Aiutami John, aiutami per favore.

Reynolds la prese in braccio e andò verso il ballatoio, affacciandosi di sotto per vedere se Phil era ancora in giro, vicino alla biblioteca.
Dopo la riunione aveva detto di volersi ritirare per un’oretta nella sua stanza. Voleva riposare un po’ prima di cena e a quanto pare aveva tenuto fede alle sue parole, perché la biblioteca era deserta.
Reynolds sentiva di dover fare subito qualcosa. La bambina sembrava seriamente turbata. Poteva anche essere veramente successo qualcosa e loro non lo sapevano. Come medico non se la sentiva di sottovalutare quel particolare legame che avevano i gemelli in situazioni analoghe. Come amico non voleva certo mettersi in mezzo a Phil in decisioni che non lo riguardavano. Non voleva mettere in dubbio la sua autorità di padre, e il comportamento di Rachel lo metteva un po’ a disagio. Sembrava che in quel momento lei preferisse che ad aiutarla fosse lui e non suo padre.

-Va bene tesoro, ora stammi a sentire, vuoi? Andremo da Benji, ma dobbiamo avvertire tuo padre. Non vorrei che si arrabbiasse di nuovo, okay?

Rachel annuì, nascondendo la testa nell’incavo del collo di John. Sempre tenendola in braccio, la portò proprio dinanzi alla porta della stanza di Benji. La depose con delicatezza per terra, e rimasero in ascolto. Da dentro non arrivava nessun rumore. Provarono a girare la maniglia, ma era chiusa a chiave.

-Forse sta dormendo - azzardò Reynolds, ma era chiaro che a quel punto voleva esserne sicuro anche lui. Provò a bussare, dapprima leggermente, chiamando Benji per nome. Ancora nessuna risposta.

-Hai visto? Se stava dormendo ci avrebbe già risposto! - osservò Rachel.

-Magari è offeso e non vuole vedere nessuno dopo la lite con vostro padre.

-A me parlerebbe lo stesso, John, lo sai anche tu. Ti dico che c’è qualcosa che non va.

-Okay, vieni, andiamo a dirlo a tuo padre.

John la prese di nuovo su e imboccarono il corridoio per salire di sopra, alla camera da letto padronale di Philip e Johanna.


Philip, conclusa la riunione e accomiatatosi dai colleghi, aveva deciso di stendersi un po’ prima di cena, dato il terribile mal di testa che gli era costato quello scontro con il figlio.
Fece scorrere le doppie porte a scomparsa della camera da letto padronale e con stupore vide che la moglie era già tornata.
Sedeva dandogli la schiena, indaffarata alla toeletta. Aveva già fatto la doccia, poiché indossava una vestaglia da camera di raso bianca. I capelli ancora umidi, erano sciolti sulle spalle; erano di un bel castano scuro, con dei riflessi rossi, cosa che lei detestava ma che Phil adorava, per questo non se li era ancora tinti. Aveva solo fatto dei colpi di sole, e si sentiva un po’ meglio.
Il viso era un ovale perfetto, cosparso di lentiggini, a fare da cornice a due occhi di cerbiatta azzurro intenso.

-Jo. Che bella sorpresa. Non sapevo che fossi già tornata - disse richiudendosi la porta alle spalle che scivolò nelle guide senza rumore.

-Eri ancora in riunione, non volevo disturbare. Un momento solo, caro, sto lottando da dieci minuti con queste maledette lenti a contatto.

Armeggiò un altro po’ con lo specchio, mise il disinfettante e la soluzione salina nel cassetto insieme alle lenti e finalmente si voltò verso il marito. Phil ridacchiava divertito.

-Non rida di me, dottore. Le costerà caro ridersela alle spalle di un avvocato penalista in difficoltà! A proposito: Telefoni domani al suo oculista e dica che la moglie del primario ha delle difficoltà a tollerare quegli affari. Opterà per un bel paio di occhiali, ma solo per lavorare, intesi?

-Agli ordini, Vostro Onore!

Risero e si abbracciarono.

-Che giornata faticosa oggi, non ce la faccio più.

-Non dirlo a me, cara, sono distrutto ed ho un’emicrania in piena regola.

-Vieni qui, dottore, magari un po’ di coccole ti rimetteranno in sesto.

-Lo spero. Ne ho bisogno.

-Che è successo? Hai una faccia terribile.

-Abbiamo concluso i preventivi con John, Sage e Greenway, oggi e come se non bastasse ho di nuovo discusso con tuo figlio.

-Non dirmi che avete litigato ancora per il Saint Peter’s.

-Sì, di nuovo. Ma questa volta è andato troppo oltre. Mi ha fatto proprio uscire di senno! Pensa che è venuto in biblioteca di fronte ai miei colleghi e ho dovuto letteralmente trascinarlo di sopra a viva forza.

-Uh. Immagino quello che è successo poi.

-No, Jo, davvero. Mi ha persino minacciato, ti rendi conto? Era in preda ad una crisi isterica vera e propria.

-Oh Santo Cielo! Ora come sta?- si preoccupò Jo.

-Sta bene, a parte il suo orgoglio ferito. Non preoccuparti, lo lascerò sbollire ancora un po’, poi andrò a parlarci.

Jo sollevò un sopracciglio. - Non riesco a credere a quello che mi hai detto. Perché avrebbe fatto una cosa tanto stupida?

-E’ quello che voglio scoprire. Anche se credo che dipenda tutto dal fatto che non vogliano andare in quella scuola.

-Non credi allora che forse dovremmo rivedere le nostre decisioni? Se quel posto li mette così a disagio …

-Sei troppo indulgente, tesoro, ti dimentichi perfino che sei un avvocato quando ci sono di mezzo i tuoi figli. Non hai pensato invece che è tutta una messinscena per farci cambiare idea? Un capriccio, chiamalo come vuoi, ma resta il fatto che hanno architettato tutto per mandare a monte la nostra decisione.

-Pensi che sarebbero capaci di arrivare a tanto?

-Si Jo. Li stai sottovalutando troppo. Dimmi: hai visto forse qualcosa che non andava il giorno che siamo stati a vedere la scuola?

-Beh ... No. Anzi, mi sembrava tutto fin troppo perfetto, se proprio lo vuoi sapere.

-Ecco, quindi dammi solo un valido motivo per ritrattare le nostre decisioni.

-Sai? Saresti perfetto per rappresentare la pubblica accusa, avvocato Price! Forse hai ragione tu, non ho nessun valido motivo. Mi preoccupo troppo ecco tutto. In fondo sono, oltre che una donna in carriera, anche una madre, no?

-Una brava madre - la zittì Phil con un bacio. Johanna ricambiò con entusiasmo, e finirono sul letto ancora abbracciati.

-Finalmente un po’ di tempo per noi - farfugliò tra un bacio e l’altro.

-Non mi sembra vero!- rise Jo togliendosi la vestaglia da camera.

Scompigliò i capelli neri del marito, affondando i polpastrelli nel cuoio capelluto e massaggiandogli la testa.
Philip si rilassò gemendo per il piacere che quel massaggio gli procurava. Solo la moglie sapeva calmarlo con uno di quei suoi massaggi speciali.

-Va un po’ meglio, dottore?

-Infermiera la prego non smetta, non smetta finché non mi sarà passato questo mal di testa.

Johanna fece finta di indignarsi.

-Ma guarda! Dovrei essere io quella da coccolare e invece …

Philip tornò alla carica, tempestandola di piccoli baci su tutto il corpo.

-Oh, dottore, così va molto meglio …

-Ne è proprio sicura? Posso fare di meglio, sa?

-Beh, si dia da fare, allora! E’ così che tratta le sue pazienti? Non vorrà che il mio mal d’amore peggiori!

-Oh, no di certo! Vediamo, vediamo …

Improvvisamente furono disturbati da un insistente bussare alla porta. Philip dapprincipio non si lasciò distrarre da quel bussare incessante, ignorandolo completamente, ma Johanna si tirò su e lo bloccò.

-Vai a vedere, tesoro, magari è importante.

Phil riemerse tutto scompigliato. - Oh, No. Proprio adesso che iniziavo a rilassarmi. Magari è Gwen che chiama per la cena. Lasciala attendere un po’.

-Phil, tesoro, Gwen non bussa mai quando siamo qui da soli, lo sai.

-Okay, mi arrendo. Vado a vedere chi è - sentenziò Phil e si avviò verso la porta, rimettendosi la camicia nei pantaloni mentre Jo si rimetteva la vestaglia da camera e lo seguiva.

Da fuori bussarono di nuovo, con insistenza. - Insomma, chi è?- chiese Philip un po’ infastidito da tutta quell’insistenza. Aprì la doppia porta scorrevole e immediatamente l’espressione del suo viso cambiò. Ora, vedendosi dinanzi Reynolds con Rachel in braccio non si sentiva più infastidito. Sapeva che John era molto discreto e se era arrivato a tanto, il motivo era più che valido.

-John, scusa … Io pensavo che fosse Gwen che avvisava per la cena …

Reynolds arrossì un poco. - Scusami tu, Phil, se ti ho disturbato, ma vedi … è successa una cosa.

Philip ridivenne subito serio e capì che qualcosa non andava.

-Che cosa c’è, John? Che è successo?  

Phil posò lo sguardo su Rachel, tuttora avvinghiata al collo di Reynolds. Fece un cenno con il capo come per chiedere se era Rachel che stava male, ma John scosse la testa.

-Ho incontrato la bambina di sotto, nel corridoio, era sconvolta. Continua a ripetere che Benji sta male, che ha bisogno di aiuto, e sinceramente sono un po’ preoccupato. Volevo che tu lo sapessi e venissi a dare un’ occhiata, almeno per calmare la piccola.

Philip sorrise a Rachel e le tese le braccia per farla venire da lui. Lei lo osservò, poi tornò a nascondere il capo nel collo di John. Phil riabbassò le braccia e accarezzò i capelli di Rachel.

-Tesoro va tutto bene. Tuo fratello non sta male, hai solo fatto un brutto sogno e hai visto cose non vere.

Rachel si voltò verso suo padre, furente, e per un attimo Philip si ritrovò di fronte lo stesso sguardo di Benji, quando prima non gli aveva creduto su quanto sosteneva sulla scuola.

-Tu non mi credi, papà, ma è la verità! - disse Rachel, ma ‘ tu non mi ascolti, tu non vuoi capire’ furono le parole che il cervello di Philip registrò mentre ripensava alla discussione avuta con Benji.
Ora Rachel aveva usato lo stesso identico tono, e anche le parole erano molto simili, tanto che gli sembrò davvero di aver riascoltato le parole del figlio.

-Benji sta male, ha bisogno di me! - insistette lei.

-Come fai a dire che sta male?- volle sapere suo padre.

-Me l’ha detto lui, mi ha chiamato, papà … - Qui Rachel si bloccò. Vedeva l’espressione del viso di suo padre. Non le credeva.

-Senti, Rachel, è stata una giornata infernale per tutti, credimi. Non vedo il motivo di disturbare anche John per i vostri capricci.

-Non sono capricci!!- urlò Rachel fuori di sé - Vieni a vedere se non mi credi! Da dietro quella porta non viene alcun rumore!!

Philip guardò Reynolds, un po’ preoccupato, cercando conferma di quello che stava dicendo la figlia.

-E’ vero. Abbiamo bussato e chiamato, ma niente. Per questo mi sono fatto coinvolgere e ti ho chiamato. Non volevo disturbarti, ma …

-John, nessun disturbo, davvero. In quanto a te, signorina, se è tutta una macchinazione perché vuoi stare con tuo fratello quando sai che gliel’ho proibito, faremo i conti più tardi.

Phil parlò puntando minaccioso l’indice verso Rachel.
 
-Non mi fare pentire di quello che sto facendo, perché oggi proprio non è giornata. Ci ha già pensato Benjamin a farmi andare fuori dei gangheri. Non lo fare anche tu, perché ti prometto che ce n’è anche per te! Andiamo.

Si affrettarono per il corridoio, poi lungo lo scalone. Phil iniziava ad essere preoccupato, specialmente perché John non aveva smentito il racconto di Rachel. All’inizio era convinto che fosse una bugia, ma ora erano entrambi imbarazzati e preoccupati allo stesso tempo. Sembrava si fossero fatti coinvolgere in chissà quale intrigo.

-Non avete sentito nulla prima probabilmente perché starà dormendo, cosa che ritengo molto probabile, visto lo sfogo di nervi che ha avuto.

-Anch’io ho detto la stessa cosa a Rachel quando siamo stati qui poco fa, ma a questo punto, se tu sei d’accordo, vorrei esserne sicuro.

-Certo, anch’io.

Sia Phil che John erano entrambi ottimi medici, si fidavano ciecamente l’uno del parere dell’altro. Entrambi sapevano che c’era qualcosa da chiarire, ma prima, giustamente volevano accertarsene.
Arrivarono tutti, John, Phil, Johanna con Rachel in braccio davanti alla stanza di Benji al piccolo trotto. Si fermarono solo il tempo necessario ad aprire la serratura, poi si ritrovarono tutti all’interno della camera. Quasi si aspettavano di vedere Benji correre fuori e farsi beffe di loro, ma la stanza sembrava deserta. Per un momento, che sembrò durare all’infinito, la finestra ancora aperta catturò l’attenzione di tutti. Rimasero pietrificati ad osservare le tendine che oscillavano al vento, mentre la mente, a differenza dei loro corpi, correva veloce, immaginando il peggio.
John si riebbe più in fretta di tutti e correndo verso il bagno, ne spalancò la porta, poi si chinò ad osservare qualcosa.
A prima vista, dopo la loro confusa irruzione, la stanza sembrava deserta. Ora erano tutti in preda ad una febbrile agitazione ma Rachel, che era l’unica che poteva saperlo, pensò che Benji fosse andato semplicemente al suo rifugio segreto quando voleva pensare: l’incavo del tronco dell’olmo.
E per arrivarci, ovviamente, doveva passare per la finestra. Era quasi tentata di dirlo ai genitori e a John, quantomeno per tranquillizzarli, ma si bloccò in tempo. Non era quello il momento giusto. Il padre era già abbastanza fuori di sé e avrebbe solo peggiorato la situazione, spaventando a morte la mamma.
Phil si avvicinò alla finestra, si sporse fuori e guardò giù, poi si ritrasse con un sospiro di sollievo e richiuse la finestra. Johanna era ancora in piedi vicino alla porta, con le mani premute sulla bocca come per impedirsi di urlare, in attesa di una risposta.
Incrociò lo sguardo del marito che scosse il capo, tranquillizzandola.

-Dio, ti ringrazio!- riuscì a dire Jo prima che la voce di John li fece voltare tutti verso la porta del bagno. Nessuno aveva pensato di guardare subito là, scioccati com’erano alla vista della stanza vuota e della finestra spalancata.

-Presto, Phil, qui, l’ho trovato!
   
 
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