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Autore: angerona    28/03/2010    0 recensioni
Lontano si udiva l’ululato dei lupi che fendeva l’aria col suo urlo agghiacciante, unica voce in quell’eterno silenzio eppure pervaso di una risata immortale e crudele che sembrava rimproverarlo di non saper ridere così, di essere ancora legato alla stupidità del mondo , a quello sciocco correre di tante formiche che si aggrappavano alla vita quotidianamente senza rendersi conto che ogni secondo che passava le allontanava sempre più dalla vita , avvicinandole alla morte, all’annullamento della quiete eterna. La risata continuava e gli sussurrava un’unica parola all’orecchio: Moira.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccolo di nuovo lì davanti a quella gelida terra che niente gli aveva regalato, mai un sorriso, mai un soffio di vento caldo in quell’aria gelida… eppure lui amava quella terra come si ama la propria madre : era lì che era nato, lì e solo lì il suo carattere trovava spiegazioni. Camminava lento sulla neve cercando di non perdere l’orientamento.

Lontano si udiva l’ululato dei lupi che fendeva l’aria col suo urlo agghiacciante, unica voce in quell’eterno silenzio eppure pervaso di una risata immortale e crudele che sembrava rimproverarlo di non saper ridere così, di essere ancora legato alla stupidità del mondo , a quello sciocco correre di tante formiche che si aggrappavano alla vita quotidianamente senza rendersi conto che ogni secondo che passava le allontanava sempre più dalla vita, avvicinandole alla morte, all’annullamento della quiete eterna.

La risata continuava e gli sussurrava un’unica parola all’orecchio: Moira.

Già, quella parola greca che racchiudeva in sé tutta la futilità e la fragilità della vita dell’uomo. Gli antichi avevano ragione: non ci  si può opporre al destino.

Ecco perché era tornato, non c’era scelta: era fuggito per anni e il destino sotto forma di una nera furia lo inseguiva. Dovunque andava sentiva il suo respiro gelido di morte sul collo e sapeva di doverla affrontare.

Aveva giocato molte volte a scacchi con la morte e ne era sempre uscito vincitore ma oggi non era più il giocatore bensì la pedina. Da spettatore a primo attore: che bel cambiamento! Certo che era proprio buffo! Come si può odiare e insieme amare? Forse l’odio e l’amore sono separati da un confine così sottile che basta un istante, un granello di quella clessidra chiamata vita, per attraversarlo.

Ora basta! Doveva smetterla: se lasciava correre il suo pessimismo non avrebbe più avuto il coraggio di andare avanti. Era arrivato: quel maledetto villaggio sopra il quale svettava un castello, già, il castello in cui era nato e che tanto odiava. Come poteva uno spirito libero come lui sopravvivere in quel posto così bigotto, così antiquato, così.. fuori dal mondo?

Si domandava se lì ci fosse qualcuno come lui, qualcuno che non si arrende, qualcuno la cui fiamma brilli nel ghiaccio sgretolandolo, la cui anima fosse come quella di una fenice, piena di cicatrici e stanca di respirare perché rinata troppe volte dalle proprie ceneri.

Eppure da quelle ceneri che erano il suo dolore, la sua croce, era rinato, più forte e potente che mai. Ma ora era stanco. Perché continuare invano quella partita già persa in partenza? Era venuto lì perché stava per morire, per dare un senso ciclico alla propria esistenza errabonda. Ridicolo: lui che disprezzava la quotidianità ora la desiderava!

Chissà cosa avrebbe detto suo padre: lui aveva sempre sostenuto che era uno sciocco, che non sapeva cosa lo aspettava nel mondo e che alla prima difficoltà sarebbe tornato a casa. Ma si era sbagliato… eccome! Tornava ora che aveva visto tutto, che la malattia lo stava lentamente consumando.

Perché si era reso conto troppo tardi che era ora di chiedere scusa  a chi  aveva fatto soffrire - la risata era ripresa più forte che mai - l’immortale di quella gelida steppa si era risvegliato e di nuovo faceva risuonare nell’aria il suo disprezzo per i sentimenti del genere umano, che lo rendevano così debole, così insignificante…eppure così forte.

Era arrivato, aveva bussato a quella porta. Si era aperta, un dolore lancinante al petto, solo il tempo di dire “Perdono” e poi l’ultimo respiro…

La risata continuava, proveniva da sopra gli alberi  dove una figura nera svolazzava tenendo in mano un filo spezzato.

  
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