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Autore: CowgirlSara    05/08/2005    3 recensioni
PICCOLO RITOCCO. È tempo di tornare per un Cavaliere d’Oro. Dopo cinque anni passati a far finta di dimenticare, è ora di scoprire cosa è veramente cambiato e cosa è rimasto dolorosamente uguale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rising - Back to the Sanctuary' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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~ 4 ~

 

Non fu una bella notte per Scorpio. Troppi fantasmi nell’ottava casa. Troppe voci dal passato.

Dopo aver accompagnato Camus nella casa di Acquarius, tornò nella sua, ma l’idea di arrabattarsi in quel vecchio letto alla stentata luce di una candela non lo ispirava. Si cambiò, infilandosi un paio di logori pantaloni di cotone ed una maglietta senza maniche, quindi uscì, intenzionato a non tornare.

Sapeva dove stava andando, e la luna era sufficiente illuminazione per percorrere una strada che conosceva a menadito. Nella piccola valle c’era una specie di villaggio, poche case dove vivevano soldati, servitori, civili con le loro famiglie. Un po’ discostata dalle altre c’era la casa che Milo cercava.

Era una costruzione squadrata, le mura di semplice pietra, il tetto color mattone. Il ragazzo si avvicinò. Sopra la porta c’era sempre, anche se ancora più scrostato, l’affresco di Atena Sapiente, con un fascio di ulivo in una mano ed una pergamena nell’altra. Milo sorrise, poi, però, si guardò intorno. La casa sembrava abbandonata. Con sgomento si accorse, infatti, che la porta era leggermente aperta. La scostò piano ed entrò.

Lo accolsero pareti spoglie e polvere sul pavimento. Non più il vecchio divano verde, o la stampa delle ballerine di Degas appesa sulla parete in fondo, né i pesanti mobili di castagno pieni di libri, il tappeto di canapa intrecciata. Tutto sparito nell’oblio degl’anni passati. A parte una cornice rotta, ai piedi delle scale.

Non poté resistere ed entrò in cucina. Il luogo sacro dove la cara Danae preparava le sue deliziose frittelle all’uva. Lì erano rimasti tutti i mobili, ma era sparito il frigorifero ed una coltre di fine polvere copriva ogni cosa. Il focolare spento. Solo una nera finestra. Milo fu preso da una botta violenta di nostalgia, mentre osservava una persiana sbattere piano, al vento della notte.

Quella casa. Quelle persone. Gli anni più belli. Quando credeva che mai avrebbe avuto una famiglia erano arrivati Nikolais e Danae,  la sua governante. Lo avevano preso con se, cresciuto, vestito, viziato, istruito, come fosse un figlio. Ora c’era solo polvere e malinconia.

Che cosa poteva essere successo? Non poteva credere che Nikolais avesse infastidito qualcuno, era l’uomo più mite che avesse conosciuto… poi pensò alle sue parole, alle sue idee… un sospetto tremendo gli attanagliò la mente e corse al piano superiore.

Milo controllò ogni stanza. Erano rimasti anche lì tutti i mobili, ma i cassetti e le ante degli armadi erano spalancati, come se qualcuno se ne fosse andato in tutta fretta. Polvere, anche qui. E vetri rotti.

Il cavaliere, sopraffatto dalle emozioni, si lasciò cadere seduto sul letto; si guardava intorno, incapace di ritrovare in quell’abbandono il calore di un tempo. I suoi occhi velati, infine, si fermarono sul largo comodino di noce. C’era una foto rovesciata. La prese; il vetro era rotto, ma l’immagine quasi intatta.

Nikolais era più giovane di quando l’aveva conosciuto lui, ma il sorriso era lo stesso. Teneva in braccio due bambini. Lei, boccoli biondi e occhi assurdamente azzurri, gli abbracciava il collo con espressione di assoluta felicità. Lui, capelli scuri e occhi blu, gli stava sottobraccio come un pacco, ma aveva lo stesso sorriso della bimba. Camus e Elettra. Sì, quella Elettra. Era la figlia di Nikolais, il quale aveva cresciuto Camus proprio come aveva fatto con lui. Milo non l’aveva conosciuta quando viveva lì, perché lei era già al confino e non poteva certo visitare il padre. Preferiva non ricordare come l’aveva incontrata.

Decise di tenersi la foto, la pulì dalla polvere e dai vetri, poi se la mise in tasca; chissà, magari a qualcuno di loro avrebbe fatto piacere riaverla. Sperò che quel qualcuno fosse un Nikolais vivo e vegeto. Lo voleva riabbracciare.

Si sdraiò, accomodandosi alla meglio. Il letto era scomodo e sporco, ma andava bene, pur di dormire lontano dal Tempio. Milo si addormentò quasi subito.

 

Il mattino dopo, Milo si svegliò relativamente tardi; dopo essersi scosso dalla polvere che c’era sul letto, corse all’ottava casa per una doccia veloce. Doveva assolutamente andare in un posto, prima d’incontrarsi col Grande Sacerdote.

Arrivando al tempio principale dal lato ovest, a circa metà della lunga scala, si trovava una deviazione. Tra due ali di pietra, come un piccolo canyon scavato nella roccia, partiva una scala bianca più stretta; salendola per qualche minuto ci si ritrovava in uno spiazzo su cui sorgeva un’imponente edificio. Più piccola del Tempio, ma altrettanto severa, la Biblioteca del Santuario accoglieva il sapere di millenni di storia. Scorpio si fermò davanti all’entrata.

Alla statua di Atena che custodiva l’ingresso mancava un braccio, adesso. Quello che reggeva il libro. Mentre l’altro, quello che teneva la lancia, era ancora al suo posto. Milo lo ritenne un cattivo presagio, come se una parte della Dea fosse stata snaturata. Si avvicinò al portone.

La grande porta di ulivo era serrata da una trave posata su sostegni di bronzo. La porta della biblioteca non era mai chiusa quando c’era Nikolais. Milo la tolse con facilità ed entrò.

Lo spettacolo che gli si presentò davanti era perfino peggiore di quello della casa. Intenso puzzo di muffa, ragnatele, luce opaca che filtrava tra le assi che coprivano le finestre. E i libri. Sparsi in giro, come passati tra le braccia di un uragano. Tutto in disordine. Tutto abbandonato.

Il cavaliere sentì lacrime di rabbia pungergli gli occhi; serrò i pugni, osservando quella desolazione.

“Sapevo di trovarti qui.” Affermò una voce, era Camus, Milo non aveva bisogno di voltarsi per saperlo, e comunque non avrebbe potuto togliere gli occhi dallo scempio.

“Che cosa è successo?” Domandò cupo.

“La biblioteca è stata abbandonata quattro anni fa.” Rispose Acquarius. “Un notte Nikolais è scomparso, e nessuno ha preso il suo posto di custode.”

“Scomparso?” Fece Milo, intenzionato a saperne di più, ma senza togliere gli occhi dal triste spettacolo davanti a se.

“Giravano voci.” Spiegò reticente Camus. “Sembrava che la Biblioteca fosse diventata un ricettacolo di sovversivi, che Nikolais avesse troppo potere, che il padre della Traditrice fosse anch’egli un traditore.” Come Milo immaginava. “Lo avevano minacciato, più volte.”

No, non voleva sapere nient’altro! Non poteva essere successo, non a lui! Non come quei ragazzi sulla barella… non un corpo scaricato chissà dove…

“E lei…” Mormorò Scorpio con voce tremante. “…che ne pensa lei?” Chiese.

“Adesso, ad Elettra, basta che suo padre sia vivo.” Rispose Camus.

Milo si voltò di scatto verso di lui, gli occhi lucidi spalancati. “E’ vivo?!” Esclamò.

“Sì.” Annuì soltanto l’altro, a bassa voce. “Non gridare.” Aggiunse.

“Tu sai dov’è?” Domandò allora Milo, abbassando il tono.

“No.” Dichiarò sicuro Acquarius.

“Ma lo ha aiutato lei a fuggire?” Continuò Scorpio, facendosi insistente.

Quelle domande cominciavano ad infastidire Camus, che si scostò da lui, dandogli le spalle. “Non lo so.” Ammise. “Io e Elettra abbiamo un patto, io non voglio sapere quello che combina, e lei non me lo dice, meglio non esserne a conoscenza, credimi.”

“Capisco.” Accettò Milo, abbassando gli occhi; poi, però, tornò a guardare lo scempio della Biblioteca. “Come puoi accettare questo, ad ogni modo.” Affermò quindi, indicando i libri a terra, i banchi rovesciati, gli scaffali vuoti. “Anche tu sei cresciuto qui.”

“Accetto solo il naturale svolgimento delle cose.” Rispose Camus con distacco. “Non è più il momento dei libri, al Santuario, ora è solo quello della spada.”

“Ma come puoi dirlo?” Replicò Milo. “Atena è Dea di sapienza, prima di essere una guerriera, è nata dalla mente del Padre Zeus…”

“Sì, e ne è uscita con l’armatura!” Replicò l’amico interrompendolo. “Scorpio, ragiona! Questo è solo il passato…” Affermò indicando i resti della Biblioteca. “…non possiamo restarci attaccati, è una debolezza che non possiamo permetterci in questo momento.”

Milo lo fissò per un attimo negl’occhi, poi scosse mestamente il capo. “Oh, è inutile che ne parli con te, tu non tieni a niente, non puoi capire…” Un lampo d’indignazione passò negl’occhi di Camus, ma lui non se ne avvide. “Se ti comporti così anche con lei, non mi meraviglio che ti voglia lasciare.”

Gli occhi di Camus, stavolta, saettarono pericolosi. “Stai cercando di farmi del male?” Gli chiese torvo.

“No.” Rispose Milo, alzando di nuovo lo sguardo su di lui. “Sto solo cercando di farti capire quanto fa male.”

Si fissarono per qualche secondo, poi Camus abbassò il capo con un sorriso cinico. “Come vuoi.” Disse con disincanto, e senza ammettere di aver perso il confronto. “Crogiolati pure nelle tue malinconie, ma ricordati che ti stanno aspettando, non far tardi.” Aggiunse, poi se ne andò. E Milo non vide con che rabbia aveva stretto i denti prima di uscire.

Il cavaliere di Scorpio rimase ancora qualche minuto nella Biblioteca. Un posto che era stato molto importante per lui. Dove gli era stato insegnato che per essere un cavaliere, prima devi imparare ad essere un uomo. Con le tue debolezze. I tuoi istinti. I tuoi dolori. Le tue lacune. I tuoi dubbi.

Questi Cavalieri di Bronzo dicevano di essere guidati da Atena in persona. Gli era molto difficile crederlo veramente. Perché la Dea, invece di prendere la testa dei suoi Supremi Difensori allo sbando, si sarebbe circondata di un gruppo di arroganti ragazzini? Non riusciva a capirlo. Ma, allo stesso tempo, non si fidava di Arles. Troppo misterioso il suo passato. Troppo crudeli i suoi ordini. E poi… lo aveva sentito subito, arrivando. Era come se il male aleggiasse sul Santuario. Il Sacro Tempio stava morendo. E loro con lui.

Uscì al sole, la sua armatura risplendeva accecante, il mantello di seta candida si muoveva alla leggera brezza. Lanciò un’occhiata alla Meridiana dello Zodiaco. Mancava poco. Presto avrebbe incontrato il Grande Sacerdote. Sperava che qualcosa, almeno, si sarebbe chiarito.

Si aggiustò l’elmo, incamminandosi verso il Tempio attraverso il Giardino degli Oleandri, che lo divideva dalla Biblioteca. Lontano, in basso, si intravedeva il mare.

 

CONTINUA

 

 

NOTE:

-          ebbene sì, sia Camus che Milo (orfani come tutti gli sfigati cavalieri) hanno vissuto un importante periodo della loro vita in casa del padre di Elettra, è così che è nata la tormentata relazione tra Acquarius e la donna, ma non è per questo che Scorpio l’ha conosciuta (poi vi spiegherò ^__-);

-          la faccenda della foto mi piaceva e ce l’avevo davanti agli occhi mentre la descrivevo, spero di aver reso bene l’idea, ma soprattutto di aver fatto capire quanto Milo sia legato a Nikolais.

 

PICCOLO SFOGO MALUPINO:

-          mi fa tanta tenerezza il povero Milo, così attaccato ai suoi cari ricordi, come ogni buon segno d’acqua; se ha bisogno di qualcuno che lo consoli eccomi qua! Scommetto che, se la pensate come me, tra poco quella casa abbandonata diventerà sede di un rumoroso festino… ihihihih!

 

Domani parto per il mare, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate, aspetto i commenti! See you next time! Baciotti

CrazyCow

   
 
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