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Autore: pizia    29/03/2010    0 recensioni
La donna che mi ha allevato diceva che io appartengo al Piccolo Popolo e che quindi non posso fare altro che avvertire il richiamo della Madre, e assecondarlo. Io non sono sicura di cosa questo significhi, ma qualcosa di vero ci deve essere per spiegare quello che sento
Prendete Merlin, prendete Le Nebbie di Avalon, mescolateli e stravolgeteli un po' entrambi, ed avrete l'ambientazione della mia storia.
Non ho idea se questa storia sarà lunga o breve, se sarà una commedia drammatica o una tragedia, se sarà bella oppure brutta, per cui non prendete per oro colato i generi o i rating che ora scrivo: potrei cambiarli in corso d'opera.
Per il momento ho iniziato a scriverla per il puro e semplice amore che nutro verso questi personaggi, Artù in primis.
Buona lettura... spero...
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Morgana, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Introduzione

 

Uther Pendragon ascoltava distrattamente i sudditi che, uno dopo l’altro, si presentavano in udienza.

Il più delle volte lasciava quel compito ad Artù che sembrava comprendere meglio e più a fondo le richieste della sua gente, ma quel giorno suo figlio era fuori a fare una cavalcata insieme a Ginevra.

Glielo aveva ordinato lui, senza dargli la possibilità di rifiutare.

La ragazza era giunta a Camelot solo una luna prima, ufficialmente come ospite per l’estate, ma in realtà sia Uther che Leodegranz, il padre della giovane, discutevano da tempo sui dettagli del matrimonio tra lei ed Artù.

Non comprendeva perché suo figlio non si dimostrasse interessato: Ginevra era bella; un po’ troppo devota per i suoi gusti, ma bella. Era forse un po’ ingenua, ma non stupida, era ben educata e colta;  e soprattutto sapeva quando parlare e quando invece tenere chiusa la bocca.

Artù avrebbe imparato ad amarla, e se non lo avesse fatto… peccato: non sarebbe certo stato il primo uomo, né l’ultimo, a prendere in sposa una donna senza amarla.

Uther si scosse dai suoi pensieri: non aveva sentito una sola parola di ciò che aveva chiesto l’uomo, un contadino o un allevatore, che aveva di fronte.

“Al momento non possiamo aiutarti, ma terremo conto della tua richiesta e appena ci sarà possibile esaudirla lo faremo con piacere” rispose senza avere idea di quello che l’uomo avesse chiesto.

Era una risposta valida: chi chiedeva udienza aveva sempre richieste da fare, e quella risposta non impegnava in nulla, ma non scontentava del tutto gli interlocutori.

Artù avrebbe dovuto impararla ed usarla un po’ più spesso, invece che accettare ogni richiesta, anche quelle che, sebbene fosse possibile esaudire, era meglio ignorare almeno per il momento.

L’uomo infatti rimase un po’ deluso, ma la speranza che un giorno sarebbe stato ascoltato fece sì che se ne andasse senza troppo risentimento.

I pensieri del re tornarono a Ginevra e allo scarso interesse che Artù sembrava nutrire nei suoi confronti.

Anche se non capiva cosa ci fosse in lei che non piacesse a suo figlio, poteva comprenderlo: anche lui aveva sposato una donna che non aveva amato. Aveva smosso mari e monti per averla, aveva fatto guerra ad un suo leale alleato, era ricorso alla magia sia per poterla sposare sia per far sì che lei gli desse un figlio. Ma non l’aveva mai amata.

Igraine era stata sua moglie solo per permettere ad Artù di venire al mondo, ma non era mai stata la donna che, allora come oggi e nonostante tutto, regnava nei suoi sogni .

Sarebbe stato bello se Artù si fosse innamorato di Ginevra, ma, anche se non fosse successo, si sarebbero sposati ugualmente come stabilito da tempo, quindi tanto valeva che se la facesse piacere come lui si era fatto piacere sua madre.

 

“Sono giunta da poco a Camelot, ho una piccola casa appena al di fuori della prima cerchia delle mura, ma non potrò tenermela se non trovo un lavoro…”.

Questa volta qualcosa attrasse l’attenzione di Uther distogliendolo dalle sue riflessioni. Il re non avrebbe saputo dire cosa fosse, ma la donna, la ragazza che gli stava di fronte e che gli chiedeva un lavoro aveva qualcosa che gli solleticava la base della testa.

Con i capelli neri e gli occhi scuri ed enormi, l’avvenenza di certo non le mancava, anche se era molto minuta. Proprio come lei…

“Come vi chiamate e da dove venite?” chiese  prima ancora di rendersene conto.

“Il mio nome è Morgana, Maestà, e vengo dal Nord, da Lothian” rispose la ragazza; il formicolio alla nuca del re crebbe.

Probabilmente aveva sì e no l’età di Artù, ma non ne era assolutamente certo: aveva come l’impressione che in realtà lei potesse essere più vecchia di Camelot stessa e al contempo essere nata solo pochi giorni prima.

Il suo nome e la sua provenienza non gli dicevano assolutamente nulla, ma avrebbe scommesso che non era a Lothian che era nata.

“Che cosa sapete fare Morgana?” le chiese di nuovo.

“Mi è stato detto che a palazzo i servitori non sono mai abbastanza, e, dato che un poco sono stata istruita riguardo alle arti mediche, mi piacerebbe poter aiutare il medico di corte e imparare il più possibile da lui,se Gaius  fosse d’accordo…”.

“Gaius ha già Merlino come aiutante” rifletté Uther a voce alta. “Tuttavia la serva personale di Ginevra è dovuta andare  a casa a causa della morte improvvisa  di suo padre, e non so se e quando tornerà. Se Ginevra non avrà nulla in contrario, non vedo altri ostacoli, e quanto a Gaius, se anche lui sarà d’accordo, potrai sempre aiutarlo una volta che avrai finito di lavorare, se lo desideri. Tuttavia sappi che sarai pagata solo come serva di Ginevra… come ti ho detto, Gaius ha già un aiutante”.

“Sarebbe magnifico, Sire!” esclamò Morgana con un sorriso che le illuminò il viso, facendola sembrare decisamente più giovane di un istante prima.

Quella ragazza aveva un che di pericoloso, eppure…

“Fate chiamare Merlino!” ordinò alle guardie immobili ai lati della porta della sala del trono. “Lui vi spiegherà tutto quello che avrete bisogno di sapere” concluse, tornando a rivolgersi a Morgana che, a sua volta, rispose con un lieve ed aggraziato inchino.

  
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