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Autore: Barsine    06/08/2005    4 recensioni
Si meravigliò ad accorgersi che il suo tocco un tempo tanto bramato gli provocava un acuto fastidio.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fianchi Rotondi

Fianchi Rotondi

Capitolo 8

 

 

 

 

 

   - Pazza! – la voce tuonò prima che la porta di spalancasse.

La stanza era impregnata dell’odore del sangue secco. Una magra ombra si mosse appena e riaffiorò dalle caligini di quella sua notte nera; tuttavia, la luna si rifiutò di rischiararla e si nascose nuovamente dietro la nuvola.

- Pazza! Dove sei?

Aristandro accese la lucerna. Narda era completamente avvolta dai propri capelli.

- Disgraziata! Le tue mani…!

Narda sollevò il capo per guardarsi le mani insudiciate per poi adombrarsi nuovamente. Il re la raggiunse veemente e, presala per i capelli, la costrinse ad alzarsi.

- Misera! Perché l’hai fatto? Perché mi hai sfidato in questo modo?

Il viso luminoso di Alessandro bruciava su quello scuro e umido dell’ancella.

- Non vuoi parlare adesso? Canterai, allora, sotto tortura!

Narda spalancò gli occhi. – Alessandro… no, ti prego! – si abbatté a terra e afferrò i piedi di Alessandro, ma questi scalciarono e indietreggiarono.

- Non chiedermi pietà; sei andata cercando la tua fine!

Narda si prese i capelli tra le mani. – E’ colpa dell’amore, Alessandro.

- Cosa? Che stai dicendo? Di quale amore vai delirando?

- Oh, Alessandro, lui è pazzo.

- Tu vaneggi! Sarà tutto più chiaro una volta che i torchi ti stritoleranno le membra! – la afferrò nuovamente per i capelli e la trascinò verso la porta.

- No, aspetta! Ti prego, Alessandro! Uccidimi subito, allora! Ti dirò tutto, e potrai uccidermi!

- Parla, allora.

- E’ Bagoas… - inghiottì un singhiozzo.

- Parla!

- E’ lui… parla con lui, Alessandro; lui sa molto più di me. E uccidimi. Uccidimi subito.

Alessandro l’afferrò per i polsi e la sbatté tra le mani di Aristandro. – In carcere. Verrò a farti visita se lo riterrò il caso.

L’indovino la condusse fuori dalla stanza e nei sotterranei del palazzo.

 

 

   Bagoas vestiva di porpora e profumava di mirra quando Alessandro lo trovò nella sua stanza intento a rimirarsi allo specchio. Il vetro rifletté la porta aprirsi lentamente e il sovrano entrare alle sue spalle. Impallidì.

- Oh, mio signore. Come mai sveglio?

- Potrei farti la stessa domanda.

- Stavo provandomi un abito nuovo, signore. L’ho comprato allo scorso mercato, ti piace?

- Incantevole. Vorrei scambiare due parole con te, se non ti dispiace.

- No di certo, mio signore.

Alessandro inspirò profondamente. – No, anzi. Prima voglio mostrarti una cosa.

   Scesero nei sotterranei e la puzza di umido cominciò a preoccupare Bagoas.

- Cosa… cosa mi vuoi mostrare, mio signore?

- Oh, stai pure tranquillo, se non hai niente da temere, mio caro Bagoas.

L’aria nelle carceri era appena respirabile; l’umidità si mischiava all’odore di urina ed escrementi umani. Alessandro si sentì mancare.

- Mio signore, io non capisco, dove… - si ammutolì quando la luce della fiaccola che Alessandro stringeva in mano illuminò il viso scavato di Narda dietro le sbarre. Stordito, si guardò nervosamente attorno con le labbra tremanti e sussultò. La figura smilza di Aristandro era piombata tra le tenebre come le ali di un pipistrello.

- Io…

- Lei sostiene – cominciò Alessandro – che tu sia a conoscenza di un tentato omicidio. Ma si sbaglia di certo, non è vero, Bagoas?

Il servo non capì cosa si celava dietro il tono del re. – Mio signore, io…

Narda non si muoveva.

- Parla pure, mio caro Bagoas.

- Io non so proprio di cosa si stia parlando, mio signore… dico sul serio. - ma le sue gambe rabbrividivano e le sue parole erano prive di ogni convinzione.

Alessandro illuminò il proprio viso con la fiamma e lo guardò dritto negli occhi. – Ne sei sicuro?

- Mio signore… ma io… non ti farei mai del male.

Alessandro gettò la testa all’indietro ed emise un grugnito simile ad una risata. – Farmi del male? E cosa pensi che abbia potuto farmi del male?

Bagoas spalancò gli occhi e le sue ginocchia quasi cedettero al suolo.

- E’ meglio che vi mettiate d’accordo, voi due. - lo sguardo di Alessandro era tanto feroce che il miasma sparì.

Narda continuava a non muoversi.

- Vedete di mettervi d’accordo – continuò il re minaccioso – altrimenti farò marcire entrambi in queste fetide carceri senza alcun processo.

- Bagoas… - la voce di Narda era un sospiro strappato alla morte.

Alessandro illuminò gli occhi gravidi di lacrime di Bagoas.

- Mio signore… - si abbandonò al suolo – è l’amore, mio signore…

- Ho già sentito queste parole. Mi aspettavo qualcosa di nuovo.

Bagoas cominciò a dare sfogo a penose lacrime. – Io non ti avrei mai fatto del male, mio signore. Volevo solo il tuo amore.

- Vaneggi.

- Ascoltami, ti prego. Ho fatto tutto per amore. Per amore.

- Cosa hai fatto al mio Efestione?

Bagoas strinse i denti e le palpebre più forte che poté – Riusciresti a perdonare l’amore?

Alessandro scalciò violentemente, Bagoas ruzzolò sul ruvido pavimento.

- Mio signore – tossicchiò tenendosi l’addome dolorante – sono stato io, è vero, ma l’ho fatto per amore…

- Tu, quindi, hai ordito l’omicidio di Efestione?

- Sì, mio signore, sono stato io. – gli occhi pesanti del suo amato sovrano erano più strazianti di qualsiasi macchina da tortura.

- Efestione non è morto. Il tuo sicario non ha avuto il coraggio di ucciderlo. E dunque? Ora cosa tenterai?

Bagoas si rannicchiò su sé stesso. – Mio signore, perdonami.

Un altro calcio. – Tu, quindi, hai incantato Efestione con quella pozione?

- Sì, mio signore, sono stato io.

- Strega che non sei altro! – sbottò e si chinò fino a sentire il respiro di Bagoas sul proprio viso – Ti risparmio solo per avere l’antidoto.

 

 

   Efestione giaceva tra la vita e la morte.

Filippo aveva disinfettato e bendato la ferita ma gli occhi del soldato non accennavano ad aprirsi. Se non fosse stato in grado di curarlo, avrebbe potuto stare certo che le carceri sarebbero state affollate. Si ritrovò a spergiurare gli dei che tutto andasse bene e che la ferita non suppurasse, mentre sentiva grida disperate provenire dai sotterranei.

 

 

   Bagoas teneva le spalle contro le spesse pietre scure dei muri, premuto dal corpo di Alessandro.

- Come sarebbe a dire che non ricordi l’antidoto?

- Mi… mio signore – farfugliò, incapace di respirare – avevo letto la procedura a Susa, quando lavoravo per quel venditore di gioielli…

- E quindi?

- Sua moglie… lei era un’appassionata… amava queste cose… - si fermò per prendere fiato – una sera tra i suoi volumi impolverati trovai quel libro d’incantesimi… incuriosito cominciai a leggerlo e trovai questo filtro d’amore… strappai la pagina… ma non avrei mai pensato di farne uso, un giorno, io… non credevo a queste cose…

Alessandro gettò all’indietro la testa e ruggì. – Menti! Mi rivelerai l’antidoto sotto tortura! E poi morirai! Tu e la tua complice, marcirete qui!

- No, mio signore, no! Ti dico la verità! Davvero!

Alessandro furibondo lo afferrò per un braccio e lo scaraventò in carcere assieme a Narda. Aristandro volò verso la sua spalla.  - Andiamo, Alessandro. Troveremo noi l’antidoto.

S’incamminarono lentamente su per le scale di pietra scura e raggiunsero la stanza di Filippo. Efestione giaceva ancora immobile e il medico pregava tutti gli dei con le labbra tremanti. Alessandro si prese la testa tra le mani.

- Ancora niente? – chiese l’indovino.

- La ferita è disinfettata, ci vorrà un po’ di tempo perché si cicatrizzi…

- Quanto? – sbottò Alessandro senza pensare troppo.

- Beh…

- E quando potrà riaprire gli occhi?

- Sono sicuro che li aprirà molto presto…

- Lo spero per te. – si adagiò piano sul petto di Efestione e sparse i suoi capelli sulla benda della ferita, macchiata di sangue rosso. – Ascoltami, Efestione – erano parole sussurrate direttamente al suo cuore – presto potrai stringermi di nuovo la mano. - Filippo si grattò nervosamente la nuca.

- Posso – riprese il re fissandolo – portarlo nella mia stanza?

- Potrebbe aver ancora bisogno di me.

- In quel caso, verrò a chiamarti. – aveva già caricato il suo amato tra le sue braccia.

Aristandro decise questa volta di non seguirlo.

   Lo depose sul letto e gli si coricò accanto, disteso su un fianco, ad accarezzargli i capelli e a contemplare il suo viso incavato. Si lasciò sfuggire una lacrima ma s’impose di non versarne altre, ad Efestione non piaceva vederlo piangere per lui. Il suo corpo striato di sfregi raccontava del suo animo ardente, tuttavia il suo petto era ancora così morbido al tatto, ancora così, come quando l’aveva accarezzato per la prima volta.

Chi mai avrebbe potuto portargli via quell’Efestione? Due miserabili mai, il tempo nemmeno, la morte non contava. Quell’amore oltre il bene e oltre il male, era troppo palpabile per poter spirare.

Cercò di addormentarsi.

 

 

   Mille volte meglio morire, piuttosto che soffrire d’amore.

Ecco a cosa lo aveva portato quella sua malsana smania di possedere la persona amata; sarebbe forse marcito in quelle fetide carceri? Narda non dava segni di vita, ma sapeva che respirava; ogni tanto sentiva un singhiozzo e un sospiro.

Ma sarebbe andato tutto bene, pensava Bagoas, se non fosse stato per quell’indovino. Avrebbe dovuto farlo fuori quando era il momento.

 

 

   Tre tocchi alla porta.

Lentamente, si riscosse. Per quanto tempo aveva dormito?

- Sì…

Aristandro entrò scandendo i passi con prudenza.

- Stavo pensando all’antidoto.

- Sì. – sospirò e si mise in piedi.

- Pensavo che forse il modo migliore sarebbe cercare di annullare letteralmente l’effetto dell’incantesimo partendo dalla procedura dello stesso.

- Cioè dovremmo reperire le istruzioni per preparare la pozione d’amore?

- Esatto.

- Mmm. Potrebbe essere un’idea. Ma solo Bagoas sa dove sono nascoste.

- Andrò a chiederglielo.

Alessandro si morse il labbro inferiore. – No, aspetta. – Aristandro si voltò – Forse è meglio che vada io.

   Di nuovo in quelle torbide prigioni.

Quando la fiaccola illuminò il viso di Bagoas, questo sembrò rinascere.

- Mio signore…

- Non sono qui per liberarti. Voglio solo sapere una cosa, da te.

Narda rimaneva immobile.

- Sì, mio signore.

- Dove tieni nascoste le ricette per le tue… pozioni?

  
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