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Autore: Melanto    30/03/2010    1 recensioni
La primavera aveva cominciato a farsi sentire col sole ed il caldo. Così, da un giorno all’altro.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la “Caccia alle uova!” di Fanworld.it
Uovo #6 | Prompt: scrivi una storia di qualsiasi tipo in cui la parola iniziale sia ‘primavera’ e quella finale ‘cioccolato’.

Questa storia fa parte di una raccoltina di flash/oneshot originali che girano tutte attorno ad uno stesso luogo: L’Università :3

Piccoli piaceri

La primavera aveva cominciato a farsi sentire col sole ed il caldo. Così, da un giorno all’altro.
Ogni tanto cadeva qualche goccia di pioggia solitaria, per far vedere quanto Marzo fosse pazzo, e poi ancora caldo.
Il laboratorio al quarto piano – niente più di un box dalle porte a vetri di plastica e alluminio leggero – aveva la solita mezza anta di balcone aperta; sì, quella che aveva bisogno di essere strattonata con una certa decisione e che Sara non riusciva mai ad aprire. Era l’unico punto da cui passasse aria e, per questo, il prescelto dai fumatori, come Marcello, che vi restava affacciato, con i gomiti appoggiati sulla stretta ringhiera e la sigaretta tra le dita.
Dall’alto, vide un gruppo di ragazzi che si intrufolava, ridendo rumorosamente, nel bar di Edo per festeggiare. Tra la confusione,  Marcello notò che qualcuno reggeva un mazzo di fiori in carta rossa.
«Beati loro.» esalò assieme al fumo, pensando che lui, invece, ne avrebbe avuto ancora per un po’. Altri giorni rinchiuso in laboratori microscopici e con un solo computer cui avrebbero dovuto lavorare in sette. E non era proprio il massimo della comodità.
«Che hai detto?»
Luigi non si era mosso da davanti al monitor. Le dita ticchettavano veloci sulla tastiera, mentre cambiava i valori della griglia di dati prima di premere ‘Start’.
«Ma niente, un gruppo di neo-laureati.»
«Eh, e se invece di stare affacciato al balcone a fumare mi dessi una mano, magari finiremmo pure prima e saremmo di un passo più vicini alla laurea anche noi.» rimbrottò l’altro, con quel suo tono un po’ scontroso al quale Marcello si era ormai abituato e che cozzava in maniera perfetta con la sua affabilità e calma.
«Seee. Ne avremo fino a Maggio con questo corso, altro che finire prima.»
«Ma almeno non usciremmo di qui alle cinque e mezza, ti pare?»
Il ragazzo rise, spegnendo il mozzicone accanto al muro esterno del balcone e gettando la cicca nel posacenere sulla scrivania.
A peso morto si sedette su una delle sedie mezze rotte che c’erano nella stanza – il dipartimento non offriva di meglio – e buttò un occhio allo schermo. Luigi stava estrapolando una curva di velocità in funzione della frequenza dall’ennesimo grafico.
«Questo qual è?» domandò, passandosi una mano sugli occhi blu.
«Il ventiquattro canali con passo di campionamento a tre metri.» rispose Luigi, disegnando un ghignetto leggermente perfido «E quello a quarantotto te lo fai tu.»
Marcello tentò di protestare, stravaccandosi ancora di più sulla sedia e mugolando disperato, ma l’altro fu categorico.
«Lello, non mi muoverai a pietà.»
«Ma non ne dubitavo minimamente.» masticò il ragazzo, con le braccia penzoloni e la testa rivolta al cielo dalla controsoffittatura bassa e bianca fatta di compensato. «Pesantone.»
Luigi ridacchiò, salvando l’immagine assieme a quelle delle estrapolazioni precedenti. Poi spinse rumorosamente la sedia indietro e si alzò, cedendo il posto all’amico.
«E ora dove vai?» gli domandò Marcello quando gli vide inforcare l’uscita del box; affacciava sul corridoio il cui lato opposto era costellato dagli uffici dei docenti.
«Al bagno.»
«Ma possibile che tu stia sempre dentro un cesso?!» sbottò Lello, grattandosi i corti capelli neri. «Almeno non hai problemi alla prostata!» ma Luigi nemmeno gli rispose, mentre si chiudeva la porta alle spalle e lo sentiva ridere divertito; tanto glielo ripeteva sempre, ormai c’aveva fatto talmente il callo, da essere divenuto immune a simili frecciatine.
Rimasto solo, Marcello affrontò il quarantotto canali, recuperando parte della concentrazione perduta nell’attesa di mettersi al pc, e cominciò addirittura un altro modello, con diverso passo di campionamento, prima che il compagno tornasse nel box.
«Ehi, ma dov’eri finito? Ti stavo dando per disperso! Che razza di pisciata dovev- » non riuscì a finire la frase che Luigi gli lanciò una barretta dietetica di cereali e cacao magro – che con tutta la palestra che Lello faceva, guai a dargli qualcosa di troppo calorico –.
«Quando hai finito di lamentarti, fammi vedere a che punto sei.»
«, Lù! Ma sei un mito!» si illuminò Lello, afferrando la barretta con golosità, mentre l’altro si stravaccava sulla sedia, bevendo mezza bottiglietta d’acqua in un sol sorso. Ed era già la terza da quella mattina; poi Marcello si stupiva se andava continuamente al gabinetto. «Adesso devono solo tornare Dany e Anna con il caffè e poi sono di nuovo in pace col mondo.» continuò a gongolare con un piacere quasi infantile, scartando la tavoletta e pronto per addentarla, ma sapeva che il primo morso non sarebbe stato il suo. Ormai conosceva Luigi da anni e quindi non si stupì quando si sentì afferrare il polso, anzi, sorrise. Magari per l’amico era divenuta una cosa automatica, fatta senza neanche stare a pensarci, mentre Lello adorava quei piccoli gesti di complicità acquisiti nel tempo fino a divenire parte della sua quotidianità. Una quotidianità alla quale non avrebbe rinunciato per niente al mondo, perché era solo loro ed era speciale. Così, rimase ad osservare Luigi con un sottile piacere, che rendeva bello pure farsi quattro ore continuate di laboratorio, quando gli fece risalire le dita attorno alla mano per portarsela alla bocca e staccare un bel pezzo di cereali e cioccolato.

Fine

   
 
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