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Autore: crystalemi    30/03/2010    6 recensioni
E da anni nessuno aveva mai osato disturbarlo, così fu con un po’ di irritazione e sgomento che quella sera vide Sirius sgusciare fuori dal dormitorio con penne, inchiostro, un libro e della pergamena, guardarsi intorno e infine andare ad affiancarlo, il tutto in silenzio.
«Cosa hai intenzione di fare dopo i MAGO?»
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia l'ho scritta in due diversi momenti e senza accorgermene sono scivolata dal passato al presente, perciò anche nella struttura è un po' macchinosa. Però mi piace e quindi la posto lo stesso (ho sistemato tutto al passato però).
Attenzione: Pre-slash.
Vi auguro buona lettura!

Disclaimers: se Moony e Pads fossero miei non sarebbero morti. E ho detto tutto.


Strange things that happen even when Remus is studying.





Remus Lupin era uno studente particolare, un Malandrino fuori dalla norma.
Per prima cosa, amava studiare. Avrebbe passato la vita sviscerando i segreti della magia, cercando di apprendere più informazioni che potesse, senza mai stancarsi o farsi cogliere impreparato dal mal di testa.
E questo era uno dei motivi per i quali studiava sempre in un angolo isolato della sala comune, sotto una finestra che socchiudeva per essere sicuro di non soffocare dal caldo. Un altro motivo per il quale si appartava così lontano da tutti era il fatto che, al contrario degli altri tre Malandrini, non amava né la compagnia né il chiasso che si formava sulle poltrone vicino al camino o comunque lontano dalle finestre, sempre sul centro della stanza. Quel posto era perfetto per il suo studio, quindi. Inoltre non aveva tappeti a dargli fastidio quando voleva scivolare appena un po’ con la sedia, in avanti o indietro, indifferentemente.
E da anni nessuno aveva mai osato disturbarlo o anche solo raggiungerlo: gli altri perché bene o male non erano mai stati molto interessati a lui, i suoi amici perché semplicemente sapevano che quell’angolo faceva parte di quello che lui soleva ricordare possedesse ogni uomo e non solo la Germania Hitleriana: il proprio spazio vitale. L’unica cosa per cui avesse mai supplicato i suoi amici: solitudine, studio e frescura.
Così fu con un po’ di irritazione e sgomento che quella sera vide Sirius sgusciare fuori dal dormitorio con penne, inchiostro, un libro e della pergamena, guardarsi intorno e infine andare ad affiancarlo, il tutto in silenzio. Lo ignorò stoicamente, disinteressato a qualsiasi forma di comunicazione.
Cosa doppiamente strana fu il comportamento tenuto da Sirius per la mezz’ora successiva: aprì la pergamena e rilesse attentamente il resoconto della lezione di Difesa, per poi aprire il libro e ricominciare a scrivere, sempre in disinteressato silenzio, quasi come se Remus non fosse realmente lì, accanto a lui.
Così il Prefetto si dimenticò dell’amico mentre finiva di leggere le pagine che la professoressa di Divinazione aveva chiesto loro di leggere per poter sostenere l’esame. Quasi si spaventò quando Sirius si schiarì la voce. Si fissarono per un po’, poi il moro gli porse un piccolo sorriso di scuse e domandò:
«Moony, riusciresti a mettermi a posto questo passaggio? Non riesco a capire cosa non vada» spiegò gentilmente, allungandogli la pergamena per poi indicare l’ultima frase.
Remus la lesse tre volte prima di riuscire a capire cosa non andasse: due virgole fuori posto e la lettura risultava totalmente sbilanciata. Scarabocchiò delle “x” sugli errori e sorrise mentre restituiva il compito di Sirius. Questi borbottò un ringraziamento, fissando corrucciato i segni sulle virgole e poi si rivolse all’amico, curioso come sempre:
«Tu hai già finito?» Remus scosse la testa, chiedendosi se la pacchia fosse già finita o Sirius era davvero intenzionato a scrivere le ultime righe della conclusione. Ma infondo conosceva bene il Black rinnegato, o comunque lo conosceva quel poco che bastava a sapere che aveva appena finito di interessarsi al suo compito, anche se mancavano appena poche righe alla fine.
«Sì» rispose Remus sul vago e Sirius fece spallucce prima di tornare a leggere sui vampiri. Per poco la mandibola di Remus non si schiantò a terra dallo stupore. Quando si fu ripreso, chiuse il libro che stava studiando con un tonfo secco che richiamò l’attenzione dell’animago, facendogli fare l’ultimo punto del tema un po’ più lungo e sbavato del normale.
Dopo un denso silenzio alleggerito solo dai rumori che Sirius faceva rimettendo a posto le sue cose, Remus si rese conto che era in arrivo una discussione importante, ma non era così pronto ad una cosa simile con Sirius. No, pronto non lo era affatto. Avrebbe decisamente preferito scappare e ci stava seriamente pensando quando Sirius chiuse il libro di Difesa ed esordì:
«Non credi che sia ingiusto che i vampiri abbiano ben dodici pagine sul testo del settimo anno?» domandò Sirius stringendo spasmodicamente il libro per la copertina e Remus si sentì schiacciato da una profonda tristezza al pensiero involontario che presto avrebbe dovuto abituarsi a non avere l’animago tra i piedi per tutto il tempo, e forse si troverà a rimpiangere di aver notato tutti quei particolari stupidi come in quel momento.
«Perché?» gli chiese invece e Sirius arricciò il naso prima di rispondere con serietà.
«Perché i mannari hanno solo tre pagine sul libro del terzo anno» spiegò abbassando involontariamente la voce, come se stesse davvero pensando a una cosa così stupida.
«Beh, i vampiri hanno molta più storia dei mannari. Sono immortali» chiarì Remus, domandandosi perché Sirius se la fosse presa così con il libro e perché si stesse facendo tutte queste domande.
«Ma non è giusto comunque! Sono entrambi pericolosi, perché i vampiri alla fine?» si infervorò Sirius, alzando lo sguardo dal libro per cercare quello di Remus.
«Non lo so» ammise Remus evitando il grigio degli occhi di Sirius. Questi sospirò calmandosi, tornando a fissare il libro. Rimasero in silenzio per cinque minuti buoni, e proprio quando Remus stava per rimettersi a studiare la voce di Sirius arrivò, quasi come un guaito:
«Cosa hai intenzione di fare dopo i MAGO?» Remus tornò a guardarlo, sorpreso. Da Sirius proprio non se la sarebbe aspettava un’uscita simile, e soprattutto un pensiero così profondo che non riguardasse se stesso. Si vergognò un po’ nel rispondere perché non aveva una risposta vera e avrebbe voluto che per un simile atto di altruismo (per Sirius lo era, assolutamente!) ci fosse una risposta perfetta. Ma non ce l’aveva.
«Non lo so, credo che tornerò da mia madre e cercherò un lavoro» Sirius sbiancò e Remus sapeva che era per il fatto che abitava nel nord Irlanda sua madre, mentre Sirius il suo appartamento lo aveva a Londra, perciò probabilmente si sarebbero visti solo durante le ferie, se mai fossero riusciti a farle coincidere (se mai le avremo, rimuginò Remus, d’altronde con la guerra poche persone ancora assumono personale, si disse).
«E’ parecchio lontano – mormorò infatti Sirius con un sorriso tirato, poi aggiunse a voce più alta – ma non è deciso, no? Puoi ancora... cambiare idea?» Remus non era sicuro di ciò che Sirius stava tentando di dirgli, ma intuì che il motivo per il quale nei giorni precedenti era stato così meditabondo doveva essere quella conversazione e sicuramente aveva trovato una soluzione alternativa.
«Credo di sì, non ne ho ancora parlato con mia madre, in effetti» Il sorriso di Sirius comparve, finalmente. Remus era quasi preoccupato dalla sua lunga mancanza: il ghigno-sorriso dei Malandrini Potter e Black. Anche se veniva meglio a Sirius, decisamente.
Remus sorrise di riflesso, ma l’amico fece una cosa abbastanza strana, persino per loro: arrossì. E non accadeva da almeno un anno, da quando una Ravenclaw del settimo anno gli aveva rovesciato del succo di zucca in testa davanti a tutta la scuola, cominciando poi a umiliarlo per quello che ha nei pantaloni (e Remus era ancora quasi sicuro che quella ragazza non avesse visto niente, dato che lui ha visto e, clinicamente parlando -pensò e arrossì- non gli pareva proprio messo male, Sirius, affatto).
«Ecco, mi chiedevo se, sai per caso beh non ci hai ancora pensato quindi non puoi saperlo lo capisco, puoi pensarci quanto vuoi, beh se magari riuscissi prima dei MAGO, dato che sai mi serve tempo non è una cosa facile e tu sei una persona dai gusti difficili e-» Remus osservò Sirius partire per la tangente, sempre più rosso in volto e gesticolante. Sbuffò e lo ferma dopo due o tre minuti di monologo sconclusionato.
«Sirius, davvero, mi piacerebbe tanto sentirti blaterare incoerentemente per molto altro tempo, ma ho da studiare ed è già fin troppo tardi. Quindi, per favore, taglia. Dritto al punto Pads!» esclamò con un leggero sorriso e Sirius arrossì ancora di più (Remus non era nemmeno sicuro che questa cosa fosse umana. Può una persona diventare di quel bordeaux?).
«Prima, sì, volevo chiederti di venire a vivere con me» guaì Sirius trovando interessante il buio fuori dalla finestra e Remus lo avrebbe preso in giro se non avesse appena raggiunto in un botto solo lo stesso colore di Sirius, e sì, stava per morire. Suicidio, si sotterra da solo, grazie.
Era stupido quell’imbarazzo, lo sapeva. Almeno, razionalmente lo sapeva. Ma emotivamente era tutto un altro discorso, era come se da qualche mese a quella parte qualcosa nel loro rapporto sfuggisse e questo era il momento culminante. La punta dell’iceberg.
Ma Remus però non sapeva che cosa rispondere, mentre ora Sirius lo stava guardando, incerto per forse la terza volta nella sua vita. A sua discolpa Remus poteva dire che lui era parecchio confuso. Anche se non è completamente vero: voleva andare a vivere con Sirius, lo voleva davvero, era solo troppo emozionato. Abbassò il volto sul libro che aveva aperto di scatto inconsciamente, per trovare una soluzione e come sempre quelli che Sirius chiama ammassi di fogli lo salvano: lesse la parola “mobili” e non aveva idea di cosa significasse nella lezione, ma per lui e Sirius da quella notte avrebbe avuto un nuovo significato: sì.
«Ecco, dovremmo fare qualcosa per i mobili, sai, non ci sono nel tuo appartamento» rispose sorridendogli apertamente e Pads aveva un’espressione da ebete mentre partiva a spiegargli tutto ciò che avrebbero dovuto comprare e sistemare e pulire...
Remus non aveva nemmeno chiesto a sua madre e dubitava che ne sarebbe stata felice in qualche modo, dopo che sua sorella aveva fatto la stessa cosa sei anni prima, ma avrebbe tentato ogni strada per riuscire a convincerla perché, e lo realizzò solo in quel momento, voleva davvero andare a vivere con Sirius. Era quasi un desiderio fisico e lo provava solo per quel grosso e stupido cane nero.
Al pensiero tentò di sopprimerlo, ma il sorriso stupidamente felice gli si dipinse comunque sulle labbra e Sirius parlò ancora più veloce, come ricaricato.
Remus rimase per tutta la sera con lo sguardo fisso sulla parola “mobili” mentre ascoltava Sirius vagheggiare della loro futura vita di scapoli e può ancora oggi affermare di non essersi mai sentito così vivo per una cosa così banale. La cosa più strana che gli sia mai capitata studiando.






   
 
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