Libri > Hyperversum
Segui la storia  |       
Autore: cartacciabianca    30/03/2010    3 recensioni
[ SOSPESA ]
Giocatori, siete nell'Anno del Signore 1232.
Luigi VIII, appena di ritorno sconfitto dall’Inghilterra, punta le lance in resta contro Tolosa, dimora di Raimondo VII. Impadronitosi di quelle terre ne coglie l’intera giurisdizione, affiliando nel 1226 definitivamente la Linguadoca alla Francia. Il Leone di Francia viene meno nell’inverno di quell’anno, e il potere succede così ad un piccolo Re, all’epoca solo dodicenne. Luigi IX, detto il Santo per la sua calorosa religiosità e collezione di reliquie, guidato dalla spavalderia degli uomini di cui è circondato, e appoggiato dalla madre Bianca, eccolo già in battaglia contro una nuova rivolta. Nel 1228 giunge ad un compromesso con Raimondo VII, e nel 1229 promette al conte la giurisdizione delle sue terre, in cambio della sua unica erede Giovanna promessa al fratello del Re, Alfonso di Poitiers, e la completa ammissione della regione nei domini Francesi. La Crociata Albigese si conclude definitivamente nel 1229.

A Phoenix e Châtel-Argent sono trascorsi 17 anni. Ian e Daniel varcano la soglia della quarantina e conti come Granpré stanno per raggiungerli. Non si sentono vecchi o stanchi, ma solo maturi, vissuti e cavalieri di Francia ogni giorno di più. Mettiamo alla prova il coraggio di una ragazzina e l’ambizione del suo migliore amico. Il risultato è una fan fiction esilarante che ce la metterà tutta pur di mostrarsi degno tributo alla trilogia di Cecilia Randall.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Quella non era destinata ad essere una notte tranquilla, Etienne lo sapeva.

Dopo essersi svegliato di soprassalto a seguito di un incubo, il cavaliere francese si era ritrovato seduto su una grande poltrona davanti ad un camino. Guardandosi attorno circospetto e teso come una molla, si accorse ben presto di essere solo nel grande salone d’ingresso della torre. Gli ci volle qualche istante per ricordare come fosse finito su quella poltrona. Come aveva potuto permettersi di schiacciare un pisolino proprio ora che il suo più grande tesoro rischiava la vita?! Etienne si maledisse tante volte quanti schiaffi avrebbe voluto darsi, se ne avesse avuta la forza. Perché la terribile realtà fu, per il cavaliere, ammettere di essere troppo stanco anche solo per alzarsi da lì.
Ricordava bene di aver dettato ordini a destra e a manca per tutta la notte, organizzando le squadre di ricerca appena farlo era stato in suo potere. Aveva chiamato Fabien al suo fianco affidandogli il compito di dirigere una prima cavalleria notturna che, munita di segugi, era partita alla volta della foresta giusto poche ore prima. Il piano originale comandava che monsieur de Sancerre salisse in sella ad un cavallo e partisse coi cani, ma la stanchezza e la confusione per l’accaduto erano state tali da sbatterlo seduto e poi dormiente su quella poltrona.
Aveva sognato sua figlia Eleonore in balia di temibili mercenari.
Chi poteva essere la mente criminale di tutto, si chiese. Chi aveva tanto a male il casato dei Sancerre da tentare un simile oltraggio? Chi?! Ma soprattutto… perché, dannazione, perché?!
Etienne si premette le tempie posando i gomiti sulle ginocchia. Chiuse gli occhi e scosse la testa che gli pulsava, a furia di ripensare più e più volte al volto di sua figlia rigato dalle lacrime di una scomoda prigionia.
Tanto dolore a quale fine?… si chiese guardando a terra, dove la luce scoppiettante del camino guizzava sul tappeto. Denaro? No, troppo scontato… Fama? Solo un pazzo sequestrerebbe la figlia di un importante Feudatario per farsi conoscere nel regno! Gloria? È forse un vecchio conto che vuol essere saldato? Posso aver fatto un torto a qualcuno che non ha dimenticato la mia faccia… ma chi?! Giuro sul mio onore di essere stato onesto in tutta la mia vita! Non ha senso fare questo a me! E perché adoperare nell’anonimato?! Cosa vogliono nascondere?! Non vogliono che la Corona di Francia sia informata della questione, forse perché quel dannato si nasconde a corte e non vuole attirare troppe attenzioni sulla sua tana?! Be’, se pensa di essere al sicuro, si sbaglia di grosso!
Etienne scattò in piedi nello stesso istante in cui nella sala fecero la loro apparizione due semplici guardie.
-Monsieur, i cavalieri che questa mattina inseguivano Stephèn nella cittadella sono rientrati circa un’ora fa- disse la prima sentinella.
Etienne inarcò un sopracciglio per lo stupore. –Lui dov’è?- chiese adirato.
I soldati si scambiarono un’occhiata nervosa.
-Stephèn, lui dov’è?!- domandò nuovamente con maggior vigore, non ottenendo subito una risposta.
-Ehm, monsieur, l’uomo che hanno portato con loro credevano che lo fosse, ma non è Stephèn - confessò la seconda guardia, aspettandosi la peggio reazione dal suo signore.
Questa non tardò ad arrivare.

Marc, nella pigrizia del dormiveglia, sentì semplicemente la porta della stanza socchiudersi. Dischiuse un occhio e vide una piccola ombra silenziosa farsi largo tra quelle nella camera, fino a raggiungere, quatta come un gatto, il lato opposto del letto sul quale riposavano il Falco e il suo pulcino.
-Monsieur de Pothieu- chiamò la guardia chinandosi all’altezza dell’uomo. –Monsieur de Pothieu, è urgente, vi prego, svegliatevi-.
Niente da fare. Il buon vecchio Falco aveva tanta astuzia quanto il sonno pesante.
-Monsieur…- insisté la guardia sfiorando la spalla del cavaliere con due dita. –Monsieur, ve ne prego, Etienne desidera parlarvi, svegliatevi-.
Da sotto le coperte Marc tallonò la gamba del padre, che si svegliò trafelato sollevandosi su un gomito. Il cavaliere, trovandosi il soldato davanti, sulle prime allungò la mano al pugnale sotto al cuscino, ma quando la guardia ripeté la pappardella detta in precedenza, Ian evitò di sfoderare la lama.
-Vi attendo fuori- sussurrò il soldato sparendo nel buio del corridoio e richiudendo la porta della stanza dietro di sé.
Ian si tirò su a fatica e, una volta seduto, lanciò un’occhiata al figlio sotto le coperte. –L’ho capito che sei sveglio- pronunciò con una nota ilare nella voce.
Marc posò l’altra guancia sul cuscino voltandosi verso di lui. –Lo ero da anche prima di te- si beffò.
-Questo non ti autorizza a darmi calci- disse scontroso.
-Allora la prossima volta svegliati da solo, e poi parliamo della tua bella figura a colazione! Perché il suo, signor Falco, fa invidia al sonno di una pantegana!- lo derise tirandosi le lenzuola fino al naso e girandosi dall’altra parte del letto.
Ian sospirò.
Non sopportava di farsi prendere in giro dal figlio in quel modo, ma tanto meno desiderava farlo tacere con le cattive maniere da genitore oppressivo e tipicamente medievale, meritevole quindi di un certo rispetto. Marc, dopotutto, non gli aveva fatto altro che un favore. Con la mezza età alle porte, Ian doveva cominciare a far più attenzione su certe cose e ringraziare di dovere chi gli evitava certe “belle figure”, altroché.
Il vecchio Falco si alzò dal letto e si rivestì senza troppe frivolezze. Se Etienne l’aveva convocato così su due piedi nel bel mezzo della notte, doveva essere successo qualcosa di ancora più grave.
Prima di uscire, però, Ian si voltò e guardò nuovamente il giovane Marc sotto le coperte. Incrociò il suo sguardo di ghiaccio giusto un istante, perché il pulcino si voltò dalla parte opposta del letto col broncio stampato sulla faccia.
-Cerca di dormire, non ci metterò molto- disse il padre che lasciava tutto solo suo figlio.
Marc non rispose, ed Ian non pretese altro da lui.
Come promesso, il Falco trovò la guardia ad attenderlo nel corridoio, con una torcia in mano e la spada nel fodero. L’uomo, quando gli venne incontro, sembrò piuttosto nervoso. Il comando al quale aveva dovuto sostare l’aveva messo parecchio a disagio.
-Perdonatemi ancora, monsieur, se ho violato la vostra intimità- aggiunse chinando il capo.
Ian fece un neutro sorriso e un dolce cenno d’assenso, invitando la guardia a fargli strada.
Questi s’incamminò all’istante scattante come una molla, portando avanti la luce della torcia che illuminò, attraversato il corridoio, la rampa di scale che portava ai piani inferiori della torre. La guardia proseguì spedita ed Ian gli tenne dietro a piccoli passi e nervi saldi. Anche il Falco, come l’uomo davanti a lui, era particolarmente teso. Si trovava a dover raggiungere Etienne per un motivo che poteva dare quasi scontato: al suo compagno d’arme erano tornati i bollori di quella mattina, ed Ian non aveva idea di cosa avrebbe fatto o detto per allietare i tormenti del suo carissimo amico. Andava da Etienne a mani nude, senza nient’altro da offrire che non fosse il già dato, ovvero nient’altro che la compassione. Un misero sentimento, quello, che bastava a chi di poco non raccoglieva i beni per sfamarsi. Un signore di Francia, invece, la bruciava nel camino la compassione, servendosi più che altro delle maniere pesanti al fine di raggiungere i propri ideali o scopi. Ian sapeva bene che, nell’evenienza in cui Etienne avesse deciso di vendere la sua stessa vita per quella di Eleonore, gettandosi di persona in bocca ai suoi rapitori, non avrebbe potuto nulla per impedirlo. Le uniche armi che il Falco aveva ancora a disposizione, nonostante gli anni, erano la sua astuzia e agilità politica, con la quale sapeva e aveva saputo destreggiarsi anche a corte.
Da un lato, Ian temé che fosse proprio questo ciò che Etienne voleva da lui e stava per chiedergli. Dall’altro, odiava temere che il cavaliere fosse già stanco del gioco di ruolo nel quale aveva coinvolto sua figlia e una totale sconosciuta.
Che miseria… sospirò Ian chiedendosi, in tutto ciò, come fosse riuscito a dormire così beato ben sapendo di vivere in una tale situazione.
Giunti nel salone d’ingresso, il soldato scortò il suo signore in uno stretto e angusto corridoio adiacente, al quale si aveva accesso per una porticina in ferro e legno che aprì un’altra guardia dall’interno, quando sentì bussare.
Il tragitto nella galleria, che Ian sapeva condurre alle segrete del torrione, durò giusto un minuto. Poi, davanti al naso del cavaliere si parò un ancor più stretta scaletta a chiocciola in pietra che scendeva di una decina di metri più in basso. Alle sue spalle, Ian si vide raggiungere dalla guardia che aveva aperto loro la porticina, mentre quella davanti a lui faceva luce con la torcia scendendo i gradini uno alla volta.
Ian, seppur con mille dubbi in testa, non volle chiedere quale fosse esattamente la destinazione o perché Etienne l’avesse convocato nelle segrete, piuttosto che di fronte al calduccio di un caminetto.
Lì la temperatura si era fatta nettamente più rigida. L’umidità arrivava alle stelle ed ogni piccolo suono, anche il lontano squittire di un topolino, veniva amplificato a tal punto da sembrare vicinissimo, quasi Ian ne avesse uno in mezzo ai piedi.
La scala finì dove apparve una camera tonda e non troppo spaziosa scavata nella terra e rivestita dei soliti blocchi di pietra. C’erano un tavolo, sul quale erano sparsi dei volumi, carte e alcune candele, e una sedia sulla quale sedeva un uomo che Ian riconobbe come il carceriere.
Tutt’attorno si diramavano varie gallerie secondarie, chiuse da inferriate con lucchetto, che conducevano alle celle dei detenuti.
Di quei tempi le segrete dei Sancerre erano più vuote che mai. La politica di Etienne sapeva essere rigida quanto giusta ed equilibrata per tutti, perciò in gattabuia ci finiva un ladro o un malfattore ogni morte di Papa.
-Monsieur de Ponthieu, ben venuto- azzardò il carceriere alzandosi strusciando rumorosamente la sedia.
Ian chinò il capo in segno d’assenso limitandosi a tacere col sorriso teso sulle labbra.
-Venite, monsieur de Sancerre è di qua che v’attende- aggiunse il responsabile della prigione avviandosi verso l’unica delle gallerie circostanti aperta al pubblico.
Ian si lasciò le due guardie alle spalle e seguì il carceriere, che prese con sé una torcia dalla parete e traversò spedito il corridoio.
Sia sulla destra che sulla sinistra Ian vide celle solo vuote. In tutte c’era un giaciglio improvvisato su un’amaca, un buco in un angolo a terra come latrina, un tavolino con cassetto per gli effetti personali e una piccola grata che dava sulla strada all’esterno.
Traversando quei cunicoli bui con tanta minuziosa attenzione, Ian fu assalito dal tempestoso ricordo della sua breve seppur significativa prigionia a Cairs, sull’inizio di quella preziosa avventura.
Rallentando il passo, ebbe quasi la chiara immagine di se stesso, circondato dagli amici e d Isabeau dietro le sbarre. S’immaginò riverso a terra nella pozza di sangue delle sue cicatrici che, come a ricordargli quei momenti, tornarono a farsi vive sulla schiena anche a distanza di vent’anni.
Il Falco rabbrividì, maledicendosi di aver osato ripensare ad un doloroso aspetto della sua vita che in passato si era promesso di eliminare definitivamente. Assieme al ricordo delle cicatrici, però, Ian rivide nei suoi anche gli occhi di Daniel, seduto in angolo della stessa cella.
Quegli occhi verdi, nascosti da una scompigliata frangia bionda, lo fissarono allungo, arrabbiati, carichi di odio e rimprovero.





Angolo d’autrice:


Ma di tutta questa gente che segue e ha la ff nei preferiti, siete in pochissimi a commentare! °A° Vi prego, per me è importante sapere cosa ne pensate! .__.

Detto questo, vorrei rispondere a _TattaFede_ dicendo che con il significato di “-Mon Dieu, sont les mêmes!-“ ci sei andata molto vicino! XD Anche se la traduzione esatta è “Mio Dio, sono identici!” riferito a Hellionor che somiglia molto, più che alla madre, al padre.
Inoltre, anticipo che potrei assentarmi per un certo periodo a partire dal prossimo capitolo, causa scuola e poca ispirazione alla scrittura. Come avrete notato, sto andando avanti con dei post davvero miserabili, l’uno di cinque pagine appena. -.-‘ Continuerò, perciò, a scrivere quel che sentirò voglia di scrivere, ed avendo molte altre fan fiction sparse in varie sezioni da portare avanti, potrei dedicarmi una volta più ad una che un’altra. Questo non vuol dire che sospendo la storia di Hellionor Freeland, per carità! Non sia mai! Amo troppo questo personaggio che ho inventato (assieme a tutti quelli della Randall ovviamente!!! XD) e le idee sono tante anche per quanto riguarda questa storia. ^^ La mia è solo una raccomandazione: potrei postare quando meno ve l’aspettate u.u
Nel frattempo rendo pubblico il mio contatto msn, nel caso a qualcuno venisse voglia di fare due chiacchiere più da vicino su questa meravigliosa collana fanta-storica *-*
cartacciabianca@hotmail.it
P.S.
Prima ero Elika95 u.u Ho cambiato niiiiiik! XD
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hyperversum / Vai alla pagina dell'autore: cartacciabianca