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Autore: Nihal    30/03/2010    2 recensioni
Sasuke Uchiha non temeva nulla, si mostrava sempre forte in tutte le situazioni, per quanto gravi esse potessero essere. Ovviamente qualsiasi azione di guerra o missione che dir si voglia poteva essere lontanamente paragonata a ciò che Sakura, dopo essersi infiltrata a casa sua alle sei di mattina, gli stava chiedendo insistentemente da ormai un paio di ore. “Dai Sasuke, cosa vuoi che sia? Io non ti chiedo mai nulla lo sai, però queste sono cose obbligatorie, non puoi rifiutarti!”
Contiene le risposte alle recensioni della storia 'Vita a Oto - Problemi di ordinaria amministrazione', di cui questa fic sarebbe una specie di continuazione in là con gli anni. In realtà è abbastanza slegata, quindi facilmente comprensibile!^^
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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UFL: UNIDENTIFIED FLYING LUNCH


Sasuke Uchiha non temeva nulla, si mostrava sempre forte in tutte le situazioni, per quanto gravi esse potessero essere. Ovviamente nessuna azione di guerra o missione che dir si voglia poteva essere lontanamente paragonata a ciò che Sakura, dopo essersi infiltrata a casa sua alle sei di mattina, gli stava chiedendo insistentemente da ormai un paio di ore.
“Dai Sasuke, cosa vuoi che sia? Io non ti chiedo mai nulla lo sai, però queste sono cose obbligatorie, non puoi rifiutarti!”
Sasuke deglutì a vuoto, tentando comunque di mantenere un certo contegno, sebbene Sakura l’avesse relegato, con l’andare avanti della conversazione – monologo di Sakura sarebbe stato più appropriato come termine – in un angolino della cucina e in quel momento lo stesse guardando con lo sguardo più minaccioso del suo repertorio.
Prima di rispondere l’Uchiha si chiese vagamente come facesse quella che solo pochi anni fa era una ragazzina noiosa e senza talento a spaventarlo più di Orochimaru che già di per sé era moderatamente agghiacciante.
“Non posso, perché oggi ho da fare.” Spiegò, tentando di uscire da quella situazione tramite una via diplomatica e, soprattutto, cercando di salvare quel benedetto orgoglio Uchiha.
Probabilmente se avesse detto quello che gli stava passando in testa in quel momento, ovvero un’accozzaglia di imprecazioni miste a pensieri che potevano tradursi all’incirca con un se Sakura è così non mi immagino sua madre, oltre a dire addio all’orgoglio, avrebbe anche detto addio alla sua vita o, perlomeno, ad una gran parte dei suoi soprammobili che Sakura gli avrebbe lanciato dietro con tanto tanto amore.
“Sasuke, tu oggi non hai un cavolo da fare. Ho chiesto a Naruto che mi ha detto che i tuoi piani per oggi erano mangiare una deprimente insalata di pomodori a pranzo per poi allenarti. Questi non sono veri impegni, quindi non inventare scuse!” Inveì lei, senza neanche riprendere fiato tra una frase e l’altra, con la conseguenza di diventare tutta rossa.
“La mia insalata di pomodori non è deprimente.” Ribatté lui, punto sul vivo.
Sakura si passò una mano tra i capelli, sconsolata. Davvero aveva fatto tutta quella fatica per strapparlo dalle grinfie di Orochimaru per ottenere in cambio una demoralizzante discussione sulla tristezza dell’insalata di pomodori?
Lui sembrò vedere il cambiamento di atteggiamento di Sakura e, sebbene sapeva che si sarebbe pentito presto di quel suo inusuale atto di gentilezza, accettò di sottoporsi a quella tortura.
“Vengo.” Dichiarò.
“Però tu smettila di nascondermi i pomodori.” Aggiunse stizzito all’indirizzo di una Sakura tutta intenta ad eliminare dalla faccia della terra quegli ortaggi che avevano avuto l’ardire di mettersi sulla sua strada e monopolizzare l’amore di Sasuke.
“Sono andati a male…” si giustificò l’Haruno.
“Non è vero, sono freschissimi, Sakura.” Controbatté lui, deciso a non dargliela vinta, almeno su quel punto.
Gli sembrava quasi di vedere la sua mente lavorare per trovare un’altra scusa e si chiese perché ce l’avesse tanto con quei pomodori.
“Sono rossi!” Asserì infine, lieta di aver trovato una causa per cui quegli immondi ortaggi avessero dovuto scomparire.
“E allora?”
“Il rosso è davvero un brutto colore.”
Il tono con cui quella dichiarazione uscì dalla sua bocca e l’espressione convinta che aveva assunto, come se avesse scoperto chissà quale verità, fecero germogliare in Sasuke seri dubbi sulla sanità mentale della fidanzata.
“Sakura tu sei vestita di rosso. A te piace il rosso.”
In un primo momento Sakura fu contenta per il fatto che l’Uchiha si fosse ricordato quel particolare che la contraddistingueva, poi si rese conto dell’immane figuraccia che stava facendo, lì a tentare di screditare degli stupidi pomodori, quindi arrossì leggermente: “Beh, effettivamente hai ragione… avrò avuto un lapsus. Comunque, lasciamo perdere questi futili dettagli, che ne dici? L’importante è che tu sia a casa mia per l’ora di pranzo e cerca di essere puntuale!”
Senza attendere una risposta, uscì di corsa portandosi dietro, inconsapevolmente, tutti i pomodori che era riuscita a raccogliere in quella cucina, lasciando Sasuke basito.
Adesso sì che avrebbe dovuto andare a mangiare da lei, visto che l’aveva appena derubato delle sue scorte alimentari.

***



Il nervosismo che l’aveva colpito solo lontanamente per tutto il resto della mattinata, aveva iniziato a farsi sentire con più intensità soltanto mezz’ora prima del fatidico pranzo. Lo aveva accompagnato mentre si cambiava, mentre faceva una capatina in bagno e mentre malediceva mentalmente Naruto per aver ucciso il suo alibi già di per sé traballante.
Lui non poteva capire il suo problema, dal momento che Hiashi, a discapito dell’opinione generale, l’aveva accettato nella famiglia con relativa facilità. Aveva giocato a suo favore il fatto che, nel loro primo incontro ufficiale, Naruto aveva lasciato i suoi abiti di un arancione improponibile e il suo carattere a dir poco esuberante, a favore di qualcosa di più soft, sia in tema vestiti sia in tema carattere.
Lui, invece, aveva preso seriamente in considerazione l’idea di uccidere i genitori di Sakura colpevoli nei suoi confronti di essere i genitori di Sakura e di presentarsi a casa sua, dopo l’ipotetico misfatto, per reclamare i suoi pomodori che, sebbene fossero di un rosso quel giorno stranamente inviso all’Haruno, erano diventati da qualche tempo la sua fonte principale di sostentamento.
Capì che non avrebbe eliminato i genitori di Sakura nel momento in cui si trovò davanti alla porta di casa sua e si ricordò di aver abbandonato la katana sul letto.
Non avrebbe confessato ad anima viva di essere irrequieto, fatto sta che dovette fare affidamento su tutta la sua fermezza per alzare il braccio e picchiare le dita contro quella porta che in quel momento per lui poteva essere classificata solo come il nemico.
Sakura spalancò il nemico e si affacciò sorridente, dimentica della figuraccia fatta solo qualche ora prima. Si era cambiata, optando per un leggero vestito, anch’esso rosso come il precedente, e una fascia coordinata, che teneva in ordine i corti capelli rosa.
“Pensavo che non saresti venuto…” mormorò e il suo sorriso si incrinò appena.
“I miei genitori sono molto… ehm… ansiosi di vederti.” Continuò, cercando di nascondere il piccolo tremito della voce alla parola ansiosi.
Dopotutto dei genitori che potessero definirsi tali quanto potevano essere contenti di vedere la figlia fidanzata con un ex traditore che si era unito con un altro traditore e che era stato riportato indietro proprio da quest’ultima che aveva votato tutta la sua vita all’inseguimento di un amore che ai più era sembrato irrealizzabile?
Mentre seguiva Sakura nel corridoio, si rese conto che quel suo sorriso in realtà celava un nervosismo ben più evidente del suo e capì che probabilmente Sakura ne aveva già discusso con i suoi genitori. Le sfiorò una spalla nel massimo atteggiamento consolatorio che un Uchiha poteva tenere e la precedette, per far capire che lui non temeva uno stupido pranzo e che quindi non doveva temerlo neanche lei.
“Salve.” Salutò con garbo i genitori di Sakura, entrambi in piedi che lo aspettavano.
Inutile dire che nessuno dei due gli riservò uno sguardo benevolo, tutt’altro. Nello stringergli la mano il padre tentò di stritolargliela. Mossa stupida, dal momento che la sua forza non poteva essere paragonata minimamente a quella di Sasuke che ricambiò la stretta con una forza di superiore intensità.
“Tu devi essere il trad… volevo dire, il fidanzato di Sakura, dico bene?” Chiese acida la madre, invitandolo a sedersi accanto al marito.
Iniziavano davvero bene.
“Sì, sono il traditore. Lei deve essere la nonn… volevo dire, la madre di Sakura, dico bene?” Replicò a sua volta, sorvolando magnanimamente sul fatto che più che la nonna sembrava la trisavola che, per l’occasione, si era vestita con una maglia di piume di piccione dipinte di rosso. Doveva dire che erano molto originali, in quella famiglia. Tranne il padre che aveva un anonimo maglione color degli escrementi, tutti i membri della famiglia vestivano di rosso.
Quel raccapriccio che era il capo di vestiario indossato dalla madre dell’Haruno, gli fece tornare alla mente quello spiacevole episodio accaduto al covo di Orochimaru. Il ricordo di verdi mutandoni pitonati gli riempì il cervello per una buona manciata di secondi e gli fece promettere a se stesso, per l’ennesima volta, che mai più si sarebbe fatto umiliare in quel modo. Neanche dai genitori di Sakura.
Notò vagamente una vena pulsante sulla tempia della madre mentre prendeva posto a tavola.
“Forse dovremmo mangiare.” Disse, tentando di trattenere un attacco isterico.
Portò in tavola una quantità industriale di cibo – probabilmente avevano intenzione di ucciderlo dopo averlo fatto ingrassare – che Sasuke dovette mangiare sotto lo sguardo severo di Hoshiro, il padre di Sakura, di cui aveva appreso il nome solo qualche minuto prima, e sotto quello preoccupato dell’Haruno che temeva, a ragione, una strage da parte sua.
“Cosa mangiavate da Orochimaru, serpenti?” Lo stuzzicò lui, vedendo che l’Uchiha aveva tutte le intenzioni di ignorarlo per la durata di quel pranzo infernale.
“Quando capitava.”
Vedendo che il loro invitato non si scomponeva, arrivarono alla questione che tanto gli premeva discutere.
“Ora basta con i convenevoli.” Dichiarò Hoshiro, seguito da un cenno di approvazione della madre della quale non conosceva – e non voleva saperlo –, il nome.
Convenevoli? Ma quando mai?
“Papà…” Tentò Sakura, convinta di poter riparare la situazione.
“Non preoccuparti, lasciami fare.”
“Papà, ascoltami…” Tornò alla carica lei, perentoria.
“So io come trattare questi criminali, quindi lasciami fare!”
“Credo che lo ucciderò. Sakura ti dispiace?” Chiese, come se fosse una di quelle decisioni che si prendono tutti i giorni. Sakura mormorò qualcosa che sarebbe suonato come un beh, effettivamente…
Sasuke scrollò le spalle.
“Senti, Uchiha, io non ho nulla contro di te, però vorrei che lasciassi mia figlia.”
Snocciolò, come se avesse imparato a memoria il discorso e avesse solo aspettato il momento adatto per dirlo. Sicuramente non aveva messo in conto la reazione della loro unico figlia che non gli risparmiò un pugno: “Ma sei stupido? Sai quanto cavolo ci ho messo per riportarlo indietro? Mi aspetto come minimo un matrimonio entro la fine dell’anno…”
La fine dell’anno?
“… non provare ad allontanare il mio principe azzurro!”
Principe azzurro?
“Chi ti credi di essere? Vorresti che mi sposassi con qualcuno di quegli zoticoni della Foglia, tipo quello scansafatiche di Shikamaru Nara? Io ho accalappiato il discendente di un clan fortissimo, non come quelle mezze calzette dei tuoi avi…”
Vedendo che Sakura non accennava a demordere, la prese per un braccio e la trascinò fuori da quella casa, lontano da quel pranzo catastrofico e da quei orribili soprammobili rossi che si trovavano in ogni dove.
Una volta fuori, Sakura non si era ancora calmata e continuava a sproloquiare.
Sasuke giurò a se stesso che mai più, mai più sarebbero andati a pranzo da loro. Forse se si sposavano presto non avrebbe più dovuto sopportare torture del genere. Altro che mutandoni…
Quella era stata davvero una giornata orribile.
“Ma chi cavolo si crede di essere…”
“Sakura, stai zitta.”
Un bacio improvviso impose il silenzio all’Haruno, che per un momento vide tutto rosso.
“Se questo è il premio, dovremmo fare un altro pranzo…”
Lo Sharingan rosso che aveva sostituito l’abituale nero degli occhi di Sasuke, la fece tacere. Sull’argomento pranzo, almeno…
“Allora quand’è che ci sposiamo?”


FINE


*le lanciano kunai*
Suvvia lo so che non sono un granché nelle demenziali, ma addirittura i kunai!O_o
Questa storia sarebbe il seguito di ‘Vita a Oto – Problemi di ordinaria amministrazione’ ma può benissimo essere letta senza conoscere la precedente, basta non fare caso agli accenni velati sui mutandoni!O_o
Al di là di questo, ultimamente la mia ispirazione è volata verso altri lidi, ma spero che tornerà indietro._.

Spero che questa fic – avevo davvero bisogno di scrivere!xD – possa piacervi!
Potere al demenziale!xD
Colgo l'occasione per ringraziare quelli che hanno recensito 'Vita a Oto eccetera eccetera', non sapete quanto mi rendete felice con i vostri commenti!^^

Lotti: contentissima di averti fatta ridere!^^ Perché dobbiamo dare potere al genere demenziale, soprattutto quando è così demenziale._.
Comunque volevo ringraziarti per la recensione!^^

Hanil: sono davvero contenta che ti sia piaciuta, io mi sono seriamente spaventata a pensare ai mutandoni di Orochimaru!xD
Grazie per la recensione!

act: e pensare che Sasuke è uno dei miei personaggi preferiti e gli faccio passare questi momenti!xD
Grazie per la recensione!

caletin: beh, la tua risata mi fa capire che ho centrato lo scopo in pieno!xD Contentissima che la fic ti sia piaciuta!**
Grazie per la recensione!

fuffycullen: sono davvero contentissima che ti sia piaciuta!**
E grazie per aver lasciato una recensione!^^

Ah, dimenticavo... il nome Hoshiro l'ho inventato di sana pianta._.
  
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