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Autore: The_Viking    31/03/2010    5 recensioni
Ho sempre nutrito una forte passione per i Paesi del Nord e la loro cultura musicale, folkloristica, storica e non solo; non è semplicemente dovuto al fatto che, pur non avendo io origini nordiche, il mio nome sia Olaf. No, sarebbe stato troppo banale. E' qualcosa di più profondo, di radicato intimamente... come quando, guardando il cielo al tramonto, ogni tuo pensiero si blocca poiché tu, la stessa persona che tante volte si è fermata a riflettere, volgi ora tutte le tue energie mentali alla contemplazione di quello spettacolo e sai che, se per riflettere avrai ancora tempo, per osservare quella visione effimera non avrai che una manciata di secondi. Da questa sensazione di sospensione magica nasce Miðgarðr No More, una saga di ispirazione vichinga che vuole tradurre in parole tutto questo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In modo non particolarmente diplomatico, ma di certo efficace, una imponente figura con in mano un martello fece la propria apparizione all'entrata della tenda di Thorgrim.
L'uomo, perplesso, si sporse in avanti con la testa, pur restando sdraiato, per vedere di chi si trattasse; lanciò un grido quando se ne fu reso conto.
- Thor! Fortissimo e potentissimo Thor, sei proprio tu? - domandò sorpreso Thorgrim.
- Precisamente. Tu devi essere Thorgrim, sbaglio? - disse Thor avvicinandosi al giaciglio.
- Non sbagli per nulla! Sono veramente onorato che tu sia qui, mio dio! - fece ancora Thorgrim, come se stesse parlando con un caro amico che non vedeva da molto tempo; avrebbe dovuto mantenere di certo un tono diverso ma provava un senso di eccitamento piuttosto infantile, come quello di un bimbo che riceva un regalo da lungo tempo desiderato. Si destreggiò in un improbabile inchino da sdraiato.
- È un piacere anche per me. Baldrir, il tuo comandante, mi ha detto che ti avrei trovato qui; cosa ti ha costretto in queste condizioni?
- Ho avuto un momento di... debolezza, ma ora è passato. Cosa ti spinge a Miðgarðr, se posso domandarlo?
- Puoi, ci mancherebbe. Sono venuto con gli altri dèi per aiutarvi a respingere i nemici: come forse già sai, nani e giganti sono anche contro di noi.
- In realtà non ne ero molto sicuro... ma quindi... qui fuori ci sono tutti gli dèi? - chiese speranzoso Thorgrim.
- Quasi tutti. Abbiamo pensato che avremmo potuto esservi utili! - disse Thor, non senza fingere una certa umiltà, che risultava indubbiamente umoristica in un dio.
- È... fantastico! Non so davvero cosa dire, io non credevo nemmeno che avrei mai visto divinità, a Miðgarðr, da vivo! È tutto così straordinario!
- Lo è anche per noi, in parte: un nostro intervento in massa al fianco dei mortali non è certo comune.
- No, certo che no... sappi che apprezzo moltissimo la tua visita, te ne sono grato e, dato che sono un grande ammiratore delle tue doti in combattimento, sono onorato di poterti conoscere personalmente!
- Le mie doti in combattimento, sì... talvolta vorrei fossero anche maggiori, ma penso di essere l'ultimo a potersi lamentare!
L'uomo e il dio risero.

Thor uscì dalla tenda e trovò la moglie, Sif.
- Moglie, hai avuto modo di parlare con dei mortali?
- Con un paio, sì! Sembrano simpatici.
- Anch'io ho avuto la stessa sensazione. Credo possano essere buoni alleati, eppure sono piuttosto deboli.
- Deboli in che senso? Per il fatto che muoiono?
- Non solo per quello: sono intrinsecamente deboli anche perché si accorgono della propria caducità, ne sono consapevoli. Ti confesso che la cosa mi impressiona un poco: avere un destino segnato ed esserne consapevoli deve essere spaventoso.
Sif si fece pensierosa.
- Forse. Oppure è per loro una spinta in più a trarre il massimo giovamento da quel poco che la brevità dell'esistenza concede loro. Questo li porterà inevitabilmente a commettere errori o inadempienze, ad assumere idee pericolose, perfino a far del male a loro stessi, ma è comprensibile.
- Probabilmente hai ragione. Per quanto mi riguarda, non li invidio e sono un poco in pena per loro.

Hel, regina del regno dei morti, camminava con sguardo attento tra i soldati ancora increduli per l'arrivo di ospiti così speciali.
Sentiva l'odore della morte, lo avrebbe riconosciuto ovunque; ora lo cercava. Il suo intuito la condusse alla tenda dei feriti.
Sbirciò attraverso una piccola apertura su un lato della tenda: riusciva a scorgere un uomo sdraiato.
Portava dei capelli lunghi, a metà tra il biondo e il castano, e la barba incolta, che sembrava invecchiarlo. Una mano toccava il ventre proprio come se stesse sorreggendo un peso molto grande; Hel ne dedusse che fosse la parte ferita.
Si concentrò sullo sguardo: non sembrava quello di chi avesse scampato una morte portata da altri. Piuttosto, concluse Hel, dava l'impressione di un animo di per sé tormentato, afflitto da qualcosa che ella non conosceva. Era una dea curiosa e questo la portò a decidere che avrebbe seguito, nei giorni a venire, la condizione di quell'uomo pensieroso.
   
 
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