Una storia di odio e pregiudizi infondati, di intelligenza e superiorità. L'amore è una formula segreta, sboccia dovunque come un fiore, ma si secca con facilità.
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Il vento portava con sè un odore acerbo, come di frutti
maturati troppo. Lo zucchero avvolgeva l'aria in una morsa profumata e
allo stesso tempo fastidiosa. Quel vento turbinoso e caldo si mescolava
con l'odore dei fiori sbocciati oramai da molto tempo che contornavano
la panchina dove avevo deciso di sedermi. Era di pietra, non di certo
elaborata per la signoria del paese, probabilmente vecchia e
abbandonata. La prateria si estendeva immensa dinanzi e dietro di me.
L'erba era verde chiaro, a chiazze gialline per la siccità
incombente. Agosto... il mese della pace, in città, il mese
in cui potevo ritirarmi in privato a leggere su quella tanto amata
panca fresca. Accanto ad essa cresceva un acero, alto ed ombroso,
imponente, nonostante non avesse un'età degna di quelle
dimensioni. Poggiai sulle gambe la mia copia di "Cime Tempestose" e
volsi lo sguardo all'orizzonte. Non c'era umanizzazione in quel
paesaggio, la natura cresceva incontaminata e forte, ricca di colori.
Il cielo ad esempio, era ricoperto di nubi violette, come spruzzate a
casaccio sul quell'arancione chiaro che si accendeva come fuoco alla
base dove toccava la terra. I raggi scoprivano ombre taglienti, anche
la mia pareva affusolata e minacciosa in quel contesto di
semi-crepuscolo, nonostante l'imgombrante gonna che ero obbligata a
portare dal protocollo. Quel posto era in grado di darmi sensazioni,
emozioni... di farmi provare qualcosa. Di sciogliere quel blocco di
pietra calcarea che congelava il mio volto in un espressione di perenne
noia e disgusto. Perchè ero nata in quella famiglia
così dannatamente ricca ed in vista? Non era quella la mia
vita. Ero uno spirito libero.Non potevo essere costretta da leggi e
norme insulse per un semplice fatto di bel vedere.
I boccoli dorati che avevo mi sembravano così falsi e
sbagliati. Avrei voluto scompigliarli, lasciarli nella loro forma
originale. Avrebbero dovuto essere lisci come cascate. Mi levai il
cappello, sbuffando e continuando ad osservare l'orizzonte che, a
tratti, diventava sempre più scuro. Le nuvole si tingevano
di blu su un cielo che sfumava da un viola scuro ad un lillà
accennato. Entro poco sarebbe stata sera e sicuramente qualcuno sarebbe
venuto, disperato, a cercarmi. Perchè non mi lasciavano in
pace? Ero benissimo in grando di andare dalla panchina alla nostra
residenza senza incorrere in pericolo alcuno.
Decisi di chiudere il libro, non avrebbero tardato, era inutile
arrivare ad un punto di suspance per poi essere interrotti puntualmente
sul più bello.
3...2...1...
"Rachele!"
Non era affatto la voce che mi aspettavo. Credevo che avrebbero mandato
Donna Giorgia o magari il solito paggetto minuto e balbettante intimorito dalla mia sola presenza. Invece c'era un ragazzo nuovo, che
non conoscevo, assieme ad una ragazzina leggermente più
bassa di lui che gli somigliava incredibilmente. Gemelli?
"Si?" risposi annoiata.
"Dovete tornare a casa, si sta facendo buio, non è sicuro
restare fuori dopo il calare dell'ultimo raggio di sole" ripose, conlo
stesso tono con cui si parla ad un generale.
"Va bene. Ma chi siete voi?" domandai ad entrambi. La ragazzina rispose
per prima.
"Sono Fiell. Io e mio fratello Taro siamo stati assunti oggi da vostro
padre. Siamo i vostri nuovi servitori" li guardai, sollevando un
sopracciglio, c'era ancora una domanda alla quale non avevano risposto,
ed era implicita.
"Si, siamo gemelli" annuì Taro. Un giovane sveglio.
"Bene. Torniamo a casa" annunciai, alzandomi di malavoglia.
CONTINUA