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Autore: Noth    01/04/2010    1 recensioni
Lei era irrimediabilmente morta. Per sempre, e lui doveva riuscire ad accettarlo. Basta rabbia, basta dolore...Basta.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Come... come è successo?" mi sforzai di chiedere mantenendo una voce controllata. Lei sorrise malinconica scuotendo la testa, come se non fosse importante.
"Mi dispiace. Io... io non ce la faccio" singhiozzò, poi poggiò le mani sul banco respirendo fortemente, quasi come se non ci riuscisse davvero.
"Scusa" mormorai spaventato. Non pensavo che per lei il ricordo fosse così dannoso. Il mio sguardo saettò verso i suo occhi che vibravano leggremente mentre lei sbatteva velocemente le palpebre cercando di cancellare i pensieri dolorosi che la assalivano.
Non le parlai per il resto delle lezioni, schiacciato dal senso di colpa e dall'imbarazzo. Nemmeno lei aprì più bocca. D'altra parte neanche io sarei stato felice se qualcuno mi avesse chiasto di Denise. Finite le lezioni la afferrai per un braccio, prima che sfuggisse, per chiedergli una cosa. Avevo bisogno di sapere che non la avevo ferita. Lei si voltò, non appena mi vide l'ombra della paura attraversò il suo volto.
"Engeline, volevo scusarmi per prima, davvero. Non avevo idea di cosa quella domanda potesse scatenare in te. Ti prego di perdonarmi." abbassai lo sguardo, ma non le lasciai il braccio. "Ti va se... andiamo a mangiare fuori? Così mi faccio perdonare... Ok?". Non mi andava di uscire con lei, non ero ancora pronto per questo, ma non potevo sopportare di avere provocato dolore in quel volto angelico, dolce. Stranamente scettico e dalle espressioni facciali facilmente decifrabili. Lei si passò una mano tra i capelli, nervosa. La proposta sembrava tentarla e alla fine accettò.
"Va bene" sussurrò piano. E si allontanò da me.
"Dove andiamo?" chiesi tentando di sembrare meno turbato possibile.
"Dove vuoi, nel quartiere nord c'è unl fast food" aggiunse, facendo finta di non stare parlando con me. Scorgevo il sorriso che avevo visto all'inizio delle lezioni riaffiorare sul suo viso.
"Andiamo lì, allora" sorrisi, automaticamente.
Il Fast Food c'era, ma era semi vuoto. Chiaramente aveva cercato un posto appartato. ordinammo due panini e due lattine di Coca-Cola, la commessa ci servì con uno sguardo annoiato e con uno sbuffo. Seduti al tavolo divorai il mio panino senza lasciarne nulla, velocemente, avevo bisogno di parlarle. Così mentre lei mordicchiava svogliatamente il suo e sorseggiava la sua Coca saltai fuori di punto in bianco con una domanda che mi corrodeva dalla curiosità da tutta la mattinata.
"Chi era Denise?" chiesi. Lei mi guardò sconcertata e con un punto interrogativo dipinto in volto.
"Cosa?" chiese confusa
"Intendo" spiegai paziente "chi è la tua Denise" abbassai progressivamente il tono della voce, senza però abbassare il mio sguardo indagatore che osservava il suo viso in attesa di vedere l'espressione che avrebbe assunto. Lei si morse ancora il labbro inferiore e abbassò la tesat perchè la frangia nascondesse da me i suoi occhi. La vidi tremare, vulnerabile e punta sul vivo. Scorsi una lacrina cadere dal suo viso ed adagiarsi esplodendo sul tavolino. Trattenni il respiro.
"Si chiamava Drad" disse tutto ad un fiato per nascondere un singhiozzo. "Drad Sevil" aggiunse poi tossendo.
"Cosa è successo?" chiesi. Sorpreso e sconvolto dalla sua reazione. Ero curioso di sapere, ora che avevo trovato una ragazza nella mia stessa situazione. Non potevo restare con le mani in mano. io avevo desiderato per mesi di sfogarmi con qualcuno. Di urlare. Di piangere forse. Di buttare fuori tutta la rabbia dentro di me, ma non era venuto nessuno. Lei alzò lo sguardo, sconvolta. Con gli occhi arrossati ed una lacrima argentea che le scendeva lentamente lungo la guancia.
"Non ti rendi davvero conto, allora, che mi fa male" disse con voce spezzata. "Non.. Non capisci!" gridò.
"No, sbagli Engeline. Io ti capisco talmente bene che non sei in grado di immaginarlo. Ti capisco talmente bene che sento il tuo dolore come mio. Perchè lo è." mormorai. Lei assunse un aria pensierosa, addolorata ma accettò la mia risposta.
"Si, forse è vero. Ma perchè dovrei fidarmi di una persona che non si ricorda neanche che esisto." disse con tono sprezzante.
"perchè non c'è nessun altro. Nessuno, che possa davvero ascoltarti e capirti come posso fare io" gridai, offeso dal fatto che lei non si fidasse del dolore che io portavo nel cuore, e che avrei portato con me per sempre. Come poteva pensarlo. Non era forse anche lei come me?
   
 
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