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Autore: BigMistake    01/04/2010    4 recensioni
I PARTE: Vi ricordate dove eravamo rimaste in Grey Day in Darkness? Non l'avete letta, ma allora cosa aspettate? (necessario leggere prima quella) Nessie e Jake sono felicemente sposati, con due splendidi bambini. Riuscirà la nostra coppia preferita a superare la crisi del settimo anno? Spoiler dal capitolo XVI: < Perché ti ho data sempre per scontata? Pensavo che la nostra vita insieme sarebbe stata perfetta. Non dovevo. La perfezione non esiste, nemmeno per due anime complementari come noi … > Buona lettura! II PARTE: Passano gli anni e la vita continua. Per stabilizzare gli equilibri bisogna ancora agitare il bicchiere. EJ e Sarah crescono e si scoprono ragazzi, affrontando le problematiche annesse. Dal Capitolo X: - Lui vampiro ed io licantropo, ma con un po’ dell’uno nell’altro. Il freddo e laconico Yin, l’autunno della vita, il nord, il ventre buio dell’animo umano rischiarato da un punto di luce dello Yang che dall’altro lato della collina sorride al sole seppure con una parte oscura di lui nascosta agl’occhi di chi non guarda, alle orecchie di chi non ascolta, agl’animi che non esistono. La perfezione. L’equilibrio. Perfetti e completi solo se insieme. - Buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GREY DAY IN DARKNESS'
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CAPITOLO XVII: Rivoglio la nostra vita.

 POV Jacob

L’osservavo distesa lungo il mio fianco. Dormiva, come ultimamente faceva spesso, ma questa volta era tranquilla. Respirava placidamente, senza fatica, senza dolore sul viso, stringendosi forte sul mio petto. Con il braccio le cingevo le spalle passando sotto il capo, protettivo. Ma da cosa l’avrei dovuta proteggere? Da me. Non riuscivo a capacitarmi di quello che avevo fatto. Non sono un’ipocrita, era stato una delle volte più belle, libera, senza preoccuparci di nulla nemmeno delle conseguenze. Appunto conseguenze che io non avevo calcolato. Piccola, indifesa, fragile, ingenua, dolce, confusa ed io meschino, sciocco, stupido, insensato, approfittatore. Era l’unico modo in cui potevo riferirmi a me stesso. Non avrei dovuto. E come avrei affrontato la sua famiglia, quel padre che ora come non mai la vedeva una bambina? Mi divincolai dall’intreccio di braccia. Mi sarebbe piaciuto continuare a rimirare quel suo volto beato, felicemente perso, rilassato e disteso come ogni volta che facevamo l’amore. Ero mortificato, ma anche stranamente felice. Ed appagato. Forse perché mi stavo convincendo che era legittimo, che non mi ero approfittato come credevo, che era quello che desideravamo entrambi. Era così sbagliato essere talmente coinvolto dalla propria moglie da non riuscire a resisterle in un momento di debolezza? Appena uscii dal lenzuolo che ci avvolgeva, la mia mostriciattola si lamentò stringendo il cuscino su cui ero precedentemente adagiato ed ancora intriso del mio tepore. Le baciai la fronte prima di vestirmi ed andare verso la cucina; dopo la caccia e quello che era successo avevo decisamente bisogno di calorie. Mi ritrovai a fischiettare ‘You are my sunshine’ aprì lo sportello del frigo sperando che ci fosse un qualche rimasuglio della cena dell’italiano. Viste le quantità che Esme produceva sapevo che l’uccellino non riusciva mai a finire le sue porzioni. D’altronde a Volterra lui non era mai stato costretto a mangiare se non per attirare le comitive di turisti a far da portata principale per il loro banchetto. Ed il dottor Canino e signora, come con Renesmee, cercavano di abituarlo al cibo normale in modo da gestire la sua sete nel migliore dei modi. Ma si sa che l’abitudine è dura a morire. Rovistai qualche secondo e trovai un contenitore gigantesco d’insalata di patate ed una bella ciotola di salsa che aveva un aspetto invitante. Se ci fosse stata Barbie sicuramente mi avrebbe deriso, dicendomi che ero utile almeno a spazzare via gli avanzi da bravo cagnolino. Sorrisi. In fin dei conti eravamo un bel duo comico. I Cullen sarebbero stati troppo perfetti senza la mia compagna di giochi.

“Prego fai come se fossi a casa tua!” convivevo con loro ormai da una vita, ma non mi sarei mai abituato a quel silenzio che aleggiava in una stanza quando vi entravano. Mi prese alla sprovvista e sbattei la nuca sul ripiano del frigo trattenendo a stento un’imprecazione. Ancora con la testa dolorante mi voltai e proprio l’ultimo vampiro che avrei voluto incontrare stava con la spalla poggiata al muro con la condanna pronta stampata sulla faccia di pietra.   

“Ehy amico non eravate a caccia?” il suo petto gorgogliava come un bollitore,  non potevo dargli torto mi ero comportato come un poppante in piena tempesta ormonale. Aveva l’affanno nonostante non avesse bisogno di respirare. Mi detestava ed aveva ragione: le immagini del mio misfatto non cessavano di scorrere nella mia testa da quando tutto era finito. La sua rabbia fece bussare nuovamente i miei dubbi: avevo sbagliato o quella era semplicemente la gelosia di un padre?  

“Jacob, posso parlarti?” non risposi sistemai solo una porzione d’insalata di patate con la salsa e mi posai con la schiena contro il lavabo, ma non riuscivo nemmeno a guardarlo in viso. Una parte di me diceva che era in torto marcio, che quello che avevo fatto era giusto, che il nostro amore andava al di là della memoria. Ma dall’altra, quella che aveva cominciato a prevaricare, mi reputava un ragazzino che non era capace di tenere a bada gli ormoni. Odiavo perdere con lui, di nuovo. “Vorrei sapere cosa ti è saltato in testa, sciocco di un cane!”

“Non lo so!” o meglio lo sapevo. Ma quello che avevo davanti era suo padre cosa potevo dirgli? Che non toccavo mia moglie da praticamente un mese e quando l’ho vista mezza nuda gli sono saltato addosso? La cosa più demoralizzante era che più cercavo di distrarmi, più tornava in mente la mia Nessie, nella versione in cui un padre non la dovrebbe vedere. 

“Che vuoi dire con non lo so?” nei suoi occhi si rispecchiava la notte buia, il veleno provocato dalla collera che provava nei miei confronti aveva inondato il suo sguardo. Si avvicinò minacciosamente fermato solo dall’isola della cucina, puntando il dito inquisitorio verso di me “Cosa diavolo avevi in mente di fare? Sai che il suo equilibrio è precario, non ricorda nulla e la costringi a … Oddio non riesco nemmeno a dirlo!” con il pollice e l’indice iniziò a premersi la base del naso come per riacquistare la calma che tardava ad arrivare. Ma quell’accusa, non la potevo accettare. Io non avrei mai costretto Renesmee a fare nulla contro la sua volontà, nulla. Avevo sicuramente delle colpe, che si limitavano a non essere rimasto al mio posto ma non l’avevo di certo sedotta. Era successo per caso.

“Un momento sanguisuga! Stiamo comunque parlando di una persona consenziente, abbiamo fatto tutto in due!”  < Al diavolo, lui e le sue credenze da vecchia ciabatta! > l’avevo pensato ma equivaleva ad averglielo detto in faccia. Che potere seccante che aveva! Alzò i suoi occhi neri come la pece verso di me ma io non mi scomposi. Mi sentivo di non essere l’unico ad essere in errore: mi stava praticamente giudicando senza neanche cercare provare a capirmi. E poi avrei tanto voluto vedere  ‘mister perfezione Cullen’, se ci si fosse trovato lui nella mia situazione, con una moglie che non ricorda nulla, nemmeno i suoi figli, che ti implora di fare l’amore con lei come ultimamente non accadeva quasi mai, come avrebbe reagito. Non credo che sarebbe rimasto fermo, immobile a guardare, soprattutto se l’avesse casualmente vista con addosso solo l’asciugamano.

 “Dovevi controllarti lurida bestiaccia!  E smetti di pensare a quello che è successo, altrimenti smetto io di controllarmi e faccio diventare mia figlia vedova!” soffiò tra i denti, inspirando inviperito. Il colloquio stava prendendo una piega sbagliata. Il fremito giunse ai miei nervi non appena il ghiacciolo aveva iniziato a sbraitare. Sentivo i miei muscoli scuotersi e le mie ossa gracchiare impazienti di sfogare la forte irritazione accumulata nell’ultimo periodo. C’era un’ultima cosa che potevo fare per evitare uno scontro fisico ed era quello di rispondere alle sue accuse tramite le parole. Lanciai il piatto nel lavello con una tale energia che si spaccò in due, distesi le mie mani sul pianale a cui era appoggiato anche il vampiro, guardando dritto in quegl’occhi scuri. Ero stanco del suo atteggiamento da padre iperprotettivo, stanco del suo modo di pensare all’antica che valeva solo per Nessie, stanco del suo impicciarsi di faccende che non lo riguardavano più perché sua figlia era cresciuta ed era padrona delle sue azioni.

“P***a  P*****a  Edward, sono un uomo non un santo! Possibile che tu non riesca a capire quanto tutta questa situazione mi stia distruggendo? Non posso fare un c***o,  non posso dirle che è mia moglie! Non posso dirle che ha dei figli a casa che l’aspettano! Le devo tenere nascosta la fede, le devo tenere nascosto il passato per non sovraccaricarla come dite voi! Ma maledizione, lei lo sente dentro che siamo legati, ha continuato ad amarmi, ha continuato a volermi ed adesso non puoi venirmi a fare la morale quando io non ho fatto altro che assecondare un stramaledetto nostro desiderio, se tu sei un completo pezzo di ghiaccio non significa che io lo sia!”

“E ti sembra normale comportarvi come due animali che non sanno gestire gl’istinti! Jacob dici di essere un uomo comportati da tale!” non stavamo urlando ma la tensione era resa evidente dall’ elettricità che aleggiava nella distanza che intercorreva fra i nostri due corpi. Il gelido e freddo vampiro contro il caldo e passionale mutaforma. Completamente diversi ma completamente uguali. Una cosa avevo imparato nella convivenza forzata a cui fummo costretti:  io ed Edward avevamo più punti in comune di quello che si potesse pensare. C’era solo un modo per far diventare il distaccato vampiro una vera furia, ovvero toccare la moglie o la figlia. Era quello che succedeva a me se o Nessie o i bambini venivano anche solo largamente sfiorati. Per un attimo il mio pensiero volò a Sarah: come mi sarei sentito io nella situazione di Edward? Cominciai a tremare pensando qualche viscido e lurido verme con le  mani addosso alla mia bambina. Ma io ero suo marito, non un bastardo qualsiasi, quanto poteva esserci di sbagliato nel volerla amare a pieno? Dio che confusione!

“Potevi evitare di guardare, Cristo è mia moglie avremo il diritto di avere nostri momenti d’intimità senza che tu ci spii …” ero esasperato, ne avevo piene le tasche di venir rimproverato per un mio diritto.

“Nel mio letto Jacob?  Vuoi dei momenti d’intimità nel mio letto? Almeno questo potevi risparmiartelo!” colpito ed affondato. Questa era la cosa a cui non sapevo proprio ribattere. Non solo avevo fatto l’amore con la sua adorata figlia, avevo utilizzato il suo letto quello che lui non usava di certo per dormire. Come avrei potuto dargli torto ma non riuscivo a scusarmi. Insomma in quel momento poteva anche esserci una folla a guardarci ed io non me ne sarei accorto. Figuriamoci andare a cercare il posto più opportuno. Non era mio volere mancargli di rispetto. Stavo per ribattere ma venni interrotto da qualcuno d’inaspettato.

 “Edward basta!” la voce della Bionda arrivò velocemente al nostro udito, ci ascoltava non si sa da quanto tempo. Mi aspettavo che cominciasse ad inveire contro di me, che mi dicesse che ero un maiale e che avevo in mente solo una cosa. Insomma mi preparai alla mia mezz’ora peggiore. “Non possiamo litigare e dividerci Renesmee ed i bambini hanno bisogno di ognuno di noi, e nostro malgrado anche del cane!” cos’era comprensione quella che vedevo in lei? Dopo quello che avevo commesso? Un attimo, aveva detto i bambini?

“Sarah ed EJ? Stanno bene? È successo qualcosa?” scorrevo velocemente lo sguardo dall’uno all’altra, alla ricerca delle risposte che cercavo. Il mio cuore aveva cominciato a scalpitare dentro il mio torace battendo ripetutamente contro le costole. Ero convinto che fossero al sicuro tranquilli tra le mura di casa.

“Stanno bene, ma sentono la vostra mancanza. Rivogliono il loro papà e la loro mamma!” s’avvicinò a me, il buio che imperversava nella stanza non avrebbe mai fermato nessuno di noi come se fossimo illuminati da un lampione. “Chiedono di continuo di voi, vai da loro. Non sanno cosa pensare e si sentono abbandonati, devi spiegargli cosa sta accadendo!” si sentivano abbandonati. I miei bambini, i miei figli, li stavo praticamente trascurando. Non avrei mai dovuto sparire da loro, non avrei mai dovuto lasciarli soli senza un perché. Più cercavo di sistemare le cose, più sembravano andare a rotoli. La mia vita era in balia di un naufragio, l’amavo e la stavo perdendo assieme a Nessie. Sfregai le mie dita contro le palpebre cercando di levarmi quella sensazione di pesantezza che padroneggiava nella mia testa.

“Nessie, dorme di sopra resterete voi con lei?”

“Certo!” ad Edward non era ancora passata. Mi aveva risposto ringhiando. Io avevo decisamente cose più importanti a cui pensare. I miei figli. Era nel mio dovere di padre parlare con loro. Prima che potessi uscire fui bloccato nuovamente da Barbie.

“Jacob!” cosa? Il mio nome? Mi voltai lentamente temendo che tenesse tra le mani un fucile a pompa e sperando che non avesse la voglia di uccidermi  “Per la prossima volta cerca di tenere la patta dei pantaloni chiusa e soprattutto fai affluire il sangue alla testa non in mezzo alle gambe, altrimenti provvederò io stessa a renderti innocuo in tal senso!” non mi sbagliai di molto, ma non mi preoccupavo della minaccia di Yogurt al limone, volevo solo andare dalle mie due pesti.

 

Percorsi lentamente la breve strada che intercorreva tra la villa e il cottage. Speravo che la notte riuscisse a portarmi consiglio. Non sapevo da dove cominciare, cosa dire loro, il perché della nostra assenza. Avrei dovuto dirgli una bugia? No. Loro come Nessie non sopportavano le menzogne, almeno fra le mura di casa. Avrei dovuto indorargli la pillola? No. Se c’era una cosa che detestavo io erano le verità dette a mezza bocca. Rimaneva solo una soluzione. L’assoluta verità. Non avevo il tempo di pensare al modo più indolore di dirgli che la madre, non si ricordava di noi. Sentivo già dall’esterno le loro risa. Che schifo di padre: non  sapevo chi avrei trovato in casa, ogni cognizione di chi viveva dove, era stata persa da parecchio ormai. Rovistai  nella tasca. Dopo qualche secondo presi la vera incastrata nel piccolo moschettone che avevo ancorato al mio jeans da caccia, per essere sicuro che non si perdesse mai. Mi serviva la sicurezza di quel simbolo, anche se lei non indossava la sua. Non aveva voluto inciderci i nomi né la data, che per noi in realtà non aveva importanza: ‘L’amore è eterno ’  la frase che aveva il presidente Lincoln nella sua fede. Mi sovvenne ancora quel giorno in cui Alice e Nessie mi avevano trascinato  a Seattle per sceglierle. Solo in una occasione, la mia mostriciattola si lasciava coinvolgere dalla folletta di buon grado: quando c’era la tappa gioielleria. Incredibile a dirsi, visto che non indossava nessun monile a parte il ciondolo dono dei suoi genitori e l’anello nuziale, ma la mia dolce e piccola vampirastra aveva sempre avuto un debole per le cose luccicanti. Due battiti di ciglia, un labbro un po’ sporgente e dispiaciuto e a breve mi ritrovai seduto tra le due più testarde vampire esistenti a cercare di sedare gli animi. Passarono centinaia ‘no questo è troppo pacchiano’, ‘questo è troppo semplice’, ‘questo così’, ‘questo si ’, ‘questo te lo scordi’ per poi scegliere una normale fede piatta in platino con un filo d’oro rosso su di un lato e nella sua un brillante. Splendida, duale come noi, e con una piccola stella sulla sua mano. Rappresentava esattamente il nostro modo di essere. E quando lessi la frase che vi aveva fatto incidere in gran segreto, me ne convinsi ancora di più.

“Papà!” ero rimasto così tanto a pensare a noi che la mia lupetta aveva percepito la mia presenza. Arrivò praticamente volando tra le mie braccia, un piccolo angelo dalle ali invisibili. Mi erano realmente mancati, lo sentivo dall’emozione che provavo nel sentire il battito del loro cuore. I lunghi capelli solleticavano il mio braccio che la teneva stretta “Come sta la mamma? Perché non torna?” non le risposi, non così, ancora fuori al freddo. Mordicchiava nervosamente la punta del pollice, il suo modo di esternare l’apprensione che provava. Staccai lo sguardo dal suo visino contrito dalla preoccupazione e trovai EJ sulla porta che mi guardava con aria di sfida. Non capivo quell’atteggiamento, sembrava furioso con me. Bella lo raggiunse posando le mani sulle sue spalle, che scrollò prontamente come se non volesse essere calmato. Entrai lasciando scendere Sarah, seguito da Bella che non rispondeva alla mia tacita domanda di cosa avesse mio figlio.  Alice raccoglieva dei fogli sparsi a terra,  Jasper ed Emmett erano impegnati in una partita ai videogame. EJ li raggiunse e prese il posto che evidentemente aveva lasciato da poco.

“Continuiamo!” il suo tono rendeva esplicito ciò che avevo percepito al mio arrivo. Non so cosa avesse, lui era sempre calmo e gentile al contrario della sorella che invece era impulsiva e facilmente irritabile. Quell’atteggiamento mi stava letteralmente lacerando dentro.

“Sarah, EJ vi devo parlare della mamma!”dovevo decidermi, dovevo spiegare cosa stava accadendo. La piccola mano di Sarah afferrò prontamente la mia cercando la sicurezza che negl’ultimi giorni probabilmente era venuta a mancare, EJ invece non si mosse rimaneva fisso al televisore fermo alla schermata che scorreva in pausa. Carezzai delicatamente la testa di mia figlia ed andai da lui accucciandomi per poterlo guardare negl’occhi. Appena incrociammo i nostri sguardi cominciò a mantenerlo fisso sul mio, forte, fiero, furente. Il mio stesso modo di sfidare gli altri attraverso lo sguardo.  Stabile su chi avevo intenzione di uccidere. E ci stava riuscendo. Era proprio da loro che non volevo vedere quella colpa che mi aveva colto, non volevo leggere in loro la delusione di non aver protetto la loro mamma. Emmett affondò la sua mano gelida sulla spalla ma io non mi voltai.

“Noi andiamo a casa, per qualsiasi cosa rimane Bella qui fuori!” annuì senza distogliermi da mio figlio che attuava ancora quella sua protesta silenziosa. Quella barriera la dovevo abbattere io.

“Ometto, come mai quel muso arrabbiato! Ho fatto qualcosa?” Sarah intanto si era avvicinata sedendosi accanto al fratello. Raramente li avevo visti così uniti, si tenevano la mano cercando conforto fra di loro. Nessuno dei due trovava il coraggio di parlare come se temessero una mia reazione.

“Cosa vi abbiamo fatto?” non capivo quella domanda detta in un sussurro da Sarah che aveva abbassato gli occhi un istante prima di rialzarli verso il fratello, che induriva ogni secondo in più la sua espressione del viso.

“Avete smesso di amarci vero?”

“Cosa stai dicendo EJ, come ti vengono in mente queste cose?” stava combattendo contro le sue stesse lacrime. Una ne uscì vittoriosa rigando la pelle pallida del viso regolare. Questo no, non potevo permetterlo. Smettere di amare i figli è una cosa impensabile. Era in virtù di quell’amore che non avevo il coraggio di affrontarli. Volevo il meglio per loro, volevo la felicità assoluta. Li avrei voluti avvolgere in un velo rosa da cui trasparivano soltanto le cose migliori del mondo. “Ci avete spedito a casa con Embry e Seth due giorni prima, non siamo stupidi …”

“ … e tu sei sempre triste papà, da quando siete tornati non siete mai venuti a casa, non siete mai stati con noi, non ci avete nemmeno salutato. Come dovremmo sentirci secondo te?” si alternavano come se se si fossero preparati, come se già sapessero cosa dirmi. Ed io invece ero completamente incapace di dare loro una spiegazione verosimile per quello che stava accadendo a loro insaputa. Annaspavo alla ricerca delle risposte adatte, ma non ne trovavo di abbastanza indolori. L’ultima cosa che volevo è che soffrissero. Invece come al solito mi ero macchiato di un orribile reato: li avevo feriti. Li avevo lasciati praticamente da soli.

“ Non stanno così le cose …” cercai di afferrare le loro mani ancora legate,  le chiusi in un piccolo scrigno create tra le mie. Erano così diverse che le contenevo tranquillamente. Non riuscivo più a sostenere il loro sguardo e fui costretto ad abbassare il mio viso per evitare il confronto. Ma due dita sottili si allungarono sotto il mio mento alzandolo nuovamente.

“Come stanno allora? Perché noi non capiamo papà!” gli occhi verdi di Sarah erano velati di una strana aria dolce. Lei che aveva il vero spirito amazzone, con quella forza d’animo con cui non mostrava mai compassione. Il mio piccolo lupo già dalla nascita, era improvvisamente diventata calma e pacata. Stava crescendo.

“Posso sedermi fra di voi?”

“No!”

“EJ, lascia che ci spieghi!”

“È un po’ tardi per spiegarci, non credi Sarah?”

“EJ, basta è nostro padre, merita una possibilità!” sembrava di essere in presenza dei tormenti di adulti imprigionati nei corpi di bambini di otto anni. Assomigliavano tanto alla mia Nessie, sempre matura. Dopo alcuni momenti di titubanza ed una silente conversazione tra i due Sarah si scansò. Presi posto fra di loro, che continuavano a fissare il pavimento ansiosi e spaventati. E pensare che avevo giurato di proteggere tutti e tre. Ed ora. Ora non potevo evitargli il dispiacere di una madre che non sapeva di loro. “Papà, cosa è successo in Alaska? Sta ancora male?”

“Sta talmente male che noi non la possiamo nemmeno vedere, è costretta in un letto che non ci può salutare!” la voce di EJ era dura, granitica come il corpo dei nonni. Non avevo mai sentito il mio piccolo emotivo così. Non sapevo come spiegarlo, inciampavo nelle mie stesse parole, cercando appigli razionali che non c’erano per noi, figuriamoci per loro. La mancanza di Nessie la sentivo ancora di più in questi momenti. Aveva sempre la parola giusta al momento giusto. Sapeva illustrare delle problematiche complesse con parole semplici e comprensibili, come quando EJ le aveva chiesto se stavamo per divorziare.

“Non sta male con il fisico! Lei non ricorda più nulla …”

“E come sarebbe successo …”

“Non lo sappiamo! Ma stiamo facendo di tutto per farla guarire!” Li guardavo alternando lo sguardo. Sarah si accostò ancora di più, posando il suo viso sul mio petto. Non aveva mai staccato i denti dal pollice, che continuava a mordere nervosamente. Le accarezzai i capelli, baciandole la testa. Dovevo farle sentire che se anche non c’ero fisicamente, ci sarei stato sempre con lo spirito.   

“Perché non può venire da noi?” la domanda di mio figlio, mi spezzò il cuore. Sarah si stinse ancora di più a me, come se lo stare solo a contatto le servisse per sorreggersi.  

 “Presto tornerà a casa ma prima dovrà stare per un po’ con nonno Carlisle, per curarla …”  allargai il braccio in direzione di EJ per invitarlo a stare con noi, ma si alzò di scatto e si portò ad un palmo da me.

“Tu non dovevi permettere che accadesse una cosa del genere!” parlava tra i denti inspirando con forza l’aria. Si tratteneva dall’urlarmi in faccia, ma si vedeva che avrebbe voluto.

“EJ, non è il caso di fare scenate!” Sarah sollevò immediatamente la testa verso il fratello che la guardava sorpreso. Quella era la mia bambina? così matura e capace di discernere i momenti, non trasportata dalle emozioni che stava vivendo?

“Sei d’accordo con lui, allora? Non è riuscito a proteggerla ed aveva giurato di farlo …” rimasi frastornato dalla loro discussione. Se la stava prendendo con me ed ora anche con la sorella. Quanto male gli stavo procurando?

“Non credi che anche papà sta soffrendo? Dovresti essere più comprensivo!”

“Certo tu ti preoccupi solo di papà, non pensi mai alla mamma, non le vuoi veramente bene! Rivoglio mia madre! Vi odio! VI ODIO ENTRAMBI!” quella frase detta in un crescendo di volume, squarciò definitivamente il mio petto. Non riuscì a reagire a quello sfogo esagerato, avrei voluto dirgli che non sarebbe uscito dalla sua camera per sempre, che non doveva permettersi di rivolgersi a me e  alla sorella in quella maniera, che aveva maledettamente ragione. Anch’io mi colpevolizzavo fin dal principio. Ero rimasto così shoccato  che non dissi nulla e da quella mia mancata risposta EJ si sentì ancor più offeso. Corse nella sua stanza sbattendo la porta. Ed io non potevo far altro che prendermi la testa tra le mani e disperarmi, perché mio figlio mi odiava ed aveva ragione nel farlo.

“Scusalo, è solo sconvolto papà! Non le pensa realmente certe cose! Credimi io lo so! Lui è molto attaccato alla mamma e teme soltanto che non si ricordi di noi! Anch’io voglio che torni ma so anche che non serve a nulla prendersela con te! Gli andrò a parlare …”  in EJ si sentiva la rabbia, l’orgoglio, la paura. Sentivo la mia Nessie nei momenti duri. Con Sarah invece vedevo il suo sguardo di un colore diverso ma comprensivo e dolce come quello di mia moglie, le labbra a disegnare un sorriso mesto e la testa leggermente inclinata da un lato cercando di guardarmi meglio. C’era lei in loro. Far soffrire quei due piccoli angeli equivaleva ferire la mia Renesmee. Equivaleva a triplicare la mia colpa e la mia inettitudine. Le accarezzai il viso, non riuscendo ancora a riprendermi. Mi diede un bacio sulla guancia e s’avvicinò al mio orecchio “Ti voglio bene papà, so che la riporterai da noi!” detto questo andò da EJ senza aspettare una risposta che in fondo conosceva.

< Vi voglio bene anch’io Sarah, vi amo più della mia stessa vita, come amo vostra madre e non avrei mai voluto trovarmi di fronte a voi, non avrei mai voluto farvi vivere tutto questo. Non volevo essere l’ambasciatore di un tale supplizio, nessuno di voi lo meritava, nessuno. > mi meritavo tutto questo amore incondizionato, o era meglio che mi odiasse come stava facendo il fratello?  Erano chiusi nella loro stanza, li sentivo al piano di sopra che a stento trattenevano il pianto. EJ cercava di soffocarlo con il cuscino, non voleva essere sentito, non voleva mostrarsi debole. Stavano davvero crescendo.  Rimasi seduto sul divano a fissare il pavimento per un tempo indeterminabile, nemmeno scalfito dall’odore di vampiro che aleggiava accanto a me. Forse in quel momento non serviva l’autocommiserazione, ma l’aiuto di una amica. Mi stava aspettando di fuori sul portico, mentre osservava l’oscurità. Mi affiancai a Bella che subito passò una mano sulla mia schiena. La situazione era improvvisamente capovolta. Lei che consolava me. Il mio cuore sanguinava, mia moglie non ricordava praticamente nulla, mio figlio mi detestava perché non riuscivo a riportarla, mio suocero e sua sorella mi avevano appena promesso l’evirazione. Che situazione da schifo!

“Lo sai che se ci vede mio marito ci stacca la testa?” cercava di farmi ridere.

“Lo sai che prima dovrà prendermi?” la mia maschera da buffone, ma non avrebbe retto a lungo soprattutto con lei.

“Sbruffone!”  quelle carezze si tramutarono in uno buffetto sulla spalla, aveva la stessa delicatezza di Nessie in certi momenti. Ci scambiammo qualche sorriso triste per poi tornare al silenzio “Non lo pensa sul serio …”

“ L’ho deluso ha tutte le ragioni per farlo! Io stesso mi sto odiando per aver mancato l’ennesima volta di proteggerla”

“Ricordi quella sera l’avventura alcolica di tua moglie e la sua crisi mistica sulla sua natura?” eccome se la ricordavo. Stavo a casa nella mia camera al buio dal giorno in cui mi aveva detto di non volermi più vedere. Non volevo crederci, mi sentivo ad un passo ad averla, vedevo nei suoi occhi crescere il suo amore nei miei confronti e quella s*****a  di Leah stava rovinando tutto. Sapevo come si sentiva e sapevo anche quello che stava cercando di fare. Con Emily e Sam non aveva potuto nulla, entrambi erano adulti quando si sono incontrati ed innamorati. Ma con me e con Nessie, tutto era più semplice. Separarmi dal mio imprinting che ancora non sapeva di amarmi. Sarebbe stata una sorta di vendetta nei confronti di quella magia che le aveva strappato la gioia e l’amore. La sera stessa la presi da parte e parlammo per quasi tutta la notte. Dovevo capire perché si comportava in quella maniera perché era sempre così scontrosa, tanto che quasi nessuno voleva stare di ronda con lei. L’invidia, un acido che ti corrode dall’interno portandoti lentamente a raggiungere il fondo. Da quel giorno scomparì per un po’, lasciando un Seth molto triste ed amareggiato. E alla chiamata di Bella l’ho voluto al mio fianco. L’affetto che nutriva per Nessie era forte, era la piccola del branco, spodestandolo finalmente da quel ruolo che gli era sempre appartenuto. Mi aiutò a seguire le tracce, come Leah anche lui era un ottimo segugio, e ci trovammo in quel bar. Quando entrai e la vidi in piedi sul bancone che si muoveva in quella maniera serpentina assecondando le curve di un corpo che guardavo di rado proprio per evitare reazioni avventate, il mio cuore si fermò di colpo. Per un attimo il resto del mondo era scomparso, la vedevo estremamente eccitante, come se stesse ballando solo per me, con quella grazia e leggiadria incredibile, tipiche della sua specie. Solo al commento di Seth ripresi conoscenza ed identificai il suo stato. Era visibilmente ubriaca. Non si era mai comportata in quella maniera, e non riuscivo a capire il perché lo facesse. Dopo la sua reticenza la presi in spalla e la portai a casa dove l’attendevano  sul piede di guerra. Quante parole dure aveva dedicato a tutti, agli zii, alla madre, a me. Ma che io ricordassi con il padre c’erano stati solo sguardi feroci e uno schiaffo. “Quando lei è scappata dentro casa Edward era rimasto impietrito, te ne sei accorto?” io ero fuggito a mia volta, dovevo sbollire la rabbia di non esserci stato, di averle fatto inconsapevolmente del male, di essere stato io la causa scatenante della sua crisi. “Sbraitavo e parlavo con mio marito ma lui non muoveva un muscolo. Ad un tratto lui disse solo ‘Mi odia!’. Cadde sulle ginocchia e chiuse il suo volto fra le mani. Edward, il vampiro razionale che raramente mostra i suoi sentimenti, disperato.  Tu ce lo vedi?”

“Decisamente no, ma sai che Nessie è capace di tirare fuori i sentimenti anche ad un pezzo di marmo! Con il succhiasangue sarà stato un gioco da ragazzi!” cercavo di scherzare ma si sentiva che era tutta una farsa.

“Dopo qualche minuto riuscì ad estrapolare la loro conversazione silenziosa” Bella ha sempre odiato il modo intimo e personale dei due di comunicare lo si sentiva dal tono acido con cui definiva  il loro potere e dalle virgolette immaginarie che disegnava sempre in aria “L’aveva accusato di essere la causa della sua mostruosità! Ad Edward, capisci? Che la cosa che odia di più è essere un vampiro ed aver trascinato sia me che lei nel suo inferno!” in effetti non era stata molto tenera.

“Questo cosa centra con il sottoscritto?”

“I figli sanno come ferire i genitori! Vedrai che gli passerà, probabilmente si è già pentito di averti detto certe cose!”

“Bella, rivoglio la mia Nessie, rivoglio mia moglie. La voglio accanto fiera e combattiva come sempre! Ho fatto tutte quelle storie solo perché avevo paura di perderla ed ora cosa mi rimane?”

“Jake, non sarai mai solo sono qui apposta. Ma mi devi aiutare perché anch’io rivoglio mia figlia e sinceramente non sono pronta ad arrendermi!” osservai attentamente quelle iridi color dell’oro fuso e per un attimo mi sembrò di rivederle del loro colore originale. Quasi automaticamente Le strinsi la mano, dura e fredda come il marmo ma fragile come il cristallo, cercando un conforto che non riuscivo nemmeno ad ottenere da me stesso. Superai ogni barriera che ci stava dividendo: temperatura, odore sgradevole; volevo solo la mia amica quella con cui facevo le torte di fango, con cui passavo pomeriggi interi a chiacchierare eludendo lo studio, lei che mi aveva regalato la mia anima gemella. La mia migliore amica, che per un caso fortuito era anche mia suocera ed era un vampiro. La mia Bella. Rumore di foglie calpestate. Ci voltammo di scatto.

“Jacob. Bella.” Leah. Serata di visite. Non avevo notizie del branco da quando ero partito per l’Alaska.

“Leah.” Disse Bella nascondendo il tono dispregiativo con cui le usciva il nome solitamente. Non aveva mai superato il modo in cui se la prendeva con la figlia solo perché sprezzava lei. “Jake io torno alla villa, se hai bisogno di qualsiasi cosa sai dove trovarmi!” sussurrai un grazie e dopo un sorriso dolce, scese i tre scalini che la portarono ad incrociarsi con Leah. Si lanciarono uno sguardo gelido prima che Bella sparisse tra la vegetazione.

“Problemi con il branco?”

“Sempre la solita lagna, non succede più molto da queste parti!” Leah era veramente una bella ragazza se solo avesse voluto esserlo, invece sembrava che facesse di tutto per assomigliare ad un uomo, indossava camice a quadri informi, jeans logori. Forse in quella maniera si sentiva meno isolata “Non sono venuta qui in veste di tua beta, ma come amica! Seth ed Embry ci hanno detto cosa sta succedendo a Renesmee” ora si stava veramente volgendo ai confini della realtà. Leah aveva accettato Nessie, ma non per questo era sua amica. Si tolleravano a vicenda nulla di più. Ma dal tollerarsi a chiamarla per nome ci passavano fiumi sotto i ponti. Fra di loro c’era un rapporto molto simile a quello fra me e la bionda con la differenza che non sarebbero mai finite imparentate. “Siamo molto preoccupati per te … per voi!” aveva superato gli scalini del portico e mi stava vicina guardando la porta di casa da dove si sentiva il lamento dei miei figli. Una caratteristica che avevano era una grande capacità di confortarsi nei momenti difficili.

“Lo sanno tutti?”

“L’ assenza del capobranco in consiglio deve essere giustificata, non poteva rimanere solo fra noi!” non la stavo accusando ma si sentiva in dovere di discolparsi. “Puah politica! Comunque vorremmo aiutarvi per quanto ci è possibile!”

“State già facendo abbastanza nel non farmi pressioni per tornare!” non avevo più la forza di parlare in quella giornata era successo di tutto se non di più. Ed io mi sentivo stanco, non in grado di affrontare nuovamente i miei figli. Avevo voglia di urlare. 

“Senti Jake, so che i super succhiasangue staranno già sperimentando tutte le maniere possibili per far tornare la baby sanguisuga quella di un tempo, ma credo che ti serva staccare un po’. Cominci a somigliare a loro, puzzi pure come loro!” un sano e genuino sorriso.

“Più del solito?”

“Si, più del solito!” sotto quella scorza da dura in fondo lo aveva anche lei un cuore. Per un attimo mi trovai a ripensare alla Leah di allora, quella che sorrideva alla vita che vedeva il lato positivo, alla donna che era un tempo. Donna che aveva sofferto e patito per colpa delle nostre leggende, che le avevano strappato l’amore, che le avevano strappato la possibilità di dare la vita. Pensare a quanto Nessie avesse patito per il solo sospetto di essere sterile,  mi diede modo di sentirmi più vicino a lei. Mi ritrovai ad abbracciarla stretta. Non disse nulla ma sentivo una goccia calda scivolarmi sulla maglia. Poi un odore familiare, delizioso, due occhi che ci osservavano.

“Cosa? MERDA!”

  

Note dell'autrice: mi scuso in anticipo per il linguaggio colorito del nostro Jake! Ma si sa lui è un po' più terreno, di solito si trattiene con Nessie perchè lei come il padre non gradisce però adesso insomma situazione disagiata e tutto il resto la parolaccina se la fa scappare. E a parte quella finale ho provveduto debitamente a censurare i suoi sfondoni.

Passando al capitolozzolo! Momento dei confronti prima con il padre, poi con i figli e poi con due amiche, ma chi avrà fatto scattare Jake? Immagino che lo sappiate già!

Si accetano scommesse!

Emmett per favore lascia la mia tastiera! Scusate ma i miei personaggi talvolta sono incontenibili! Che succederà?

 

noe_princi89: certo che uno come Jake non passa inosservato, tutte abbiamo gli occhi per guardare immagina Nessie che se lo ritrova sempre mezzo nudo tra i piedi. W Jake!

Fra_Zanna: lo so lo so ma per far tornare la memoria a Ness devono succedere altre cosuccie. Piano piano comincerà a ricordare. Il problema principale è scoprire cosa la blocca. Come farà la nostra piccola brontolona?

never leave me: per quanto riguarda il tuo dubbio sulla frase di Jake, ho fatto a mio tempo alcune ricerchine su internet. Anch'io pensavo che dicesse Kuk Laule, ma poi andando a sbirciare qua e là ho trovato più di un  articolo in cui il regista svela 10 segreti di new moon. ti metto uno dei link.

http://www.vivacinema.it/articolo/new-moon-dieci-cose-che-non-sapete/13803/

Così andando a sbirciare ancora di più ho trovato alcune teorie interessanti sul fatto che Kuk Laule sia la pronuncia della frase Kwop kilawtley (ma non ne sono molto convinta). Per quanto riguarda il significato. Praticamente sembra (metto il sembra perchè il Quileute lo parlano in 5 sulla faccia della terra è una lingua quasi del tutto estinta) che il significato letterale si quello che ho scritto, ovvero resta con me per sempre (e se me lo dice Jake non me lo faccio ripetere!) ma che si usa come un ti amo.

Spiegazione tecnico pratiche a parte: nuuuuuuuuuu! non mi odiare non lo sopporterei! La scelta di essere un po' più esplicita in questa descrizione è nata dal fattpo che è Jake a raccontarla quindi necessitavo di dirle in maniera più sfrontata. Comunque sono contenta che tu l'abbia definita perfetta, la temevo molto questa scena. Il discorso sesso è molto importante in una coppia e può diventare un sintomo di crisi nel momento in cui scarseggia. Magari non è necessario approfittare ogni angolo però insomma ricavare del tempo per coltivare il rapporto fra moglie e marito è quasi fondamentale. E dai non  sei fissata mica! Questa è una storia in cui l'erotico entra solo di striscio e manco tanto eppure ti piace e ne sei appassionata. Quindi se volevi commentare di più non c'era alcun problema!

Ovviamente anche io adoro l'inferno, soprattutto il canto del Conte Ugolino, ma in generale lo trovo tutto fantastico. In effetti il Paradiso è un pochino il più noioso però quando parla della Beatitudine e l'ultimo canto è da far venire i brividi. Come non poter amare il padre della letteratura italiana, del dolce stil novo. Dante my love! Una domandina tu apprezzi le interpretazioni di Benigni! Io sinceramente le amo, le spiega in maniera molto vicina e naturale. Anche se quando ha trattato il Paradiso  l'ho trovato un pochino stucchevole ma sempre bravissimo.

RINGRAZIO SEMPRE TUTTISSIMI! BACIONI LA VOSTRA PSEUDO SCRITTRICE MATTA!

   
 
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