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Autore: Edward the mad shrimp     01/04/2010    2 recensioni
Erano tante le cose che Alicia non immaginava. Non sapeva che quel giorno,che lei credeva come tutti gli altri, avrebbe cambiato la sua vita per sempre,nè che avrebbe rischiato la vita o, tantomeno, che sarebbe stata catapultata in un mondo sconosciuto costantemente coperto dalla neve, pieno di creature strane e personaggi ancora più singolari. Ma,soprattutto,non sapeva che avrebbe incontrato lui. Lui con quel carattere maledettamente provocante e spesso insopportabile. Ce l'avrebbe fatta a cavarsela e a tornare nel suo mondo?
Genere: Fantasy, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Nuovo personaggio, Un pò tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: salve a tutti! con questo capitolo si entra ufficialmente nelle fasi finali di questa fanfic *si asciuga una lacrimuccia* inoltre sono finalmente riuscita a far appararire i Vizard e altri shinigami ^^

Grimmjow: *intento a fumare incazzato in un angolo* grrr

Autrice: beh? che ti prende adesso?

Grimmjow: e me lo chiedi!!! in questo capitolo non mi si vede per niente!

Autrice: non posso mica fare ogni capitolo solo su te e Alicia!

Grimmjow: siamo i protagonisti cazzo! è OVVIO che dovresti!

Autrice: *guardandolo male* e non rompere maledetto gattastro! e poi lo so cosa ti rode! che non ho scritto scene porcellose! E poi hai poco da lamentarti! anche Gin e Ichimaru non si vedono mai ma almeno non mi assillano!

Gin e Ichimaru: *da fuori campo* ha ragione

Grimmjow: GATTASTRO A CHI DANNATA?!!?!?!?!?!?!?!? TI AMMAZZO! E poi loro cosa c'entrano adesso!? *estrae Pantera*

Aizen: *sbucato da non si sa bene dove, gli blocca il braccio* fermo!

Grimmjow: e tu che diavolo vuoi adesso!?

Aizen: tra poco potrai combattere quanto vorrai, fino ad allora guai a te se estrai un'altra volta la spada

Grimmjow: *allontanandosi* Tsk!! Andate a fanculo tutti quanti!

Autrice: bene, buona lettura! ^^

 

 

 

 

 

 

 

Aizen riserbò ad Alicia, ancora priva di sensi tra le braccia di Grimmjow, un’occhiata che se fosse stata una lama l’avrebbe sicuramente trapassata da parte a parte.

Alzò lo sguardo verso l’Espada “Portala subito in laboratorio” gli ordinò.

Grimmjow ubbidì con un cenno della testa, allontanandosi immediatamente.

Aizen si aggiustò gli occhiali sul naso, lo sguardo che spaziava sul paesaggio al di là della finestra.

<< Ora ci siamo finalmente tutti >> pensò con un sorriso maligno sulle labbra, poi girò i tacchi e si incamminò verso il laboratorio.

 

 

 

 

Shinji, mani in tasca, camminava attraverso le vie della periferia di Soul Society.

Erano ormai scese le tenebre e l’aria, fattasi incredibilmente fredda, prometteva una nuova nevicata.

Si strinse il mantello addosso, rabbrividendo.

<< Che freddo fottuto >> pensò con rabbia.

Si fermò davanti ad una vecchia fabbrica abbandonata ed entrò, tirando una spallata alla porta.

L’interno era piuttosto dimesso, le crepe e la polvere la facevano da padrone, ma d’altronde era solo un nascondiglio provvisorio, quindi non c’era da lamentarsi.

I vetri delle finestre erano incrostati e non permettevano al minimo raggio di luce di penetrare nel locale.

Una grossa scalinata in legno conduceva al piano superiore dove i macchinari giacevano abbandonati e arrugginiti.

Alzò lo sguardo verso le sette figure che erano sedute sui gradini “Yo!” li salutò.

Quelli lo guardarono e Hiyori si fece avanti.

“Dove diavolo sei stato, eh?!” gli ringhiò contro.

Shinji alzò le spalle “A fare una visita a capelli arancioni” disse.

Una ragazza con una lunga treccia nera, occhiali e divisa alla marinara si alzò in piedi.

“Oh e come sta il signor comandante supremo?” chiese.

Shinji sorrise, in quel modo che lo faceva sembrare tanto simile ad una cerniera lampo “Penso di avergli rifilato un bel grattacapo” .

I ragazzi ridacchiarono.

Un ragazzo muscoloso con capelli grigi, piercing sul sopracciglio sinistro e orecchini all’orecchio, si alzò.

“Finalmente le cose si fanno interessanti. Avevo giusto bisogno di un po’ di movimento!” disse, scrocchiandosi le nocche.

Un uomo sui venticinque anni con lunghi capelli biondi ondulati intervenne.

“Datti una calmata Kensei. Non puoi sempre solo pensare a spaccare la faccia alla gente” disse piccato.

Il ragazzo si voltò “Sempre meglio di te che te ne resti in un angolino Rojuro!” sbottò.

“Si, si rissa rissa!” li incitò una ragazza dai capelli verdi.

Hiyori le rifilò un cazzotto in testa “E taci idiota di una Mashiro!” la sgridò.

La ragazza si portò le mani alla testa con le lacrime agli occhi “Ahi! Mi hai fatto male maledetto maschiaccio senza tette!” si lamentò.

Hiyori sgranò gli occhi poi le si gettò addosso “COSA HAI DETTO MALEDETTA STRONZA?!?!!?” urlò.

Un uomo di colore dai capelli pettinati con la forma di una stella marina si mise in mezzo, dividendole.

“Adesso basta voi due! Si sta cercando di fare un discorso serio, maledizione!” sbraitò.

Le due si divisero malvolentieri, rifilandogli un’occhiataccia.

“Che palle che sei Love!” si lamentarono.

Lui le guardò male da dietro gli occhiali da sole.

Shinji li guardava accigliato, un dito a grattarsi un orecchio.

“Avete finito di fare i cazzoni? Posso parlare?” sbottò.

Sei paia di occhi lo guardarono male.

Un uomo grasso con capelli e baffi rosa, che fino ad allora era rimasto in silenzio in disparte, prese la parola.

“Cosa intendi fare Shinji?” gli chiese serio.

Il ragazzo sospirò.

“Immagino che quel pivello di Ichigo non ce la farà da solo” disse.

“Dimentichi che è il comandante supremo” continuò quello.

“Sarà pure il comandante supremo ma sappiamo tutti che si butterà nella mischia cercando di salvare quanta più gente possibile incasinando solo le cose”.

Hiyori ridacchiò “Già me lo vedo mentre fa lo sborone dicendo “Ci penso io agli Espada, voi occupatevi della ragazza”” lo sfotté, imitandone il tono di voce.

Shinji ridacchiò.

“Si è molto probabile”.

L’uomo tornò a guardarlo.

“Quindi intendi aiutarlo?”.

Shinji si fece serio.

“Ovvio. Non possiamo di certo rimanere seduti a goderci lo spettacolo!”.

Lisa intervenne “Dimentichi che questa non è la nostra guerra. E’una faccenda che riguarda gli shinigami”.

“Lo so benissimo. Infatti li faremo stancare un po’ prima di intervenire” li guardò “Voglio vedere come se la caveranno senza il nostro aiuto. E poi gli ospiti d’onore arrivano sempre all’ultimo” disse con un sorriso furbetto.

I ragazzi ridacchiarono.

“Allora sarà bene sgranchirsi un po’” disse Hiyori, raccogliendo la katana che aveva appoggiato sullo scalino affianco a sé.

Si voltò verso i compagni.

“Allora, chi mi fa compagnia?” li sfidò.

 

 

 

 

 

Grimmjow camminava spedito verso il laboratorio di Aporro.

Alicia, ancora svenuta tra le sue braccia, si agitava e mugolava come se fosse in preda ad un incubo.

L’Espada la guardò.

<< Maledizione a te donna, perché non fai altro che incasinare tutto?! >> si lamentò mentalmente.

 

 

 

Una bambina era seduta in terra e piangeva, le mani chiuse a pugno sugli occhi.

Doveva trovarsi in una specie di villaggio, eppure c’era qualcosa di terribilmente sbagliato; le persone correvano in ogni direzione, urlando o piangendo e il vento portava un clangore metallico, come se ci fosse uno scontro da qualche parte.

Il fuoco divorava parecchie abitazioni, riempiendo le vie di denso fumo nero che bruciava gli occhi, facendoli lacrimare, e la bocca, facendola tossire.

Due adulti comparvero nel suo campo visivo, erano sporchi di fuliggine e uno dei due indossava uno strano vestito nero con una katana legata al fianco.

Non riusciva a vederne i volti ma sapeva che erano un uomo e una donna.

Stavano parlando animatamente ma lei non riusciva a sentire a causa della confusione.

Improvvisamente un terzo adulto comparve e la tirò in piedi con forza.

“Smettila di piangere, và tutto bene!” cercò di tranquillizzarla, ma senza risultati.

Una voce femminile, gentile, intervenne.

“Portala via” disse.

L’uomo si voltò di scatto.

“Cosa vi viene in mente?! Non vi lascio di certo qui!”.

L’uomo vestito di nero si fece avanti.

“Invece puoi eccome e lo farai!”.

“Scordatevelo!”.

L’uomo sguainò la katana.

“Non mi importa se per convincerti dovrò usare la forza” disse in tono minaccioso.

La donna si mise in mezzo.

“Smettetela! Non c’è tempo da perdere in queste stupidaggini da uomini duri!” li sgridò.

I due si azzittirono, poi l’uomo con la katana parlò di nuovo, aveva un tono triste.

“Portala lontano da qui, salvala. Lei deve vivere”.

L’uomo le afferrò una mano tanto strettamente che la bambina era convinta che gliel’avrebbe staccata.

“Tornerò e sarà meglio per voi che siate ancora tutti interi” li minacciò con la voce incrinata.

I due risero, una risata triste.

“Levati dalle palle” gli disse l’uomo vestito di nero, prima di dileguarsi con la donna.

L’uomo strinse il pugno libero poi si voltò e iniziò a correre, trascinandosi dietro la bambina che, colta di sorpresa, non fece che piangere più forte, voltandosi continuamente indietro.

Poi, improvvisamente, l’uomo alzò un braccio davanti a sé e iniziò a pronunciare delle strane parole.

Un secondo dopo i due furono abbagliati da una luce rossa.

La bambina urlò, portandosi la mano libera davanti agli occhi.

 

Alicia si svegliò di soprassalto, il grido che aveva appena lanciato le rimbombava ancora nella gola.

Ansimava e aveva le guance bagnate dalle lacrime.

<< Ho pianto davvero >> pensò, portandosi una mano al volto.

Mano che non riuscì però ad alzare.

Confusa ci ritentò, ma il risultato fu il medesimo.

Si guardò, accorgendosi solo in quel momento di essere distesa su un lettino con i polsi e le caviglie legati.

“Cosa diavolo…?!” si chiese, iniziando ad agitarsi nel tentativo di liberarsi.

“Non le conviene agitarsi tanto, non farà che stringere ancora di più i nodi” le disse una voce bassa che la fece sobbalzare.

Si voltò di scatto: Aizen la guardava, le braccia incrociate.

Grimmjow e Aporro erano dietro di lui, l’uno appoggiato contro la parete, l’altro seduto davanti al computer.

Si guardò intorno, rendendosi conto solo allora di trovarsi nel laboratorio di Aporro.

Tornò a guardare Aizen.

“Slegami subito” gli ordinò.

Lui la guardò freddamente senza nemmeno l’ombra del solito sorriso da padre affettuoso che gli incrinava le labbra.

“Questo non è possibile” disse.

Alicia guardò Grimmjow, che però teneva ostinatamente lo sguardo fisso sul pavimento.

“Lui non ti aiuterà” le disse secco.

Alicia gli rifilò un’occhiataccia.

“Perché diavolo sono legata?” chiese.

“Perché vogliamo essere sicuri che resti ferma dov’è”.

La fissò “Stasera non si è comportata propriamente bene” disse, avvicinandosi.

Lei alzò un sopracciglio “Come sarebbe?”.

Aizen continuò, come se lei non avesse detto nulla.

“Aprire il portale permettendo a certe persone ti tornare, intralciando così i nostri progetti, è un colpo basso, non crede?” disse, fermandosi affianco al suo lettino.

“Portale? Che portale? Ma di cosa diavolo parli?” sbottò.

Lui la guardò freddamente “L’amnesia è sempre un’ottima scusa, ma ha un difetto: dopo un po’ risulta essere poco credibile”.

Si piegò su di lei.

“Sarò franco con lei, signorina River: mi sono stufato di aspettare e, soprattutto, di essere preso in giro da lei” le disse con un tono gelido, passandole un dito su una guancia.

Alicia si ritrasse di scatto.

“Io non sto prendendo in giro nessuno” si difese, fingendo un tono calmo che non aveva.

Quell’uomo le faceva paura.

Lui la fissò “Se è così non avrà problemi a raccontarmi cosa ha fatto poco fa”.

Alicia lo guardò con sguardo interrogativo, senza capire.

“Poco fa quando?” chiese.

Aizen strinse appena gli occhi, visibilmente irritato.

Un pensiero sfiorò la mente di Alicia.

<< Un momento, io come diavolo ci sono arrivata nel laboratorio? L’ultima cosa che ricordo è che stavo parlando con Grimmjow >> pensò.

Aizen la fissava.

“A quanto pare sembra davvero non ricordarsi cosa sia successo. Le rinfrescherò la memoria allora” le disse, chinandosi su di lei.

Grimmjow cambiò posizione alle sue spalle.

La fissò negli occhi “Lei stasera ha aperto il portale con il quale è giunta nel nostro mondo e ha permesso ad una persona di raggiungerci. E ora voglio sapere esattamente come ha fatto” le sibilò a pochi centimetri dal viso.

Alicia iniziò a sudare, tesa.

“I-io non mi ricordo nulla del genere!” sbraitò.

Un’ombra scura attraverso gli occhi di Aizen che si rizzò di scatto, voltandosi verso Aporro.

Lo scienziato annuì, schiacciando un pulsante.

Alicia avvertì qualcosa di freddo e metallico circondarle le tempie e si dimenò.

“Che diavolo volete farmi?!” strillò.

“Solo prenderci con la forza quello che non vuole dirci a parole”.

Alicia si dimenò come un pesce fuor d’acqua ma fu tutto inutile.

All’improvviso un dolore lancinante le tagliò a metà la testa.

“A quanto pare fa male senza anestesia” costatò Aporro, in un tono tutt’altro che dispiaciuto.

“And…ate a fanculo!” si lamentò.

Poi, improvvisamente un fiume di immagini le attraversò la mente.

Rivide l’incubo fatto pochi minuti prima e molte altre cose di cui non capì il significato.

Un villaggio, una foresta, la città di Soul Society, il profilo di un uomo vestito come uno shinigami con una katana al fianco, una voce femminile gentile, un parco molto simile a quello che aveva dietro casa sua, la libreria dove lavorava, il portale che l’aveva trascinata in quel mondo, i volti delle persone che amava, il primo incontro con Aizen e l’Espada, lei che alzava le braccia pronunciando una strana nenia mentre una luce rossa colorava lo spazio intorno a lei, Grimmjow che incazzato la sbatteva al muro e le si avvicinava all’orecchio....

<Questo no! >> ringhiò mentalmente.

Ci mancava soltanto che vedessero cosa avessero fatto insieme lei e Grimmjow perché le cose si complicassero ulteriormente, per entrambi.

Vide la stessa paura riflessa negli occhi blu dell’Espada che fissavano lo schermo del computer, sul quale le immagini si trasmettevano.

La rabbia la invase, scaldandola come fuoco.

“ORA BASTA!” urlò.

Nel momento stesso in cui lo disse le luci del laboratorio traballarono e il video del computer esplose dando una fiammata.

Aporro si alzò di scatto dalla sedia con un mezzo grido.

I tre si voltarono di scatto verso di lei.

Alicia si sentiva spossata e aveva il respiro accelerato.

Il dolore alla testa e le visioni erano cessate nell’esatto momento in cui il computer era esploso.

Non aveva capito come fosse successo, ma non le importava, ora se non altro la sua mente era al sicuro.

Aizen la guardava con un’espressione incuriosita e soddisfatta.

Che avesse compreso qualcosa da quelle assurde visioni senza capo ne coda?

Sperò con tutta se stessa che la sua intuizione non riguardasse lei e Grimmjow.

Le si avvicinò nuovamente.

“Sa, voglio dirle una cosa”.

Alicia lo guardò con aria di sfida.

Lui le si avvicinò all’orecchio “Lei è già stata in questo mondo in precedenza” le sussurrò.

Alicia sgranò gli occhi.

“Come?” chiese.

Lui si allontanò e la fissò, godendosi la sua espressione.

“Non è possibile” disse poi, scuotendo la testa.

“Oh invece le assicurò che è così”.

Alicia si agitò, no, non era possibile. La stava solo facendo agitare per ottenere quello che voleva. Lei era nata e vissuta sulla terra, non sapeva nemmeno esistesse quel maledetto mondo parallelo fino a due mesi prima!

Però la città di Soul Society le era sembrata familiare…

<< No! Non è possibile! E’ solo autosuggestione >> cercò di convincersi.

Però…

Però le era sembrata davvero troppo familiare quella città.

Avvertì il mal di testa assalirla.

Già il mal di testa.

Quel dannato dolore che si faceva sentire solo quando cercava di pensare, di ricordare.

Possibile che fosse già stata in quel mondo e se lo fosse dimenticato?

In effetti quando era bambina sognava spesso una foresta innevata…

<< No, non vuol dire niente! Ho sognato anche tante volte Casper e questo non significa che l’abbia conosciuto. Era solo un sogno ricorrente, nulla di più >> si impose.

Però il dubbio, come una maledetta pulce nell’orecchio, non voleva lasciarla in pace.

Guardò Aizen.

“Bella storia, davvero” disse sarcastica.

Aizen si sfilò gli occhiali e la guardò.

“Quella bambina che continua a sognare, signorina Alicia, è lei” le disse tagliente.

Alicia aprì la bocca per ribattere ma la richiuse subito.

Cosa aveva appena detto quel quattrocchi?

Che quella bambina che da tempo non faceva che sognare era lei?

Voleva a tal punto che collaborasse da raccontare una balla simile?

E poi cosa c’entrava la bambina con quel maledetto portale di cui tanto blaterava?

Ma, soprattutto, cosa centrava lei con il portale?

Si è vero, l’aveva usato per giungere in quel mondo, ma era stato un incidente.

E poi ad Aizen cosa diavolo importava di quel maledetto portale?

“Okay, bel tentativo. Peccato che non ti credo. Io sono nata e vissuta sulla terra e non ne so niente di maledetti portali o bambine! Se ti interessa tanto quel portale perché non te lo cerchi da solo?!” sbottò.

Aizen strinse gli occhi.

“Io ho già il portale” disse freddamente.

Alicia sgranò gli occhi.

“Cosa? Come…?”.

Come diavolo aveva fatto a trovarlo?!

Che avesse trovato una copia di quel libro?

Allora esisteva davvero un gemello di quel maledetto volume!

“L’ho semplicemente recuperato dai suoi ricordi” le disse.

“Dai miei ricordi? E quando…?” chiese, ma si fermò a metà della domanda. Un’espressione di comprensione le passo negli occhi.

“Quella volta non sono svenuta per la pressione bassa” costatò.

Aizen sorrise.

Adesso si spiegava perché avesse avuto tanto male alla testa quando si era ripresa.

Doveva avere subito lo stesso trattamento anche quella volta.

“Perché diavolo ci tenete tanto a quel portale?” chiese.

Aizen si aggiustò gli occhiali sul naso.

“Questo non le deve interessare, le basti sapere che purtroppo solo lei può aprirlo e che lei lo aprirà. Nolente o volente”.

Lo disse con un tono calmo, ma suonava come una minaccia.

“Non ci penso nemmeno. E poi non saprei nemmeno come diavolo fare” sibilò.

Avvertì una mano accarezzarle la guancia e sussultò.

Quando diavolo si era avvicinato Aizen?! Fino a due secondi prima era ad almeno un metro di distanza!

La guardò negli occhi “Lei dà per scontato che il portale grazie al quale è giunta qui sia l’unico esistente. Peccato che non sia così”.

“Allora perché non usate quello?” ringhiò.

“Perché purtroppo ha un limite di tempo troppo esiguo ed è praticamente impossibile usarlo per i miei scopi” le si avvicinò al viso, stringendo gli occhi in uno sguardo malvagio.

“Questo non significa che una persona sola non possa passare dall’altra parte. Ha dei parenti e degli amici nel suo mondo, vero?” le sussurrò.

Alicia sgranò gli occhi, cogliendo la minaccia velata dietro quelle parole.

“Bastardo!” ringhiò.

Aizen sorrise.

“Se farà la brava e prometterà di aprire il portale per noi le assicuro che loro non si faranno male. In caso contrario non posso assicurarle la loro incolumità…”.

“Ma io non so come diavolo funzioni quel maledetto portale!” urlò in tono isterico.

Aizen si allontanò, camminando verso l’uscita.

“Sono sicuro che le tornerà in mente” le disse mellifluo, bloccandosi davanti alla porta “Fino ad allora rimarrà qui a riflettere” disse uscendo, seguito dai due Espada.

Alicia strinse gli occhi cercando di reprimere le lacrime di rabbia e impotenza che le premevano dietro le palpebre.

 

 

 

 

 

 

Il signor O’Neill arrancava tra la neve seguendo il profilo di Yoruichi davanti a lui.

<< Maledizione, mi ero dimenticato di quanto fosse difficile muoversi qui >> pensò, stringendosi il mantello addosso << E di quanto facesse freddo >> aggiunse.

Yoruichi si voltò verso di lui “Non siamo più abituati a questo clima eh?” lo sfotté.

Lui mugolò qualcosa di incomprensibile e la guardò male.

Yoruichi rise.

“Su su vecchiaccio, ancora poco e siamo arrivati”.

“Che bello!” disse ironico.

Non aveva alcuna voglia di rivedere gli shinigami; anche perché sapeva che l’avrebbero accusato di non aver svolto bene il suo compito (cosa in effetti vera), per non parlare delle mille spiegazioni che avrebbe dovuto dare loro.

Sbuffò.

Yoruichi puntò un dito davanti a sé.

“Guarda, si intravedono le luci della città!” disse.

Il vecchio guardò il profilo lontano di Soul Society e sospirò.

“Evviva” disse sarcastico.

 

 

Alicia fissava il soffitto sopra di sé come se avesse voluto ucciderlo.

Non si sentiva più né le gambe né le braccia e aveva male ai polsi.

Se solo fosse riuscita a togliersi quelle maledette corde!

Ma aveva capito presto che era meglio stare ferma, o avrebbe solo stretto ulteriormente i nodi.

Cercò di calmarsi, costringendosi a riflettere.

Se non si fosse sbrigata a dare ad Aizen quello che voleva sarebbero stati guai.

<< Ma io non so come diavolo fare ad aprire il portale! >> pensò con rabbia.

Perché diavolo era convinto che solo lei potesse usarlo?

Per non parlare della storia che le aveva raccontato.

Secondo lui era già stata lì.

<< Tsk! Se pensa che ci creda è un idiota! >>.

Sbadigliò.

Chissà che ore erano.

Contorse il collo in modo da riuscire almeno a scorgere la finestra con la coda dell’occhio.

Le sembrava che l’oscurità fosse ancora densa.

<< Deve essere notte fonda >> costatò.

Sospirò.

<< Devo trovare un modo per uscire da questa situazione. E poi perché Aizen vuole usare il portale? Per andare dove poi? >>.

La risposta le attraversò la mente con violenza.

<< Vuole andare nel mio mondo! >> pensò sconvolta << Ma perché? Cosa gliene importa? Non c’è nulla di interessante lì! E poi chi diavolo sarebbe la persona che ho fatto arrivare qui? >>.

Ripensò a Grimmjow, di come non avesse mosso un dito per lei.

<< C’era da aspettarselo. Dopotutto è pur sempre uno di loro >>.

Guardò il soffitto con aria triste.

“Sei stata un’illusa Alicia. Pensavi davvero che avrebbe dato un calcio ad Aizen per te? Che ti avrebbe salvata?” disse ad alta voce.

Aveva proprio ragione Halibel: per lui era solo un gioco.

Un modo per passare il tempo mentre aspettava che Aizen decidesse cosa fare di lei.

D’altronde se stava con lui voleva dire che non vedeva l’ora di invadere allegramente il suo mondo.

Forse si era comportato così con lei solo per ottenere la sua fiducia così che si sarebbe  piegata più facilmente agli ordini di Aizen; ma aveva fatto male i conti.

Lei non li avrebbe mai accontentati.

Non le importavano le minacce.

Che la uccidessero pure! Poi avrebbe proprio voluto vedere come avrebbero fatto senza di lei!

Certo, non credeva al fatto che solo lei potesse utilizzare il portale, ma loro si, ed era quello che importava.

Loro erano convinti che lei fosse indispensabile e, proprio per questo, non le avrebbero torto un capello.

Era lei ad avere il coltello dalla parte del manico!

Però, nonostante questi eroici pensieri, era preoccupata.

Era stato solo per un suo errore che era finita in quel mondo e non dovevano essere i suoi cari a pagarne le spese.

Ma come fare ad ingannare Aizen?

Come fargli credere che fosse realmente in grado di fare quanto voleva?

<< Merda, che maledetto casino! >> pensò con rabbia, prima che la stanchezza avesse il sopravvento, gettandola nell’abisso del sonno.

 

 

 

 

 

Una ragazza con un kimono nero correva attraverso la Sereitei.

Era piuttosto bassa e i capelli neri le svolazzavano intorno, seguendo il ritmo della sua corsa.

Avvistò alcuni shinigami davanti a lei.

Uno era alto, con capelli rosso fuoco mentre l’altro era completamente pelato.

“Renji! Ikkaku!” gridò.

I due, sentendosi chiamare, si voltarono.

Quello con i capelli rossi sorrise.

“Rukia!” la salutò.

La shinigami si fermò, appoggiando le braccia sulle ginocchia riprendendo fianto.

“Hanno convocato anche te, neh?” le chiese Ikkaku.

Rukia annuì.

“Già. Hanno convocato tutti gli shinigami a dire la verità”.

Renji si grattò la testa.

“Deve essere una cosa importante e questo significa cattive notizie”.

Ikkaku annuì.

“Ehilà!” li salutò una voce.

Si voltarono: un ragazzo con un caschetto nero e delle assurde piume attaccate all’occhio destro li stava salutando con la mano.

“Ciao Yumichika” lo salutarono.

“Convocati anche voi?” chiese.

Quelli annuirono.

“Sarà meglio muoversi allora” disse, sorpassandoli.

I tre shinigami lo seguirono.

Il luogo in cui erano attesi era l’edificio più ampio della Sereitei: un grosso salone all’interno della caserma della prima compagnia.

Mano a mano che si avvicinavano scorgevano tra gli shinigami accorsi molte facce note.

Giunti sul posto si divisero: i luogotenenti dovevano andare affianco ai propri capitani, mentre gli shinigami di rango più basso sarebbero rimasti in mezzo agli altri.

Il comandante supremo li osservava con un’espressione preoccupata.

Dietro di lui erano seduti gli altri capitani con i rispettivi luogotenenti.

Ichigo attese che ci fossero tutti poi si alzò dalla sua sedia e li osservò.

“Vi ho riuniti qui per parlarvi di una questione importante” esordì.

Tutti lo osservavano, in attesa.

Prese un sospiro prima di continuare.

“Tra poco dovremmo combattere. Tutti, senza esclusione”.

Occhiate sorprese e preoccupate lo fissarono.

“Contro Aizen” aggiunse.

Un coro di commenti e voci concitate proruppe, rompendo il silenzio.

“Come sarebbe?”.

“Non avevate detto che era inoffensivo?”.

Alzò le palme delle mani, per calmarli.

“Già. Era quello che pensavamo ma purtroppo non è più così” li fissò.

“Ma lasciate che a parlare sia qualcuno che ne sa più di me. Lui vi spiegherà tutto” disse voltandosi alla sua destra.

Yoruichi entrò nel salone gremito, seguita da un uomo anziano con gli occhiali.

Lei rimase tra la folla, mentre l’uomo raggiunse Ichigo.

“E quello chi è?”.

“Chi è quel vecchio?”.

“Non è uno shinigami, non l’ho mai visto”.

Molti commenti del genere si udirono, ma si bloccarono subito quando l’uomo li guardò.

Sospirò.

“Immagino che prima di parlare sia meglio che riacquisti il mio aspetto” disse.

Si infilò una mano in tasca, estraendo qualcosa di molto simile ad una confezione di caramelle.

Aprì il tappo e ne ingoiò una.

Dopo qualche istante il suo aspetto iniziò a mutare: i capelli bianchi lasciarono via via il posto a quelli biondi, le rughe sparirono, e gli occhi divennero castani.

Si sfilò gli occhiali e se li mise in tasca.

“Mi presento: il mio nome è Kisuke Urahara e in passato sono stato uno shinigami”.

 

 

 

 

 

La bambina correva, trascinata dall’uomo davanti a lei.

Ci fu un bagliore rosso e lei si portò una mano al volto, per proteggersi.

Quando riaprì gli occhi il paesaggio era cambiato.

Si trovavano nella periferia di una città che non aveva mai visto.

Udì uno strano rumore e si voltò: un’auto passò loro affianco.

La bambina iniziò a piangere ancora più forte, spaventata da quella cosa che non aveva mai visto prima.

L’uomo le si inginocchiò davanti e le poggiò le mani sulle spalle.

Lei cercò di sottrarsi a quel contatto agitando le braccia.

“Ti prego smettila di piangere. Siamo al sicuro adesso” cercò di tranquillizzarla.

La bambina guardò per la prima volta l’uomo che aveva davanti.

Aveva una faccia gentile, gli occhi castani e i capelli biondi e la guardava preoccupato.

“Voglio tornare a casa” si lamentò.

L’uomo strinse gli occhi in un’espressione triste.

“Non possiamo, purtroppo”.

La bambina ricominciò a piangere.

“Voglio tornare a casa! Voglio tornare a casa!”.

L’uomo cercò di calmarla, ma come al solito fallì.

Le circondò il viso con le mani e la bambina lo guardò male.

“Ti chiedo scusa piccola. Ma è l’unico modo che ho per metterti al sicuro” la guardò con l’espressione più triste che avesse mai visto “L’ho promesso…” aggiunse, poi iniziò a pronunciare parole che la bambina non capiva.

Un dolore pazzesco le attraversò la testa e urlò.

 

Alicia si svegliò di scatto.

La testa le faceva un male terribile, iniziò a lamentarsi mentre lacrime di dolore le solcavano le guance.

Era sicura che questa volta la testa le si sarebbe davvero spaccata in due.

Iniziò ad agitarsi come un serpente, non facendo che stringere i nodi che la tenevano legata, causandole altro dolore.

<< A-aiuto! >> pensò disperata.

 

 

 

Urahara crollò in ginocchio davanti a tutti gli shinigami, che lo guardarono spaventati.

Ichigo gli si avvicinò “Ehi! Cosa succede?”.

L’uomo alzò una mano per dire che era tutto okay, mentre si rialzava.

L’altra mano era premuta contro la tempia.

“Scusatemi un attimo…” disse col fiatone.

Si portò anche l’altra mano alla tempia e chiuse gli occhi, ignorando gli sguardi allarmati degli shinigami, e iniziò a pronunciare velocemente alcune parole.

<< Merda! Non ora! >> pensò con rabbia.

 

 

 

 

Alicia continuava ad agitarsi, in preda agli spasimi, quando, forse a causa del dolore che la stava facendo impazzire, udì come una nenia nel cervello.

Un fiume di parole di cui non comprendeva il senso ma, che mano a mano che diventavano più veloci, le facevano diminuire il dolore.

Si concentrò su quelle parole, cercando di coglierne il senso ma il cervello, dolorante, si rifiutava di collaborare.

Improvvisamente la nenia si interruppe e il dolore cessò.

Spalancò gli occhi, sorpresa.

<< Che diavolo è appena successo? >> si chiese.

 

 

 

 

Urahara riaprì gli occhi, allontanando le mani dalle tempie.

“Scusate” disse.

Ichigo lo guardò con la fronte aggrottata “Che è successo?” chiese.

“Dobbiamo sbrigarci. Il sigillo non reggerà ancora a lungo. Sta riacquistando la memoria”.

Gli shinigami e i capitani sgranarono gli occhi.

Urahara aveva appena raccontato tutta la storia che riguardava quella ragazza, quindi capivano perfettamente quanto pericolosa fosse quell’eventualità.

“Come facciamo?” chiese Ichigo, nervoso.

“Per ora ho rafforzato il sigillo, ma non terrà ancora a lungo. Alla prossima sollecitazione non so se riuscirò nuovamente a bloccarla” disse preoccupato.

Un silenzio glaciale e teso scese sui presenti.

“Bah! Mi sembrate tutti scemi!” intervenne brusco Kenpachi “Vi fate un sacco di seghe mentali inutili! Perché non pensate ad allenarvi anziché perdere tempo in ragionamenti che non vi si addicono proprio! Dobbiamo combattere e allora?” sorrise “Facciamogli vedere che gli shinigami non si lasciano mettere sotto tanto facilmente!” ringhiò.

Il silenzio fu interrotto da un boato di voci esaltate.

Le parole di Kenpachi erano riuscite a dare la carica agli shinigami.

Ichigo lo guardò “Ti ringrazio” disse.

“Tsk! Non lo mica fatto per incitarli! Voglio solo che capiscano che saremo noi a fargli il culo!” disse con quel suo sorriso che sembrava un ringhio.

Ichigo guardò Urahara.

Avevano un aiuto importante in più su cui contare.

<< Già, ci puoi scommettere che non ci faremo mettere sotto >> pensò deciso.

La guerra era alle porte, il suo corpo lo percepiva.

Era solo questione di poche ore ormai, ne era sicuro.

Ancora poco e avrebbe potuto scontrarsi contro Aizen e il gruppo di fanatici che comandava.

<< Questa volta non te la caverai con poco >> pensò, mentre un sorriso gli si allargava sulle labbra.

  
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