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Autore: Yelena Blonsky    02/04/2010    1 recensioni
Questa è una fan-fiction ispirata a "L'Incredibile Hulk" e basata soprattutto sul personaggio del villain, ovvero l'Emil Blonsky di Tim Roth, mio amore assoluto! Questo pseudo-sequel sporcato da diverse contaminazioni prese da vari film del mondo Marvel e da altri generi comunque sempre fanta-horror, andrà a stravolgere un pò la figura dell'antieroe, passandolo alla parte dei "buoni" e buttandolo anche in una storia d'amore. Alla fine del film lo abbiamo lasciato sconfitto da Banner/Hulk. Lo ritroviamo prigioniero del Generale Ross deciso a farlo studiare dal suo staff. All'interno di esso, ci sarà una persona molto vicina a Blonsky che trama vendetta verso Ross stesso per motivi molto personali. Lo aiuterà, si prenderà cura di lui e progetterà un piano per raggiungere il suo scopo e riprendersi la sua vita. Tra losche trame, poteri sovrannaturali e coinvolgendo altri personaggi di film provenienti da casa Marvel, riuscirà nel suo intento. Con lieto fine. Numerose citazioni e quotes decisamente voluti in omaggio a molti film che personalmente amo tantissimo. Nota di follia: l'ho tradotta in inglese, versione per cui a dire il vero sono decisamente più contenta di quella in italiano :-), l'ho stampata, rilegata con tanto di copertina e letteralmente spedita via corriere all'indirizzo che viene venduto come publicist di Tim Roth...che spero di ottenere? Un grazie ed un autografo!!! :-))) La follia non ha prezzo...
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Giustizia e vendetta

1

               L’inverno era arrivato inesorabile e puntuale portandosi dietro tutto il suo gelo. La spessa coltre di ghiaccio in cui si erano trasformate le pur sempre fredde acque del lago permettevano persino il passaggio di autoarticolati anche di una certa portata, portando un po’ di vita in quel candido silenzio. Il paesaggio era un unico, interminabile manto di neve, rigato solamente dallo stagliarsi degli immensi boschi di conifere che in ogni modo non apportavano una grande macchia di colore in tutto quel bianco in quanto sommersi pure loro. Solo qualche chiazza verdastra che compariva quando un blocco di neve si staccava sfracellandosi a terra.
             Una colonna di fumo si sprigionava dal camino della villa all’interno del parco che oramai era solo un’ulteriore distesa di neve e dove troneggiava un enorme pupazzo confezionato ad hoc. Solo che invece di imbracciare una scopa imbracciava un mitragliatore. Scarico, per fortuna. Era stata lei a volerlo. Persino il tocco di ironia militare era stato suo. La sua esuberante personalità a volte restava imprigionata in quella di una bambina da cui non riusciva a liberarsi. Le ricordava la madre Russia, la sua infanzia che, tra un libro di genetica e l’altro, annoverava anche le normali cose che fanno i bambini sulla e con la neve. I pupazzi rientravano in quei compiti.
           Tra una missione e l’altra che fortunatamente erano assai rare, in quei mesi avevano avuto il tempo di confezionarsi un abbastanza ampio laghetto artificiale all’interno del parco, lago che ora era interamente ghiacciato e sul quale trascorrevano un po’ di tempo a pattinare. Lei, per lo più. Lui lo prendeva come qualcosa d’altro di effettivamente divertente da fare. Molto divertente soprattutto in caso di eventuali sfide di velocità da dove usciva ovviamente sempre vincitore fino a quando lei, imbestialita, se ne andava bestemmiando in russo. E non per modo di dire. Voleva dire che era davvero arrabbiata quando lo faceva. Da quel punto di vista erano molto simili. Entrambi non sopportavano di perdere.

            Le festività natalizie bussavano alle porte ed in segno di gratitudine li avevano invitati a trascorrere quel periodo presso di loro. Nessuno dei quattro in ogni caso aveva famiglia. Nessuno dei quattro aveva veri amici con cui condividere i buoni momenti. Katrina si era dimostrata gentile anche nei confronti di Tony.
“Ti va di venire a farci da reggi moccolo? Puoi sempre portare Pepper se non ti va di venire da solo. La villa è grande. C’è posto per tutti”, l’aveva punzecchiato sul vivo durante la videoconferenza, giusto per vedere la sua faccia.
Tony aveva risposto con una smorfia divertita, glissando sull’argomento. Katrina aveva scoperto per sentito dire da qualche malelingua che si era innescata un’insolita tresca con un altro personaggio strano entrato a far parte della vita di Stark. Affascinante. Molto dotata. Una specie di super-eroina anche lei.
“E vedere la brutta faccia da spia sovietica di Blonsky pure a Natale? Dio me ne liberi! Sto bene dove sono. E poi a me piace il caldo della California. Il freddo non fa bene a certe performance!”.
“Peccato, ero quasi intenzionato a baciarti sotto al vischio, Stark. In segno di pace”, si era intromesso Emil sbucando sul video da dietro la spalla di lei con l’inconfondibile segno a V sulle dita, “In quanto alle tue performance…fammi il favore…risparmiami...nemmeno mi esprimo”, aveva terminato pur essendo consapevole di aver creato un precedente.
“Ooohh, ma senti senti…E’ forse il gelo che ti anestetizza in certe prestazioni fisiche o la vecchiaia? Ahhh no…è la nuova droga che ti fai, eh?...Ti dispiace vero di non avere più prove a tuo favore? Non sono scemo…è un peccato vero che tu non faccia più saltare le finestre quando…”.
“Che razza di stronzo!”, l’aveva bloccato lui andandosene ridendo e scrollando la testa mentre le due ragazze in coro urlavano un Bastaaa per pietà!! che gli era uscito stranamente in sincrono attirando la risata di Bruce seduto assieme a lei davanti al camino. Come odiavano il freddo!

            In effetti però Tony aveva ragione. Su tutto. In primis questa volta la provocazione era partita da lui. In secondo luogo Katrina aveva mantenuto la promessa per la richiesta di Fury. Era stata in grado, lavorando assieme a Betty, di sintetizzare un derivato modificato dell’antisiero primitivo a lungo effetto, da utilizzare in via intramuscolare e non più direttamente in vena. Agiva esclusivamente sulla trasformazione molecolare. Gran passo in avanti. Gli uomini l’avevano presa piuttosto male, persino Bruce che vedeva tutti i suoi sforzi per essere riuscito a controllarlo vanificati in un’unica, stupida ed insignificante fialetta di liquido violaceo. Il lavoro psicologico di anni schiacciato in poche settimane.
“L’effetto dura circa tre giorni dopo ogni somministrazione; è soggettivo, possono essere tre completi, due o mezzo o anche quattro. Di più non riusciamo a fare e sarebbe sconveniente in caso di necessità”, avevano esposto a loro due sconsolati che sdraiati sul tavolo del laboratorio come due studentelli annoiati fissavano poco convinti quella specie di mini-valigetta metallica a combinazione.
“Qui avete il kit con dieci dosi. Assolutamente trasportabile. Questa è una pistola simile a quelle per uso veterinario. Inserite la fialetta, caricate, appoggiate al braccio e sparate”, Betty esponeva la spiegazione abbinandola ad una simulazione di prova pratica, “avrete cinque simpatici pallini rossi tatuati sul braccio, come una vaccinazione, che spariranno completamente dopo un giorno, considerata la vostra struttura molecolare modificata. Quando finite le fialette, ordinate e comprate direttamente su Ebay”.
Rideva soddisfatta mentre quei due si scambiavano occhiate deluse e scoraggiate.
“Vi prego, ragazzi, un po’ di entusiasmo sarebbe gradito!”, aveva ironizzato Katrina.
Morale della favola, niente più disastri in giro per la casa.


2

             L’entourage che orbitava intorno all’ei fu Generale Ross fu arrestato, processato e condannato con tutti i vari sconti di pena del caso. La maggior parte degli scienziati aveva infatti obbedito a degli ordini, nulla di più, e quindi non meritavano di marcire in galera. Non si poteva dire altrettanto delle personalità politiche e militari che lo avevano appoggiato e che avevano dunque subito la sua stessa sorte.
Si occupò la SHIELD stessa tramite specifici canali del governo a dare in pasto alla stampa una storia che fosse convincente e che non sollevasse un polverone di dubbi o di domande irrisolte che col tempo avrebbero potuto rivelarsi dannose. Annunciarono anche che purtroppo il Generale Ross, pluridecorato eroe dell’esercito americano, era deceduto in seguito ad una malattia tenuta nascosta ed era stato degnamente sepolto con pomposa cerimonia militare. Onore al merito.
            Visto che c’era il suo nome sulla facciata dell’edificio, Stark fece un ulteriore intervento molto gradito ai giornalisti, confermando che avevano scoperto delle attività illegali perpetrate ai danni del Generale stesso all’interno del complesso e che quindi la zona era stata ripulita per essere destinata ad operazioni scientifiche limpide.
L’istituto era stato completamente disinfettato da qualsiasi forma di sperimentazione considerata illegale. Il reparto Scienze Speciali cessò definitivamente di esistere a due settimane di distanza dal 05 Settembre e la supervisione della struttura passò come stabilito alla dottoressa Ross che aveva già preso pieno possesso del suo nuovo ufficio presso una sede della SHIELD a Washington. Grazie ad un trasporto aereo tanto privato quanto segreto poteva rientrare in Canada per il week-end e poteva tranquillamente anche prendersi periodi di aspettativa più o meno ampi. Soprattutto verso il mese di dicembre in cui c’era il periodo festivo nonché i preparativi per il suo matrimonio con Bruce non appena avesse fatto capolino la primavera. Testimoni d’eccezione i coniugi Blonsky.


3

               Entrando a far parte della Squadra Vendicatori avevano scoperto con soddisfazione di non essere loro e Stark gli unici a doversi considerare speciali. Chi per qualche strano evento fisico, chi per ingegno e determinazione ma c’erano tanti altri strani personaggi che ruotavano attorno all’agenzia per dare battaglia all’uomo nero. Perché c’è sempre un uomo nero. I cattivi non riposano mai. Quindi ormai nessuno si lagnava più per eventuali avvistamenti di strani omaccioni verdognoli.
Comunque sia a parte quelli più egocentrici tipo Tony che non nascondevano i loro alter ego, ognuno di loro aveva il suo domicilio protetto e lontano da occhi o menti indiscrete. Le due coppie avevano preferito che per loro fosse così. Erano già stati fin troppo sotto ai riflettori ed avevano già avuto i loro momenti di gloria. Intervenivano quando venivano chiamati a rapporto. Il resto del tempo conducevano vite normali. Come normalmente avrebbero anche trascorso le feste dicembrine.

         “Lo stiamo passando insieme e mi sembra che ci stiamo anche divertendo. Perché dici di non sentire lo spirito natalizio?”, chiese Betty a Katrina che stava tirando fuori una teglia dal forno.
“Assolutamente! Siamo felicissimi entrambi che siate qua! Sappiamo che a voi fa piacere e che non avete una famiglia con cui trascorrerlo, come noi, senza contare che un po’ di pace fa bene a tutti quanti. Se non vi volevamo fra i piedi non ve l’avremmo chiesto!”, le disse facendola ridere.
“Ma non è per lo spirito natalizio in sé…è questione di amicizia e di fiducia. Sai, davvero, non fa per me! A parte la mia base prettamente scientifica che onestamente non mi invoglia a gettarmi nelle braccia né della religione né di altre cose simili. E poi…”, si era messa in pausa prima di illuminarsi in un enorme e brillante sorriso, “facci caso Betty, il mondo è pieno di falsità ed opportunismo che soprattutto in questo periodo si amplificano a dismisura!” le disse imitando con le mani  la forma di un fungo atomico. 
Betty rise con un gesto del capo ad indicare che forse non aveva proprio tutti i torti.
“Ed Emil? Che ne pensa?”. Ce la faceva adesso. A chiamarlo per nome.
Katrina aggrottò tutta la fronte sbuffando aria dal naso e dalla bocca con aria estremamente divertita, mentre portandosi un braccio piegato sopra la spalla andava ad indicare con il pollice da autostoppista l’apertura dietro di loro che dava sul salone.
“Chi? Lui? Stai scherzando…Già non tollera le persone ipocrite di suo. Quand’era un ragazzo ancora ci rideva su. Adesso se uscisse in mezzo alla folla e per divertimento si mettesse ad indagare nella mente della gente probabilmente esploderebbe dall’orrore!”.

             Passarono il resto della serata in armonia ed in spensieratezza, senza pensare al lavoro o ad altre cose peggiori. Fino ad un unico cupo momento a notte tarda portato a galla da argomenti basati sulla storia delle loro famiglie. Sapevano ancora così poco gli uni degli altri. Non è che avessero avuto nemmeno molte occasioni in cui sedersi di fronte ad un camino acceso e parlare dei cazzi loro per tutta la notte.
“Vuoi dirmi che non sei tornato nemmeno per il suo funerale?”, stava chiedendo Bruce ottenendo un’alzata di spalle mentre si faceva una birra ghiacciata.
“Da quando ho preso lei e sua madre per fuggire in Inghilterra i rapporti con mio padre sono definitivamente morti. E lui con loro per quel che mi riguardava. Tramite un rapporto coniugale fondato sul terrore ha costretto mia madre a rimanergli a fianco invece di lasciarla venire con me e facendola morire di dolore dieci mesi più tardi, da quel che ho saputo in seguito. Ero ancora troppo smidollato per provare a salvarla. Fosse ora…Ha provato a cercarci; voleva riportarci a casa per una degna punizione…sfortunatamente per lui ho ereditato i suoi geni bastardi che nel frattempo avevano dato i loro frutti”, gli rispose abbozzando un amaro sorriso.
“Onestamente no, non me ne fregava niente. Ho fatto visita a mia madre. Ma non ritenevo di avere motivi tali da inginocchiarmi davanti alla tomba di lui”, si fermò pensieroso osservando la bottiglia. “La cosa ti disturba, non è così?”, concluse poi gettandogli un’occhiata retorica.
“No…Bhè, forse un po’…Insomma tu non sei uno che perdona facilmente vero?”.
Emil riabbassò gli occhi sorridendo malignamente mentre Katrina rispondeva silenziosamente alla domanda sollevando un sopracciglio e scuotendo leggermente la testa.
“In effetti…”, si limitò a dire lui per tutta risposta.
             La voce delicata di Betty si intromise nell’argomento. Non avevano più tirato in ballo la questione dopo il processo, ma circa un mese prima le avevano detto che sarebbero stati via per qualche giorno. Erano stati molto misteriosi. Strano, dato che fra le due donne si era instaurata un’intimità tale da non nascondersi praticamente niente. Le era sorto il dubbio ma non aveva osato indagare oltre.
“Che mi dici di lui? L’ex Generale. Hai saldato i tuoi conti?”, disse fissandolo con grandi occhi da cerbiatta con espressione preoccupata. Lei non era andata a trovarlo. Non ancora. Non lo voleva vedere per il momento. Ma temeva comunque che loro due l’avessero fatto e che non fosse stato un incontro finito molto bene.
Katrina si portò una mano alla bocca mordendosi un lato del pollice come se volesse togliersi una pellicina da attorno l’unghia; forse un cenno di risentimento per averglielo tenuto nascosto anche se era certa che Betty avrebbe compreso la complicità con suo marito. Lui, impassibile, indossò la maschera da ghiacciaio che andò a contrastare nettamente con la voce assolutamente pacata.
“Ho un onore io. Al contrario di lui. Ho giurato a mia moglie, più che agli altri, che l’avrei risparmiato per non fottere tutti noi, lasciandolo nelle mani della giustizia…”, gli sfuggì una nota accentuata di ironia su quella parola, “e l’ho fatto. Tutto sommato mi dispiace dirti: sì, li ho saldati per quel che mi è stato concesso fare, fino all’ultimo, schifoso centesimo e per lui non è stata una gran bella esperienza”.
Betty rimase un attimo in silenzio immersa nei suoi pensieri. Accidenti se era tosto. Sapeva che quando lei avrebbe trovato la forza di rivedere suo padre lo avrebbe sicuramente schiaffeggiato. Le manifestazioni fisiche in certi casi erano inevitabili. Ma lei non era dura quanto Emil. Era dunque terrorizzata all’idea che gli avesse fatto qualcosa di irreparabile. Sospirando prese fiato per domandare altro ma Katrina la fermò prima che parlasse.
“Sta benissimo, te l’assicuro. Abbiamo solo provveduto a lasciargli un ricordo indelebile di chi siamo, cosicché se ne ricorderà in eterno. Lo vedrai. Spero che tu sia più propensa a perdonare di lui”, disse tirando una gomitata a suo marito.
Betty si rassegnò dandole fiducia. Bruce che aveva assistito silenzioso al dialogo temendo per un attimo che la sua fidanzata scoppiasse in lacrime, e che da una parte riusciva anche a sentirsi solidale con lui per quanto rifuggisse atti di violenza soprattutto con intento vendicativo, gli fece un’ultima domanda. Retorica. Molto retorica.
“Ti senti meglio ora?”. Non seppe decidere se fosse più freddo e rigido il clima invernale all’esterno delle mura o il sorriso compiaciuto con il quale gli aveva risposto lui.


4

             Non gli dispiaceva farsi un viaggetto di qualche giorno al caldo sfuggendo dal gelo dell’inverno canadese. Era stata durissima persino per lei farsi dare via libera a portarlo davanti a lui, nonostante l’assoluta fiducia che Fury nutriva nei suoi confronti.
“Ma è impazzita? Come pensa che possa autorizzare una follia del genere?”, le aveva detto quando si era presentata nel suo ufficio spavalda e a testa alta.
“Ha ben presente cos’è successo in sede, sì? Ross non si farà scrupolo ad intossicarvi con le sue provocazioni. Lo sappiamo tutti. Quanto pensa riuscirà a resistere Blonsky prima di farlo esplodere? Che faccio poi? Mando qualcuno a far passare l’aspirapolvere?!?”.
A braccia conserte appoggiato allo schienale la squadrava con faccia impassibile nonostante la battuta sarcastica.
Resisterà. Si fidi di me. Qui tutti abbiamo promesso qualcosa. Siamo tutti uomini di parola e l’abbiamo mantenuta. Anch’io sono una donna di parola, sa? E per convincere mio marito all’esimersi da fare cazzate tali da farci finire tutti in una fossa ho fatto a lui un’ulteriore promessa. E sono fermamente intenzionata a rispettarla. Qualsiasi cosa lei mi dirà. Quello che ho giurato lo farò. Con o senza il suo permesso. Solo che senza sarà molto più difficile, Signore”.
Fury continuò ad osservarla silenzioso. Gran bella coppia aveva pensato fra sé. Prendendo un respiro si allungò sulla scrivania verso di lei minacciandola con un dito.
“Non so cosa vi passi per la testa, non so cosa vi siate detti o giurati o cos’altro e non lo voglio sapere. Ma vedete di non oltrepassare certi limiti o vi polverizzo”, le disse severo anche se verso la fine si lasciò andare ad un’espressione più rilassata. Sapeva che non li avrebbero oltrepassati. E lui avrebbe fatto finta di niente. Persino una volta saputo. Avrebbe messo a tacere chiunque si fosse lamentato. Piccolo incidente di percorso. Non tanto grave da rompergli le palle.



5

             Non lo avrebbe mai dimenticato quel giorno. Più specificatamente quel momento. Nemmeno si era reso conto di quanto tempo fosse trascorso. Nemmeno si era reso davvero conto di cosa fossero capaci assieme.
Aveva reagito con uno sbalzo tra la stizza e lo stupore vedendoli di fronte a sé attraverso il vetro antiproiettile della cella. Si aspettava delle visite. Ma non certo da loro. Non credeva nemmeno possibile che qualcuno gli avrebbe permesso di avvicinarlo dopo quello che era successo. Ma qualcuno lo aveva fatto. A meno che stesse avendo le allucinazioni. Forse. Dato che non erano stranamente accompagnati da nessun agente come ogni altro visitatore.
“Come la devo chiamare visto che ora non ha più i suoi gradi? Bastardo? Pezzo di merda? No? Preferisce qualcos’altro?”, aveva esordito lui con voce cristallina. “Signore…”, aveva aggiunto dopo una pausa di un paio di secondi. No. Non era un ‘allucinazione.
Ross sostenne il suo sguardo con uno altrettanto sprezzante.
“Non creda di essere migliore di me. Se avete intenzione di farmi fuori fatelo senza tirarla tanto per le lunghe, così dimostrerete a tutti quanto poco valga la vostra falsa onestà da quattro soldi in confronto alla vostra voglia di vendicarvi di me”.
“No, no, no, no, no”, aveva ripetuto a raffica di mitragliatore Blonsky a mani alzate, “lei è talmente pieno di sé stesso da essere convinto di avere ancora ragione. Ma sta sbagliando tutto. Ancora. Togliersi una curiosità e magari prendersi solo una piccola soddisfazione io non la definirei vendetta. Mi dispiace deluderla, ma nessuno di noi è qui per ammazzarla ed abbassarsi al suo livello”. Ross rimase spiazzato dalla tranquillità con cui si era espresso fino ad ora. Fu distratto dal muto scambio di occhiate dall’intervento di Katrina.
“Vogliamo solo una sincera risposta a qualche domanda. Tutto qui. Risposte che non sono saltate fuori dai files né dagli incartamenti. Risposte oneste che ci teniamo a sentire direttamente dalla sua bocca”.
            Avevano ritenuto che fosse il minimo. Almeno sapere se si fosse pentito di tutti i morti che aveva sulla coscienza e di tutte le atroci stronzate che si era inventato per coprirle.
Gli avevano anche chiesto perché. Per loro. Per lei. Perché avesse dovuto ricorrere ad un atto di violenza gratuita quando gli sarebbe bastato chiedere ed accettare un eventuale no come risposta. Glielo doveva. Ma la risposta che avevano ottenuto non li aveva gratificati molto. Non che non se l’aspettassero, ma un conto era crederlo e viverlo nelle proprie fantasie, un altro era sentirselo sputare davanti a brutto muso senza tanti complimenti.
“Non importa quello che fate. Non importa quello che dite. Prima o poi finirete vittime del vostro stesso potere e quando accadrà spero di essere ancora vivo per poter godere appieno della vostra caduta. Me lo disse lei stesso, ricorda? Sono un combattente. Esatto! Un combattente con un potere smisurato come il suo ego. Sarà questa la sua rovina, mi creda. Prima o poi farà un passo falso. Ed io sarò lì a ricordaglielo. Ci rivedremo all’inferno. Perché è lì che finirà trascinandoci anche lei”.
Ross aveva sputato la sua ultima sentenza densa di odio con una faccia distorta dal delirio dell’onnipotenza, sbattendo i pugni sul vetro al quale Blonsky si era avvicinato a pochissima distanza dalla faccia di lui restituendogli una delle sue espressioni migliori. Persino negli occhi di Katrina si era sviluppata una bolla di rabbia e disprezzo che per lei era davvero difficile far trasparire. Se si fosse dimostrato umano almeno quella misera volta, Emil avrebbe anche potuto rescindere dalla sua idea. Ma così no.
“Ooohhhh, sìììì…”, aveva esordito Blonsky sibilando con voce incredibilmente sensuale, “non vedo l’ora…Perché lì nemmeno Satana in zoccoli e coda potrà impedirmi di smembrarla in tanti piccoli pezzettini. Io sono peggio di lui”.
Si girò verso sua moglie che gli rivolse un’occhiata piena d’amore che contrastava in modo surreale in un clima così teso e demoniaco, e la portò davanti a sé abbracciandola completamente, stringendola al suo corpo ed appoggiandole il mento su di una spalla. Entrambi assunsero un’aria eterea, gli occhi fissi su di lui ed un sorriso malizioso appena accennato sulle labbra.
“Abbiamo un ultimo regalo da farle, Signore”, gli comunicò con la stessa voce, “così non si dimenticherà di noi fino a quel giorno”.

           E Ross cominciò a soffrire. Veramente. Soffrì come non aveva mai sofferto fino a quell’istante che gli sembrò durare un ‘eternità. Si buttò a terra in ginocchio con le mani al petto in un urlo disumano mentre la camicia cominciava ad inzupparsi di rosso. Sentiva la pelle lacerarsi e la carne bruciare e squarciarsi lentamente. Molto lentamente. Era come se vi ci affondassero una lama arroventata mentre loro due piegavano appena appena la testa l’una contro l’altra socchiudendo gli occhi come se stessero facendo l’amore virtuale. Non riusciva a sollevare la testa dal dolore. Per dio! Lo incidevano! Lo stavano marchiando come una bestia!. E lo facevano con noncuranza.
            Era ancora disteso a terra ansimante e con le mani interamente coperte di sangue. Non sarebbe morto dissanguato. Non aveva nulla da temere. Non erano andati così in profondità. Avrebbero chiamato assistenza per farlo medicare quando fossero usciti. Avrebbero dovuto farlo loro perché telecamere e microfoni erano stati spenti temporaneamente per il loro colloquio che, dietro ordine diretto di Fury, doveva rimanere segreto. Ma non adesso. Adesso non avevano tempo. Si fermarono lì ancora qualche minuto, giusto il tempo per darsi un eccitato, lunghissimo, profondo ed intenso bacio mentre si accarezzavano reciprocamente i capelli ed il collo. Un sottile filo di sangue scivolava ad entrambi dal naso. Nulla di grave.
“Grazie”, le sussurrò con le labbra ancora appena appoggiate alle sue prima di darle un ultimo bacio.
“E’ nulla in confronto al dono che mi hai dato tu…”, gli rispose lei appioppandogli un ulteriore bacio sul collo.
             Quando si girarono verso di lui li stava guardando con la faccia ancora appoggiata al pavimento e contratta in una smorfia di dolore. Era girato di fianco con la camicia insanguinata aperta. Poterono vedere il risultato della loro opera. Un’evidente scritta faceva capolino da dietro al sangue che si stava fermando come se avessero cauterizzato la ferita a lavoro ultimato. Una scritta molto tremolante ed imprecisa. Andiamo! Non era facile scrivere attraverso il pensiero! Ma era comunque leggibile. Molto leggibile. C u in hell. 4ever. Kati & Emil Blonsky.
Prima che potesse mormorargli qualcosa si girarono per avviarsi verso l’uscita e lui alzò una mano in cenno di saluto senza nemmeno guardarlo. “Addio, Generale”.
Dopo appena qualche passo ed ancora nettamente nel suo campo visivo, di colpo Emil Blonsky si arrestò per ritornare un attimo indietro trascinandosi Katrina che non si staccava dal suo fianco.
“Dimenticavo…le farà immenso piacere saperlo. Mia moglie…”, durante una pausa cominciata con un lungo fiato esalato sulla ie di moglie lo inquadrò attraverso una ribelle frangia biondo cenere su di un occhio cristallino offrendogli un sorriso vampiresco. Ross gli restituì uno sguardo ancora dolorante.
“…mia moglie aspetta un figlio. E’ una bambina”.



Fine
  
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