Hopelessly Devoted To You <3
Capitolo 9. Al bivio.
Lei.
-E
questo è tutto...- Disse Hannah, sospirando. Aveva appena
terminato
di riferire alle ragazze tutto quello che Jace le aveva raccontato il
sabato precedente, ma su nessuno dei loro volti leggeva lo sgomento,
la sorpresa, l' ira o l'incredulità che si sarebbe
aspettata. - Ho
l'impressione che voi foste al corrente di tutto.- Le fissò
una ad
una vagamente indispettita. L'avevano fatta parlare per venti minuti
interi, mentre erano già a conoscenza di ogni particolare.
Cominciava a pensare si divertissero a prenderla in giro a quel modo.
-Certo
che si, visto che in questa storia siamo state coinvolte anche noi!-
Esclamò Jaquie, come se fosse cosa ovvia che avessero parte
in
qualsiasi vicenda riguardasse Jace.
-Che
significa?- Chiese lei di rimando, ritrovandosi a fissarla con aria
perplessa.
-Significa
che prima che succedesse tutto questo casino tra quei due, eravamo
amici. Ed eravamo una bella crew, come direbbe Jem.- Rispose quella,
ammiccando.- Daphne ed io conosciamo Tom dall'asilo. Sai come va in
questo ambiente Hannie. Ci si conosce tutti tra rampolli dell'alta
società! Sarà lo stesso anche in Inghilterra,
no?- Aggiunse
sarcastica. Hannah annuì, era vero, che volesse o no
conosceva quasi
tutti gli eredi delle migliori e più ricche famiglie del suo
ambiente, in patria. - Per farla breve, quando hanno smesso di
parlarsi dopo essersele date di santa ragione, abbiamo cercato di
dividerci tra loro. Sai, è stato come se avessero divorziato
e
avessero ottenuto l'affidamento congiunto su di noi. Metà
settimana
con uno, metà con l'altro, e week end alternati. Ma la
scuola era
terreno neutro, non si parlava con loro due neppure sotto tortura.
Non volevamo fare un torto a nessuno. Jace ha capito subito la
situazione, e non si è lamentato...Beh, non che ne avesse
motivo,
era colpa sua! Ma Tom non la pensava allo stesso modo, siccome
eravamo amici fin da bambini ha ben pensato avessimo l'obbligo di
stare dalla sua parte. Lo stronzetto ha pensato che la nostra
imparzialità significasse che davano ragione a Jace, ci ha
accusato
di aver sempre preferito lui e da allora non ci ha più
rivolto la
parola, preferendo quei cretini senza cervello della squadra di
football, quelle teste vuote che lo seguono come cagnolini
scodinzolanti e lo adorano incondizionatamente! Come se fosse un Dio!
Un Dio? Altro che Dio! Lo prendere volentieri a calci in quel suo
culo ossuto!- Jaquie si stava scaldando. Gesticolava furiosamente, e
una volta o due rischiò di colpire accidentalmente Rose in
pieno
volto. Ma la ragazza schivava agilmente ogni colpo, ormai abituata ad
avere a che fare con Jaquie e le sue mani, che come il corpo a cui
stavano saldamente attaccate di stare ferme non volevano mai saperne.
-Jaquie
calmati! Possibile che dopo due anni non ti sia ancora passata? Tom
ha fatto la sua scelta, per quanto ci abbia fatto male, non
è di
certo insultandolo che cambierai le cose. - Molto calma, Daphne
intervenne nel tentativo di arginare le reazioni sempre spropositate
della compagna, e evitare che davvero Rose si beccasse un pugno in
pieno volto.
-Beh di
certo mi fa sentire meglio!- Sbottò l'altra, incrociando
finalmente
le braccia al petto. Erano così Daphne e Jaquie, una cheta
come
l'acqua, l'altra scoppiettante come il fuoco, la dimostrazione che
gli opposti si attraggono.- Se Jace non ne vuole parlare con noi
c'è
un motivo, così come c'è un motivo se l'ha voluto
raccontare ad
Hannah. Un buonissimo motivo, direi. Vuole proteggerla, mi sembra
evidente.- Riprese, stringendosi ancora un poco nel suo cappotto e
rivolgendosi poi ad Hannah. - Sono certa che Jace non te l'abbia
detto, ma è giusto che tu lo sappia, quanto meno
perché tu possa
capire cosa l'ha spinto a parlare di un argomento molto doloroso per
lui. Quando fece a botte con Tom, lui gli promise che si sarebbe
vendicato ripagandolo con la stessa moneta. Fino ad ora Jace non ha
mai mostrato un interesse più... Marcato ecco,
più marcato del
normale per nessuna ragazza... Finchè non sei arrivata tu.-
La fissò
intensamente, i suoi occhi azzurri dicevano tutto senza che lei
avesse bisogno di pronunciare una parola di più.
-Intendi
dire che Thomas crede che Jace...? Suvvia è assurdo! Ci deve
essere
stato per forza un malinteso. Jace non è e non
sarà mai interessato
a me nel modo che lui intende. Questo è certo.- Disse con
totale
convinzione. Nel suo immaginario nessun ragazzo che fosse al livello
di Jace, avrebbe mai potuto provare per lei sentimenti che andassero
ben oltre l'amicizia. Era conscia di avere poche buone
qualità, ma a
parte un cospicuo patrimonio, non aveva nulla di più di
qualsiasi
altra ragazza al mondo. Anzi, alcune sue compagne, erano ben
più
ricche di lei. Si, si era convinta, c'era sicuramente stato un
fraintendimento. - Dovrò parlargli, anche se non ne sono
felice.
Quel ragazzo mi terrorizza. Giusto Cielo, mi ha fatta seguire! Non
c'è nulla di più spaventevole!-
Esclamò rabbrividendo, e non per
il freddo. - Ma ne varrà la pena. Sicuramente
comprenderà, lascerà
Jace in pace e smetterà di farmi seguire, ne sono certa.-
Aggiunse
poi, con insolita decisione.
Le
ragazze si guardarono l'un l'altra sospirando e scuotendo il capo.
L'ingenuità di Hannah a volte aveva davvero dell'incredibile.
Era un
martedì pomeriggio freddo e nuvoloso. Un vento freddo si
divertiva a
colpire con violente sferzate i volti delle quattro adolescenti che
per la prima volta tornavano a casa tutte insieme, camminando strette
le une alle altre per proteggersi dal tempo inclemente. Jace era
assente da scuola da due giorni, e Hannah ancora non aveva ancora
trovato il coraggio di bussare alla porta dell'infermeria e chiedere
alla madre del ragazzo che gli fosse capitato. La mattina prima era
passata davanti a quella porta almeno una decina di volte, ma al
momento di sollevare il pugno e bussare le mancava il coraggio e
correva via trovando ogni volta una diversa scusante. Jaquie aveva
parlato
di un brutto raffreddore, o un'influenza, e lei s'era fatta bastare
quella misera e vaga notizia, non senza domandarsi se fosse la cosa
giusta da fare. Era preoccupata per Jace, sentiva la sua mancanza, e
l'idea di lui solo soletto, magari rannicchiato a letto con un
febbrone da cavallo e in preda ai deliri, mentre lei non aveva
neppure il coraggio di andare ad informarsi sulle sue condizioni, le
era appena sopportabile. Ma poi le tornavano in mente le sue parole,
ciò che le aveva raccontato, ciò che aveva fatto
a Thomas. Non
riusciva a crederci, non poteva credere che il ragazzo ,sempre
così
gentile e attento ai sentimenti altrui, avesse potuto fare una cosa
del genere, e non ad una persona qualsiasi, ma al suo migliore amico.
Si
chiedeva se non fosse capace di fare anche a lei un simile sgarbo, se
non fosse capace di tradirla e umiliarla, e magari fingere poi
rimorso e pentimento davanti alla sua prossima vittima. Aveva paura
di Jace e di quel che di lui non poteva prevedere: le sue scelte
future. Non era l'essere pubblicamente umiliata a sembrarle tanto
grave, poteva passarci sopra se l'alternativa era esserne ferita.
Per tutta la considerazione che nutriva nei suoi confronti, per
l'affetto e quella strana sensazione che provava vicino a lui e a cui
aveva dato il nome di devozione, lei non se ne sarebbe più
ripresa.
Non l'avrebbe sopportato, e lo capiva benissimo, anche senza le
maliziose battutine delle ragazze e le loro illazioni senza
fondamento.
A casa,
la tata l'aspettava in salotto, già pronta per il
tradizionale tè
delle cinque.
-Non
perché siamo finite in un luogo privo di tradizioni civili,
dobbiamo
rinunciare alle nostre più sacre usanze.- Le diceva sempre,
anche se
sapeva benissimo non essere assolutamente vero. Il patriottismo la
rendeva cieca. Ciò non piaceva ad Hannah, che cominciava ad
apprezzare gli Stati Uniti per la libertà di cui li godeva,
per le
diverse culture e ambienti sociali con cui poteva venire a contatto e
per tutto ciò che di positivo una metropoli come New York
poteva
offrirle, amiche come il Trio, e soprattutto Jace. Ma l'affetto che
provava per la domestica era grande quanto basta per poter passare
sopra qualsiasi suo difetto.
Eleanor
non amava l'America, sarebbe stato palese anche per un cieco.
Nonostante dopo il loro trasloco potesse stare più vicina
alla sua
unica parente in vita, una sorella minore, che abitava a Brooklyn
dove possedeva una boutique di moda o qualcosa di simile, non poteva
darsi pace. Era stata educata a vedere in tutto ciò che
viene dagli
Stati Uniti una mera imitazione dello splendore e dalla potenza
dell'amata patria, e questo principio aveva cercato d'inculcare anche
in Hannah, ma con scarsi risultati. Non riuscendo a muovere alcuna
critica contro la sua pupilla, sempre così buona,
obbediente,
educata, e affettuosa, aveva decretato che era tutta colpa di una
qualsiasi cosa a caso, non certo di Hannie, il suo caro angioletto,
se lei non nutriva la sua stessa devozione per la Gran Bretagna. I
giovani d'oggi hanno il mondo per patria, soleva dire con un certo
rammarico.
Quando
Hannah la raggiunse, dopo essersi levata l'uniforme, averla riposta
con cura e aver indossato degli abiti più comodi e consoni
ad un
pomeriggio in casa ad oziare, Eleanor si stava versando la sua
seconda tazza di tè. Sul tavolino del salottino stava posato
un bel
vassoio in argento, su cui spiccava un piattino in ceramica bianca
cosparso di briciole.
-Tata...-
Mormorò la ragazza, sollevando il piattino con tono
ammonitore. - Il
medico ti ha proibito i biscotti, soprattutto quelli al burro.
Scommetto che erano quelli con le gocce di cioccolato. Ne va della
tua salute. Devi moderarti.- Si diresse in cucina, e prese qualche
altro biscotto che posò sul piattino che non
tornò però sul
vassoio. Lo tenne sulle ginocchia per tutto il tempo, proteggendo il
gustoso tesoro dalle grinfie della golosa scozzese.
-Suvvia
cara, ne ho mangiato giusto uno... O cinque...- Borbottò a
mò di
giustificazione, mentre le porgeva una tazza colma della fumante
bevanda. - Con un goccio di latte e due zollette di zucchero, come
piace a te.- Disse con un sorriso.
-Grazie.
Non cercare di cambiare argomento però. Devi stare attenta,
il
dottor Hamilton te lo diceva sempre, il colesterolo non va
sottovalutato.- Aggiunse seriamente, prendendo la tazza che le veniva
porta dal suo piattino. Prima di assaggiare il suo té,
cominciò a
smangiucchiare uno dei biscotti. - Se ti dovesse succedere
qualcosa... No, non voglio affatto pensarci.- Sbottò infine,
scuotendo con forza il capo.
-Avresti
sempre tuo padre. Ne abbiamo parlato spesso, Hannie. Io sono solo la
governante in casa Barnes, anche se ti ho cresciuto, ti ho amato e
ancora ti amo come se fossi figlia mia. Ma sono sempre una
dipendente,e non è bene che la figlia del padrone si mostri
così
affettuosa nei miei riguardi.- Era un discorso che riproponeva
spesso, durante le loro chiacchierate, forse solo per esorcizzare la
realtà e le convenzioni che le volevano divise, mentre loro
erano
più unite che mai. Eleanor per Hannah era a volte madre, a
volte
vecchia zia zitella e pure un poco acida, a volte saggia nonna,
però
sempre amica e confidente. Quella era l'unica regola che amava
trasgredire, la sua tata non sarebbe mai stata soltanto una
dipendente, non per lei. Quando non avesse avuto più bisogno
delle
sue cure, sarebbe stato il suo turno di prendersi cura della donna,
fino all'ultimo istante della sua vita, che Hannah si augurava
giungesse il più tardi possibile.
-Proprio
per questo non ti posso permettere di mettere a rischio la tua
salute. Sai benissimo che per mio padre non sono proprio tra le
priorità, nella sua vita.- Replicò Hannah, con
totale indifferenza.
Eleanor non replicò affatto. Non poteva darle torto. George
Barnes
non era mai stato un esempio di padre attento e premuroso nei
confronti della propria prole.
-Allora,
come è andata la giornata? Hai parlato con quel tuo amico?-
Chiese
dopo un breve silenzio, cambiando argomento. Ovviamente le aveva
raccontato tutto di quel sabato pomeriggio
-Jace?
No, era assente anche oggi. Jaquie gli ha telefonato, dice di aver
preso freddo durante il week end e d'aver preso un'influenza.- Disse,
prima di dare un piccolo morso ad un biscotto.
-Quindi
non hai parlato neppure con sua madre? Sarebbe cortese da parte tua
se t'informassi sulla sua salute.- Asserì la donna, posando
la sua
tazza vuota sul bel vassoio, lucido come uno specchio.
-Io...
Veramente mi piacerebbe potere andarlo a trovare.- Hannah
arrossì.
Aveva paura la tata l'avrebbe per quell'assurda idea e trovato
sconveniente una simile eventualità. Per la corpulenta
sessantenne
l'idea della sua dolce bambina sola nella stanza di un
“uomo”
sfiorava l'indecenza. Certo ai suoi tempi era diverso, ma anche lei
tanto tempo prima aveva avuto sedici anni, e con orrore immaginava
cosa sarebbe potuto succedere. Esattamente ciò che era
successo a
lei.
-Se sua
madre ti invitasse, ti accompagnerei volentieri, e potrei portargli
del brodo di pollo, fatto seguendo la ricetta della nonna Josephine,
pace all'anima sua. - Da fervente cattolica quale era, si fece il
segno della croce e volse gli occhi al cielo. - é una manna
per il
raffreddore.-
-E se
non lo facesse? E se...- Deglutì nervosamente. - E se le
chiedessi
io di poterlo vedere? Credi che sarebbe offensivo?- Chiese titubante.
Aveva visto solo di sfuggita la madre di Jace, e le pareva un tipino
particolare. Non riusciva ad immaginare quale sarebbe stata la sua
reazione ad una simile richiesta.
-Oh
cielo, offensivo no di certo! Ma preferirei se non imponessi la tua
presenza se non richiesta o ancor peggio non gradita. Sai come la
penso a riguardo. Mio padre diceva che gli ospiti sono come il pesce,
dopo due giorni cominciano a puzzare. Non voglio che qualcuno possa
pensare questo di una Barnes. Non è decoroso.-
Replicò Eleanor,
volendo rassicurarla ma allo stesso tempo ammonirla.
-Già.-
La giovane sospirò. Terminò la sua tazza di
té e mangiò i
biscotti rimasti. La tata le prese dalle mani tazza e piattino,
posandoli sul vassoio che poi in silenzio portò in cucina,
lasciando
Hannah sola nel grande salotto. Nel seguirla con lo sguardo,
notò
qualcosa di diverso nella stanza. Su un tavolino, su cui faceva bella
mostra di se una splendida lampada, mancava qualcosa. Una antica
cornice in argento che conteneva la foto di sua madre. Era una delle
poche immagini della defunta Signora Barnes che si potessero trovare
in casa.
-Tata...
Dov'è finita la foto della mamma?- Le chiese, raggiungendola
in
cucina.
-Quella
sul tavolinetto intendi? Oh, tuo padre l'ha spostata, borbottando
qualcosa sul fatto che quello non fosse il posto adatto. Credo
l'abbia messa nel suo studio.-
-Capisco...-
No, in realtà non capiva, non del tutto. L'unica cosa che
vedeva
chiaramente era che suo padre pareva vergognarsi di quella giovane
moglie persa così tragicamente e volesse farle scordare sua
madre
levandole pure quei pochi ricordi che di lei possedeva. Sarebbe
andata a cercare quella foto, e l'avrebbe riposta al suo posto, alla
vista di tutti, dove meritava di essere, nonostante il modo in cui
Zara aveva deciso di lasciare questo mondo.
***
Con
molto imbarazzo aveva detto alle ragazze di non aspettarla per la
pausa pranzo quella mattina, perché aveva
“qualcosa di importante
da fare”. Jaquie l'aveva tempestata di domande, curiosa
com'era, ma
Daphne aveva ben pensato di trascinarla via prima che costringesse
Hannah ad aprire bocca con un paio di tenaglie, tacciandola d'essere
una pettegola e suggerendole caldamente di farsi i fatti suoi, una
volta tanto. Ed ora eccola là Hannah, impalata davanti alla
porta
dell'infermeria, troppo vigliacca per sollevare una delle sue
delicate manine, chiuderla in un pugno e bussare, quasi avesse paura
che ognuno di quei gesti insignificanti potesse potesse prosciugarle
tutte le forze o portare a conseguenze catastrofiche.
Giusto Cielo Hannah! Sei
una Barnes! E i Barnes non si fanno intimorire da niente!
Si disse annuendo a se stessa con convinzione, cercando di infondersi
un po' di coraggio. Prese un profondo sospiro, e gonfiando il petto
come se si preparasse a fronteggiare la propria personale nemesi
bussò alla porta, cui vetro coperto da una squallida
avvolgibile
vibrò sotto i suoi deboli colpi.
Quando
la maniglia si mosse fece un salto indietro. L'intenzione era quella
di scappare a gambe levate, alla faccia del buon nome e dell'orgoglio
dei Barnes. Per sua fortuna, non fu abbastanza veloce.
-Si? Oh,
salve tesoro, qualcosa non va?- Sollevò lo sguardo,
posandolo sulla
donna che le aveva aperto e che ora le stava davanti. La madre di
Jace le parve bellissima, vista così da vicino. Avevano gli
stessi
occhi grigi screziati d'oro loro due, sebbene il taglio fosse diverso
e le ciglia di lei fossero più lunghe e folte, e lo stesso
sorriso
allegro, capace di conquistare e rallegrare anche l'individuo
più
cupo e triste. Eppure le sue labbra, rese lucide da uno strato di
lucidalabbra, erano più piccole e carnose di quelle del
figlio. Era
alta quanto Hannah, con corti capelli d'un biondo così
chiaro da
avere dei riflessi argentei alla luce del sole. Il taglio poi era
davvero particolare, così stravagante con quella lunga
frangia a
coprire tutto il lato destro del volto e piccole ciocche sfilacciate
sparate qui e li sulla nuca. Una capigliatura che non ci si
aspetterebbe di veder portare da una madre. Sotto il lungo camice
bianco bianco spuntavano jeans skinny e allstar d'un accesissimo
verde smeraldo. Viste da lontano, le avrebbero sicuramente scambiate
per coetanee.
Osservandola
nell'insieme, si chiese se non ci fosse stato un fraintendimento di
fondo. Forse si era sempre sbagliata, e quella donna che ora fissava
inebetita, la stessa che spesso aveva visto chiacchierare con Jace
nei corridoi, non fosse che un'assistente dell'infermiera, o
un'infermiera più giovane e notevolmente attraente. Forse
aveva aver
frainteso i discorsi del Trio, doveva essere così,
perché non
poteva credere che Greta, così giovane e bella, potesse
essere
davvero la madre di un diciassettenne. Con quel fisico così
asciutto
poi, era difficile credere addirittura che fosse mai stata incinta.
-Ahm...-
Hannah deglutì rumorosamente, prima di riuscire ad
aggiungere
qualche parola a quel verso inarticolato. - La... La... Signora
Stein?- Chiese, quasi balbettando.
-Sono io
cara, vieni entra pure.- La fissò senza vergogna, con le
labbra
spalancate a formare una piccola O. La donna le posò
dolcemente una
mano sulla spalla, ridendo ed insieme spingendola ad entrare. - Lo
so, faccio sempre questo effetto!- Aggiunse, facendole un occhiolino.
La
ragazza si guardo intorno. Tutto era immerso in un silenzioso
ovattato ora che la porta chiusa le separava dal frastuono del
corridoio. Non c'erano finestre, ma solo una lampada al neon ad
illuminare il luogo, che eppure era luminosissimo grazie
all'arredamento rigorosamente bianco brillante, che rifletteva il
più
pallido raggio di luce, amplificandolo. Inoltre rendeva l'infermeria
un luogo apparentemente asettico e freddo, molto impersonale, reso
più accogliente solo da alcuni tocchi di colore qui e la. In
quei
particolari si poteva notare il tocco della donna, tracce del suo
particolare ed esuberante carattere. La scrivania, relegata in un
angolo, era piena di foto, post-it colorati, penne bizzarre raccolte
in un una specie di tazza in terracotta mal riuscita e tutta sbilenca
da un lato, ancor più bizzarra. Non ne fu sorpresa come
sarebbe
stata di solito, in fondo era della donna che aveva cresciuto Jace
che si trattava, e non l'aveva mai immaginata come il prototipo di
madre perfetta, tutta intenta a preparare biscotti con un grembiule a
quadri legato in vita e i capelli sempre in piega. Magari con qualche
anno in più e qualche ruga a segnarle il volto, questi si.
Quelle
macchie di colore sgargiante venivano nascoste al resto
dell'infermeria da una tenda, anch'essa bianca, che all'occorrenza
copriva completamente la metà della stanza occupata da due
lettini,
un armadio in metallo e un altro mobiletto che poteva vedere,
attraverso i vetri degli sportelli, fosse ricolmo di garze, cerotti,
bende e due grossi cofanetti verdi, probabilmente due kit di pronto
soccorso. Alcune confezioni di cerotti erano coloratissime, e
spiccavano tra i bendaggi bianchi
Cerotti
per bambini? Si chiese, corrugando la fronte.
-Allora
Hannah, sdraiati su uno dei lettini e dimmi cosa c'è che non
va. Non
devi stare bene,vero? Sei piuttosto pallida.- Disse, prima di
voltarsi a chiudere la porta a chiave.
La
ragazza non si era affatto accorta, distratta com'era a guardarsi
intorno, che la donna l'aveva chiamata per nome, e siccome non le
aveva affatto risposto, Greta la chiamò ancora.
-Hannah?-
La ragazza rabbrividì e si voltò. Il silenzio
rendeva ogni rumore
suadente, anche la vocetta un poco stridula della donna, provocandole
quei brividi lievi di piacere che partono dalla nuca fin
giù, lungo
tutta la schiena.
-Come...Fa
a conoscere il mio nome?- Chiese sorpresa, rimanendo impalata nel bel
mezzo dell'infermeria, con le braccia pendenti lungo i fianchi,
immobili.
-Tesoro,
sono l'infermiera. E un'infermiera piuttosto pettegola, se devo
essere sincera!- Rise, incrociando le braccia al petto. Si
avvicinò
alla scrivania e si sedette con le gambe a penzoloni. - E ancor prima
sono la madre di Jace, come potrei non conoscerti, quando lui mi
parla tanto spesso di te?- Aggiunse, e il suo sorriso si fece appena
malizioso, solo per pochi istanti, tanto che Hannah non se ne rese
conto. - A proposito, dammi del tu, ti prego!-
-Oh.- Fu
tutto ciò che la ragazza riuscì a replicare,
prima che Greta
riprendesse a parlare. Erano proprio madre e figlio lei e Jace, lo si
notava se non per l'incredibile somiglianza, per l'impareggiabile
loquacità.
-Già,
comprendo l'imbarazzo, ma vedi, sono comunque l'infermiera, quindi se
c'è qualcosa di cui mi devi parlare, se non ti senti bene...
- La
fissò sgranando gli occhi.- Oh, ho capito! - Si
batté una mano un
fronte, e agile saltò giù.- Sei in quel periodo
“particolare”
del mese! Ma certo, che stupida come ho fatto a non capirlo subito.
Non sai quante ragazze vengono da me con questo piccolo problema.-
Corse dietro alla scrivania, cominciando a rovistare sul piano, tra
fogli, foglietti, cartelle e cianfrusaglie varie.- Il ciclo mestruale
per alcune è una vera maledizione! Ti cerco subito qualcosa
per
alleviare il dolore... Oppure ti serve un assorbente? Sempre se trovo
le chiavi... Maledette...- Borbottò irritata, poi si
chinò e aprì
un cassetto da cui tirò fuori il mazzo di chiavi tanto
cercato. -
Oh, eccole le fuggitive!- Rise, tenendole sollevate tra indice e
pollice. Hannah la fissò esterrefatta. Quella donna, una
totale
sconosciuta che per giunta era la madre di Jace, le stava parlando di
ciclo mestruale? Per davvero aveva pronunciato quelle due
imbarazzanti parole? Era vero,e non riusciva a capacitarsene. Hannah
ne fu sconvolta. Forse se avesse avuto una madre con cui poter fare
certi delicati discorsi, non avrebbe avuto una simile reazione,
purtroppo aveva solo la tata che evitava tali argomenti come i gatti
evitano l'acqua. Cominciò a sentire un gran caldo, come se
qualcuno
le avesse dato fuoco al volto, tanto era l'imbarazzo.
-N-no...
No..I-io...Io volevo...- Trovò la forza di balbettare, prima
che la
situazione potesse degenerare e diventare ancor più
imbarazzante di
quanto già non fosse. - Io volevo solo... So-solo sapere
come sta
Jace...-
Greta si
fermò di colpo a fissarla con tanta intensità che
Hannah incassò
istintivamente il capo tra le spalle, aspettandosi una ramanzina per
essersi interessata della salute del ragazzo solo dopo la bellezza di
tre giorni. Greta invece le venne incontro e l'abbracciò di
slancio,
lanciando via le chiavi che caddero con un tonfo sulla scrivania.
Ha il suo stesso
profumo...
Fu la prima cosa che Hannah pensò, ancor prima del rendersi
conto
che era la stessa donna che un minuto prima le parlava senza vergogna
di assorbenti ad abbracciarla. Una cosa decisamente bizzarra.
-Oh, finalmente! Sono così felice che sia venuta a chiedermi
di
lui!Era ora! Mi domandavo quando l'avresti fatto!- La lasciò
andare
e le prese il volto tra le mani. - Mio Dio Hannah, sei hai un volto
così bello, e che occhioni! Tutte le amiche di Jace sono
così belle
che finirò per sfigurare!- Borbottò mettendo su
un broncio
infantile ma divertente. Impiegò meno di mezzo secondo a
cambiare
espressione e farsi seria. Tutti questi repentini cambi d'umore
stordivano la ragazza, che non aveva mai incontrato nessuno di tanto
lunatico ed instabile. -Il nostro baldo giovane sta peggio di quel
che temevo, stamattina il medico l'ha visitato, e a quanto pare ha
preso una bronchite. Nulla di grave, ma dovrà stare a casa
per
almeno una decina di giorni ancora, se tutto va bene.- Strinse le
spalle, sospirando. - Negli ultimi giorni è stato
intrattabile, così
nervoso, il che è strano, di solito smania per ammalarsi e
poter
stare a casa a poltrire! Sono certa gli farebbe molto bene se tu lo
chiamassi. Da quando ti frequenta, mi sembra sia più sereno.
- Disse
infine, simulando totale ingenuità. Dovette essere parecchio
convincente perché Hannah non intuì affatto che
ella sapeva
benissimo cosa era successo tra loro il sabato precedente. In quel
momento la campanella suono, e Hannah scatto immediatamente verso la
porta, afferrando la maniglia e tirando. Una volta... Due volte...
Tentativo di fuga fallito. La porta era ancora chiusa a chiave.
-Io... Devo andare... La campanella...- Borbottò, senza
voltarsi.
Intanto la sua mente lavorava freneticamente. Telefonargli, aveva
proprio detto che gli avrebbe fatto piacere se avesse chiamato.
Cercò
di non focalizzarsi sul sollievo che quelle parole le avevano dato,
perché lei non voleva telefonargli, doveva vederlo. Anzi non
doveva,
non era un obbligo, lei voleva vederlo. Ma l'invito da parte della
donna non era arrivato, anzi le si era avvicinata e facendo scattare
piano la serratura, le aveva aperto la porta.
-Calmati tesoro, nessuno ti condannerà a morte se per una
volta
farai cinque minuti di ritardo. In caso, mandali da me, intesi?
Questioni tra donne, sono le tre paroline magiche che risolvono ogni
problema. - Le sorrise, afferrandole delicatamente il mento con una
mano e costringendola a voltarsi. La fissava dritto negli occhi, con
i suoi così simili a quelli di Jace che Hannah ne fu
inspiegabilmente scossa da capo a piedi. - Mi farebbe piacere
chiacchierare con te, Hannah. Mi piace poter conoscere le amiche e
gli amici di mio figlio, sono sempre persone molto particolari e
fuori dalla norma. Persone da cui imparare qualcosa. Ma in te
c'è
qualcosa di più, lo sento. - La lasciò andare
ritraendo piano la
mano, e Hannah si precipitò fuori dall'infermeria. - Buona
giornata,
spero di rivederti presto, e non in infermeria!- Aggiunse,
sorridendole ancora, per nulla offesa dal modo in chi la ragazza
stava letteralmente scappando da lei, senza neppure un saluto di
commiato. Hannah vide la porta chiudersi,e rimase li, a fissarla, nel
corridoio deserto e silenzioso come lo era la stanza che aveva appena
lasciato. Cominciò ad incamminarsi verso l'aula di biologia,
senza
smettere un attimo di pensare e ripensare.
Amica. Lei per Jace era un'amica, o perlomeno suo madre la credeva
tale. Era ciò che le sarebbe bastato essere per lui.
Un'amica tra le
tante sarebbe stato perfetto, né più
né meno importante di nessuna
delle altre, non pretendeva null'altro. Ma non si stava comportando
come tale. Si rese improvvisamente conto che desiderava con tutta
l'anima potersi fidare di lui, dimenticare ciò che lui le
aveva
raccontato, ciò che aveva fatto e i dubbi su ciò
che avrebbe potuto
fare ancora in futuro. Cominciò a chiedersi se il passato in
fondo
non fosse che passato, se è vero che si impara dagli sbagli
e se
Jace aveva imparato dai propri, se non dovesse prendere il racconto
di lui per quel che era: una sincera confessione, lusinghiera per
giunta, perché significava che per lui era in qualche modo
importante, che teneva a lei tanto da voler essere sincero fino allo
spasimo, che per esserle amico era disposto a scoprirsi totalmente,
mostrandole pregi e difetti, raccontandole di vittorie e sconfitte
passate.
E poi si parlava di Jace, di quello stesso Jace che aveva fatto voto
di silenzio affinché lei gli parlasse, quello stesso Jace
che
l'aveva spinta ad aprirsi verso il prossimo, quello stesso Jace che
l'aveva coinvolta nella sua vita, accolta tra i suoi più
cari amici,
che si fidava di lei e per lei aveva sempre un sorriso. Una persona
così, non meritava forse la sua fiducia più di
tutti gli altri? Non
meritava la possibilità di dimostrarle che aveva commesso
solo un
grosso errore di percorso? Si chiese chi altro potesse meritare una
seconda occasione, se non Jace.
Si
fermò nel bel mezzo del corridoio, e si voltò
piano. Vedeva ancora
la porta dell'infermeria, ancora chiusa, e con essa
un'opportunità,
quella di sbagliare per amore di un amico, sbagliare ed essere
felice. Dall'altra parte, l'aula di biologia, la sua lezione, il
dovere, la regola da non infrangere, il rifiutarsi di seguire
ciò
che il cuore le urlava a gran voce di fare. Hannah non amava il
rischio, e l'errore nella sua esistenza non doveva essere neppure
contemplabile, ma quella volta, davanti ad un bivio, scelse la strada
più tortuosa, la strada sbagliata, paradossalmente la
più giusta
per lei. Non sapeva dove quel cammino l'avrebbe portata, ma voleva
percorrerlo fino in fondo. Qualcosa in lei era scattato e aveva preso
il sopravvento, prima che la ragione potesse porre un freno a quella
scintilla di istintività, tornò sui suoi passi,
veloce, quasi in
una corsetta. Di nuovo davanti alla porta dell'infermeria,
bussò.
Quando Greta aprì la porta, sforzandosi di sostenerne lo
sguardo
disse, ansante per la tensione che le serrava la gola. - La prego, lo
faccia, la scongiuro! Mi inviti ad andare a fare visita a Jace!- Per
la prima volta in vita sua non le importò di essere additata
come
maleducata e invadente. Se per Jace, l'avrebbe sopportato.
L'angolo dell'autrice:
S chan : Innanzi tutto, ci tengo a fare qualche precisazione sulla questione dei volti. Li ho inseriti 1) perché mi intriga un sacco photoshoppare XD e non ho resistito alla tentazione di fare dei piccoli lavoretti. 2) per dare ai lettori un'idea di come io immagino i miei personaggi, o quali volti mi hanno ispirato in alcuni aspetti. Non ho scelto questi attori e attrici perché “fa figo” (altrimenti avrei usato solo gli attori di Twilight che ormai sono in ogni dove =_=) o perché sono fan di uno o dell'altro e dovevo infilarcelo a forza da ogni parte. Trovo giusto (e personalmente molto stimolante e piacevole per me come autrice) che ogni lettore immagini a modo suo Hannie, Jace, e tutto il resto della combriccola. É come se facendo questo il lettore lodasse me e il mio lavoro, perché la Noony lettrice se non viene coinvolta dai personaggi e dalla loro storia, non si sforza neppure di immaginarseli. :-)
Mia madre mi ha avuto che aveva appena ventitré anni... ed è sempre stata una pazza(in senso buono eh XD)! O.O” Certo quando c'è bisogno che faccia il genitore lo fa, ed è pure piuttosto severa, ma per il resto, a volte sembra più un'amica. É lei che il sabato sera esce e io che l'aspetto alzata, solo per avere il gusto di dirle “beh? Ti sembra questa l'ora di rientrare??” XD Si compra una marea di vestiti e non sa mai che mettersi, spenderebbe milioni in scarpe che poi metterà solo una volta, va ai concerti con le amiche e appena può si fa i week end fuori con mio padre. Insomma fa quel che alla mia età non ha potuto fare perché era già madre e moglie, come era la norma allora. Come hai detto tu, si tratta di situazioni diverse, di contesti diversi e in gran parte di carattere e educazione diversa. D'altronde il mondo è bello perché è vario no? ^.*
irisdools : Grazie! Sono felice ti sia piaciuta quella scena, perché è forse il pezzo che mi ha coinvolto di più mentre lo scrivevo e ci tenevo che venisse bene. :-)
Lea__91 : Recensire non è un obbligo (anche se all'autrice fa piacere ricevere le vostre recensioni XD) quindi non scusarti mai di non aver recensito subito o affatto. É giusto e normale che ci siano delle priorità, e tra queste non ci deve essere il recensire ad ogni costo. :-) Io per prima è molto raro che recensisca più di una volta la stessa storia e prima che questa sia terminata (anche perché le volte che l'ho fatto le storie, escluse alcune, hanno perso in qualità e sono diventate magari pure squallide, facendomi pentire dei complimenti fatti all'autrice/tore e alla storia in se... Ma questa è un'altra storia). Comunque capisco, io a parte la salute che va e viene (l'ansia è una brutta bestia credetemi), sto studiando per la patente, per due esami, e sto partecipando a due laboratori, quindi posso capire quando dici che hai pochissimo tempo. Il capitolo 8 l'ho scritto tutto la notte, ogni notte dopo l'una mi mettevo a scribacchiare qualche riga. Visto che l'ansia non mi faceva dormire ne ho approfittato! XD Ottimizzazione dei tempi, è questo il mio motto! XD
Che dire, stavolta sono stata velocissima, mi sorprendo da sola! XD Ma è capitato solo perchè avevo già ben chiaro cosa scrivere, non facciamoci illusioni! Spero di riuscire a postare un altro capitolo entro metà aprile, perchè la seconda metà del mese per me sarà di fuoco e fiamme. Volevo lasciarvi un regalo di Pasqua,ecco.
Buone feste a tutte, scartate uova, mangiate cioccolato, colomba, e qualsiasi leccornia, alla faccia della linea e delle modelle anoressiche! E se ve lo dice una che pesa 43 kg e che mangerà come una morta di fame! Ya-uuuuuuh! XD