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Autore: Noony    03/04/2010    2 recensioni
Hannah e Jace non hanno nulla in comune. Vengono da mondi differenti, sono la principessa e il povero dei giorni nostri. Sono due persone che nonostante tutto, si trovano e si innamorano delle proprie differenze.
Lei ha solo sedici anni quando si trasferisce a New York con suo padre. Lascia alle sue spalle un'esistenza vuota, e nessun amico a cui dire addio. Non ha nulla da portare con se nella sua nuova vita. Una vita che non vuole, perché identica alla precedente. É ricca, ma povera di affetti. É una ragazza sola, taciturna,malinconica.
Lui vive con la madre in un appartamento malconcio ad Harlem, frequenta un'esclusiva scuola privata solo perchè ha ottenuto una borsa di studio. Ma è una vita piena la sua, di affetti, di amici, di ricordi felici. Ha solo diciassette anni ma ha già in se un forte desiderio di rivalsa. Ha già progettato tutto il suo futuro, e sa come riuscire a raggiungere i propri obbiettivi: lavorando duramente. É ottimista, intraprendente, bello e carismatico.
Sullo sfondo della loro storia d'amore si intrecciano le vicende di amici e genitori, ognuno con i propri drammi e amori. Questa è una storia banale, una storia come tante altre già scritte e già raccontate.
Dal capitolo 8. Il cambiamento: E sapeva che non pensava di perdere un'amica, pensava di
perdere Hannah. Hannah era Hannah, un mondo a se stante nel suo
universo. Non era un'amica, forse non lo era mai stata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hopelessly devoted to you







Hopelessly Devoted To You <3

Capitolo  9. Al bivio.


Lei.
-E questo è tutto...- Disse Hannah, sospirando. Aveva appena terminato di riferire alle ragazze tutto quello che Jace le aveva raccontato il sabato precedente, ma su nessuno dei loro volti leggeva lo sgomento, la sorpresa, l' ira o l'incredulità che si sarebbe aspettata. - Ho l'impressione che voi foste al corrente di tutto.- Le fissò una ad una vagamente indispettita. L'avevano fatta parlare per venti minuti interi, mentre erano già a conoscenza di ogni particolare. Cominciava a pensare si divertissero a prenderla in giro a quel modo.
-Certo che si, visto che in questa storia siamo state coinvolte anche noi!- Esclamò Jaquie, come se fosse cosa ovvia che avessero parte in qualsiasi vicenda riguardasse Jace.
-Che significa?- Chiese lei di rimando, ritrovandosi a fissarla con aria perplessa.
-Significa che prima che succedesse tutto questo casino tra quei due, eravamo amici. Ed eravamo una bella crew, come direbbe Jem.- Rispose quella, ammiccando.- Daphne ed io conosciamo Tom dall'asilo. Sai come va in questo ambiente Hannie. Ci si conosce tutti tra rampolli dell'alta società! Sarà lo stesso anche in Inghilterra, no?- Aggiunse sarcastica. Hannah annuì, era vero, che volesse o no conosceva quasi tutti gli eredi delle migliori e più ricche famiglie del suo ambiente, in patria. - Per farla breve, quando hanno smesso di parlarsi dopo essersele date di santa ragione, abbiamo cercato di dividerci tra loro. Sai, è stato come se avessero divorziato e avessero ottenuto l'affidamento congiunto su di noi. Metà settimana con uno, metà con l'altro, e week end alternati. Ma la scuola era terreno neutro, non si parlava con loro due neppure sotto tortura. Non volevamo fare un torto a nessuno. Jace ha capito subito la situazione, e non si è lamentato...Beh, non che ne avesse motivo, era colpa sua! Ma Tom non la pensava allo stesso modo, siccome eravamo amici fin da bambini ha ben pensato avessimo l'obbligo di stare dalla sua parte. Lo stronzetto ha pensato che la nostra imparzialità significasse che davano ragione a Jace, ci ha accusato di aver sempre preferito lui e da allora non ci ha più rivolto la parola, preferendo quei cretini senza cervello della squadra di football, quelle teste vuote che lo seguono come cagnolini scodinzolanti e lo adorano incondizionatamente! Come se fosse un Dio! Un Dio? Altro che Dio! Lo prendere volentieri a calci in quel suo culo ossuto!- Jaquie si stava scaldando. Gesticolava furiosamente, e una volta o due rischiò di colpire accidentalmente Rose in pieno volto. Ma la ragazza schivava agilmente ogni colpo, ormai abituata ad avere a che fare con Jaquie e le sue mani, che come il corpo a cui stavano saldamente attaccate di stare ferme non volevano mai saperne.
-Jaquie calmati! Possibile che dopo due anni non ti sia ancora passata? Tom ha fatto la sua scelta, per quanto ci abbia fatto male, non è di certo insultandolo che cambierai le cose. - Molto calma, Daphne intervenne nel tentativo di arginare le reazioni sempre spropositate della compagna, e evitare che davvero Rose si beccasse un pugno in pieno volto.
-Beh di certo mi fa sentire meglio!- Sbottò l'altra, incrociando finalmente le braccia al petto. Erano così Daphne e Jaquie, una cheta come l'acqua, l'altra scoppiettante come il fuoco, la dimostrazione che gli opposti si attraggono.- Se Jace non ne vuole parlare con noi c'è un motivo, così come c'è un motivo se l'ha voluto raccontare ad Hannah. Un buonissimo motivo, direi. Vuole proteggerla, mi sembra evidente.- Riprese, stringendosi ancora un poco nel suo cappotto e rivolgendosi poi ad Hannah. - Sono certa che Jace non te l'abbia detto, ma è giusto che tu lo sappia, quanto meno perché tu possa capire cosa l'ha spinto a parlare di un argomento molto doloroso per lui. Quando fece a botte con Tom, lui gli promise che si sarebbe vendicato ripagandolo con la stessa moneta. Fino ad ora Jace non ha mai mostrato un interesse più... Marcato ecco, più marcato del normale per nessuna ragazza... Finchè non sei arrivata tu.- La fissò intensamente, i suoi occhi azzurri dicevano tutto senza che lei avesse bisogno di pronunciare una parola di più.
-Intendi dire che Thomas crede che Jace...? Suvvia è assurdo! Ci deve essere stato per forza un malinteso. Jace non è e non sarà mai interessato a me nel modo che lui intende. Questo è certo.- Disse con totale convinzione. Nel suo immaginario nessun ragazzo che fosse al livello di Jace, avrebbe mai potuto provare per lei sentimenti che andassero ben oltre l'amicizia. Era conscia di avere poche buone qualità, ma a parte un cospicuo patrimonio, non aveva nulla di più di qualsiasi altra ragazza al mondo. Anzi, alcune sue compagne, erano ben più ricche di lei. Si, si era convinta, c'era sicuramente stato un fraintendimento. - Dovrò parlargli, anche se non ne sono felice. Quel ragazzo mi terrorizza. Giusto Cielo, mi ha fatta seguire! Non c'è nulla di più spaventevole!- Esclamò rabbrividendo, e non per il freddo. - Ma ne varrà la pena. Sicuramente comprenderà, lascerà Jace in pace e smetterà di farmi seguire, ne sono certa.- Aggiunse poi, con insolita decisione.
Le ragazze si guardarono l'un l'altra sospirando e scuotendo il capo. L'ingenuità di Hannah a volte aveva davvero dell'incredibile.
Era un martedì pomeriggio freddo e nuvoloso. Un vento freddo si divertiva a colpire con violente sferzate i volti delle quattro adolescenti che per la prima volta tornavano a casa tutte insieme, camminando strette le une alle altre per proteggersi dal tempo inclemente. Jace era assente da scuola da due giorni, e Hannah ancora non aveva ancora trovato il coraggio di bussare alla porta dell'infermeria e chiedere alla madre del ragazzo che gli fosse capitato. La mattina prima era passata davanti a quella porta almeno una decina di volte, ma al momento di sollevare il pugno e bussare le mancava il coraggio e correva via trovando ogni volta una diversa scusante. Jaquie aveva parlato di un brutto raffreddore, o un'influenza, e lei s'era fatta bastare quella misera e vaga notizia, non senza domandarsi se fosse la cosa giusta da fare. Era preoccupata per Jace, sentiva la sua mancanza, e l'idea di lui solo soletto, magari rannicchiato a letto con un febbrone da cavallo e in preda ai deliri, mentre lei non aveva neppure il coraggio di andare ad informarsi sulle sue condizioni, le era appena sopportabile. Ma poi le tornavano in mente le sue parole, ciò che le aveva raccontato, ciò che aveva fatto a Thomas. Non riusciva a crederci, non poteva credere che il ragazzo ,sempre così gentile e attento ai sentimenti altrui, avesse potuto fare una cosa del genere, e non ad una persona qualsiasi, ma al suo migliore amico.
Si chiedeva se non fosse capace di fare anche a lei un simile sgarbo, se non fosse capace di tradirla e umiliarla, e magari fingere poi rimorso e pentimento davanti alla sua prossima vittima. Aveva paura di Jace e di quel che di lui non poteva prevedere: le sue scelte future. Non era l'essere pubblicamente umiliata a sembrarle tanto grave, poteva passarci sopra se l'alternativa era esserne ferita. Per tutta la considerazione che nutriva nei suoi confronti, per l'affetto e quella strana sensazione che provava vicino a lui e a cui aveva dato il nome di devozione, lei non se ne sarebbe più ripresa. Non l'avrebbe sopportato, e lo capiva benissimo, anche senza le maliziose battutine delle ragazze e le loro illazioni senza fondamento.

A casa, la tata l'aspettava in salotto, già pronta per il tradizionale tè delle cinque.
-Non perché siamo finite in un luogo privo di tradizioni civili, dobbiamo rinunciare alle nostre più sacre usanze.- Le diceva sempre, anche se sapeva benissimo non essere assolutamente vero. Il patriottismo la rendeva cieca. Ciò non piaceva ad Hannah, che cominciava ad apprezzare gli Stati Uniti per la libertà di cui li godeva, per le diverse culture e ambienti sociali con cui poteva venire a contatto e per tutto ciò che di positivo una metropoli come New York poteva offrirle, amiche come il Trio, e soprattutto Jace. Ma l'affetto che provava per la domestica era grande quanto basta per poter passare sopra qualsiasi suo difetto.
Eleanor non amava l'America, sarebbe stato palese anche per un cieco. Nonostante dopo il loro trasloco potesse stare più vicina alla sua unica parente in vita, una sorella minore, che abitava a Brooklyn dove possedeva una boutique di moda o qualcosa di simile, non poteva darsi pace. Era stata educata a vedere in tutto ciò che viene dagli Stati Uniti una mera imitazione dello splendore e dalla potenza dell'amata patria, e questo principio aveva cercato d'inculcare anche in Hannah, ma con scarsi risultati. Non riuscendo a muovere alcuna critica contro la sua pupilla, sempre così buona, obbediente, educata, e affettuosa, aveva decretato che era tutta colpa di una qualsiasi cosa a caso, non certo di Hannie, il suo caro angioletto, se lei non nutriva la sua stessa devozione per la Gran Bretagna. I giovani d'oggi hanno il mondo per patria, soleva dire con un certo rammarico.
Quando Hannah la raggiunse, dopo essersi levata l'uniforme, averla riposta con cura e aver indossato degli abiti più comodi e consoni ad un pomeriggio in casa ad oziare, Eleanor si stava versando la sua seconda tazza di tè. Sul tavolino del salottino stava posato un bel vassoio in argento, su cui spiccava un piattino in ceramica bianca cosparso di briciole.
-Tata...- Mormorò la ragazza, sollevando il piattino con tono ammonitore. - Il medico ti ha proibito i biscotti, soprattutto quelli al burro. Scommetto che erano quelli con le gocce di cioccolato. Ne va della tua salute. Devi moderarti.- Si diresse in cucina, e prese qualche altro biscotto che posò sul piattino che non tornò però sul vassoio. Lo tenne sulle ginocchia per tutto il tempo, proteggendo il gustoso tesoro dalle grinfie della golosa scozzese.
-Suvvia cara, ne ho mangiato giusto uno... O cinque...- Borbottò a mò di giustificazione, mentre le porgeva una tazza colma della fumante bevanda. - Con un goccio di latte e due zollette di zucchero, come piace a te.- Disse con un sorriso.
-Grazie. Non cercare di cambiare argomento però. Devi stare attenta, il dottor Hamilton te lo diceva sempre, il colesterolo non va sottovalutato.- Aggiunse seriamente, prendendo la tazza che le veniva porta dal suo piattino. Prima di assaggiare il suo té, cominciò a smangiucchiare uno dei biscotti. - Se ti dovesse succedere qualcosa... No, non voglio affatto pensarci.- Sbottò infine, scuotendo con forza il capo.
-Avresti sempre tuo padre. Ne abbiamo parlato spesso, Hannie. Io sono solo la governante in casa Barnes, anche se ti ho cresciuto, ti ho amato e ancora ti amo come se fossi figlia mia. Ma sono sempre una dipendente,e non è bene che la figlia del padrone si mostri così affettuosa nei miei riguardi.- Era un discorso che riproponeva spesso, durante le loro chiacchierate, forse solo per esorcizzare la realtà e le convenzioni che le volevano divise, mentre loro erano più unite che mai. Eleanor per Hannah era a volte madre, a volte vecchia zia zitella e pure un poco acida, a volte saggia nonna, però sempre amica e confidente. Quella era l'unica regola che amava trasgredire, la sua tata non sarebbe mai stata soltanto una dipendente, non per lei. Quando non avesse avuto più bisogno delle sue cure, sarebbe stato il suo turno di prendersi cura della donna, fino all'ultimo istante della sua vita, che Hannah si augurava giungesse il più tardi possibile.
-Proprio per questo non ti posso permettere di mettere a rischio la tua salute. Sai benissimo che per mio padre non sono proprio tra le priorità, nella sua vita.- Replicò Hannah, con totale indifferenza. Eleanor non replicò affatto. Non poteva darle torto. George Barnes non era mai stato un esempio di padre attento e premuroso nei confronti della propria prole.
-Allora, come è andata la giornata? Hai parlato con quel tuo amico?- Chiese dopo un breve silenzio, cambiando argomento. Ovviamente le aveva raccontato tutto di quel sabato pomeriggio
-Jace? No, era assente anche oggi. Jaquie gli ha telefonato, dice di aver preso freddo durante il week end e d'aver preso un'influenza.- Disse, prima di dare un piccolo morso ad un biscotto.
-Quindi non hai parlato neppure con sua madre? Sarebbe cortese da parte tua se t'informassi sulla sua salute.- Asserì la donna, posando la sua tazza vuota sul bel vassoio, lucido come uno specchio.
-Io... Veramente mi piacerebbe potere andarlo a trovare.- Hannah arrossì. Aveva paura la tata l'avrebbe per quell'assurda idea e trovato sconveniente una simile eventualità. Per la corpulenta sessantenne l'idea della sua dolce bambina sola nella stanza di un “uomo” sfiorava l'indecenza. Certo ai suoi tempi era diverso, ma anche lei tanto tempo prima aveva avuto sedici anni, e con orrore immaginava cosa sarebbe potuto succedere. Esattamente ciò che era successo a lei.
-Se sua madre ti invitasse, ti accompagnerei volentieri, e potrei portargli del brodo di pollo, fatto seguendo la ricetta della nonna Josephine, pace all'anima sua. - Da fervente cattolica quale era, si fece il segno della croce e volse gli occhi al cielo. - é una manna per il raffreddore.-
-E se non lo facesse? E se...- Deglutì nervosamente. - E se le chiedessi io di poterlo vedere? Credi che sarebbe offensivo?- Chiese titubante. Aveva visto solo di sfuggita la madre di Jace, e le pareva un tipino particolare. Non riusciva ad immaginare quale sarebbe stata la sua reazione ad una simile richiesta.
-Oh cielo, offensivo no di certo! Ma preferirei se non imponessi la tua presenza se non richiesta o ancor peggio non gradita. Sai come la penso a riguardo. Mio padre diceva che gli ospiti sono come il pesce, dopo due giorni cominciano a puzzare. Non voglio che qualcuno possa pensare questo di una Barnes. Non è decoroso.- Replicò Eleanor, volendo rassicurarla ma allo stesso tempo ammonirla.
-Già.- La giovane sospirò. Terminò la sua tazza di té e mangiò i biscotti rimasti. La tata le prese dalle mani tazza e piattino, posandoli sul vassoio che poi in silenzio portò in cucina, lasciando Hannah sola nel grande salotto. Nel seguirla con lo sguardo, notò qualcosa di diverso nella stanza. Su un tavolino, su cui faceva bella mostra di se una splendida lampada, mancava qualcosa. Una antica cornice in argento che conteneva la foto di sua madre. Era una delle poche immagini della defunta Signora Barnes che si potessero trovare in casa.
-Tata... Dov'è finita la foto della mamma?- Le chiese, raggiungendola in cucina.
-Quella sul tavolinetto intendi? Oh, tuo padre l'ha spostata, borbottando qualcosa sul fatto che quello non fosse il posto adatto. Credo l'abbia messa nel suo studio.-
-Capisco...- No, in realtà non capiva, non del tutto. L'unica cosa che vedeva chiaramente era che suo padre pareva vergognarsi di quella giovane moglie persa così tragicamente e volesse farle scordare sua madre levandole pure quei pochi ricordi che di lei possedeva. Sarebbe andata a cercare quella foto, e l'avrebbe riposta al suo posto, alla vista di tutti, dove meritava di essere, nonostante il modo in cui Zara aveva deciso di lasciare questo mondo.


***

Con molto imbarazzo aveva detto alle ragazze di non aspettarla per la pausa pranzo quella mattina, perché aveva “qualcosa di importante da fare”. Jaquie l'aveva tempestata di domande, curiosa com'era, ma Daphne aveva ben pensato di trascinarla via prima che costringesse Hannah ad aprire bocca con un paio di tenaglie, tacciandola d'essere una pettegola e suggerendole caldamente di farsi i fatti suoi, una volta tanto. Ed ora eccola là Hannah, impalata davanti alla porta dell'infermeria, troppo vigliacca per sollevare una delle sue delicate manine, chiuderla in un pugno e bussare, quasi avesse paura che ognuno di quei gesti insignificanti potesse potesse prosciugarle tutte le forze o portare a conseguenze catastrofiche.
Giusto Cielo Hannah! Sei una Barnes! E i Barnes non si fanno intimorire da niente! Si disse annuendo a se stessa con convinzione, cercando di infondersi un po' di coraggio. Prese un profondo sospiro, e gonfiando il petto come se si preparasse a fronteggiare la propria personale nemesi bussò alla porta, cui vetro coperto da una squallida avvolgibile vibrò sotto i suoi deboli colpi.
Quando la maniglia si mosse fece un salto indietro. L'intenzione era quella di scappare a gambe levate, alla faccia del buon nome e dell'orgoglio dei Barnes. Per sua fortuna, non fu abbastanza veloce.
-Si? Oh, salve tesoro, qualcosa non va?- Sollevò lo sguardo, posandolo sulla donna che le aveva aperto e che ora le stava davanti. La madre di Jace le parve bellissima, vista così da vicino. Avevano gli stessi occhi grigi screziati d'oro loro due, sebbene il taglio fosse diverso e le ciglia di lei fossero più lunghe e folte, e lo stesso sorriso allegro, capace di conquistare e rallegrare anche l'individuo più cupo e triste. Eppure le sue labbra, rese lucide da uno strato di lucidalabbra, erano più piccole e carnose di quelle del figlio. Era alta quanto Hannah, con corti capelli d'un biondo così chiaro da avere dei riflessi argentei alla luce del sole. Il taglio poi era davvero particolare, così stravagante con quella lunga frangia a coprire tutto il lato destro del volto e piccole ciocche sfilacciate sparate qui e li sulla nuca. Una capigliatura che non ci si aspetterebbe di veder portare da una madre. Sotto il lungo camice bianco bianco spuntavano jeans skinny e allstar d'un accesissimo verde smeraldo. Viste da lontano, le avrebbero sicuramente scambiate per coetanee.
Osservandola nell'insieme, si chiese se non ci fosse stato un fraintendimento di fondo. Forse si era sempre sbagliata, e quella donna che ora fissava inebetita, la stessa che spesso aveva visto chiacchierare con Jace nei corridoi, non fosse che un'assistente dell'infermiera, o un'infermiera più giovane e notevolmente attraente. Forse aveva aver frainteso i discorsi del Trio, doveva essere così, perché non poteva credere che Greta, così giovane e bella, potesse essere davvero la madre di un diciassettenne. Con quel fisico così asciutto poi, era difficile credere addirittura che fosse mai stata incinta.
-Ahm...- Hannah deglutì rumorosamente, prima di riuscire ad aggiungere qualche parola a quel verso inarticolato. - La... La... Signora Stein?- Chiese, quasi balbettando.
-Sono io cara, vieni entra pure.- La fissò senza vergogna, con le labbra spalancate a formare una piccola O. La donna le posò dolcemente una mano sulla spalla, ridendo ed insieme spingendola ad entrare. - Lo so, faccio sempre questo effetto!- Aggiunse, facendole un occhiolino.

La ragazza si guardo intorno. Tutto era immerso in un silenzioso ovattato ora che la porta chiusa le separava dal frastuono del corridoio. Non c'erano finestre, ma solo una lampada al neon ad illuminare il luogo, che eppure era luminosissimo grazie all'arredamento rigorosamente bianco brillante, che rifletteva il più pallido raggio di luce, amplificandolo. Inoltre rendeva l'infermeria un luogo apparentemente asettico e freddo, molto impersonale, reso più accogliente solo da alcuni tocchi di colore qui e la. In quei particolari si poteva notare il tocco della donna, tracce del suo particolare ed esuberante carattere. La scrivania, relegata in un angolo, era piena di foto, post-it colorati, penne bizzarre raccolte in un una specie di tazza in terracotta mal riuscita e tutta sbilenca da un lato, ancor più bizzarra. Non ne fu sorpresa come sarebbe stata di solito, in fondo era della donna che aveva cresciuto Jace che si trattava, e non l'aveva mai immaginata come il prototipo di madre perfetta, tutta intenta a preparare biscotti con un grembiule a quadri legato in vita e i capelli sempre in piega. Magari con qualche anno in più e qualche ruga a segnarle il volto, questi si.
Quelle macchie di colore sgargiante venivano nascoste al resto dell'infermeria da una tenda, anch'essa bianca, che all'occorrenza copriva completamente la metà della stanza occupata da due lettini, un armadio in metallo e un altro mobiletto che poteva vedere, attraverso i vetri degli sportelli, fosse ricolmo di garze, cerotti, bende e due grossi cofanetti verdi, probabilmente due kit di pronto soccorso. Alcune confezioni di cerotti erano coloratissime, e spiccavano tra i bendaggi bianchi
Cerotti per bambini? Si chiese, corrugando la fronte.
-Allora Hannah, sdraiati su uno dei lettini e dimmi cosa c'è che non va. Non devi stare bene,vero? Sei piuttosto pallida.- Disse, prima di voltarsi a chiudere la porta a chiave.
La ragazza non si era affatto accorta, distratta com'era a guardarsi intorno, che la donna l'aveva chiamata per nome, e siccome non le aveva affatto risposto, Greta la chiamò ancora.
-Hannah?- La ragazza rabbrividì e si voltò. Il silenzio rendeva ogni rumore suadente, anche la vocetta un poco stridula della donna, provocandole quei brividi lievi di piacere che partono dalla nuca fin giù, lungo tutta la schiena.
-Come...Fa a conoscere il mio nome?- Chiese sorpresa, rimanendo impalata nel bel mezzo dell'infermeria, con le braccia pendenti lungo i fianchi, immobili.
-Tesoro, sono l'infermiera. E un'infermiera piuttosto pettegola, se devo essere sincera!- Rise, incrociando le braccia al petto. Si avvicinò alla scrivania e si sedette con le gambe a penzoloni. - E ancor prima sono la madre di Jace, come potrei non conoscerti, quando lui mi parla tanto spesso di te?- Aggiunse, e il suo sorriso si fece appena malizioso, solo per pochi istanti, tanto che Hannah non se ne rese conto. - A proposito, dammi del tu, ti prego!-
-Oh.- Fu tutto ciò che la ragazza riuscì a replicare, prima che Greta riprendesse a parlare. Erano proprio madre e figlio lei e Jace, lo si notava se non per l'incredibile somiglianza, per l'impareggiabile loquacità.
-Già, comprendo l'imbarazzo, ma vedi, sono comunque l'infermiera, quindi se c'è qualcosa di cui mi devi parlare, se non ti senti bene... - La fissò sgranando gli occhi.- Oh, ho capito! - Si batté una mano un fronte, e agile saltò giù.- Sei in quel periodo “particolare” del mese! Ma certo, che stupida come ho fatto a non capirlo subito. Non sai quante ragazze vengono da me con questo piccolo problema.- Corse dietro alla scrivania, cominciando a rovistare sul piano, tra fogli, foglietti, cartelle e cianfrusaglie varie.- Il ciclo mestruale per alcune è una vera maledizione! Ti cerco subito qualcosa per alleviare il dolore... Oppure ti serve un assorbente? Sempre se trovo le chiavi... Maledette...- Borbottò irritata, poi si chinò e aprì un cassetto da cui tirò fuori il mazzo di chiavi tanto cercato. - Oh, eccole le fuggitive!- Rise, tenendole sollevate tra indice e pollice. Hannah la fissò esterrefatta. Quella donna, una totale sconosciuta che per giunta era la madre di Jace, le stava parlando di ciclo mestruale? Per davvero aveva pronunciato quelle due imbarazzanti parole? Era vero,e non riusciva a capacitarsene. Hannah ne fu sconvolta. Forse se avesse avuto una madre con cui poter fare certi delicati discorsi, non avrebbe avuto una simile reazione, purtroppo aveva solo la tata che evitava tali argomenti come i gatti evitano l'acqua. Cominciò a sentire un gran caldo, come se qualcuno le avesse dato fuoco al volto, tanto era l'imbarazzo.
-N-no... No..I-io...Io volevo...- Trovò la forza di balbettare, prima che la situazione potesse degenerare e diventare ancor più imbarazzante di quanto già non fosse. - Io volevo solo... So-solo sapere come sta Jace...-
Greta si fermò di colpo a fissarla con tanta intensità che Hannah incassò istintivamente il capo tra le spalle, aspettandosi una ramanzina per essersi interessata della salute del ragazzo solo dopo la bellezza di tre giorni. Greta invece le venne incontro e l'abbracciò di slancio, lanciando via le chiavi che caddero con un tonfo sulla scrivania.
Ha il suo stesso profumo... Fu la prima cosa che Hannah pensò, ancor prima del rendersi conto che era la stessa donna che un minuto prima le parlava senza vergogna di assorbenti ad abbracciarla. Una cosa decisamente bizzarra.
-Oh, finalmente! Sono così felice che sia venuta a chiedermi di lui!Era ora! Mi domandavo quando l'avresti fatto!- La lasciò andare e le prese il volto tra le mani. - Mio Dio Hannah, sei hai un volto così bello, e che occhioni! Tutte le amiche di Jace sono così belle che finirò per sfigurare!- Borbottò mettendo su un broncio infantile ma divertente. Impiegò meno di mezzo secondo a cambiare espressione e farsi seria. Tutti questi repentini cambi d'umore stordivano la ragazza, che non aveva mai incontrato nessuno di tanto lunatico ed instabile. -Il nostro baldo giovane sta peggio di quel che temevo, stamattina il medico l'ha visitato, e a quanto pare ha preso una bronchite. Nulla di grave, ma dovrà stare a casa per almeno una decina di giorni ancora, se tutto va bene.- Strinse le spalle, sospirando. - Negli ultimi giorni è stato intrattabile, così nervoso, il che è strano, di solito smania per ammalarsi e poter stare a casa a poltrire! Sono certa gli farebbe molto bene se tu lo chiamassi. Da quando ti frequenta, mi sembra sia più sereno. - Disse infine, simulando totale ingenuità. Dovette essere parecchio convincente perché Hannah non intuì affatto che ella sapeva benissimo cosa era successo tra loro il sabato precedente. In quel momento la campanella suono, e Hannah scatto immediatamente verso la porta, afferrando la maniglia e tirando. Una volta... Due volte... Tentativo di fuga fallito. La porta era ancora chiusa a chiave.
-Io... Devo andare... La campanella...- Borbottò, senza voltarsi. Intanto la sua mente lavorava freneticamente. Telefonargli, aveva proprio detto che gli avrebbe fatto piacere se avesse chiamato. Cercò di non focalizzarsi sul sollievo che quelle parole le avevano dato, perché lei non voleva telefonargli, doveva vederlo. Anzi non doveva, non era un obbligo, lei voleva vederlo. Ma l'invito da parte della donna non era arrivato, anzi le si era avvicinata e facendo scattare piano la serratura, le aveva aperto la porta.
-Calmati tesoro, nessuno ti condannerà a morte se per una volta farai cinque minuti di ritardo. In caso, mandali da me, intesi? Questioni tra donne, sono le tre paroline magiche che risolvono ogni problema. - Le sorrise, afferrandole delicatamente il mento con una mano e costringendola a voltarsi. La fissava dritto negli occhi, con i suoi così simili a quelli di Jace che Hannah ne fu inspiegabilmente scossa da capo a piedi. - Mi farebbe piacere chiacchierare con te, Hannah. Mi piace poter conoscere le amiche e gli amici di mio figlio, sono sempre persone molto particolari e fuori dalla norma. Persone da cui imparare qualcosa. Ma in te c'è qualcosa di più, lo sento. - La lasciò andare ritraendo piano la mano, e Hannah si precipitò fuori dall'infermeria. - Buona giornata, spero di rivederti presto, e non in infermeria!- Aggiunse, sorridendole ancora, per nulla offesa dal modo in chi la ragazza stava letteralmente scappando da lei, senza neppure un saluto di commiato. Hannah vide la porta chiudersi,e rimase li, a fissarla, nel corridoio deserto e silenzioso come lo era la stanza che aveva appena lasciato. Cominciò ad incamminarsi verso l'aula di biologia, senza smettere un attimo di pensare e ripensare.
Amica. Lei per Jace era un'amica, o perlomeno suo madre la credeva tale. Era ciò che le sarebbe bastato essere per lui. Un'amica tra le tante sarebbe stato perfetto, né più né meno importante di nessuna delle altre, non pretendeva null'altro. Ma non si stava comportando come tale. Si rese improvvisamente conto che desiderava con tutta l'anima potersi fidare di lui, dimenticare ciò che lui le aveva raccontato, ciò che aveva fatto e i dubbi su ciò che avrebbe potuto fare ancora in futuro. Cominciò a chiedersi se il passato in fondo non fosse che passato, se è vero che si impara dagli sbagli e se Jace aveva imparato dai propri, se non dovesse prendere il racconto di lui per quel che era: una sincera confessione, lusinghiera per giunta, perché significava che per lui era in qualche modo importante, che teneva a lei tanto da voler essere sincero fino allo spasimo, che per esserle amico era disposto a scoprirsi totalmente, mostrandole pregi e difetti, raccontandole di vittorie e sconfitte passate.
E poi si parlava di Jace, di quello stesso Jace che aveva fatto voto di silenzio affinché lei gli parlasse, quello stesso Jace che l'aveva spinta ad aprirsi verso il prossimo, quello stesso Jace che l'aveva coinvolta nella sua vita, accolta tra i suoi più cari amici, che si fidava di lei e per lei aveva sempre un sorriso. Una persona così, non meritava forse la sua fiducia più di tutti gli altri? Non meritava la possibilità di dimostrarle che aveva commesso solo un grosso errore di percorso? Si chiese chi altro potesse meritare una seconda occasione, se non Jace.
Si fermò nel bel mezzo del corridoio, e si voltò piano. Vedeva ancora la porta dell'infermeria, ancora chiusa, e con essa un'opportunità, quella di sbagliare per amore di un amico, sbagliare ed essere felice. Dall'altra parte, l'aula di biologia, la sua lezione, il dovere, la regola da non infrangere, il rifiutarsi di seguire ciò che il cuore le urlava a gran voce di fare. Hannah non amava il rischio, e l'errore nella sua esistenza non doveva essere neppure contemplabile, ma quella volta, davanti ad un bivio, scelse la strada più tortuosa, la strada sbagliata, paradossalmente la più giusta per lei. Non sapeva dove quel cammino l'avrebbe portata, ma voleva percorrerlo fino in fondo. Qualcosa in lei era scattato e aveva preso il sopravvento, prima che la ragione potesse porre un freno a quella scintilla di istintività, tornò sui suoi passi, veloce, quasi in una corsetta. Di nuovo davanti alla porta dell'infermeria, bussò. Quando Greta aprì la porta, sforzandosi di sostenerne lo sguardo disse, ansante per la tensione che le serrava la gola. - La prego, lo faccia, la scongiuro! Mi inviti ad andare a fare visita a Jace!- Per la prima volta in vita sua non le importò di essere additata come maleducata e invadente. Se per Jace, l'avrebbe sopportato.


L'angolo dell'autrice: 

S chan : Innanzi tutto, ci tengo a fare qualche precisazione sulla questione dei volti. Li ho inseriti 1) perché mi intriga un sacco photoshoppare XD e non ho resistito alla tentazione di fare dei piccoli lavoretti. 2) per dare ai lettori un'idea di come io immagino i miei personaggi, o quali volti mi hanno ispirato in alcuni aspetti. Non ho scelto questi attori e attrici perché “fa figo” (altrimenti avrei usato solo gli attori di Twilight che ormai sono in ogni dove =_=) o perché sono fan di uno o dell'altro e dovevo infilarcelo a forza da ogni parte. Trovo giusto (e personalmente molto stimolante e piacevole per me come autrice) che ogni lettore immagini a modo suo Hannie, Jace, e tutto il resto della combriccola. É come se facendo questo il lettore lodasse me e il mio lavoro, perché la Noony lettrice se non viene coinvolta dai personaggi e dalla loro storia, non si sforza neppure di immaginarseli. :-)

Detto questo... Eeeeeh! Jace stava diventando un Gary Stu a tutti gli effetti, dovevo creargli degli imbarazzanti precedenti e dei difetti. E a dirla tutta lo preferisco così, imperfetto come ogni altro diciassettenne! Non preoccuparti, Hannah non si rende conto di essere un'anima pura e ingenua rispetto ai suoi coetanei, non giudica ma si sorprende alquanto quando qualcuno compie delle azioni che ha sempre ritenuto sbagliate e che si vergognerebbe di compiere (e lei si vergogna decisamente di troppe cose). E poi è di Jace che si sta parlando, probabilmente non riuscirebbe a giudicarlo neppure se fosse colpevole di omicidio.

Mia madre mi ha avuto che aveva appena ventitré anni... ed è sempre stata una pazza(in senso buono eh XD)! O.O” Certo quando c'è bisogno che faccia il genitore lo fa, ed è pure piuttosto severa, ma per il resto, a volte sembra più un'amica. É lei che il sabato sera esce e io che l'aspetto alzata, solo per avere il gusto di dirle “beh? Ti sembra questa l'ora di rientrare??” XD Si compra una marea di vestiti e non sa mai che mettersi, spenderebbe milioni in scarpe che poi metterà solo una volta, va ai concerti con le amiche e appena può si fa i week end fuori con mio padre. Insomma fa quel che alla mia età non ha potuto fare perché era già madre e moglie, come era la norma allora. Come hai detto tu, si tratta di situazioni diverse, di contesti diversi e in gran parte di carattere e educazione diversa. D'altronde il mondo è bello perché è vario no? ^.*
Grazie grazie grazie per i complimenti, che mi emozionano sempre (quando vedo un nuovo commentino mi gaso sempre tantissimo *_*), non posso prometterti di accorciare i tempi di aggiornamento, ma cercherò di finire questa storia, perché mi spiacerebbe lasciare a metà qualcosa a cui tengo e deludere i miei pochi fedeli lettori. :-)

irisdools : Grazie! Sono felice ti sia piaciuta quella scena, perché è forse il pezzo che mi ha coinvolto di più mentre lo scrivevo e ci tenevo che venisse bene. :-)

Lea__91 : Recensire non è un obbligo (anche se all'autrice fa piacere ricevere le vostre recensioni XD) quindi non scusarti mai di non aver recensito subito o affatto. É giusto e normale che ci siano delle priorità, e tra queste non ci deve essere il recensire ad ogni costo. :-) Io per prima è molto raro che recensisca più di una volta la stessa storia e prima che questa sia terminata (anche perché le volte che l'ho fatto le storie, escluse alcune, hanno perso in qualità e sono diventate magari pure squallide, facendomi pentire dei complimenti fatti all'autrice/tore e alla storia in se... Ma questa è un'altra storia). Comunque capisco, io a parte la salute che va e viene (l'ansia è una brutta bestia credetemi), sto studiando per la patente, per due esami, e sto partecipando a due laboratori, quindi posso capire quando dici che hai pochissimo tempo. Il capitolo 8 l'ho scritto tutto la notte, ogni notte dopo l'una mi mettevo a scribacchiare qualche riga. Visto che l'ansia non mi faceva dormire ne ho approfittato! XD Ottimizzazione dei tempi, è questo il mio motto! XD
Detto ciò... Sai che cominciavo a preoccuparmi?? Per te intendo! Ho avuto paura che ti fosse capitato qualcosa, sai un'influenza, un piccolo incidente (tocca ferro \m/ ), qualcosa!! Poi alla preoccupazione è subentrata la paranoia, e ho cominciato a chiedermi, “oddio, ma avrò scritto un capitolo così penoso che pure quella santa donna di Lea si è ben guardata dal recensire??”
Invece fiuu... *sollievo* Eccoti qui! Sono felicissima di sapere che sei viva, vegeta e spero in buona salute. :-)
Ehehehe ma Jace è tenerosissimo e non si vergogna ad ammetterlo e dimostrarlo *_*.  Ancora una volta mi sono ispirata a una persona per me importante, il mio fidanzato, che ha passato tutta la settimana scorsa, e passerà pure le feste chiuso in casa con la febbre. T_T Ho pensato che Jace potesse fargli compagnia e condividere la sua stessa sorte, anche perché anche lui ora sta leggendo questa storia! (che vergogna ma chi me l'ha fatto fare a dirgli che stavo scrivendo =_=). Anche se penso che sotto sotto lui abbia una cotta per Greta... U.U” Mica scemo!
Grazie ancora per i complimenti, ogni volta non riesco a capacitarmene, e spero che la tua opinione sulla trama non cambi neppure in futuro, quando ci saranno degli eventi che rivoluzioneranno completamente la storia di Jace e Hannie.


Che dire, stavolta sono stata velocissima, mi sorprendo da sola! XD Ma è capitato solo perchè avevo già ben chiaro cosa scrivere, non facciamoci illusioni! Spero di riuscire a postare un altro capitolo entro metà aprile, perchè la seconda metà del mese per me sarà di fuoco e fiamme. Volevo lasciarvi un regalo di Pasqua,ecco.
Buone feste a tutte, scartate uova, mangiate cioccolato, colomba, e qualsiasi leccornia, alla faccia della linea e delle modelle anoressiche! E se ve lo dice una che pesa 43 kg e che mangerà come una morta di fame! Ya-uuuuuuh! XD








  
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