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Autore: Haze    10/08/2005    5 recensioni
Una ff nata durante un semplice pomeriggio libero...nella vita di Kei si sono fatti spazio i suoi amici, ma ciò che il ragazzo proca per loro non può cancellare i ricordi...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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16/03/05

Caro Diario,

non mi sembra vero che sono qui, con questa penna in mano, a scaricare tutto ciò che provo su un inutile pezzo di carta. Non l’avevo mai fatto, mai. Io, Kei Hiwatari, il freddo, distaccato, asociale, imperturbabile Kei.

Lo so, è questo che si pensa di me. Del resto, come potrebbe essere altrimenti? Sono io. E’ il mio carattere, e nonostante ora io possa contare su degli amici, ciò non toglie che io rimanga il solito, impassibile Kei. A volte mi ritrovo a pensare come sarebbe se io divenissi come Takao: la mia vita sarebbe più serena? Mi sentirei più felice? Più vivo? Non so. Fatto sta che io non diventerò MAI come lui. E’ totalmente impossibile. Non è nei miei geni, non sento quella energia sotto la pelle, non mi sento così pieno di calore… e non riesco ad immaginarlo. Ormai non riesco più nemmeno ad immaginare. La mia fantasia è scomparsa, dileguata, o forse semplicemente non è mai esistita. Forse è stata troncata troppo presto, forse mi è stata strappata dal petto ancora prima che io mi rendessi conto di possederla. Lo so, non dimenticherò mai quello che mi ha fatto la mia famiglia. Mai. Non dimenticherò mai che mio padre ha lasciato che fossi trascinato da mio nonno in quel monastero, nel luogo dove ogni traccia d’ingenuità in me è scomparsa, è stata scacciata, rifiutata dalla mia stessa volontà. Lo ricordo: stavo disegnando Dranzer, in camera mia, quando ho sentito bussare alla porta. Era un suono secco, distinto, stranamente forte e potente. Non ero abituato ad un tale tocco: Maia, la nostra donna delle pulizie, era una ragazza minuta, dai piccoli polsi fragili, così sottili che più di una volta pensai a cosa sarebbe successo se spolverando se li fosse rotti. Quando bussava alla mia porta lo faceva con delicatezza, o forse semplicemente temeva che se fosse stata troppo violenta sarebbe stato scortese, non so. In ogni caso sussurrai un “ avanti ” distratto, ancora preso dal mio disegno.

Fu mio padre ad entrare. Ero alquanto sorpreso di vederlo in camera mia: quando mi voleva parlare mi aveva sempre fatto chiamare per raggiungerlo nel suo ufficio, anche quando la conversazione non avrebbe riguardato affari politici o altro. Raramente mio padre mi donava un po’ d’affetto, raramente vi provava.

In ogni caso lo guardai mentre entrava in camera mia con quell’espressione austera sul volto, i suoi occhi parevano gravati da una preoccupazione, ma dopo pochi istanti la sua bocca si aprì in un sorriso sereno, affettuoso, che parve voler scacciare la malignità del suo viso allo stesso modo del sole con la notte.

- Cosa succede, papà? Come mai qui? - gli chiesi ancor più sorpreso nel vederlo sorridere tutto a un tratto.

Fu allora che me lo disse. Mi disse che sarei partito con il nonno per tornare nella nostra patria, la Russia, che avrei frequentato “ una prestigiosa scuola di Beyblade ”e che così facendo sarei divenuto un campione. Questo fu quello che mi disse. Sembrava entusiasta di questa scelta, le parole erano marcate da una gioia che solo dopo scoprii essere falsa. Lì per lì fui quasi felice a mia volta, ma poi il pensiero che mi avrebbe accompagnato il nonno frantumò le mie speranze. Lo conoscevo, sapevo che tipo era, sapevo che ovunque egli andasse portava solo malignità e astio, e capii. Capii che in realtà mio padre mi stava abbandonando, mi stava allontanando dalla sua vita, per poi scaricarmi sulle spalle di nonno Hito, come se non avesse voluto altro dal giorno in cui ero nato, il giorno in cui mia madre morì. Lo guardai sospettoso, e mormorai:

- Non voglio. - . Avrei voluto urlare, sbattergli le mie parole in faccia con violenza, volevo incutergli addirittura paura, volevo che capisse che seppur ero piccolo, volevo regolare da solo la mia vita, e non essere sbattuto da una parte all’altra dei progetti di un uomo come un oggetto insignificante… e invece quella volta non riuscii a fare altro che a mormorare, quasi avessi voluto mostrare un mio capriccio e avessi avuto timore della sua reazione. Mio padre sorrise nuovamente, e mi poggiò una mano sulla spalla.

- Tranquillo Kei, sarà solo per qualche tempo… e quando sarai tornato vedrò un vero campione di Beyblade alla mia porta! Non ti piace più Dranzer? Non vuoi diventare un fuoriclasse? - mi disse per rassicurarmi.

Io non sapevo più cosa pensare. Amavo il beyblade con tutta l’anima: era ciò per cui ogni giorno mi svegliavo e sentivo di non essere solo un giocattolo tra le mani di un grande uomo d’affari, ma un ragazzino libero, libero di fare ciò che ama e di divertirsi, libero di coltivare le proprie ambizioni, libero di accettare una sconfitta, libero di essere libero.

Fu proprio questo che in quel giorno venne distrutto. Frammentato, mutilato, afflitto, torturato, annientato. Quel giorno firmai il contratto che eliminò quattro anni interi della mia vita.

Quando arrivai al monastero Borkoff era fuori ad attendermi. Lui e mio nonno si scambiarono un solo sguardo, e poi io fui portato dentro. Centinaia di ragazzi si stavano allenando nel lancio del Bey, lo ripetevano migliaia di volte, senza fermarsi mai. E chi crollava veniva insultato …e punito. Non dimenticherò mai quando vidi le prigioni del monastero. Vi erano così tanti ragazzi all’interno di quelle celle, così tanti giovani sofferenti e disperati…segni scarlatti attraversavano i loro corpi, lividi violacei segnavano i loro volti… Borkoff li guardava con disprezzo.

- Questo è quello che accade a chi viola le nostre regole, Kei… tienilo a memoria. - disse. Poi si lanciò nell’intera elencazione delle norme che avrei dovuto seguire… non potevamo ridere, non potevamo parlare tra di noi, dovevamo essere in perfetto orario sempre e comunque, dovevano seguire alla lettera tutti gli ordini dei guardiani del monastero… non potevamo vivere. Borkoff mi portò alla mia camera: un letto malconcio, con appena un panno di cotone al di sopra di esso, un comodino in legno scuro e una candela, spenta. Poi quando quell’uomo chiuse la porta di acciaio, quando sentii i suoi passi echeggiare lontano da essa, quando fui sicuro di esserne ancora in grado… piansi. Piansi con tutte le mie forze. Non ho mai raccontato a nessuno di averlo fatto. A nessuno.

Quella fu la prima e l’ultima volta le lacrime percorsero le mie guance all’interno del monastero.

Quando il mattino seguente, all’alba, uscii da quella camera, ero diventato un altro. Dranzer era stretto nella mia mano destra, come un’arma che attende di essere scagliata, ed è proprio quello che diventò. Avevo deciso. Volevo diventare il migliore. Se dovevo rimanere all’interno di quella prigione, allora mi sarei fatto avanti a gomitate, senza cedere mai, non avrei permesso a nessuno di calpestarmi: se dovevo per forza essere uno schiavo, allora sarei divenuto il più forte, il più crudele e distinto di tutti gli schiavi. Lentamente, diventai sempre più simile ad un automa: niente mi soddisfaceva, niente mi rendeva felice, vincere era divenuta per me la normalità, perdere una catastrofe. Ma io non potevo perdere, io ero invincibile, la mia potenza non aveva limiti: potevo arrivare ovunque. Divenni il più spietato, freddo, distaccato di tutto il monastero. Non mi importava di nulla e di nessuno, cominciai addirittura a disubbidire, e godevo anche nel farlo, perché seppur dopo fossi stato costretto a sopportare torture indicibili, io ero libero, io ero il più grande. Poi lo vidi in azione: Blackdranzer. Era quello il bey che mi meritava, quello era l’unico bey degno di essere stretto nelle mie mani, e lo avrei ottenuto. Così quella sera mi introdussi furtivamente in quella sala… e lo trovai. Era così straordinario… riuscivo a sentire la sue energia scorrere nelle mie mani semplicemente toccandolo.

Ma non era abbastanza esperto per lui. Non appena lo lanciai un’esplosione avvolse tutta la sala, e mi investì. Persi la memoria. E devo dire che avrei preferito non recuperarla. Avrei preferito non essere costretto a sfogarmi con questi fogli.

Lo so benissimo, è giusto che io mi rifaccia una vita, che impari di nuovo ad essere sereno, come sto iniziando a fare in compagnia di Rei, Max, Takao… ma so che non riuscirò a dimenticare.

Ogni giorno, ogni mattino che mi alzo e vedo mio padre ricordo quel pomeriggio, quando venne in camera mia e mi disse: “Non vuoi diventare un fuoriclasse?”

Da quando sono tornato a casa non gli rivolgo quasi la parola. Lui tenta continuamente di parlare con me, non so quante volte ormai mi ha chiesto scusa, ma io non lo accetto. Troppo tardi, Troppo facile chiedere perdono ora, dopo tutto quello che è accaduto. No, non gli permetterò di liberarsi da quel peso sulla coscienza. Perché lo so che in realtà il suo è solo senso di colpa, lo so, e questa è l’unica vendetta che posso ottenere su di lui.

La sola cosa buona che è riuscito a fare è permettermi di lasciare quel dannatissimo college. Ora frequenterò la stessa scuola superiore di Takao e Max, La “Mitsuaji”… spero di non passare dalla padella alla brace… del resto non penso che sopportare Takao a scuola sarà un’impresa facile.

Per quanto riguarda lo studio… beh, per questo sarà davvero una passeggiata. Con il college che ho frequentato dovrei essere avanti rispetto a loro di almeno un anno…

Ecco, la donna delle pulizie è appena entrata… dice che mio padre vuole parlarmi… chissà che novità… beh, col cavolo che ci vado. Ormai con lui ho chiuso. Che si cerchi un’altra marionetta da manovrare, io a questo punto sono fuori uso.

Eccomi!!! Questa non è altro che una piccola ficcina nata da un improvviso interesse nei confronti di Kei… me ne ha parlato mio cugino e devo dire che come personaggio è molto intrigante…siccome tutte le informazioni sul suo conto mi sono state fornite appunto dal mio cuginetto magari potrei aver cannato qualcosa.. se è così scusatemi tanto tantissimo!

Non penso sia nulla di originale, ma il passato di Kei mi ha affascinata e così ho deciso di mettere per iscritto la mia idea...recensite!!!

Haze.

  
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