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Autore: Gabry Sweettosa    06/04/2010    3 recensioni
Dal capitolo 1: Era il mio compleanno. [...] Dopo quella benedetta canzoncina del compleanno e il mio soffio sulle candeline, qualcuno da dietro mi prese la mano e si avvicinò al mio orecchio. "Buon compleanno, piccola Gabrielle" sussurrò quella voce, la sua voce. Era tornato a casa… Robert è il migliore amico di Stephenie, dai tempi del liceo. Ovviamente dopo il successo di Twilight, l'attore non ha però molte possibilità di tornare a casa dalla sua famiglia e dai suoi amici. Ritorna a Londra il 4 luglio, il compleanno di Gabrielle. Chi è Gabrielle? La sorella di Stephenie. Cosa c'entra Gabrielle con Robert? Lo scoprirete solo leggendo (:
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

Mi alzai tardi, erano le undici passate quando scesi in cucina.
Non trovai Robert, probabilmente dormiva ancora o era uscito. Feci colazione da sola con un po’ di cereali e m misi a guardare MTV. E proprio in quel momento arrivò il video su un pettegolezzo, riguardante proprio Robert. Diceva che lui e Paris Hilton probabilmente avevano una storia, visto che l’ereditiera apprezzava molto il bel vampiro e visto che erano stati visti non so dove a chiacchierare. Mi venne da sorridere, povero Rob.
Aspettai un altro po’ prima di controllare se Robert era in camera sua nel mondo dei sogni. Aprii piano la porta e lo vidi nel letto con i soli pantaloni del pigiama addosso. Mi avvicinai un po’ e notai che stava dormendo profondamente. A debita distanza gli mossi un po’ il braccio.
<< Robert >> sussurrai, lui niente.
Lo mossi ancora un po’ << Robeeeert >> questa volta ci fu una breve smorfia sul suo viso.
Lo mossi di nuovo, ma sta volta non sussurrai << ROBEEEERT! >>
<< Non urlareeee! Sono sveglio! >>
<< Finalmente >> risi della sua faccia ancora semi-addormentata. << Non volevo svegliarti ma sono quasi le dodici, fra un oretta dovremmo stare da mia madre. >>
<< Ma se anche tu sei ancora in pigiama >>
<< Giusta osservazione. Ma io sono in piedi e ho fatto colazione, dai alzati >> gli tirai il braccio e lui di tutta risposta tirò il mio e mi ritrovai con la schiena sulla sua pancia, incapace di tirarmi su grazie alla sua presa. << Hai visto che sono più forte di te >>
<< Bravo. Ah a proposito ti ricordo che ora vivi con una ragazza quindi ti pregherei di mettere una maglietta insieme al pantalone del pigiama >>
<< E’ già tanto se ho messo il pantalone invece delle mutande >>
Sgranai gli occhi << Non hai le mutande?! >> mi alzai di scatto, liberandomi finalmente dalla sua presa.
<< Che c’è? >> e lui rideva.
<< Mettiti le mutande... Sempre! >>
<< Mi sento in prigione se dormo con le mutande… E poi neanche tu hai il reggiseno! >> indicò il mio petto, che io coprii subito incrociando le braccia. << Guardami negli occhi! >> obbedì subito << E mettiti le mutande! >>
<< Avanti, ci conosciamo da quando sei nata >> si alzò << Non c’entra. E comunque sbrigati, io vado a lavarmi >>
<< Agli ordini >>
Quanto tornai in camera mia il mio cellulare stava vibrando sul comodino, era il numero di David.
<< Pronto? >>
<< Gab, possiamo vederci oggi? >>
<< Io oggi non posso, davvero… >>
<< Mi dispiace >>
<< Come? >>
<< Mi dispiace per quello che è successo. Non dovevo prendermela. Vi conoscete da tanto, è normale che abbiate questo rapporto. Scusami, davvero >>
<< O-ok… >> non l’avevo mai sentito così
<< Possiamo vederci? Ti prego, ho voglia di vederti, parlarti… >>
<< Va bene… Nel pomeriggio però >>
<< Va benissimo. Ci vediamo all’entrata del parco. Alle sei va bene? Non prima perché potrei non esserci sai… non vorrei farti aspettare… >>
<< Ok… a dopo >>
<< Ciao amore >>

<< Perché prendi le chiavi della macchina? >> stavamo per uscire.
<< Dopo pranzo accompagno mio padre all’aeroporto e poi vado al parco con David >>
<< Ah… >> non disse altro su quest’argomento, per fortuna. Arrivammo da mia madre all’una e mezza e trovammo i miei genitori insieme a quelli di Rob, mancavamo solo noi, neanche le sue sorelle ci sarebbero state. Il pranzo andò bene e più si avvicinava l’orario di partenza di mio padre più sentivo che mi sarebbe mancato da morire.
<< Allora Rob, com’è vivere con la mia bambina? >>
Eravamo in salotto, a guardare un programma sportivo e a parlare tutti insieme. Rivedere mio padre seduto sulla sua poltrona storica mi faceva uno strano effetto.
<< Va bene, a parte quando ti sveglia urlando >>
<< Erano quasi le dodici e tu dormivi ancora >>
<< Oh, Robert >> fu la mamma di Rob a parlare, sembrava un semi-rimprovero, ma col sorriso.
<<< Ma mamma dai, ero stanco e poi comunque non si sveglia la gente urlando >>
<< Ti ho chiamato due volte sussurrando e non ha avuto nessun effetto, non mi rimanere che urlare >>
<< Eh beh certo! Povero me >> ridemmo tutti della sua espressione.
Andò avanti così fino alle quattro e mezza, quando mio padre si alzò e annunciò che era ora di andare. Salutò tutti con un abbraccio, e andammo verso la porta.
<< Coinquilina quando torni? >> Robert mi aveva tirato il braccio prima che uscissi.
<< Non tardi >>
<< Stasera dovrei uscire >>
<< Non torno tardi, non preoccuparti >> gli feci una linguaccia e andai da mio padre.

<< Mi mancherai… >> Era l’ultimo abbraccio prima della partenza.
<< Anche tu piccola mia, non sai quanto >> io ormai ero in lacrime. Lui aveva gli occhi lucidi, ma non piangeva. << Non piangere, tornerò >>
<< Sì, a Natale… >>
<< Magari vieni tu a settembre… >>
<< Ah già… Ti faccio sapere, ci sto ancora pensando >>
<< Quando vuoi, te l’ho detto >>
Chiamarono il suo volo per l’Italia, dovemmo salutarci. << Vai ora… >> tentai di sorridergli.
<< Ti chiamo domani >> mi baciò per l’ultima volta e lo vidi sparire in mezzo al resto del gruppo diretto per l’Italia. Aspettai dieci minuti prima di tornare in macchina. Vidi un aereo partire, non sapevo se si trattava di quello di mio padre, ma lo salutai lo stesso.
<< Ciao papà >>
E mi diressi verso il parco.

Non ci potevo credere. Non ci volevo credere.
Guidai come non avevo mai guidato in tutta la mia vita, piena di lacrime.
Arrivata a casa, Robert mi aprì la porta sorridente e vidi che stava per dire qualcosa, ma sicuramente fu bloccato dal mio viso rosso per il pianto che non era ancora finito. Lo sorpassai senza dire una parola, correndo verso la mia stanza. Stava urlando qualcosa dietro di me, ma non lo sentii. Mi chiusi a chiave sbattendo la porta e mi lasciai cadere sul letto, abbracciando il cuscino che sarebbe diventato zuppo in poco tempo.
<< Gab apri dai >> bussò piano alla porta dopo aver tentato di aprirla.
Non risposi. Sicuramente però mi sentiva singhiozzare. << Gab apri, per favore >>
<< Rob ti prego vai via… >>
<< Mi spieghi cos’è successo? >>
<< No >> mi odiavo da sola. Non volevo piangere. Non dovevo piangere.
<< E smettila di fare la bambina apri questa benedetta porta! >>
<< Rob vai via! >> << No. Perché piangi? >> squillò il telefono di casa, e sentii Rob allontanarsi.
<< Non ci sono per nessuno! >> urlai dalla mia stanza, sperando che mi avesse sentito.
Sentii i passi di Robert avvicinarsi mentre parlava << No mi dispiace non c’è… No, non so dove sia >> era arrivato alla porta << Non lo so… Ciao >> bussò alla porta.
<< Chi era? >>
<< David, era preoccupato. Dice che hai il telefono spento e che ti sta aspettando al parco >>
<< Aspettasse… >> sussurrai, per non farmi sentire da Robert
<< Cosa? >>
<< Niente. Rob io voglio stare un po’ da sola… >>
Lo sentii sospirare << Va bene… Io sono in camera mia se hai bisogno di me >>
<< Non esci? >>
<< No, sapendo che stai piangendo chiusa in camera tua >>
<< Esci, non preoccuparti >>
<< Faccio quello che voglio, Gabrielle >> lo sentii allontanarsi di nuovo.
Forse era proprio il caso di andare in Italia…

Sentii di nuovo i passi di Robert dopo un paio d’ore. E bussò ancora.
<< Ehi Gab… >>
<< Ehi… >>
<< Senti mi serve un po’ di bagnoschiuma, il mio è finito… Posso entrare? >>
<< Inventane un’altra, Rob >>
Un altro sospiro << E’ la verità >>
Mi alzai dalla sedia del pc dove mi ero messa a scrivere e andai in bagno a prendere il bagnoschiuma. Aprii poco la porta e feci uscire solo il braccio.
<< Grazie >> prese il bagnoschiuma. Tentai di chiudere la porta, ma nel frattempo non avevo notato che il furbetto aveva messo un piede in mezzo alla porta per non farmela chiudere.
<< Rob, ti prego… >>
<< No Gab, basta. Ho aspettato anche troppo, ti ho dato due ore per stare da sola. Ora apri >> la voce era severa, e anche i suoi occhi erano fermi, sicuri.
Lasciai la porta abbassando lo sguardo e ritornai al pc, chiudendo la finestra di Word che avevo aperto. Mi sedetti sul letto, abbracciando il mio leoncino di peluche.
<< Posso…? >> Rob entrò indicando il letto.
<< Prego >> si sedette piano accanto a me.
Iniziò lui a parlare << Allora… >> Non sapeva cosa dire, io fissavo il mio peluche. Decise allora di prenderlo lui << come si chiama questo bel leoncino? >>
<< Non sono una bambina, Rob >>
<< Chi l’ha mai detto? Voglio solo sapere come si chiama >> Sospirai << Artù… >>
Si fece dubbioso << E’ possibile che me lo ricordi? >>
<< Me l’avete regalato tu e mia sorella per il mio compleanno di dieci anni… >>
Ci pensò un attimo, poi gli si illuminò il viso << E’ vero! Eri fissata con Simba del “Re leone” e volevi il peluche, ma non lo trovammo. Eravamo disperati e ti prendemmo questo >> sorrideva guardando il leoncino.
Mi scappò un mezzo sorriso, ma non lo notò.
<< Sono contento che tu ce l’abbia ancora >> Artù ritornò fra le mie braccia.
<< Non sei venuto qui per parlare di peluche vero? >>
<< No infatti… Volevo sapere se ti andava di parlare di quello che è successo >>
Ripensando a quello che avevo visto, sentii il sangue ribollire per la rabbia. Ed ecco di nuovo le lacrime. Il braccio di Robert mi cinse le spalle, e io lo abbracciai. Non ci pensai nemmeno, ne avevo bisogno. Avevo bisogno del suo abbraccio. Sentii le sue braccia stringermi e la sua testa posarsi sulla mia. << Non piango perché sono triste. Piango perché sono arrabbiata e offesa >>
Non parlò, aspettava me. << Ho visto David baciare un’altra >>
Sciolse l’abbraccio, per guardarmi negli occhi. << Davvero? >>
<< Già. Al parco, poco prima delle sei. Mi aveva detto di non arrivare prima perché avrebbe potuto non esserci. In realtà c’era, con un’altra ragazza. Bionda, alta, bellissima. Erano avvinghiati e baciavano >>
<< Mi dispiace Gab… >>
<< A me no >> rimase sorpreso dalla mia affermazione << Sapevo che stava finendo, era questione di giorni. Ma non pensavo avesse un’altra… anche se qualcosa era cambiato negli ultimi tempi. Comunque siamo cambiati entrambi, doveva finire >>
<< Che gran coglione >>
<< Eh si un po’ >> sospirai.
<< Un bel po’… ma come si fa, che pezzo di… >>
<< Basta dai >> gli presi la mano, lui me la strinse.
<< E’ vero. Non perdiamo tempo parlando di coglioni. Ti va una pizza? >>
<< Sì >>
<< Me lo fai un sorriso però? Uno bello? >> lo guardai negli occhi e anche lui stava sorridendo. Gli sorrisi anche io, abbassando un po’ gli occhi ancora lucidi.
<< Ecco, ora sì. Te l’ho detto che sei bellissima quando sorridi >> si alzò e tirò piano la mia mano per farmi alzare << Vieni, ho una fame! Dici che anche Artù gradirebbe una pizza? >>
Sorrisi ancora << Forse sì >>
Si girò verso il leoncino << Artù hai fame?... Mmm, dice che ha mangiato e che ha un appuntamento con la ranocchia accanto a lui. Va bene leoncino, sarà per la prossima volta! >>
Ridemmo insieme e mano nella mano andammo ad ordinare la nostra pizza

Grazie per i commenti *__* Spero che vi piaccia anche questo capitolo!

  
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