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Autore: V a l y    06/04/2010    3 recensioni
Sono un uomo morto per metà, sopravvivo soltanto per l'altra.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non mi rivolgi neppure uno sguardo. Non mi guardi perché non mi vedi, anche sono a tre passi da te. E' come se io fossi invisibile.
Sei distratta, presa da altro, come per esempio da quella tua costosissima borsa di pelle che puzza ancora di nuovo, che poco più di qualche mese fa non potevi permetterti, o da quell'uomo alto e biondo, dall'atteggiamento sguaiato e l'accento straniero.
Quanto baccano che fa, ma sembri sopportarlo. Proprio tu, che vivevi di silenzi e odiavi ogni tipo di chiasso. Soltanto la musica, c'era solo quella per te. E' così che hai conosciuto me.
Ricordi quella piccola casetta alla periferia di Suncheon? Il vicolo era sempre pieno di gatti randagi e la vecchia insegnante di canto aveva degli strani tic facciali. Non era una vera scuola, troppo povera persino per mantenersi in piedi. Ma noi ce la mettevamo tutta.
Tu eri una ragazzina gracile gracile, indossavi sempre dei pantaloncini che mettevano in mostra le tue lunghissime gambe. Eri più alta della media, mentre io sembravo ancora un bambino. Ho aspettato di superarti in altezza per poterti baciare. Avevamo quattordici anni. Facevamo cose da fidanzatini quattordicenni, come tenerci sempre per mano e sorriderci senza motivo. Era tutto più colorato e bello. Era una di quelle storie che sembravano durare per sempre.
Per me esistevi solo tu. E la musica. Tuttora non posso rinunciare a nessuna delle due cose. Morirei, piuttosto. Ma non è ciò che farò. Morire non sarebbe abbastanza, non descriverebbe appieno l'amore che provo per te, non è sufficientemente estremo. Esiste qualcosa peggiore della morte.
E' passata mezz'ora, ma ancora non dai segni di esserti accorta di me. Siamo all'aeroporto di Suncheon e manca poco, ormai. Partirai dalla Corea e non tornerai più, assieme a quel biondo, quell'uomo chiassoso che ha stravolto la nostra vita.
Era un produttore discografico che veniva dal lontano ovest. Lo incontrai tre anni fa. Si era accorto della mia talentuosa voce, diceva, e io mi elettrizzai all'idea di poter lavorare con qualcuno del mestiere. Avevo appena vent'anni.
E' stato da me che è arrivato a te. Eun Hee, la mia fidanzata. Se solo avessi saputo non ti avrei mai presentata a lui. Non avrei neppure accettato qualsiasi contratto lavorativo con lui. Non ne è valsa la pena, anche se sono diventato più ricco e un po' più famoso, anche se grazie a lui una volta ho cantato sotto i riflettori e di fronte a un pubblico vastissimo. Non m'importa più.
Quel giorno di mesi fa eri stravolta. Sei entrata in casa mia col viso paonazzo e il rossetto sbavato. Mi hai raccontato tutto, di come il mio produttore si è avvicinato a te, di come fosse cambiato qualcosa e del bacio che ti ha dato. Dicevi di amarlo e più di ogni altra cosa che ti dispiaceva per me, che non volevi ma è successo e mi scongiuravi di non odiarti. Piangevi come una fontana. Ero io quello che doveva piangere, non tu.
La voce dell'altoparlante annuncia la partenza del tuo aereo. Prendi la valigia, quella piccola e più colorata, mentre quella grossa la prende lui. E' così che ti accorgi di me, per sbaglio, mentre t'incammini per il gate mano per la mano col tuo nuovo fidanzato. Ti blocchi, il tuo viso s'impallidisce, proprio come quel giorno di mesi fa. Sorridi, un sorriso di circostanza.
“Ciao, Tae Hyun,” dici. Il produttore, invece, non mi saluta neanche. Adesso sa anche lui cosa vuol dire avere qualcuno che intralcia le tue relazioni. Sotto questo punto di vista mi sento quasi divertito. Ma dura poco.
“Eun Hee,” dico io. Soltanto questo, ti chiamo per nome.
Ricordi ancora quella piccola casetta alla periferia di Suncheon? E il vicolo sempre pieno di gatti randagi? E la vecchia insegnante di canto che aveva degli strani tic facciali? Ricordi ancora quanto ti amo e quanto amo la musica, di come tutto questo sia il mio mondo? Sono un uomo morto per metà, sopravvivo soltanto per l'altra.
Questo sarà il mio ultimo saluto, ma non ti dirò addio.
“Guarda cosa faccio per te,” dico. E lo ripeto, perché voglio che tu colga ogni sfumatura della voce, e voglio che ti rimangano impresse nella memoria le mie parole, perché saranno le ultime che sentirai. “Guarda cosa faccio per te.”
Con le dita mi tiro la lingua, prendo le forbici che usavi sempre per aggiustare le piante del tuo giardino incolto e mi taglio di netto la lingua.
  
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