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Autore: Sophie_Nihal    07/04/2010    0 recensioni
Questa storia è stata scritta non so bene per quale motivo. Parla di questo ragazzo, senza un nome.. e della ragazza che ha amato senza che lei lo conoscesse: Denise. Piccola nota:s e per piacere, quando e se commenterete, evitate di essere offensivi, ve ne sarei grata. Buona lettura a tutti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come ogni funerale che si rispettasse, quello aveva tutte le persone vestite di nero; la mamma piangente, il padre duro e tenero allo stesso tempo.. Il fratello sconvolto. Se ci stavi attento vedevi anche qualche amichetta perfida piangere, nonostante tutte le cattiverie dette in passato. Ma è la morte, e di fronte a questa puoi solo piangere. Questo funerale non avrebbe fatto differenza al mondo. Nessuno avrebbe ricordato quel giorno come un lutto Nazionale, come succedeva con tanti altri funerali. Ricordiamo questo giorno, anzi, io lo ricordo, perché quel giorno era il funerale della mia ragazza: Denise. Solo.. Che lei non lo sapeva, di essere la mia ragazza. Lei era una graziosissima ragazza, veniva al corso di karate con me. Non l’ho mai conosciuta davvero. Non parlavo quando c’era lei, per paura di fare una figuraccia. Ma ha sempre avuto un forte ascendente su di me. La vedevo irraggiungibile, e per questo motivo cercavo sempre un modo per migliorare, farmi notare in maniera discreta.. volevo che pensasse che io fossi uno “forte”. Non sono mai stato uno di quei tipi idioti che rincorrono la prima maglietta colorata che passa per le vetrine, e la comprano dicendo che fa tendenza, o perché, proprio perché è colorata, credono che nessuno sarebbe così “pazzo” da indossarla. Ma davanti a lei, dovevo assolutamente apparire “forte”. Chissà chi me l’ha fatto fare di uscire dal mio nido. Chissà perché mi sono reso conto di essermi esposto troppo, soltanto nel preciso istante in cui le ho visto la pallottola passarle da parte a parte il cuore. La prima cosa a cui ho pensato? Niente di eccitante.. solo “Vaffanculo, brutto bastardo.” E ho rincorso quello stronzetto di spacciatore per tutta la città, fin quando la polizia non ci ha fermati. Sono stato fortunato, direte voi, quel coglione aveva buttato la pistola subito dopo aver sparato a Denise. No, è stato fortunato lui. Non ho avuto il tempo di prendere la pistola mentre lo inseguivo. E se lui avesse sparato anche me, non mi sarebbe dispiaciuto. In quei momenti ho realizzato che amavo una tossica, che aveva rimandato il pagamento per troppo tempo. In quei momenti ho realizzato che mi sentivo come fossi morto anche io, e mi stava bene così. Quei momenti sono ancora qui, non se n’è andato nemmeno un secondo. E ogni giorno che Dio manda in terra, io vorrei quella fottutissima pistola: con due pallottole. Vorrei restituirgli la vendetta, a quell’essere: una pallottola per volta. Non mi importa che adesso morirà in quella prigione, non mi interessa se io ho la possibilità di ricominciare. Io volevo morire con lei. Non mi interessa più fare qualcosa per questa gente. Il mondo è una gigantesca balla: la visione che avevo di lei era una balla; la sua faccia perfetta, lo era. La sua vita, era una balla. La mia vita, adesso, non è nemmeno più una balla. La mia vita adesso non c’è: è tutta dentro quella pallottola. Incredibile cosa possa accadere in due secondi.. Eppure, non ho deciso di uccidermi come ha fatto Denise. Aspetterò di trovare un modo che non abbia a che fare con la droga. Non ho ancora pianto.. morirò per repressione? Non lo so di cosa morirò, non so nemmeno se invece continuerò a vivere in mezzo a questo casino. La gente non ha idea del dolore che ho provato in quel momento. E io non ho idea di cosa ha pensato la gente dopo.. sinceramente, non m’importa. Non so cosa ha pensato lo spacciatore. So, però, che i suoi pensieri non dovevano essere stati diretti alla vita di Denise.. altrimenti avrebbe agito diversamente. O forse ci ha pensato, e ha provato ancora più gusto a sparare, ma questo è un pensiero che non voglio considerare. Da quel momento ho perso la mia fede.. non sapevo esistesse, me ne sono accorto solo dopo averla persa per sempre. E’ stata una sensazione alquanto bizzarra, oserei dire assurda. Ho sentito il rumore sordo dello sparo, e ho sentito dentro di me come un rumore di vetri infranti e un urlo lancinante: quella era la mia fede, la mia speranza. La mia anima stava camminando su dei vetri infranti, e ha calpestato male una scheggia. Non c’è stato altro da fare, come direbbero i dottori per dare la brutta notizia, abbiamo fatto del nostro meglio. Invece io non ho fatto del mio meglio. Ho sentito quell’urlo e cominciato a correre, contro lo spacciatore – o forse soltanto il più lontano possibile- per non farmi raggiungere. Tutte le mie paure, tutto l’odio, tutto il risentimento, si stava riversando a fiumi sul mio corpo, e io potevo solo guardare impotente, forse correre... così avrei sofferto di più, quando le cariche di odio sarebbero arrivate su di me con potenza ancora maggiore. Con cattiveria, dandomi la colpa di tutto. Ho aspettato di essere concentrato solo sullo spacciatore, prima di voltarmi indietro e guardare. Non ho visto niente di raccapricciante, eravamo troppo lontani. Eppure, riuscivo a vedere chiaramente la mia essenza vicino a Denise, che cercava di dirle che sarebbe andato tutto bene, che cercava, più che altro, di rassicurare se stesso. Riuscivo a vedere chiaramente l’orrore nei suoi occhi, e riuscivo a vedere chiaramente le lacrime che scorrevano calde dal suo viso. La mia anima piangeva, ma era troppo lontana perché io potessi percepire tutti quei sentimenti. Ecco dove sono andate a finire le mie lacrime. Da quel funerale, due giorni dopo la nostra morte, ho provato a stare insieme alle persone, a sorridere, magari a scherzare. Tutto mi sembrava inutile e troppo frettoloso. Molto presto ho imparato a fingere con tutti, ma soprattutto con me stesso. Non uscivo mai di casa, ma la gente credeva che io fossi pieno di impegni. Sto continuando così.. Mia mamma non mi vede da giorni, il pomeriggio, semplicemente perché me ne sto tutto il tempo in cantina, quando per lei sono in giro a divertirmi con i miei amici. L’unica cosa che non ho perso la voglia di fare è scrivere. Scrivo anche adesso, ho scritto quando quel primo giorno tornai a casa.. ho scritto mentre il prete benediceva la tomba. Scriverò ancora, fino a quando le dita non faranno male quasi quanto mi fa male quel posto dove prima c’era un cuore. Ormai c’è una pietra lì, e pesa. Il cuore dovrebbe essere leggero, seppur pieno. Il cuore dovrebbe esserci, ma non me lo sento. So che c’è qualcosa di diverso ormai. So che è un macigno. So che non potrò mai amare nessun altro. So che posso fare qualcosa, però, perché nessun altro sia come me. Mai più. Posso fare qualcosa perché nessuna ragazza sia come Denise. Sono un donatore di organi. Lo sono da due mesi. Mi chiedo chi sarà il povero disgraziato a cui toccherà quello che dentro di me passa per essere un cuore.. sinceramente, non mi interessa più. Ci ho pensato notti intere, e non lo faccio più per le persone: lo faccio per Denise e per me. Solo così riesco a sentirmi vivo. Solo se uso il mio corpo riesco a sentire di avere uno scopo. Ho perso la mia anima due mesi, tre giorni, venti minuti e trentadue secondi fa.. Il corpo, stranamente, resiste ancora. Posso ancora usarlo.. posso ancora sentire di essere vivo. Posso farlo, anche senza anima. Posso farlo, anche se non è la stessa cosa, anche se sarà per poco tempo. Scrivo altre poche righe, adesso uscirò davvero di casa. Non che non sia mai uscito da quando è morta.. no, dovevo almeno andare a scuola. Ma è come se non ci fossi stato nemmeno una volta. Sono uscito tante volte di casa effettivamente, ma non c’ero da nessuna parte. C’è una piccola parte di coscienza in me che ancora persiste.. ed è sempre rimasta a casa ogni volta che il mio corpo metteva piede fuori. Dicevo, adesso uscirò davvero. Ma è per un semplice motivo: ho deciso di buttarmi dall’ultimo piano di un palazzo. Non mi interessa se qualche organo si deturpa. A me interessa solo il cuore, e non si farà male. Mentre passeggio vedo gente che ride, vedo altre persone che invece sembrano totalmente assenti. È come essere invecchiati: riesco a percepire molte più cose.. riesco a guardare le persone senza provare nulla, ma so perfettamente cosa stanno provando loro. Dolore, rabbia, disperazione, spensieratezza, felicità apparente, felicità sentita.. e pochissime persone stavano provando l’amore. Delle coppie che ho visto, nessuna aveva dipinto in faccia l’amore. Forse per il troppo tempo passato assieme: la routine. Oppure semplicemente per non averne passato insieme abbastanza, di tempo. Oppure perché davvero non si amavano. Non ho visto niente che mi ricordasse l’amore. Poi ho guardato in faccia la realtà: io non ho mai visto cos’è l’amore di coppia, io non l’ho mai provato. Come potevo rendermi conto se ci fosse o meno? Ero io in errore, che guardavo senza sapere. Ero io in errore, che morivo mentre la gente sopravviveva, senza che nessuno di noi riuscisse a vivere davvero. Arrivato davanti al palazzo, nessuna paura, solo una perversa eccitazione di fare in fretta si impossessava del mio corpo. L’adrenalina faceva il suo corso velocemente quanto un proiettile. Non vedevo l’ora di andare fra i dannati per vedere la mia dannata. Non è mai stata una mia proprietà, ma io sono sempre stato proprietà del suo cuore.. se ne aveva ancora uno. Ma io confido nel fatto che lei sia sempre riuscita a farlo resistere, il cuore, nonostante i chili di droga, nonostante i fiumi di problemi. Io non sono riuscito a farlo, ma lei è sempre stata più forte di me. Non è affatto vero che non la conoscevo..ma, nonostante questo, l’ho sempre conosciuta, anche prima di vederla. Io l’aspettavo da una vita. E in effetti è come pensavo: amiamo noi stessi, perché ci facciamo un’idea delle persone che quasi mai corrisponde a realtà, solo per renderci felici ed appagati. E vale anche per il sesso: cerchiamo il nostro piacere tramite un’altra persona. Siamo eternamente innamorati di noi stessi. Ma a me cosa interessa? Che sia per una causa o per un’altra, io amo Denise.. ed è per questo che ho perso la mia anima. Amare una persona con un’anima marcia, più della mia, è pericoloso.. e infatti lei è morta, una parte del mio insieme è morto con lei. Ora tocca alla parte terrena, di morire. Sono felice.. dopo una vita intera. Sono felice. C’è bisogno di morire per esserlo? No, assolutamente.. non per tutti, almeno. E se la gente vuole suicidarsi, capisco perfettamente. Capisco perfettamente anche chi non si suicida ma sopravvive e basta. Capisco, ma provo un totale schifo. Rispetto chi tenta disperatamente di essere vivo. Chi ogni giorno lotta e si sente male. Rispetto chi si sente male, e non ne ha paura. Rispetto chi capisce e accetta che la vita fa male, e continua a farsi male. Io non quei momenti, prima di buttarmi, non mi rispettavo.. non ho mai rispettato nemmeno Denise, per ciò che faceva. Ma l’amore non significa dover a tutti i costi rispettare le idee e gli stili di vita di una persona. E infatti, pur amando lei, io non ho mai amato il suo modo di vivere.. il suo modo di morire. Ecco, e mentre facevo questi pensieri, Sono sul tetto del palazzo. E’ piatto, quindi ci si può camminare tranquillamente. Perfetto, in questo momento voglio un secondo di tranquillità, prima di dire addio a questo posto. Ci penso un secondo su e mi rendo conto di voler morire in fretta, in realtà. Non mi va di pensare ai miei, né a mia sorella, e nemmeno ai miei amici. In quel momento, non mi ricordo di aver pensato nemmeno a quanto sarei stato felice dopo, perché avrei rivisto Denise. Questo voleva dire che credevo in qualcosa, se pensavo che l’avrei rivista? No, non credevo. Erano semplicemente due strade che portavano alla stessa parte. La prima: se mai dopo avessi trovato qualcosa, allora sarebbe stato ovvio ritrovare lei. La seconda: se non c’era nulla, sarebbe stato come dormire.. E nel sonno ci sono i sogni.. Quindi avrei rivisto lei comunque. Pensandoci, mi sovviene una terza ipotesi: se quel tipo di dormita fosse stata priva di sogni.. non avrei sentito comunque niente. Quindi, qualsiasi strada sarebbe andata bene per me. Fatti i dovuti accertamenti sulle conseguenze, decisi che era arrivato il momento di saltare. Non pensavo più, sinceramente, che mi sarebbe venuta in mente Denise. Non ci avevo pensato tutto il giorno, avevo iniziato quasi a pensare che il mio desiderio di morte stesse divenendo fine a se stesso. Invece no, nello stesso momento in cui i miei piedi si sollevarono dal suolo, sentii la sua voce, la sua risata, e il rumore dello sparo.. Fui felice per un secondo, poi sentii il vento graffiarmi la faccia. Stavo cadendo. Il palazzo era alto quindi ci misi un po’ ad atterrare. Ebbi una frazione di secondo per aprire gli occhi. Non gridavo, guardavo e basta. La gente si era radunata sotto di me. Alcuni urlavano al posto mio, altri piangevano. Vidi alcune persone che conoscevo, provai pietà per loro.. Mi dispiaceva dovessero assistere a quella scena di morte. Solo, non pensavo che nessuno dei presenti avrebbe mai perso l’anima.. non davanti a quella scena, non per me. Prima di toccare terra mi venne di nuovo in mente Denise.. poi, la frazione di secondo precedente allo schianto.. Pensai a Fabrizio De Andrè: “Questo ricordo non vi consoli, quando si muore, si muore soli.”
  
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