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Autore: Fanny Darcy    11/08/2005    5 recensioni
Una one-shot introspettiva in cui una ragazza riflette sui rapporti, sulle sue scelte, sulla sua vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un vento sferzante mi raggiunse e dovetti coprirmi con il pesante cappotto. Camminai tra la neve sentendo che l’unica fonte di calore era soltanto Michele al mio fianco. Sorrisi fra me e me. Avanzai tra quel mare bianco fino a bloccarmi e notare che la neve mi arrivava poco sotto le ginocchia. Doveva aver nevicato moltissimo durante la notte. Proseguii verso la fontana situata al centro del grande parco dove ci trovavamo io e Michele. Eravamo entrambi molto silenziosi, estasiati dalla luce accecante del bianco che avevamo tutt’intorno. Arrivati a quella struttura di dubbia bellezza, notai come l’acqua fosse ancora liquida ma piena di neve quasi disciolta che galleggiava con un moto lento e oscillante come un pendolo nel suo orologio.

Tolsi un guanto e provai a toccare quell’acqua. Mi sentii trapassare da mille lame invisibili e con uno scatto e un gemito tolsi la mano dall’acqua e la feci rifugiare nel calore del guanto. Michele aveva sbuffato divertito. Gli scoccai uno sguardo tra l’infuriato e l’allegro e poi mi voltai verso il paesaggio. Gli alberi, una volta verdi e rigogliosi, durante la notte erano stati intristiti e dipinti di candidezza e appesantiti di malinconia.

Era stupefacente accorgersi di quanto somigliassi a loro. Una volta, anch’io ero semplice e florida, tutti mi ammiravano. Adesso… anch’io incupita, anch’io appesantita di tristezza. Forse troppo raziocinante, forse troppo poco istintiva.. Adesso ero sola tra i miei pensieri, come gli alberi tra la neve. Le persone che mi passavano accanto erano dolorose come l’acqua fredda di quella fontana che pocanzi avevo toccato. Mi voltai verso Michele. Anche lui era pensieroso. I suoi pensieri di certo non erano per me. Erano due mesi che sapevo di essere incinta. Non ho mai avuto il coraggio di dirglielo. Forse perché sapevo la sua risposta, forse per paura che mi lasciasse. Forse per paura che alla fine tra me e lei, scegliesse lei.

Come facevo a sopportare quella situazione, nemmeno io lo sapevo. Io che mi ero sempre vantata di riuscire a non farmi mettere i piedi in testa da nessuno; io che avevo sempre lottato con le mie amiche per farle reagire alla loro sofferenza. Io c’ero cascata.

Vivevo in uno stato di semicoscienza, poco sicura di vivere ancora in questo mondo tanto il dolore si era acuito.

Eppure continuavo ad andare avanti, a sopportare giorno per giorno di essere messa da parte, di essere evitata e di perdere sempre più fiducia in me e in ciò che ero stata, una fiera stupida.

Eravamo in quell’angolo di purezza perché lui, sporco all’inverosimile, aveva voluto passare un po’ di tempo con me perché voleva schiarirsi un po’ le idee e farsi una vacanza con me. Avevo capito che voleva divertirsi per poi lasciarmi andare. Una fitta mi attraversò il cuore. Io mi ero già lasciata andare….

La luce arrivava ai miei occhi obliqua e mi sentivo circondata da specchi. Forse per il bianco o forse per questi pensieri introspettivi. Chissà. Michele adesso mi guardava. Non era uno sguardo di pena né di amore né di odio. Era di affetto. Tenerezza. A guardarlo provai una sensazione strana allo stomaco. A me bastava che lui stesse con me. Anche se non mi amava mi voleva bene. Alla fine mi resi conto che non avevo bisogno di altro. E allora decisi che era venuto il momento di dirgli che ero incinta, che aspettavo il frutto di un “noi” che non c’era. Dirgli che aspettavo l’unico essere che forse avrebbe potuto ricambiare l’amore che io davo. Dirgli che era giunto il momento delle responsabilità. Della fine o dell’inizio di tutto…o di niente.

  
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