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Autore: Daisy Potter    12/08/2005    1 recensioni
Gli ultimi istanti della bravissima cantante di Zanarkand e del suo ragazzo si consumano in un abbraccio ...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lenne & Shuyin

“Lenne … devo andare.”

Silenzio. Riempiva ogni angolo della stanza. Sembrava assordante, nonostante fosse solo il nulla. Poi fu invaso da piccoli battiti, che provenivano dal petto della giovane Lenne e che acceleravano sempre di più, come se il cuore della ragazza si fosse appena risvegliato e cercasse di respirare di nuovo. Ma l’effetto che le parole di Shuyin avevano avuto su di lei non si era ancora dileguato, continuava a ferirla. Si voltò verso la finestra e osservò le magnifiche luci notturne di Zanarkand. Intanto lacrime di dolore lottavano per sgorgarle dagli occhi, ma lei non voleva che Shuyin le vedesse. Non voleva che si accorgesse che soffriva, non era così che voleva che andassero le cose. Vide riflessa nel vetro l’immagine del ragazzo che aveva abbassato gli occhi. Si chiese che cosa provasse lui in quel momento. Perché voleva abbandonarla? Perché voleva andare incontro alla propria morte? Era tutta colpa di Vegnagun! Quell’orribile macchina assetata di guerra! Era lei che aveva scatenato il conflitto! Era solo per quello che Shuyin rischiava la propria vita! Perché era stata costruita?

“Lenne” sussurrò il ragazzo. “Non resterò fermo a guardare mentre gli Invocatori verranno sterminati … mentre tu verrai uccisa! Questa guerra è ingiusta, tutto su Spira è ingiusto. Nessuno da rinunciare all’odio, i popoli cercano lo scontro, e sembra che l’abbiano ottenuto. Se non faccio qualcosa per fermare tutto quanto, domani Zanarkand non esisterà più, e con lei tutto il nostro mondo! Vegnagun è molto potente, lo sai bene, e l’unico modo per salvare tutti quanti è distruggerlo.”

Ma Lenne non lo ascoltava, o meglio, non riusciva a credere ad una sola parola: le scorrevano addosso, ferendola e scivolando poi via, lontane. I suoi occhi, che non volevano incrociare lo sguardo di Shuyin, bruciavano, e la ragazza non riuscì a trattenere un singhiozzo che risuonò nella casa. Shuyin attese ancora un attimo in silenzio, forse ad aspettarsi che lei lo pregasse di non andarsene, o facesse qualsiasi altra azione, ma Lenne rimaneva lì, girata verso le strade deserte, fredda come il ghiaccio. Allora il ragazzo abbassò il capo tristemente e si avviò verso la porta. L’aprì e prima di uscire si voltò per un’ultima volta. In quel momento un lampo illuminò la stanza e riuscì a scorgere nel vetro l’immagine riflessa della ragazza: lacrime silenziose affioravano dai suoi occhi socchiusi, mentre cercava di nascondere il dolore che le provocava quella separazione, perché, nel cuore lo sapeva, si trattava di un addio. Shuyin resistette all’impulso di correre da lei, afferrarla per le spalle, voltarla e stringerla a sé, perché sapeva che avrebbe solamente complicato le cose. Semplicemente, mentre usciva, sussurrò piano nel silenzio:

“Non piangere, perché tornerò.”

Quelle parole, per qualche motivo, parvero risvegliare Lenne. La ragazza si voltò di scatto, pronta a implorarlo di non lasciarla, a scomparire nel calore delle sue braccia, ma ormai era troppo tardi: l’unica cosa che vide fu la porta che si era chiuso alle spalle, forse per sempre. Le gambe non la ressero più e si lasciò cadere in ginocchio, mentre il buio, il silenzio, il vuoto riempivano il suo cuore.

“Dove sei, Shuyin? Perché stai mettendo in pericolo la tua vita?”

Lenne stava correndo come il vento tra le strade della città; continuava a chiedersi dove fosse andato il suo ragazzo, cosa avesse intenzione di fare … se sarebbe mai veramente tornato come aveva detto. Pensieri terribili le assalivano la mente, pensieri che avrebbe voluto scacciare, ma che le sembravano reali e inevitabili.

Giunse sul freddo Monte Gagazet e continuò a correre più veloce che poteva sul sentiero che portava verso la sua destinazione: il tempio di Bevelle. Sapeva che qui avrebbe ritrovato Shuyin, non sapeva spiegarsi come, ma ne era certa, era il suo cuore a guidarla da lui. Ma quando giunse alla Piana della Bonaccia, le gambe non la ressero più e cadde a terra sfinita dalla lunga corsa. Non sarebbe mai riuscita a raggiungere Bevelle in tempo, non riusciva più a muoversi, e lacrime di disperazione le rigavano il viso, infrangendosi sui fili d’erba che le accoglievano come rugiada. Poi un’idea le balenò nella mente: impugnò l’asta da Invocatrice, la sollevò davanti a sé ed eseguì qualche breve passo di una strana, magica danza. Improvvisamente si aprì uno squarcio tra le nuvole e un maestoso Eone scese in picchiata verso di lei, spiegando un paio di possenti ali un attimo prima di toccare terra. Valefor accolse Lenne sul suo dorso e la ragazza lo spronò in direzione del tempio. L’Eone si alzò in volo e partì a tutta velocità, mentre Lenne pensava solo a Shuyin e sperava di riuscire ad arrivare in tempo. Sorvolarono la Piana, poi il Bosco di Macalania, infine giunsero finalmente in vista di Bevelle. Lenne scese immediatamente dal dorso dell’Eone, che scomparve di nuovo nel cielo, e si precipitò all’interno del tempio. Il suo cuore la guidò nel dedalo di corridoi, e infine si ritrovò di fronte ad un pesante portone socchiuso. I battiti del suo cuore accelerarono: sentiva che dietro quella porta avrebbe trovato Shuyin. Doveva solo convincerlo a tornare indietro con lei … eppure aveva un brutto presentimento.

Spinse con forza e aprì la porta. La stanza era buia; entrò lentamente, ma non riuscì a vedere Shuyin; poi improvvisamente le luci si accesero e scorse il ragazzo, in piedi su una piattaforma posta in alto al centro della sala, di fronte a … Vegnagun! Allora era questa la temibile macchina che aveva causato la guerra: un mostro enorme che occupava tutta la stanza, per quanto fosse spaziosa. Come vide Shuyin, Lenne corse fino alla piattaforma allargando le braccia e gridando il suo nome. Il ragazzo si voltò di scatto: “Lenne! Cosa fai qui? Torna a casa!”

“Non me ne vado senza di te! Shuyin … ti prego, andiamocene insieme! Lascia perdere tutto quanto! È una pazzia!” L’Invocatrice gridava con tutto il fiato che aveva, ma improvvisamente si interruppe voltandosi verso la porta, perché aveva sentito il rumore di passi che si avvicinavano correndo, e il tintinnio di qualcosa di metallico: erano le guardie del tempio. Intanto Shuyin era sceso di corsa dalla piattaforma e corse verso l’invocatrice abbracciandola stretta, mentre una decina di templari facevano irruzione nella sala e si inginocchiavano davanti all’entrata abbassando i fucili e puntandoli contro i due ragazzi. Lenne e Shuyin si guardarono in silenzio; entrambi sapevano che quella era veramente la fine. La ragazza abbassò lo sguardo dal volto del ragazzo, e Shuyin la guardò con una nota di tristezza, consapevole che tutto stava accadendo perché non era rimasto a Zanarkand con lei. Lenne se ne accorse, fissò di nuovo lo sguardo nel suo e sorrise, mentre una goccia salata si spingeva fino alle sue ciglia, vi rimaneva appesa pochissimi istanti e cadeva rapida e silenziosa sulla su guancia, scivolando per un po’ prima di fare il suo ultimo salto nel vuoto. In quel momento le guardie premettero i grilletti e una decina di spari risuonò nella sala rimbombando sulle ampie pareti. I giovani si staccarono l’uno dall’altra mentre i proiettili li attraversavano rapidi e infallibili. L’invocatrice cadde sulla schiena, mentre Shuyin compì mezzo giro su se stesso e si abbandonò a terra, una guancia premuta contro il pavimento freddo. Si rivolsero l’ultimo sguardo, dicendosi addio con gli occhi. Shuyin provò ad allungare una mano verso la ragazza, ma non ne ebbe la forza, e Lenne continuò a guardarlo con lacrime d’amore che le scorrevano sul viso, mentre tutto si scuriva fino a scomparire in una fredda oscurità dalla quale non vi era via d’uscita.

  
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