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Autore: bibi8890    07/04/2010    1 recensioni
" non riesco a stare senza di te, anche se non hai fatto altro che farmi soffrire!"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'My stories, my dreams'
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new Erano passate due settimane da quel giorno. Non lo avevo sentito, non gli avevo mandato nessun messaggio, avevo evitato persino di pensarlo, anche se questa ultima cosa era un po’ difficile da fare. Era quasi impossibile non pensare a lui dopo che ci  avevi passato una vita intera, dopo che si era stati attaccati come due gemelli siamesi.

Mi sembrava quasi impossibile che dopo tutto quel tempo insieme, adesso avevo anche solo apparentemente accettato la sua assenza e riuscivo a fare le cose di sempre anche senza di lui. Anche se, dovevo ammetterlo, non era per niente facile e ci avevo impiegato tre settimane in cui ero dimagrita di sette chili. Ma quello era il male minore. Avevo fatto disperare i miei genitori, mia sorella, ma soprattutto la mia povera migliore amica, che fin da subito non mi aveva negato una spalla su cui piangere.

«L’hai fatta la versione?» le chiesi, mentre leggevo distrattamente i titoli dei suoi cd.

«A metà. Ma almeno c’ho provato!» mi rispose lei con un sorriso. Era brava a scuola la mia adorata Elena e sapevo perfettamente che entro il mattino dopo quella versione sarebbe stata completata molto velocemente.

Erano giorni che non mi chiedeva più di Paolo e sapevo che prima o poi me lo avrebbe chiesto. Infatti dopo cinque secondi…

«Senti… non è per tornare sul solito discorso, ma non lo hai ancora sentito?»

«No» risposi secca «E non ho nessuna intenzione di sentirlo!»

«Ma perché non cerchi di capirlo?!»

Ecco lo sapevo! Tutti prendevano sempre le SUE difese, tutti mi vedevano come l’esagerata che, da egoista, avrebbe voluto tutti intorno a sé, tutti al suo servizio. Non sapevano come mi sentivo dentro, non capivano cosa si prova ad essere abbandonate.

«Dobbiamo per forza discutere, Elena? Ti ho già spiegato quello che provo, l’ho spiegato a tutti, ma voi è come se non ascoltate quello che cerco di dirvi!»

«E’ finito il tempo di fare la vittima, Rory! Non passerà mai il peso che senti sullo stomaco se non gli parli!»

«Ma lo vuoi capire che non ce la faccio?! Vuoi capire che se lo sento mi sembra di morire?! Lo vuoi capire che mi manca?!»

Scoppiai in lacrime, come tutte le volte che un suo sorriso mi rimbalzava in testa. Scoppiai in lacrime di rabbia, rabbia con tutti quelli che mi stavano intorno.

«Si, ma se continui così non lo supererai mai!»

«Non voglio superare niente! Voglio solo dimenticarlo e buttarlo via come lui ha fatto con me! Lo sai cosa si prova quando il tuo migliore amico, quello che consideri come il fratello che non hai mai avuto, quello a cui confidi tutto, quello a cui dai tutta te stessa, ogni minima parte del tuo essere, ti abbandona, così, come se niente fosse, con una lettera del cavolo scritta di fretta? Lo sai che significa? Lo sai come ci si sente quando il mondo ti crolla addosso senza una spiegazione? Quando ti lasciano senza darti la libertà di dire addio?»

Stavo impazzendo, stavo diventato isterica. E tutto per colpa di uno stupido bambino.

«Dai tranquillizzati ora. Stai calma. Passerà e io sono con te! Ci sarò sempre!»

Mi abbracciò e mi cullò come una bambina.

Sapevo che non riuscivo a scordarlo, a scordare tutto quello che avevamo passato insieme, ma dovevo almeno provarci, altrimenti non sarei riuscita a vivere.

Mi ricordava una canzone di Ligabue: Ho messo via. Quelle parole mi rimbalzavano in testa, come se fossero state scritte apposta per me, ma io sarei riuscita a metterlo via. E sarei rinata anche senza di lui nel mio mondo. Un mondo senza più prati verdi

 

«Ho messo via un bel po’ di cose ma non mi spiego mai il perché io non riesca a metter via te.»

 

Era lunedì, uno dei tanti lunedì in cui vorresti buttare dalla finestra quella dannatissima sveglia che suona solo per annunciarti un’altra nuova giornata buttata al vento. Come al solito la scaraventai per terra, senza un minimo di cura. Me l’aveva regalata Paolo.

Aprii un solo occhio e notai la mia bella gattina ai piedi del mio letto, tutta raggomitolata su se stessa. La adoravo. Era a casa nostra da un mese preciso. Avevo bisogno di affetto e anche lei. Ci completavamo a vicenda noi due, ci capivamo subito. Adoravo la mia bellissima Trilly, la mia bellissima gattina nera. A mia madre era quasi preso un colpo quando le avevo annunciato che avevo trovato una gattina nera e avevo deciso di tenerla. Non le era preso un colpo per la gattina in sé, ma più che altro per il colore del suo pelo. Avevo combattuto con tutta me stessa per averla e alla fine eccola lì, ai miei piedi, pigra come al solito.

Mi alzai un po’ barcollando, cercando di arrivare al bagno illesa e mi infilai sotto la doccia. Sentire il getto d’acqua bollente sulla mia pelle mi svegliò e mi sentii subito meglio. Sotto la doccia riuscivo a chiudere i miei pensieri, a non sentire niente intorno a me. Ero solo io, il mio spirito che si rilassava.

Ci stetti minuti che mi sembravano ore, almeno fino a quando la mia gattina non protestò dietro la porta per la fame e le urla di mia madre mi dicevano che era tardi.

Mi vestii in fretta e corsi verso casa di Elena, senza sapere che quel giorno mi avrebbe cambiato letteralmente la vita.

«C’è una novità!» mi disse Elena appena scesa di casa. La guardai interrogativa, senza sapere cosa volesse dire.

«Ieri è tornato mio cugino dall’Irlanda e rimane da noi fino a settembre prossimo!».

Si capiva lontano un miglio che era felicissima, ma sapevo anche che non era solo per questo il motivo per cui era tanto felice.

«C’è qualcos’altro vero?»

«Si!» le si illuminò il viso «Ho trovato la soluzione a  tutti i tuoi problemi!»

«Non ti seguo!»

«Vedrai!»

In quel momento un ragazzo varcò la soglia. Appena lo vidi il mio cuore perse un battito. Rimasi senza fiato. Senza sapere niente. Sembrava un elfo, aveva la bellezza di un elfo, la grazia di un elfo. Non avevo mai visto niente di più bello e perfetto in vita mia.

«Cara Aurora, ti presento mio cugino Aaron!»

Credo di aver biascicato qualche strana parola di piacere, ma sapevo pure io di avere uno sguardo da ebete stampato in viso. Era  troppo perfetto per essere vero.

Era altissimo, non troppo magro ma con due braccia muscolose al punto giusto. I suoi capelli erano tagliati corti ed aveva intense sfumature marroni, ma di un marrone caldo ed accogliente, come le castagne. E i suoi occhi. Sarei rimasta ore a guardare i suoi occhi, di un castano come la corteccia di un albero, con il contorno più scuro e l’interno chiaro, quasi dorato come il caramello.

Portava dei jeans scuri non scesi come tutti quei bambini che lasciano vedere tutto, ma messi al punto giusto. Un paio di Converse blu scure gli coprivano i piedi, mentre la maglietta semplice bianca a maniche corte era coperta un po’ da un gilet nero.

Era perfetto per me, era perfetto in ogni suo minimo particolare, come se un mago avesse letto nei miei sogni e lo avesse creato.

«Rory? Rory?»

Ecco lo sapevo! Mi sono imbambolata!!!

«Dimmi! Scusa stavo pensando ad una cosa»

«Stavo dicendo che hanno accettato Aaron in classe nostra! Quindi passeremo tutto l’anno insieme!»

Sto sognando! Ok tra un po’ arriverà mia madre a svegliarmi e a dirmi che è troppo tardi per andare a scuola! È impossibile tanta grazia!

«Si può sapere che hai stamattina?» mi chiese Elena con uno strano sorrisino in volto.

«Niente… non mi sento tanto bene!» balbettai, sapendo che le mie guance erano diventate bordeaux.

Arrivammo a scuola chiacchierando del più e del meno. Anzi. Diciamo che parlarono solo Elena ed Aaron, perché io non avevo più parole. Notai comunque che nonostante fosse nato e cresciuto in Irlanda, non aveva accenni del loro strano accento e parlava un italiano impeccabile.

È perfetto anche in questo!

Arrivati in classe, furono indescrivibili le facce delle mie compagne di classe, ci mancò poco che sbavassero!

«Mamma mia! Sembra che non hanno mai visto un ragazzo!» mi disse Elena poi a ricreazione, scherzando.

«Hai ragione! Anche se tuo cugino sembra venire da un altro pianeta!»

«Chi viene da un altro pianeta?»

Mannaggia a me e alla mia lingua lunga! Che figura!!!

«Shakespeare!» dissi io all’improvviso, mentre lui mi guardò con i suoi occhi color caramello stupito.

«Shakespeare?!» mi chiesero in coro i due cugini.

«Eh si! Perché? Mai sentito parlare di Shakespeare?!» feci io, cercando di fare l’indifferente e cambiare discorso, ma non ci riuscii.

«E perché sarebbe di un altro pianeta?»

«Bhè… credo perché le parole che usa, il modo in cui le accosta… ehm… i sentimenti che riesce a esprimere con semplici concetti, non sono doti tipiche degli esseri umani comuni! O almeno io la penso così… credo!»

Non so nemmeno io quello che dissi, non so perché tra tante scuse mi era saltato proprio il nome di Shakespeare, fatto sta che gli occhi caramello brillarono.

«Sono pienamente d’accordo con te!» mi rispose con un sorriso.

«Davvero???» chiesi io. Non sapevo nemmeno che avevo detto!

«Si certo! Adoro Shakespeare! E mi piacciono le parole che hai usato!»

È pazzo!

Da quel momento in poi cominciammo a chiacchierare ininterrottamente per tutte le ore di lezione che rimanevano. Scoprii come tante cose ci accomunavano, come molte cose le vedevamo dal nostro strano e comune punto di vista.

Non avevo ancora messo via Paolo, ma piano cominciavo a vedere un debole spiraglio di luce all’orizzonte.

Spero che la storia vi piaccia! cercherò , università permettendo, di scrivere spesso! 

intanto io già mi sono appassionata ai miei cari personaggi, soprattutto al caro Aaron!:)

intanto continuo a scrivere Destined to be together sperando che continuerete a segurlo.

scusate se non scrivo spesso... spero mi capirete!:)

kisses

Bibi:)

  
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