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Autore: Mogura    08/04/2010    6 recensioni
Non era un ragazzo, era una piaga. Simpatico come un pichiarello incazzato nelle mutande e piacevole come un palo della luce nel sedere.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Stinco di Santo

Stinco di Santo

Not the nicest guy

 

Sasuke aveva la spiacevole abitudine di reclamare vendette un po’ a caso, giurando di uccidere chicchessia, attaccandosi a scuse collegate alla sua sfortunata infanzia. Vendette senza alcun senso, legate a propositi stupidi che ottenevano solo di far soffrire molti, soprattutto i pochi che ancora gli volevano bene e, forse, lui stesso più di ogni altro.

 

Sasuke era masochista, questo era certo. Un pallone gonfiato pieno di nulla che poteva implodere da un momento all’altro, un pericolo per gli altri e per se stesso. Si impegnava in monologhi che in teoria dovevano suonare drammatici ma che in realtà risultavano stupidi e vuoti.

Era come un buco nero che, schiacciato dalla sua stessa boria, man mano attirava a se sempre più idiozia che confluiva in quell’apoteosi di demenza che lui era.

 

Non era un ragazzo, era una piaga. Simpatico come un pichiarello incazzato nelle mutande e piacevole come un palo della luce nel sedere.

 

Sul fatto che fosse completamente tocco erano d’accordo tutti, l’unico dubbio era su “quando” fosse uscito fuori di balcone. Qualcuno sosteneva che fosse diventato psicopatico dopo lo sterminio del suo clan, altri erano convinti che fosse accaduto a causa dei tre anni trascorsi con l’amabile Orochimaru e il suo simpatico sottoposto Kabuto Yakushi.

Altri ancora erano certi che la sua instabilità mentale fosse dovuta all’assassinio del suo unico amato fratello. Assassinio che, tra l’altro, era stato commesso dallo stesso Sasuke, dopo anni e anni passati ad allenarsi come un dannato solo e nell’unico intento di ucciderlo nel più brutale e crudele dei modi, per poi scoprire che in realtà il fratello maggiore era un santo che aveva dovuto massacrare il suo clan e sacrificare la sua vita da brillante ninja per la salvezza del villaggio.

Che culo! Solo a pensarci viene da toccarsi per fare gli scongiuri.

 

Comunque, è più probabile che non fosse normale sin dalla nascita, e che fosse peggiorato di sventura in sventura, partendo con il ritrovarsi come fratello maggiore un ninja eccezionale e, apparentemente, imbattibile in ogni campo e l’avere un padre severo che lo trascurava e che lo paragonava di continuo al ,già in precedenza citato, fratello Itachi.

 

Che Sasuke fosse incredibilmente e assurdamente sfortunato è quanto meno indiscutibile, però, questo è vero, quelle poche volte che il caso non gli era avverso era lui che rimediava.

In poche parole: se le cercava, si prendeva a martellate sui piedi da solo. Il motivo? Abbiamo già detto che Sasuke era masochista?

 

A soli 16 anni Sasuke, per raggiungere i suoi intenti, aveva mietuto più vittime di Hannibal Lecter e Jack lo Squartatore messi assieme. Certo, una buona metà di loro non aveva mai realmente affrontato il ragazzo, ma si era suicidata quando, ancora prima di ingaggiare battaglia, Sasuke aveva ripetuto per la cinquantesima volta: “Adesso scoprirai qual è il vero potere degli Uchiha!” oppure “Ti mostrerò cosa significa mettersi contro un Uchiha!” o ancora “Purificherò il sacro nome degli Uchiha”.

Uno di questi poveretti si era addirittura fatto saltare in aria pur di non dover più sentire lui e i suoi assoli drammatici, cercando inoltre, molto coscentemente, di coinvolgere nell’esposione anche Sasuke, ma quest’ultimo era sopravvissuto. Che culo! Che Kami abbia in gloria la misera ed esplosiva anima di Deidara.

 

Uchiha Uchiha Uchiha. La sua amata stirpe di cui amava, in modo smisurato, tessere le lodi, ma che egli stesso aveva contribuito a sterminare, diventandone così l’ultimo esponente insieme ad un tale Madara. Un simpatico ometto dall’età non ben accertata, comunque over 50, dalla buffa maschera arancione, con delle leggere manie di grandezza, che nel tempo libero radeva al suolo villaggi con l’aiuto di qualche animale gigante pluricodato e poi cercava di conquistare il mondo. Anche lui non era esattamente equilibrato. Però era un gran stratega. La sua tattica consisteva fondamentalmente nel sedersi su una roccia guardando gli altri scannarsi di mazzate, fingendosi un completo e inutile idiota, aspettando che questi si eliminassero a vicenda o che fossero troppo stanchi per reagire mentre lui li fotteva con allegria all’ultimo minuto, facendosi una grossa e grassa risata alla faccia loro. Massimo risultato, minimo sforzo. Oltretutto era parecchio simpatico. Un gran mattacchione.

 

Sasuke, contrariamente, aveva quel senso dell’umorismo che è proprio delle patate. Era sempre molto allegro, un po’ come un agnello a Pasqua o un tacchino nel giorno del ringraziamento.

Rideva di rado, e lo faceva solo in modo parecchio inquietante e in momenti poco opportuni. La tipica risata da pazzo maniaco che serviva solo a sottolineare quanto gli fosse necessaria una camicia di forza.

Qualcuno, probabilmente non trovando suddetta camicia, aveva provato a chiuderlo in una grossa botte di legno. Per qualche strano motivo, purtroppo, questo qualcuno aveva anche permesso che da tale botte Sasuke ci uscisse tranquillamente qualche ora più tardi, e quando questo era successo, lui, aveva iniziato a sbellicarsi in maniera convulsa e preoccupante. Più che risata, quella, era una crisi di identità con i controfiocchi.

 

Alla luce dei fatti Sasuke non era certo uno stinco di santo. Aveva più difetti che capelli in testa, di pregi ne aveva veramente pochi e li teneva ben nascosti.

Eppure, strano ma vero, c’era chi ancora gli voleva bene. Certo, forse non era una smisurata folla acclamante con tanto di bandierine e striscioni d’incoraggiamento, ma erano già più numerosi di quanto ci si potesse aspettare per un tipo del genere.

 

Gli volevano bene, sì, ma uno a uno, con l’avanzare del tempo, avevano perso la speranza.

La speranza di cosa poi? Che tornasse a Konoha? che abbandonasse la sua ossessione per la vendetta? Che la smettesse di fare il paraculo? Ma dai!

Una persona normale guardandolo in faccia non ci avrebbe creduto nemmeno per un secondo che un individuo tale potesse mettere la testa a posto. Però, si sa, gli abitanti del villaggio della foglia non erano quello di più normale ci fosse al mondo.

 

Tuttavia, alla fine, anche quest’ultimi avevano dovuto ammettere l’ovvio e deporre questa stupida utopia. Anche perché giunti a quel punto si trattava di scegliere: o il villaggio o Sasuke. Sasuke lo sbruffone. Sasuke il traditore. Sasuke l’assassino. Sasuke “Io sono un vendicatore e tutti gli altri cacca cacca cacca!”. Avevano scelto il villaggio. Nessuno l’avrebbe mai detto, eh? Che sorpresa! Che decisione imprevista! Chi se lo sarebbe mai aspettato?!

 

Si erano resi conto di amare un ricordo. Un tredicenne imbronciato e scorbutico che, in fondo, aveva sempre la mano tesa verso chi ne aveva bisogno. Qualcosa che non aveva niente a che fare con l’attuale Sasuke. Quel Sasuke doveva morire perché minacciava la salvezza di Konoha, e questo non era accettabile. Perché Konoha era la loro casa, era i loro compagni, era i loro amici, i loro genitori, i loro fratelli.

Anche Sakura, che si ostinava a chiamare amore ciò che più probabilmente da cotta infatile si era evoluto in un affetto profondo più simile all’amicizia. Anche il suo ex-sensei Kakashi, che lo aveva sempre guardato con un certo sguardo paterno, come uno zio sempre presente, silenzioso, ma sul quale sepeva di poter contare. Anche loro ormai avevano dovuto gettare la spungna. Sakura stessa aveva provato a porre fine alla vita dell’Uchiha, e l’avrebbe fatto se solo non le fosse mancato il coraggio e il cuore di compiere un gesto del genere.

 

Ormai nessuno avrebbe mai potuto salvare Sasuke dall’oscurità della sua anima. Macchè, dall’oscurita della sua zucca vuota. Una landa desolata dove ogni tanto rotolava una palla di sterpi solitaria. Il suo cervello era come un computer pieno di virus al quale tutte le volte che sembrava riuscire a formulare un pensiero sensato, di colpo, appariva la maledetta schermata blu con la scritta bianca “se questa è la prima volta che succede riavviare il computer, in caso contrario buttalo via che ormai sarà intasato di merdate assurde e te ne compri un altro, braccino corto!” e lui, un po’ come tutti noi, faceva finta di niente e riavviava, nonostante quella fosse la ventimilionesima volta che gli succedeva. Nell’arco di un giorno.

E a Sasuke andava bene così, un'altra scusa per divertirsi a fare i vittimismi. Che credete? Che gli dispiacesse? Non aspettava altro.

 

E poi c’era lui.

Lui, la spina nel fianco di Sasuke. Il bastone nelle sue ruote. Il crampo alle dita dei piedi poco prima che riuscisse ad addormentarsi. Era la sua ulcera. La sua disgrazia personale.

 

Era quell’unica, piccola, stupida ragione che gli faceva girare la testa indietro per guardarsi alle spalle e ricordare. Era quell’unica , piccola, stupida ragione che lo faceva sorridere mentre guardava il passato. Era quell’odioso peso alla base della gola che gli impediva di respirare liberamente. Era l'unico e ultimo legame con la sua vita precedente.

 

Ci aveva sperato sul serio che finalmente si fosse deciso a voltargli le spalle. Che lo avessero convinto. Ci aveva quasi creduto. Che povero illuso. Sasuke si dava dell’idiota da solo e ne aveva tutte le ragioni. Possibile che dopo tutti quegli anni non avesse ancora capito con chi aveva a che fare? Era peggio di un attacco fulminante di diarrea nel bel mezzo di una corsa campestre. Era un dobe, anzi, era il dobe. L’usuratonkachi guasta feste. Era come uno schifoso sassolino nella scarpa che col tempo era diventato più grosso e pesante di un mattone. Era come un bambino fastidioso e rumoroso dall’espressione imbecille, con indosso un orrenda tuta arancione che ti punzecchia di continuo e ti sta costantemente tra i piedi. Al quale dolente o nolente ti affezzioni, che impari ad amare. Che tutte le volte che guardi il cielo non puoi che pensare ai suoi stupidissimi occhi azzurri e a quanto ti manchino incredibilmente.

 

Era Naruto Uzumaki.

Era tutto ciò che ancora gli rimaneva.

Ma questo, forse, Sasuke non l’avrebbe mai ammesso. Neppure a se stesso.

 

  
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