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Autore: vannagio    08/04/2010    9 recensioni
Improvvisamente Severus Piton aprì gli occhi, ma una luce accecante lo costrinse a richiuderli subito dopo.
Era morto?
Quella luce stava a significare che si trovava nell’aldilà?
Non poteva essere altrimenti...

Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Nota Bene:
Prima di farvi leggere la mia storia, devo fare una precisazione importante, perché voglio evitare che si creino equivoci.
Avevo pubblicato questa one-shot già una volta ad agosto, se non ricordo male, con il titolo “Il risveglio di Piton”. Mi ero ispirata ad un’altra one-shot, intitolata “Altalene” di Erin87. Sbagliando clamorosamente, non avevo chiesto il permesso all’autrice e quindi la mia storia era stata, giustamente, cancellata. Non divago su questo argomento, perché ne ho già parlato con Erin87 e credo che ormai ci siamo chiarite.
Adesso ho modificato il racconto, togliendo tutti i riferimenti alla ff di Erin87. Cosa ancora più importante ho chiesto il suo permesso per pubblicare il racconto modificato e Erin87, molto gentilmente, mi ha dato il via libera.
Spero che questo sciagurata vicenda non influenzi il vostro giudizio.
Prego coloro i quali vogliano commentare, di limitarsi a esprimere un giudizio sulla storia e non su quanto riportato in questa nota. Non perché non desidero ricevere critiche negative, ma perché penso che una recensione (in quanto tale) ha come scopo quello di riportare solo il giudizio del lettore sulla storia. Per altre discussioni c’è sempre il form “Contatta”.
Infine, vi consiglio vivamente di leggere la one-shot “Altalene” di Erin87, che ho trovato stupenda e a cui attribuisco il merito di avermi fatto entrare nel mondo delle fanwriters.
Grazie per l’attenzione e buona lettura!





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Per la serie...
"Quando vannagio vaneggia!"



Peggio dell'inferno



Improvvisamente Severus Piton aprì gli occhi, ma una luce accecante lo costrinse a richiuderli subito dopo.
Era morto?
Quella luce stava a significare che si trovava nell’aldilà?
Non poteva essere altrimenti.
Cercò di ricordare: il morso di Nagini… sangue - il suo sangue - ovunque… e poi Potter - l’odiato Potter - al quale affidava i suoi ricordi più intimi e segreti… gli amati occhi di Lily che lo fissavano mentre lui spirava…
Sì, era sicuramente morto.
Nonostante questa certezza, qualcosa non andava. Adesso che era sveglio provava un dolore fortissimo al collo, proprio dove il serpente aveva affondato le sue zanne.
Nell’aldilà era possibile provare dolore?
Aveva sperato con tutto il cuore che la morte mettesse la parola fine alle sue sofferenze e invece, non solo il suo corpo era dolorante ma anche quel senso di colpa, che lo aveva perseguitato per tutta la sua misera esistenza, era ancora là, al centro della sua anima, intento ad avvelenarla e consumarla del tutto.
La soluzione era una sola.
Stupidamente aveva pensato che, una volta spirato, avrebbe raggiunto un luogo di pace e serenità, un luogo in cui avrebbe ritrovato la sua Lily.
Naturalmente si era sbagliato.
A lui, che si era macchiato delle colpe più grandi, non era concesso raggiungere quel luogo. Il suo posto era all’inferno, dove tutte le pene e le sofferenze si acuivano.
E come non poteva essere un inferno, il luogo in cui si trovava?
Oltre al dolore fisico e mentale, sentiva tanti rumori intorno a lui: sussurri, lamenti, gemiti di dolore...
Cos’era quel posto?
Provò ad aprire nuovamente gli occhi.
Di nuovo la luce.
Sbatté più volte le palpebre, fin quando non riuscì a distinguere qualche sagoma.
Accanto al letto in cui era sdraiato, c’era un uomo, o forse un ragazzo, seduto su di una sedia. Stava dormendo: lo capiva dal respiro regolare e dal fatto che la testa ciondolava in avanti, come se fosse abbandonata. Severus non riusciva a riconoscerlo, la sua vista era ancora poco nitida.
Si guardò intorno e mentre i suoi occhi si abituavano sempre di più alla luce, comprese che non si trovava all’inferno, ma in un posto ben peggiore… un ospedale!
Ciò portava ad un’unica, terrificante conclusione…
Era vivo!
NO!
Cercò di urlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Nel momento in cui aveva tentato di aprire la bocca, un dolore straziante lo aveva paralizzato.
Come poteva essere ancora vivo?
Era quella la sua punizione?
Rimanere in quella specie di limbo, che era diventata la sua vita, per sempre?
Continuare a convivere con le sue colpe, il suo dolore, i suoi ricordi?
Ricordi…
Qualcosa scattò nella sua mente.
Si voltò immediatamente verso il ragazzo e Severus venne sopraffatto da odio e disprezzo.
Cosa ci faceva lì Potter?
Un orrendo dubbio si fece largo nella sua mente: Potter stava vegliando su di lui, come un figlio che assiste il padre ricoverato in ospedale?
Certo, Potter sapeva tutto.
Gli aveva affidato i suoi ricordi e adesso avrebbe dovuto sopportare la sua compassione e la sua pietà.
Era peggio dell’inferno!
Avrebbe preferito mille volte morire, piuttosto che dover sopportare i suoi occhi, gli occhi di Lily, rivolgergli uno sguardo di gratitudine, mista a pena.
A quel pensiero Severus non poté fare a meno di emettere un lamento.
Forse a causa di quel suono così disperato, Potter si svegliò immediatamente.
L’uomo e il ragazzo si fissarono a lungo: occhi verdi dentro occhi neri.
Era peggio del previsto!
Quel piccolo arrogante ebbe la sfacciataggine di rivolgergli un sorriso gentile, così simile a quello che tanti anni prima Lily gli regalava, facendogli battere il cuore.
«Se sei venuto per compatirmi, Potter, puoi anche andartene. Non voglio la tua pietà», disse Severus sprezzante.
«Non è la compassione che mi spinge, ma la gratitudine», replicò Potter, sempre con quel sorriso così straordinariamente simile a quello della madre.
«Non voglio ringraziamenti, non l’ho fatto per te!».
«Lo so, ma questo non mi impedisce di ringraziarla ugualmente. Se non fosse stato per lei…».
«Ho detto che non voglio la tua gratitudine, Potter, e non aspettarti che ti dica grazie per avermi salvato la vita».
Potter gli rivolse un’occhiata esasperata, come se su quel letto non ci fosse Severus, ma un mago affetto da un male incurabile. Se possibile, l’odio di Severus crebbe ancora di più.
Nonostante la palese ostilità, Potter continuò a parlare come se stessero prendendo il the.
«Le interesserà sapere che ho portato a termine la mia missione: Lord Voldemort…».
«Non pronunciare quel nome!».
«… è morto», continuò Potter, impassibile.
«L’Oscuro Signore? Morto? Stai scherzando?», domandò sbalordito.
Ma era chiaro che Potter non stesse scherzando.
Era incredibile. Silente aveva avuto ragione, dopotutto.
All’improvviso Severus ricordò un dettaglio…
«Ma se ciò che dici è vero… tu stesso dovresti essere morto!», esclamò Severus, con tutto il disprezzo che poteva mettere in quelle poche parole.
«è vero ma è una lunga storia…», rispose Potter sorridendo.
«Da quanto sono qui?», chiese Severus.
«Una settimana, circa. Ho spiegato a tutti il suo ruolo in questa storia e… non dovrà subire alcuna ripercussione…».
Potter parlava in modo lento e impacciato, come se fosse imbarazzato. Per Severus era una novità.
«Cosa hai raccontato?», chiese, mentre un sospetto cominciava a insinuarsi nella sua mente e la rabbia ritornava a impadronirsi di lui.
«Ho dovuto raccontare tutto…», rispose Potter, abbassando lo sguardo.
In quell’istante Severus sarebbe voluto sprofondare nella terra.
Non solo Potter, ma tutti… adesso tutti sapevano!
«Come hai potuto! Ammettilo: non hai resistito. Ti sei fatto delle belle risate, non è vero? Piccolo arrogante…».
«Avrebbe preferito finire ad Azkaban?», chiese lui con tono sarcastico.
«Sì! Avrei preferito i Dissennatori, avrei preferito che tu e i tuoi amichetti mi lasciaste morire, piuttosto che subire un tale martirio!», urlò Severus.
«Beh, io no, non lo avrei preferito! E nemmeno tutti gli altri. Nessuno sta ridendo di lei!».
Anche Potter urlava adesso.
«Come se me ne importasse qualcosa!», continuò ad urlare Severus.
«Perché si ostina a nascondere il suo lato migliore?».
Severus non rispose. Non doveva render conto a nessuno delle sue azioni e del suo comportamento, tanto meno a Potter. Era solo un piccolo arrogante, pieno di se.
«Non smetterò mai di esserle riconoscente, questo non lo può cambiare!», esclamò Potter alzandosi, «Tornerò domani e domani ancora, per farle compagnia, fin quando non si sarà rimesso. E se fossi in lei, non mi stupirei se ricevesse altre visite nei prossimi giorni».
La rabbia di Severus aveva raggiunto il culmine.
«Torturarmi con la tua presenza è un modo per ringraziarmi o per vendicarti di tutte le punizioni che ti ho inflitto in questi anni, Potter?», chiese sarcastico.
Potter rise beffardo in una degna imitazione di suo padre.
«Entrambe le cose, credo, ma non deve preoccuparsi: non le farò pulire vermicoli a mani nude».
Prima di uscire dalla stanza, Potter posò una fiala sul comodino, accanto al letto di Severus. Il contenuto della fiala vorticava argentato, né liquido, né gassoso.
«Credo che questa le appartenga, Signore», e così dicendo uscì dalla stanza.


***


Passarono alcune settimane da quel giorno e Harry andò a trovare il Professor Piton per la sua consueta visita giornaliera.
«Finirà mai questa tortura?», lo salutò il professore con una smorfia, che assomigliava ad un sorriso - o almeno così Harry voleva credere.
«In effetti, ho appena parlato con il Guaritore che si occupa del suo caso. L’ospedale non ha più posti liberi e le persone che hanno bisogno di cure sono molte a causa della battaglia», spiegò Harry.
«Quindi mi dimettono finalmente?», chiese il professore, senza nascondere un sorriso compiaciuto.
«Ad una condizione…», rispose Harry con il tono di chi non promette nulla di buono.
«Fantastico! E quale sarebbe la condizione?», domandò l’altro con tono sarcastico.
«Che qualcuno si occupi di lei fin quando non sarà perfettamente ristabilito».
«Cosa? Spero che tu non mi voglia prendere in giro, Potter. Non ho bisogno di aiuto e poi chi si prenderebbe cura di me?», chiese il Professor Piton.
Harry sorrise e il professore parve intuire la risposta.
«Naturalmente la signora Weasley si è offerta subito, ma… lei e la sua famiglia hanno altri problemi per il momento, quindi penso che la soluzione migliore sia che lei venga a stare da me a Grimmauld Place per qualche tempo».
Harry in cuor suo pregava che il Professor Piton non gli lanciasse qualche maledizione.
«Tu sei pazzo! Piuttosto vado a vivere sotto un ponte!», esclamò il mago, «Non ti affiderei nemmeno le mie scarpe, Potter».
Harry sospirò pesantemente.


Nel frattempo Severus Piton stava analizzando le sue possibilità.
Era già difficile dover sopportare la presenza di Potter per quelle poche ore che andava a fargli visita in ospedale, figuriamoci dover vivere e dipendere da lui!
Rabbrividì all’idea.
Sicuramente James Potter, ovunque si trovasse, si stava facendo delle grosse risate.
D’altro canto Potter non era l’unico ad irritarlo ogni giorno con le sue visite: la Granger, la schiera dei Weasley al completo, tutto il corpo docente e chissà quante altre persone ancora. Se fosse andato con Potter le visite sarebbero diminuite e comunque il supplizio non sarebbe durato a lungo…
Severus doveva scegliere il minore dei mali, anche se considerare Potter come il minore dei mali era quasi surreale…


«Va bene, Potter! Verrò con te, ma sarà il tuo elfo domestico ad occuparsi di me, non voglio essere avvelenato», disse improvvisamente il Professor Piton, sprezzante.
«Anche se non ho intenzione di avvelenarla, credo che sia un buon compromesso».
Harry era sbalordito: non avrebbe mai ritenuto possibile che convincere il Professor Piton sarebbe stato così semplice.
«Dimenticavo… Potter?».
«Si?».
«Non aspettarti…».
«… un ringraziamento!», concluse Harry, sospirando ancora una volta.

   
 
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