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Autore: Himechan    09/04/2010    1 recensioni
Asso è un egoista.
Asso è nato solo, vive solo e morirà solo.
Solo con il suo cielo infinito.
Lontano dalla terra che tanto ti aveva fatto del male.
Ti rinchiudevi in quel tuo guscio volante, e scappavi via, lontano dai sentimenti, da chi ti aveva ferito, ma anche da chi ti aveva amato e continuava a farlo in silenzio.
§Capitoli I-II: terza classificata e vincitrice Premio giuria al "Le fleurs du Mal contest", indetto da Pagliaccio di Dio§
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Tutti i grandi sono stati bambini.
Ma pochi tra loro se ne ricordano

Antoine de Saint-Exupéry, Le Petit Prince


-Cloche? Ehi Cloche mi ascolti?-
Bauer lo osservava con aria corrucciata, mentre il capitano Von Scherner continuava a fissare con uno sguardo profondamente accigliato la fotografia del maggiore Railey.
Era incredibile la somiglianza che li accomunava. James Railey e Joachim Von Scherner si assomigliavano in maniera incredibile ma quella era la prima volta che lui ne aveva la sicura consapevolezza. Un pensiero che però lo infastidiva inequivocabilmente vista l'arroganza dell' ufficiale inglese.
-Pensa che coincidenza assurda, eh? Mai visto due persone essere tanto simili e tanto diverse!- esclamò Bauer ingenuamente.
Joachim, dal canto suo, provò una stranissima e inspiegabile sensazione.
-Ti sbagli, quel tipo non mi assomiglia affatto- troncò deciso, alzandosi nervosamente, senza alcuna possibilità di replica.
Il nuovo arrivato, che lo stava fissando da un po', fumando placidamente una sigaretta, invece, si era subito accorto del disappunto malcelato del capitano Von Scherner.
Ricordava bene quel James Railey, eccome se lo ricordava bene, e sicuramente era una stranissima coincidenza che lui e Joachim si assomigliassero in quel modo.
Forse Joachim aveva i lineamenti meno marcati, ma in conclusione, la somiglianza era innegabile in maniera quasi imbarazzante; evidentemente, però in passato, lui non aveva avuto niente a che fare con il San Francis, altrimenti lo avrebbe ricordato di certo.
Come ricordava bene quel bastardo di Railey.
Lo seguì con lo sguardo mentre usciva rapidamente, di gran carriera, poi, in silenzio si alzò a sua volta, spense il mozzicone nel posacenere e gli andò dietro con aria interessata. Lo seguì in silenzio fin sulla pista di rollìo, e quando Joachim se ne accorse, voltandosi, lo squadrò con aria incattivita e sospettosa.
-Si può sapere che vuoi?- il capitano sembrava piuttosto agitato e scosso nonostante cercasse in tutti i modi di nascondere il proprio nervosismo. Non riusciva a comprendere se lo innervosissero di più le sue parole o la sua faccia tanto somigliante alla propria.
Probabilmente entrambe.
Joachim tremava impercettibilmente.
Thomas Wentz se ne accorse immediatamente.
-Sono giorni che ti controllo e non mi piaci per niente- gli disse in maniera aperta e rude, andandogli dritto incontro e parlandogli faccia a faccia, alterandosi non poco. Credeva forse di intimidirlo in qualche modo?
Sprezzante e fiero, pensò Wentz, come qualcuno di sua conoscenza.       
L'Oberleutnant, per nulla intimorito, si appoggiò alla parete, con un sorrisetto sarcastico, calcandosi sugli occhi il berretto dell'uniforme, infischiandosene altamente che l'uomo che aveva davanti fosse un suo diretto superiore.
-Se è per questo neanche tu mi piaci per niente, Cloche- sogghignò con aria di sfida -Soprattutto perché forse...uhm...come dire, potresti nascondere una qualche affinità con il nemico?- L'espressione del suo viso si increspò in un sorriso maligno, mentre percepiva la tensione di Von Scherner farsi sempre più accesa e incontrollabile.
-Tu sei pazzo, ma di che stai parlando?- il labbro inferiore gli tremava impercettibilmente mentre si trovava faccia a faccia con quell'uomo.
-James Railey- gli occhi d'acciaio di Wentz si rialzarono a fissare il capitano con freddezza inumana -A molti questo nome significa tutto e niente- soggiunse in tono velenoso -E a lei Herr Hauptmann?-
-Per me non vuol dire un cazzo. E' solo l'asso dell'11 Group Fighter Command. Lo conoscono tutti di fama, chi non conosce James Railey, e allora?-
-E allora non trova, come dire, particolarmente strano che lei e Railey vi assomigliate quasi come due gocce d'acqua?-
-E' solo una fotografia. Probabilmente anche ritoccata dalla stampa per farci su un articoletto idiota. Non ci baderei affatto. Ma poi a te cosa importa? Che vuoi da me? Chi sei?- lo incalzò duramente, senza mezzi termini.
In realtà quel volto, lo aveva toccato dritto al cuore.
Thomas lo fissò con un'espressione talmente penetrante e intensa che Joachim non riuscì a staccare gli occhi da lui.
Sembrava quasi volesse rivelargli un segreto molto importante o qualcosa di dolorosamente inconfessabile.
Fu dopo un lungo silenzio, e un faccia a faccia carico di tensione tra i due, che Wentz si decise a parlare:
-Credo la cosa possa interessarla Herr Hauptmann perché io conoscevo quell'uomo. L'ho conosciuto tanto tempo fa. In un orfanotrofio di Londra. Quando era solamente un ragazzino. Ribelle e indomito proprio come adesso-



Londra, 1913  


Faith Railey fissava ansiosamente l’uomo che guardava con aria cupa la pioggia che batteva insistente contro i vetri della finestra.
Erano in silenzio da un po’, ognuno perso nei propri pensieri.
-Ti ho fatto una domanda- ribadì lei seccamente, dopo un po', la voce che vibrava impercettibilmente.
Janos Von Scherner le voltava le spalle, le braccia incrociate dietro la schiena, il profilo forte e deciso, contratto in una maschera d’indifferenza.
Le parve un’eternità quando lui si decise a risponderle di nuovo.
-E a me sembra già di averti dato una risposta- ribatté in tono distaccato, mentre si girava a fissarla con quegli occhi azzurri e glaciali. -Non aspettarti che io ti sposi solo perché abbiamo avuto un figlio insieme. Sai bene qual è l’unica cosa giusta da fare. Lo sai da quando l’hai scoperto, quindi ora tutte queste scene patetiche sono inutili. Non ti ho mai illuso, né è stata mai mia intenzione farlo, dovevi saperlo, o almeno ricordartelo quando hai deciso di tenerlo-
La sua voce era dura, incolore, piena di disprezzo. Faith fu percorsa da un brivido di orrore quando incrociò quello sguardo freddo e calcolatore. Janos le voltò nuovamente le spalle per avvicinarsi alla sedia dove aveva appoggiato il pesante cappotto, e ne trasse fuori una piccola busta bianca, anonima, che le porse seccamente, senza dire una parola. -Sono tutti. Cinquecento sterline, contali pure se non ti fidi-
Faith rimase a guardarlo da capo a piedi, incredula, poi d’improvviso, una profonda sensazione di disgusto la pervase, facendole allontanare con uno gesto improvviso e stizzito la mano dell’uomo.
-Pensi davvero che potrei accettare la tua elemosina? Mi credi così meschina?- gli occhi di lei si erano riempiti di lacrime e dolore mentre Janos rimaneva con la busta a mezz’aria, l’aria sorpresa e vagamente imbarazzata. Allora appoggiò la busta sul cassettone a lato e si mise le mani in tasca, continuando ad osservare Faith attentamente,  riprendendo il controllo della situazione.
-Non li vuoi eh?! Dì un po' vuoi fare l’eroina…l’orgogliosa e la sprezzante a tutti i costi? O forse, più semplicemente, vuoi farmi sentire…uhm…diciamo lievemente in colpa?-
Un lieve ghigno di sfida gli aleggiava sul volto mentre la guardava da capo a piedi.
Faith rimaneva sempre una donna splendida, nonostante le difficoltà e le continue sofferenze che aveva patito per colpa sua e di altri uomini che l’avevano usata senza ritegno. Aveva un fuoco negli occhi verdi, indimenticabile, da cui si rimaneva accecati, e nonostante in quel momento lui provasse nei suoi confronti un profondo disprezzo, non poteva fare a meno di rimanere profondamente affascinato e incredibilmente attratto dal suo corpo snello e flessuoso, dal suo viso dai lineamenti fini ma decisi, da quelle labbra carnose, dal seno pieno e florido, dalla sua personalità passionale e indomita. Faith era un frutto proibito, un essere oggetto della trasgressività più pura, della sensualità inconsapevole e anche per questo ancora più invitante, ed era stata proprio quella consapevolezza nella sua bellezza appariscente a farlo irrimediabilmente attirare tra le sue braccia, una sera, quando l'aveva vista servire ai tavoli di quel pub di dubbia categoria gestito da alcuni immigrati di Francoforte, dove lui ed alcuni ufficiali del Deutsches Heer, in servizio a Londra per una breve ricognizione, usavano andare per sbronzarsi e trovare dolce compagnia, quando le famiglie e le mogli gelose erano lontane e loro si sentivano soli e tristi, in cerca di affetto. Era stato così che aveva conosciuto Faith Railey: Faith dai capelli biondissimi e dagli occhi verdi. Faith che pronunciava il suo nome straniero in quel modo tanto buffo. Faith e la sua bellezza indimenticabile. Faith dal sorriso accattivante e incredibilmente seducente con quella fossetta ai lati della bocca. Faith e il suo bambino. Era stato una specie di colpo di fulmine: almeno da parte di lei.
Lei si era innamorata immediatamente dei modi ruvidi ma sensuali del colonnello Von Scherner, mentre per lui, quella giovane inglesina, aveva rappresentato fin da subito solamente un piacevole diversivo a cui poi, piano piano si era affezionato. La sua puttana preferita con cui dimenticare la noiosa e fiacca routine familiare che lo aspettava in Germania. Il suo svago poco impegnativo, niente di più. Ma per sbaglio era successo che lei, durante le loro divertentissime notti di passione, era rimasta incinta e non ne aveva minimamente voluto sapere di rinunciare a quel bambino, nonostante fosse già madre di un altro bastardello di tre anni, senza padre.
Non c'era stato verso di dissuaderla dal rinunciare a quel bambino e lei ad un certo punto aveva cominciato a fargli strani discorsi, su una possibile idea di lasciare sua moglie, di costruirsi una famiglia tutta loro visto che lei era profondamente innamorata: ma Janos non aveva voluto sentire ragioni.
Il coinvolgimento con quella donna era andato troppo avanti, e l'unica cosa che lui le aveva concesso era stato una specie di patto piuttosto meschino e avido che prevedeva di cedergli il bambino in cambio di soldi, per poterlo crescere in Germania, assieme alla consorte legittima. Ariana, la moglie di Janos, soffriva di una grave forma di sterilità, e da tempo ormai era a conoscenza delle scappatelle, in patria e non, del marito, ma quando aveva scoperto che la sgualdrina di cui si era stoltamente invaghito era rimasta incinta, dapprima lo aveva minacciato di morte, poi lo aveva cacciato di casa, e qualche mese più tardi, dopo le pressanti insistenze e gli squallidi ragionamenti del marito lo aveva riammesso, in cambio di quella maternità che non le era stata concessa naturalmente. Faith inizialmente, spinta dalle necessità economiche e dal desiderio di garantire una piccola rendita anche all'altro figlio, aveva accettato la sua proposta, ma una volta avuto il bambino ci aveva ripensato, e si era rifiutata di assecondare il patetico tentativo di Janos di accontentare tutti e salvarsi, per quanto poteva, la reputazione.

-Joachim è figlio mio! Tu non puoi farmi questo, non puoi Janos!- Faith urlava, gli occhi fuori dalle orbite, il respiro affannoso, disperata e pronta a tutto perché non la privasse del suo bambino. Joachim strillava, piangendo nella piccola culla accanto al letto della madre, come se avesse capito tutto quello che gli stava tristemente accadendo attorno. James, suo fratello più grande, sedeva raggomitolato dietro la porta della cameretta attigua con le manine a coprirsi entrambe le orecchie per non sentire il pianto disperato del suo fratellino, le urla di sua madre, e la voce melliflua e calmissima, nella sua spietatezza, di quell'uomo sconosciuto e cattivo.
-Tu non hai nemmeno la possibilità di mantenere l’altro tuo bastardo, di certo non ti permetterò di far condurre la stessa gretta esistenza a mio figlio. Questi erano i patti. Avrai i tuoi soldi, ma in cambio devi sparire dalla mia vita e da quella di Ariana, e lasciarmi Joachim. Di certo avrà una vita migliore rispetto a quello che potrai offrirgli tu. E’ meglio per tutti, credimi- Janos la scostò con un energico spintone, oltrepassandola risolutamente.
-Meglio?! Per chi? Per te, forse? Per tua moglie? Ma non puoi farmi una cosa così ignobile. Non puoi!- urlò lei furiosa come una belva, attaccandosi al suo braccio.
-Janos io ti amo ancora. Ti prego, potremmo essere felici, io, te, James e Joachim. Resta con me, non mi lasciare...non...-
-Smettila, sei patetica. Non puoi fare più niente e lo sai benissimo- Janos la scostò nuovamente da sé con aria di profondo disappunto -Ci sono le carte scritte, c'è la mia firma, la tua, e quella del notaio, le chiacchiere stanno a zero. Joachim da adesso in poi viene con me, è figlio mio, tu hai rinunciato alla patria potestà quando hai acconsentito a prenderti i soldi per crescere quell'altro- Sembrava un uomo completamente diverso, risoluto, spietato, senza scrupoli. Un' altra persona rispetto all'uomo appassionato e gentile di cui lei si era innamorata tanto tempo prima, e che ora la tradiva in quel modo tanto subdolo.
Prese di malagrazia in braccio il neonato che piangeva disperatamente, e che era diventato tutto rosso per lo sforzo, senza accorgersi minimamente che due occhietti, da una porta leggermente socchiusa, adesso, stavano fissando ammutoliti la scena che avveniva nella stanza. Due occhi azzurri e innocenti che non riuscivano a capire fino in fondo perché la mamma piangeva mentre quel signore urlava, gridandole parole cattive.
Sentiva ripetere solo un nome. Joachim, Joachim, Joachim.
Ed era quel bambino piccolissimo che la mamma cullava continuamente, cantandogli delle canzoncine tenerissime.
Suo fratello.
Una volta lo aveva preso in braccio lui stesso, lui, lui che aveva appena tre anni, lui che mai aveva conosciuto il suo papà, lui che dormiva nel lettone della sua mamma e ricordava ancora il profumo del suo seno su cui dormiva beato come un cucciolo. Aveva preso in braccio quel neonato minuscolo e immobile e aveva capito che in un modo o nell'altro lo avrebbe protetto per sempre, e che non lo avrebbe mai dimenticato.
Lo avrebbe protetto. Lo avrebbe protetto. Lo avrebbe protetto.
Allora d'istinto aprì la porta dietro cui era nascosto e si gettò addosso alle gambe dell'uomo, cercando di fermarlo con tutte le sue forze.
-Lascia stae mio fratello! Lasciao stae, hai capito?!- gridò aggrappandosi alla gamba destra di Janos che, dall'alto della sua statura, dapprima parve sorpreso nel vedere comparire d'improvviso quel marmocchio, poi lo guardò con un sorriso maligno, scacciandolo disgustato come un cane pulcioso.
-Tu non mi interessi piccolo bastardo cencioso, togliti di mezzo, mi sporchi i pantaloni-
-James!- sua madre lo richiamò con ferma disperazione, ma il bambino non l'ascoltò per correre di nuovo verso il fratellino e l'uomo che lo stava portando via.
-Che bambino coraggioso che abbiamo- ridacchiò Janos Von Scherner, deridendo il piccino e scacciandolo di nuovo, scrollando la gamba -Ma anche molto, molto fastidioso. Peccato che tu sia figlio di nessuno, quindi dovrai rimanere qui ad accudire tua madre- disse asciutto, consegnando il neonato alla bambinaia che era venuta con lui e che aveva assistito atterrita e in silenzio a tutta la scena.
-Janos non farlo ti prego- mormorò Faith, ormai quasi senza più forze, in un sussurro, ma lui non si voltò più, né ascoltò le sue parole, prese semplicemente la porta e uscì, oltrepassandola senza dire più una parola.
-No, Joachim!- urlò ancora, in un ultimo disperato tentativo di riaverlo a sé, ricadendo pateticamente su se stessa, come una bambola spezzata.
E quella fu l'ultima volta che Faith Railey vide suo figlio e l'uomo con cui lo aveva messo al mondo.
James gli sgambettò dietro, ma la porta gli venne letteralmente sbattuta davanti facendolo ricadere indietro.
Faith allora lo prese in braccio mentre lui scalciava furiosamente, allungando le braccine e strillando che voleva il suo fratellino a tutti i costi. Sua madre non riusciva a calmarlo in alcun modo, sembrava una belva talmente era agitato. -Buono Jamie, sta buono amore- mormorava come una cantilena, gli occhi vacui persi nel vuoto mentre accarezzava i morbidi riccioli del suo bambino, pensando disperatamente a quello che aveva appena perso.
Non possiamo farci niente...non possiamo farci niente...non...
Joachim non tornerà più da noi. Tuo fratello l'hanno portato via.
Restarono abbracciati fin quando i singhiozzi disperati di Jamie non si furono leggermente placati, allora Faith prese la busta con i soldi e si sedette alla scrivania, lentamente, con gesti meccanici. Rimase a lungo con la testa tra le mani, senza sapere più cosa fare, sentendosi completamente perduta e ricominciando a piangere sommessamente: Jamie la osservava per terra, sporcandosi costantemente il braccino con il moccio che gli scendeva dal naso, continuando a chiedere petulante alla mamma dove quell'uomo cattivo aveva portato il suo fratellino, senza però ricevere alcuna risposta.
Poi la donna trasse dal cassetto un foglio e una penna e cominciò a scrivere qualcosa, poche parole, un messaggio indirizzato a chissà chi, e lo ripose all'interno della busta con i soldi che le aveva lasciato Janos.
Jamie non udì più sua madre pronunciare una parola, e lui stesso evitò di fiatare, sia quando lei gli diede qualcosa da mangiare, sia quando lo mise finalmente a letto.
Faith gli diede solo il bacio della buonanotte accarezzandogli amorevolmente i morbidi riccioli castani. L'ultima cosa che James ricordò prima di addormentarsi fu il sorriso pieno di tristezza e di rassegnazione della mamma e il suo profumo buono che sapeva di latte. Gli era sempre piaciuto così tanto appoggiare la testa sul suo seno morbido e appoggiarvisi sopra prima di addormentarsi.
-Domani andremo a riprendere 'Chim vero?- le aveva domandato con la voce già piena di sonno, gli occhioni rossi per il pianto, mentre la mamma gli rimboccava le coperte con cura.
Che ometto coraggioso che era stato quel giorno.
-Sì amore. Domani lo andremo a riprendere. Ora dormi, dormi piccolo angelo. La tua mamma è molto stanca-
Molto stanca
Il mattino dopo, James si svegliò quasi di soprassalto: aveva fatto un brutto sogno, e per lo spavento aveva fatto la pipì a letto.
Aveva sognato che degli uccellacci neri attaccavano sia lui che la sua mamma, e che lei ed il suo fratellino venivano ricoperti di piume che li soffocavano orribilmente. Si era risvegliato con il fiatone e per la paura aveva cominciato a chiamare la mamma a pieni polmoni, strillando come un ossesso per lo spavento.
Ma nessuno gli aveva risposto.
Nessuno lo ascoltava.
Nessuno pareva curarsi più di lui.
Allora si fece coraggio, scese piano piano dal lettino, vergognandosi profondamente per quello che aveva combinato tra le lenzuola e andò alla ricerca di sua madre.
La trovò sdraiata sopra le coperte, gli occhi chiusi, immobile, pallida.
-Mamma! Mamma- James corse da lei, saltando come un grillo sul letto e allungò le manine paffute a darle tanti pizzicotti sul viso per svegliarla. Sembrava che dormisse tanto era bella, infatti Jamie si aspettava che da un momento all'altro lei aprisse gli occhi e lo abbracciasse forte forte, mentre adesso sembrava immobile e non gli rispondeva affatto. Jamie le scoccò un bacio sonoro sulle guance, e poi tra i capelli, tirandoglieli leggermente, chiamandola di continuo, e poi si mise di nuovo a piangere, un pianto lento, disperato, sul petto di sua madre.
Che non respirava più.
Fu la vicina di casa, che generalmente portava sempre un regalino ai bambini, ad assistere, dopo molte ore, ad una scena raccapricciante. Aveva ritrovato Jamie, sporco di pipì e di moccio, abbracciato alla madre morta, mentre continuava a parlarle, ad accarezzarla e a fare finta che lei stesse solamente dormendo.
Separarlo da Faith per portare via il cadavere della donna, che si era suicidata con del Valium, fu un disastro completo. Il bambino non aveva fatto altro che dare calci e sputi a chiunque lo aveva avvicinato, urlando, pronunciando parole irripetibili per un bambino di tre anni, dicendo che non dovevano portargli via anche la mamma, perché un signore cattivo aveva già rapito il suo fratellino e così lui sarebbe rimasto solo per sempre.
Solo per sempre.
Per sempre.
Nessuno però badò alle sue disperate richieste: non c'era tempo, né persona che potesse occuparsi di un bambino che venne definito semplicemente come un ragazzino dissociato e profondamente disadattato, senza alcun punto di riferimento, il cui unico destino, alternativo alla strada, consisteva in un orfanotrofio qualunque.
Un nameless. Un senza nome e senza famiglia lo avevano definito, quando era arrivato a tre anni al San Francis. Solo e spaventatissimo, con un piccolo fagotto, senza più lacrime ormai, taciturno e scontroso, aveva giurato a se stesso che non avrebbe voluto mai più bene a nessuno.
Perché nessuno gli aveva voluto bene. Tutti lo avevano abbandonato, lasciandolo da solo. La mamma, così gli avevano detto i grandi, era partita misteriosamente per un viaggio lunghissimo e non lo aveva voluto con sé. Chim era troppo piccolo e aveva trovato una mamma e un papà ricchi, mentre a lui non rimaneva niente, se non rinchiudersi in un'ostinata aggressività e rimanere per sempre in quel posto brutto, dove c'erano tanti bambini tristi, arrabbiati e cattivi come lui.


____________________________


Sono felice finalmente di essere riuscita a pubblicare questo nuovo capitolo! Perdonate i miei clamorosi ritardi, ma purtroppo l'ispirazione come al solito va e viene, e non sempre mi supporta, e sopporta XD Stavolta, però, mi ha permesso di completare questa parte in cui un po' di cose vengono scoperte. Perdonate il James versione Oliver Twist che probabilmente vi ha intristito non poco, ma non potevo fare a meno di svelare una parte fondamentale della sua infanzia che lo ha reso così diciamo...inacidito con il mondo. Spero che anche voi riusciate ad amare questo personaggio almeno una piccola parte di come lo amo e lo sto delineando io ♥


Un ringraziamento speciale come sempre alle mie adoratissime recentrici:

Piccola Ketty: ciao cara, sentirti dire che riesci ad immedesimarti con i personaggi delle mie storie, è un piacere immenso. Grazie per i complimenti, davvero, spero di non averti intristito troppo con questo nuovo capitolo : ) 

Bibby111: Grazie anche a te, carissima per i complimenti^^ 

Poi ringrazio anche lizzie83, kiravf, Sophief88 e la mia adorata Tsuku per aver inserito "Per ardua ad astra" tra i preferiti, e DianaV e luisina tra i seguiti.
Un ringraziamento speciale anche a Pagliaccio di Dio, al cui splendido Le Fleurs du Mal contest, questa fic, con i primi due capitoli, è arrivata terza, vincendo il Premio Giuria ^^

Grazie a tutti, e alla prossima (laurea permettendo e sperando di riuscire ad aggiornare in un tempo relativamente più breve)
Vostra Hime



   
 
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