I
raggi della luna piena filtravano attraverso i vetri opachi della lunga
e
stretta finestra creando sottili fasci di polvere, che vorticavano
leggeri
perdendosi nel vuoto.
«Implora
pietà.» sibilò una sensuale voce
femminile proveniente dalla penombra. Piccole candele erano state
disposte
lungo tutta la stanza, in modo che i loro flebili ma luccicanti barlumi
illuminassero sapientemente quelle quattro mura.
Due
ombre si gettavano minacciose sulla parete, ondeggiando al ritmo delle
fiammelle.
Un
uomo completamente nudo giaceva incatenato al pavimento, disposto sopra
un’enorme croce gotica che una bellissima donna dai
lunghissimi e morbidi
capelli neri stava disegnando, tracciandone con maestria i contorni.
Per farlo
usava le dita, inzuppate di un liquido denso dal colore rosso mattone.
Era
sangue.
L’uomo
ansimava, il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo del suo respiro
affannato. A giudicare dai numerosi ma piccoli e profondi tagli, quel
sangue
doveva essere il suo.
La
donna si portò le dita al naso, inalandone
l’odore. Roteò gli occhi
all’indietro, come di fronte ad un enorme piacere.
Gettò all’uomo incatenato un
intenso sguardo di sfida e si leccò il dito indice.
Una
goccia le colò dal carnoso e invitante labbro inferiore.
Mostrò la piccola
lingua, e subito assaporò quella piccola stilla.
Il
suo volto era stupendo, pareva scolpito dal più abile degli
artisti. I suoi
lineamenti affilati ma armonici erano incorniciati dalla lunga e liscia
cascata
di capelli neri, neri come il carbone più scuro, e
più luminosi delle piume di
un corvo. La sua pelle era un bianco perlaceo, spaventosamente pallida,
poteva
fare concorrenza con la luce diafana della luna.
Tra
tutto quel biancore spiccavano le sue piccole labbra a forma di cuore,
di un
rosso intenso, ora ancora più visibili, in quanto macchiate
di sangue umano. Le
luci danzanti delle candele si riflettevano sui suoi occhi
innaturalmente
argentati, rendendoli quasi spiritati a causa della delicata sfumatura
rosso
vivo che avevano appena assunto.
Era
alta e slanciata, il corpo era morbido, con le forme al punto giusto,
ma duro e
freddo come il granito.
Si
succhiò di nuovo un dito, stavolta il pollice, e la sua
reazione fu
imprevedibile. Balzò all’indietro, rannicchiandosi
in posizione d’attacco,
spalancò la bocca e ringhiò mostrando le zanne
che possedeva al posto dei
canini.
Era
una vampira molto, molto assetata
e
il suo nome era Cassandra.
«T-ti
prego...» la voce dell’uomo era appena udibile, si
confondeva in un sussurro
sommesso, ma la vampira di nome Cassandra l’avrebbe udito
anche si fosse
trovato in capo al mondo.
Cassandra
si alzò, facendo qualche passo verso di lui. Quando gli fu
abbastanza vicino
piegò le ginocchia, in modo che i loro visi potessero
sfiorarsi.
Gli
rivolse un sorriso gentile e intriso di pietà. Solo i suoi
occhi tradirono la
malvagità che celava nel suo volto. «Mi dispiace,
giovane uomo. Il tuo sangue
stanotte ha cantato per me, e io sono molto debole, affamata, e tu...
beh,
sarai il mio giocattolo ancora per un po’.» pareva
anche dispiaciuta, mentre
con delicatezza gli spostava i ciuffi madidi di sudore dalla fronte.
L’uomo
le rivolse uno sguardo terrorizzato. Non avrebbe semplicemente potuto
ucciderlo?
Il
vampiro fece scendere con dolcezza la mano sul basso ventre di lui,
disegnandogli
strani ghirigori sulla pancia.
«Cass
vuole fare la bambina cattiva.» gli rivolse uno sfavillante
sorriso e, se l’uomo
non fosse così spaventato da lei, l’avrebbe
senz’altro trovata bellissima.
Il
palmo della mano di Cassandra si aprì poco più
giù dell’ombelico dell’uomo e,
rivolgendogli uno sguardo affamato, si gettò a capofitto sul
suo ventre, aprì
la bocca e fece uscire la lingua.
Gli
leccò la pancia, succhiando lembi di pelle con una sensuale
soddisfazione, e
sentì l’uomo gemere di piacere: fu stranamente
divertita nel constatare di averlo
fatto eccitare.
«Sì
piccolo, da bravo...» cinguettò. La sua
mano scivolò ancora più in basso, così
lentamente che l’uomo credette di
impazzire. Gli afferrò il membro eretto e lo
carezzò con le dita, proprio nella
punta; in quel momento l’uomo gemette
più forte e questo creò
un’ilarità insolita nella vampira.
Godeva
visibilmente nel torturarlo, e sapeva, o sì lo percepiva, che nonostante lui ne traesse
piacere, avrebbe preferito
una morte rapida e indolore piuttosto che una lenta agonia in seguito a
molestie sessuali.
Ed
era proprio questo che la rendeva così spietata. Dopo
milleottocento anni di
prigionia nelle terre dei licantropi, era debole e affamata, ancora
più folle
di quanto lo fosse stata in passato.
Continuò
a carezzare il membro di lui, fino a sentirlo ancora più
grosso tra le mani. Lo
osservò compiaciuta, poi mostrò le zanne con un
sibilo, avvicinandole al pene
dell’uomo.
Era
così ricco di vasi sanguigni pulsanti...
Una
vera prelibatezza.
Si
leccò i canini prima di affondarli nella carne intima
dell’uomo, che, accortosi
della situazione, incominciò a gridare inutili bestemmie, in
preda al più
atroce dei dolori.
Cassandra
bevve, il sangue le ricadeva copioso sul palato, lasciandole
un’incantevole
sapore dolce. Quel sangue era così dissetante; non per altro
aveva cantato per
lei, quella sera, richiamandola dal più lontano dei luoghi.
Oh, ma per un
simile elisir la vampira, lo sapeva, avrebbe scavalcato il mondo al
solo scopo
di scovarlo.
Decise
di fermarsi prima di prosciugarlo del tutto. Gli lasciò il
sesso che ormai
aveva perso la sua vigorosità, e con un guizzo lo
afferrò per le spalle.
Il
suo battito cardiaco era lento, debole e affaticato: sarebbe morto di
lì a
poco.
L’uomo,
ansante, le rivolse uno sguardo opaco, pareva non riconoscerla.
Cassandra mise
il broncio.
«Oh,
il mio giocattolino è durato poco... È ora di
andare a nanna.» Gli girò il
collo, che si piegò senza sforzo al suo volere, e vi
affondò i canini affilati,
che sciolsero la carne come se si fosse trattato di burro.
Bevve,
si saziò fino all’ultima goccia del sangue del
giovane, finché egli non
stramazzò al suolo, quando Cassandra lo lasciò
andare di scatto. Le fiamme
delle candele tremolarono, gettando ombre terrificanti e distorte sulle
pareti.
Chiuse gli occhi, si alzò lentamente.
Li
aprì: erano di un affascinante rosso brillante.
Cassandra
la Terribile era finalmente tornata.