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Autore: Alebluerose91    10/04/2010    2 recensioni
Una catacomba. Un uomo in balia della più spietata e assetata vampira che il mondo abbia mai conosciuto, ritornata libera dopo milleottocento anni di prigionia nelle terre dei licantropi...
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I raggi della luna piena filtravano attraverso i vetri opachi della lunga e stretta finestra creando sottili fasci di polvere, che vorticavano leggeri perdendosi nel vuoto.

 «Implora pietà.» sibilò una sensuale voce femminile proveniente dalla penombra. Piccole candele erano state disposte lungo tutta la stanza, in modo che i loro flebili ma luccicanti barlumi illuminassero sapientemente quelle quattro mura.

Due ombre si gettavano minacciose sulla parete, ondeggiando al ritmo delle fiammelle.

Un uomo completamente nudo giaceva incatenato al pavimento, disposto sopra un’enorme croce gotica che una bellissima donna dai lunghissimi e morbidi capelli neri stava disegnando, tracciandone con maestria i contorni. Per farlo usava le dita, inzuppate di un liquido denso dal colore rosso mattone.

Era sangue.

L’uomo ansimava, il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo del suo respiro affannato. A giudicare dai numerosi ma piccoli e profondi tagli, quel sangue doveva essere il suo.

La donna si portò le dita al naso, inalandone l’odore. Roteò gli occhi all’indietro, come di fronte ad un enorme piacere. Gettò all’uomo incatenato un intenso sguardo di sfida e si leccò il dito indice.

Una goccia le colò dal carnoso e invitante labbro inferiore. Mostrò la piccola lingua, e subito assaporò quella piccola stilla.

Il suo volto era stupendo, pareva scolpito dal più abile degli artisti. I suoi lineamenti affilati ma armonici erano incorniciati dalla lunga e liscia cascata di capelli neri, neri come il carbone più scuro, e più luminosi delle piume di un corvo. La sua pelle era un bianco perlaceo, spaventosamente pallida, poteva fare concorrenza con la luce diafana della luna.

Tra tutto quel biancore spiccavano le sue piccole labbra a forma di cuore, di un rosso intenso, ora ancora più visibili, in quanto macchiate di sangue umano. Le luci danzanti delle candele si riflettevano sui suoi occhi innaturalmente argentati, rendendoli quasi spiritati a causa della delicata sfumatura rosso vivo che avevano appena assunto.

Era alta e slanciata, il corpo era morbido, con le forme al punto giusto, ma duro e freddo come il granito.   

Si succhiò di nuovo un dito, stavolta il pollice, e la sua reazione fu imprevedibile. Balzò all’indietro, rannicchiandosi in posizione d’attacco, spalancò la bocca e ringhiò mostrando le zanne che possedeva al posto dei canini.

Era una vampira molto, molto assetata e il suo nome era Cassandra.

«T-ti prego...» la voce dell’uomo era appena udibile, si confondeva in un sussurro sommesso, ma la vampira di nome Cassandra l’avrebbe udito anche si fosse trovato in capo al mondo.

Cassandra si alzò, facendo qualche passo verso di lui. Quando gli fu abbastanza vicino piegò le ginocchia, in modo che i loro visi potessero sfiorarsi.

Gli rivolse un sorriso gentile e intriso di pietà. Solo i suoi occhi tradirono la malvagità che celava nel suo volto. «Mi dispiace, giovane uomo. Il tuo sangue stanotte ha cantato per me, e io sono molto debole, affamata, e tu... beh, sarai il mio giocattolo ancora per un po’.» pareva anche dispiaciuta, mentre con delicatezza gli spostava i ciuffi madidi di sudore dalla fronte.

L’uomo le rivolse uno sguardo terrorizzato. Non avrebbe semplicemente potuto ucciderlo?

Il vampiro fece scendere con dolcezza la mano sul basso ventre di lui, disegnandogli strani ghirigori sulla pancia.

«Cass vuole fare la bambina cattiva.» gli rivolse uno sfavillante sorriso e, se l’uomo non fosse così spaventato da lei, l’avrebbe senz’altro trovata bellissima.  

Il palmo della mano di Cassandra si aprì poco più giù dell’ombelico dell’uomo e, rivolgendogli uno sguardo affamato, si gettò a capofitto sul suo ventre, aprì la bocca e fece uscire la lingua.

Gli leccò la pancia, succhiando lembi di pelle con una sensuale soddisfazione, e sentì l’uomo gemere di piacere: fu stranamente divertita nel constatare di averlo fatto eccitare.

 «Sì piccolo, da bravo...» cinguettò. La sua mano scivolò ancora più in basso, così lentamente che l’uomo credette di impazzire. Gli afferrò il membro eretto e lo carezzò con le dita, proprio nella punta; in quel momento l’uomo gemette  più forte e questo creò un’ilarità insolita nella vampira.

Godeva visibilmente nel torturarlo, e sapeva, o sì lo percepiva, che nonostante lui ne traesse piacere, avrebbe preferito una morte rapida e indolore piuttosto che una lenta agonia in seguito a molestie sessuali.

Ed era proprio questo che la rendeva così spietata. Dopo milleottocento anni di prigionia nelle terre dei licantropi, era debole e affamata, ancora più folle di quanto lo fosse stata in passato.

Continuò a carezzare il membro di lui, fino a sentirlo ancora più grosso tra le mani. Lo osservò compiaciuta, poi mostrò le zanne con un sibilo, avvicinandole al pene dell’uomo.

Era così ricco di vasi sanguigni pulsanti...

Una vera prelibatezza.

Si leccò i canini prima di affondarli nella carne intima dell’uomo, che, accortosi della situazione, incominciò a gridare inutili bestemmie, in preda al più atroce dei dolori.

Cassandra bevve, il sangue le ricadeva copioso sul palato, lasciandole un’incantevole sapore dolce. Quel sangue era così dissetante; non per altro aveva cantato per lei, quella sera, richiamandola dal più lontano dei luoghi. Oh, ma per un simile elisir la vampira, lo sapeva, avrebbe scavalcato il mondo al solo scopo di scovarlo.

Decise di fermarsi prima di prosciugarlo del tutto. Gli lasciò il sesso che ormai aveva perso la sua vigorosità, e con un guizzo lo afferrò per le spalle.

Il suo battito cardiaco era lento, debole e affaticato: sarebbe morto di lì a poco.

L’uomo, ansante, le rivolse uno sguardo opaco, pareva non riconoscerla. Cassandra mise il broncio.

«Oh, il mio giocattolino è durato poco... È ora di andare a nanna.» Gli girò il collo, che si piegò senza sforzo al suo volere, e vi affondò i canini affilati, che sciolsero la carne come se si fosse trattato di burro.

Bevve, si saziò fino all’ultima goccia del sangue del giovane, finché egli non stramazzò al suolo, quando Cassandra lo lasciò andare di scatto. Le fiamme delle candele tremolarono, gettando ombre terrificanti e distorte sulle pareti. Chiuse gli occhi, si alzò lentamente.

Li aprì: erano di un affascinante rosso brillante.

Cassandra la Terribile era finalmente tornata.

  
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