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Autore: Niglia    10/04/2010    12 recensioni
Giappone, XXI secolo.
Nicole Lacroix, giovane ragazza francese trasferitasi a Tokio a causa del lavoro del padre, trova un curioso e antico pozzo nella cantina della sua casa, tappato con delle assi di legno ormai marce: queste non servono più a niente, dato che una creatura dotata di una forza sovrumana è fuoriuscita dal pozzo, trascinando la ragazza al suo interno... Ma ciò che Nicole non sa è che tutto è colpa della piccola sfera di cristallo regalatale dal padre alla vigilia del suo diciannovesimo compleanno.
Ambientato tre anni dopo la distruzione di Naraku, Nicole si ritrova nell'Epoca Sengoku, senza avere la minima idea di come esserci arrivata. Tuttavia, non sarà sola...
[dal Prologo] "Con molta cautela allungai la mano sopra la sfera, avvicinandola piano all'altezza del viso... E a quel punto udii come un cuore che batteva al suo interno, proprio dentro la Sfera. Allontanai subito il volto da essa, spaventata, osservandola come se mi aspettassi che esplodesse da un momento all'altro."
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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copertina





四魂の球の戻り
- Il Ritorno della Sfera degli Shikon -

























Prologo
















La Sfera dei Quattro Spiriti è tornata.

Sono trascorsi solo tre anni da quando tutto è finito, tre anni lungo i quali sono accaduti avvenimenti che hanno per lo più riempito di gioia il mio povero cuore, ma sembra che questa volta la Sfera non abbia avuto la pazienza di attendere altri secoli prima di recuperare il suo potere e riprendere a tormentarci.

Se solo tu, mia povera sorella, fossi ancora in vita, sapresti certamente come comportarti… Ma ora l’unica ad avere ereditato il tuo potere è la divina Kagome, che ha deciso di vivere stabilmente nel nostro mondo: non ha più attraversato il pozzo Mangiaossa, da quando è tornata indietro per stare con Inuyasha.

Ma se non fossimo stati in pericolo, non ti avrei mai incontrato in sogno; mi hai raccomandato solo di fare attenzione, perché la maledizione della Sfera non è stata estinta del tutto. Hai mormorato con tristezza che il potere di questa è aumentato negli ultimi tre anni… Come può essere possibile? Ne dovrò parlare con la divina Kagome, prima di agire di conseguenza. Ma cosa faremo se la forza e il potere spirituale della compagnia che ha distrutto Naraku tre anni fa non dovesse più bastare?

Basta, sorella. Non turberò più il tuo sonno con le mie preghiere.

Riposa in pace per sempre, Kykio.

***

Giappone, XXI secolo.

«Ehi, Nicole-chan! Cosa fai dopo la scuola?»

Mi voltai incuriosita verso Akane, una mia compagna di classe, che mi faceva cenno di raggiungerla al suo banco, dov’era circondata dalle altre ragazze. Mi ero trasferita da poco da Parigi a causa del lavoro di mio padre, e dato che in Francia non avevo nessun altro parente rimasto in vita, ero stata costretta a seguirlo abbandonando la mia scuola e tutti i miei amici. Senza contare che avevo dovuto seguire un corso accelerato di giapponese – dato che non ne avevo mai sentito neppure una parola – per poi iscrivermi ad una classe inferiore rispetto ai miei studi, in modo da potermi mettere presto al pari con i miei nuovi compagni. Per fortuna questo non era stato un grosso problema: in Giappone le classi erano strutturate diversamente rispetto alla Francia, così mi ritrovai a non essere la più vecchia della classe, dato che avevamo tutti la stessa età.

Magra consolazione, comunque.

Abbandonai il mio posto preferito accanto alla finestra e raggiunsi le ragazze, cercando di ostentare una disinvoltura che non avevo; quella divisa mi metteva incredibilmente a disagio, era incredibile che in delle scuole così severe permettessero delle gonne così corte. Una volta accanto a loro, notai ancora il forte contrasto che facevano i miei lunghi capelli biondi vicino alle teste corvine delle mie compagne, ma al contrario delle mie aspettative la mia diversità non aveva generato né commenti offensivi e né invidie di nessun genere. Si, ero stata fortunata.

Ma dopo due mesi di scuola non potevo dire di non essere riuscita ad ambientarmi almeno un pochino: il merito era tutto di Akane, che mi aveva fatto entrare nel suo gruppo.

«Non lo so,» dissi sinceramente, pensando a quanto dovesse sembrar loro ridicolo il mio accento francese. «Penso che ritornerò a casa… Voi avevate qualche idea?»

«Chitose-chan ha proposto di andare al karaoke! Cosa ne pensi?» Sorrise, attendendo una mia risposta.

Non dovetti rifletterci molto: non avevo idea di quando mio padre sarebbe tornato a casa, e rimanere sola in quella tetra e vecchia abitazione non era per niente una bella prospettiva. Perciò sorrisi di rimando e annuii, allegra. «Si, mi piace! Ma vi avverto che non so cantare.»

«Oh dai, non dire sciocchezze! Tutte le ragazze sanno cantare.» Replicò Akane, con un sorriso smagliante.

A volte mi domandavo ancora come facevo a comprendere quel linguaggio, e soprattutto come facevo a scriverlo con una relativa facilità… Tutto grazie ai facoltosi professori privati di mio padre, penso.

Appena arrivata nella nuova scuola, avevo notato che tutti gli occhi degli studenti di qualsiasi età si erano puntati su di me, studiando ed osservando incuriositi la nuova arrivata straniera. Come avrei dovuto immaginare, conoscevano già tutto il mio curriculum, e i presidenti dei club più influenti della scuola vennero da me per chiedermi di iscrivermi al loro gruppo di studio: a quanto pare era obbligatorio per ogni studente fare parte di un club, e fosse stato per loro mi avrebbero voluta in tutti quanti, ma alla fine optai per iscrivermi solo al club di musica. Suonare il pianoforte era sempre stata la mia passione, e non l’avrei abbandonata solo a causa di un cambiamento di scuola.

Poi c’erano stati i ragazzi – o pretendenti, come mi aveva suggerito Akane, da subito l’unica che mi aveva accolto come una persona normale, senza trattarmi né come regina né come aliena. Arrivavano da tutti i corsi, anche quelli più piccoli, cosa che io trovavo inconcepibile: non riuscivo a credere che persino le matricole puntassero alle studentesse più grandi! Finchè era il contrario okay, ma… Possibile che non mi considerassero troppo vecchia per loro? Ad ogni modo, per me erano troppo piccoli. Così, presi l’abitudine di parlare fitto in francese quando uno di loro mi voleva avvicinare, e dato che con qualcuno non funzionava ero costretta a parlare il tedesco. La maggior parte di loro si era rassegnata e mi aveva lasciato perdere, ma rimanevano i “sempai”, ossia gli studenti del mio stesso anno, che ancora non demordevano.

Beh, peggio per loro; se c’era qualcosa che volevo evitare al momento era proprio di venire coinvolta in qualche rete amorosa. Ero lì solo per studiare, e quando mio padre fosse dovuto tornare in Francia, volevo farlo senza avere la sofferenza di abbandonare il mio fidanzato.

Così, presi ad uscire e frequentare solo Akane e il suo gruppo di amiche, che era anche lo stesso che faceva parte del mio club di musica; avevamo molte cose in comune, così non mi dispiaceva stare con loro.

Quando tornai a casa, quel giorno, era quasi ora di cena; contrariamente alle mie aspettative, la macchina di papà era già parcheggiata nel vialetto, e le luci dentro erano già state accese. Mi dispiacque di non essere stata in casa quando era tornato da lavoro, ma ormai capitava così raramente che ci vedessimo…

Con un sospiro aprii la porta di casa ed entrai, lasciandomi alle spalle il vento fresco di ottobre. Come una brava giapponese, mi sfilai le scarpe, lasciandole nel mobiletto del pianerottolo in pietra dell’ingresso, e presi le pantofole per poter girare liberamente sul prezioso parquet di casa. Andai in cucina a salutare Hiromi-san, la governante giapponese assunta da mio padre, dopodichè lo raggiunsi nel suo studio.

«Bonsoir, papa.» Lo salutai in francese. «Com’è andata al lavoro?»

Lui sollevò lo sguardo da dei documenti che stava leggendo, piegando leggermente le labbra in un sorriso mentre mi faceva cenno di avvicinarmi. «Tutto bene, chèrie, grazie. E a scuola?»

Scrollai le spalle, chinandomi a posargli un bacio sulla guancia. «Come sempre.» Poi mi sentii in dovere di giustificarmi per il mio ritardo. «Scusa se sono rientrata tardi, ma le mie compagne mi hanno invitata ad uscire con loro e mi sembrava scortese rifiutare…»

Papà sollevò una mano per far cessare le mie scuse. «Non preoccuparti, chèrie, è tutto a posto. Ti ho aspettato per cenare, o forse hai già mangiato?»

«No no, volevo cenare con te.» Dissi, con un mezzo sorriso.

Lui annuì, compiaciuto. «Bene, allora andiamo. Non facciamo aspettare oltre madame Hiromi.»

«Si dice Hiromi-san, papà.»

«Ah, non mi ci abituerò mai.»

Dopo cena, ci spostammo in salotto per permettere a Hiromi-san di rimettere a posto la cucina senza che ci fossimo noi a disturbarla. Papà volle un resoconto completo della mia giornata scolastica, come faceva ogni volta che avevamo l’occasione di parlare a lungo, e mi fece piacere che mi ascoltò così attentamente. Ad un certo punto, però, si scusò e alzò per andare un momento nel suo studio, e mi raccomandò di aspettarlo lì, senza muovermi. Ovviamente, obbedii.

Quando tornò, aveva in mano una piccola scatoletta vellutata.

Si sedette accanto a me e, accarezzando l’oggetto tra le dita, iniziò a parlare. «Tra poco sarà il tuo compleanno, chèrie.» Esordì, dolcemente. «Sono trascorsi dieci anni, ormai, da quando tua madre ci ha lasciati, e io ho avuto il coraggio di darti questo oggetto solo adesso che sei una donna adulta… Sai che tua madre aveva la tua età, quando la incontrai per la prima volta?»

Vidi un mesto sorriso apparire sulle sue labbra, prima che continuasse. «Era così bella… Ricordo che non si era mai separata da questo» indicò la scatolina, «e uno dei suoi ultimi giorni mi raccomandò di darlo a te… Chissà, forse sentiva che non sarebbe sopravvissuta abbastanza a lungo per potertelo consegnare di persona.»

Quando si voltò a guardarmi fui certa di avere gli occhi umidi di lacrime represse.

«Tieni, chèrie. Aprilo e non separartene mai.» Mi porse quella piccola scatola ed io la presi tra le mani, accorgendomi di tremare lievemente mentre facevo scattare la molla che ne apriva il coperchio. Poi, quando ne vidi il contenuto, trattenni il fiato dallo stupore.

Adagiato sul velluto color porpora c’era un grosso cristallo, grande quanto una noce e forse anche di più, che aveva la forma di una sfera perfettamente levigata. Non avevo mai visto prima un gioiello simile, e ad esssere sincera non avevo neanche il ricordo di mia madre che lo portava; forse era troppo prezioso per poterlo esibire come un comune gioiello. Poi sentii nuovamente la voce di mio padre che mi parlava.

«Tua madre la chiamava la Sfera dei Quattro Spiriti, anche se non ho nessuna idea del perché. Mi disse solo che era una sorta di amuleto che proteggeva e apparteneva alla sua famiglia da generazioni, ed era per questo che non se ne seaparava mai. Sembra un diamante, non è così?»

Annuii lentamente, totalmente rapita dalla bellezza di quel monile.

Non me ne separai nemmeno quando andai a dormire; lasciai la scatolina aperta sopra la scrivania, in modo da avere quella sfera davanti ai miei occhi mentre mi spogliavo e indossavo il pigiama, e la ripresi poi prima di infilarmi sotto le coperte. Stranamente, non l’avevo ancora sfiorata, come se avessi paura di toccarla. Se si fosse frantumata sotto il mio tocco, non me lo sarei mai perdonato, dato che era ormai l’unico ricordo che avevo di mia madre…

Però, non potevo resistere oltre. Con molta cautela allungai la mano sopra la sfera, avvicinandola piano all’altezza del mio viso… E a quel punto udii come un cuore che batteva al suo interno, proprio dentro la Sfera. Allontanai subito il volto da essa, spaventata, osservandola come se mi aspettassi che esplodesse da un momento all’altro.

Ma grazie al Cielo non accadde nulla di tutto questo. «Che stupida…» Sospirai, prima di prendere la sfera in mano e rigirarla lentamente tra le dita, sollevandola in modo che assorbisse i riflessi della luce della lampada, proprio come un vero cristallo. Eppure potevo ancora sentire quel lieve battito, e avrei potuto mettere la mano sul fuoco sul fatto di aver sentito la superfice gelida della sfera diventare tiepida man mano che la toccavo, come se stesse prendendo vita sotto il mio tocco…

Oh, ero davvero una sciocca! Riposi nuovamente il prezioso monile all’interno della sua custodia, che misi poi sotto il mio cuscino. Dopo aver spento la luce, il sonno calò su di me facendomi dimenticare ogni cosa a proposito della Sfera dei Quattro Spiriti e di ciò che essa poteva celare.

«Nicole-chan, per cortesia, potresti scendere in cantina per prendere un’altra bottiglia di questo vino?»

La mattina successiva non dovevo andare a scuola, dato che era già sabato. Sollevai lo sguardo dal libro – francese, naturalmente – che stavo leggendo e mi rivolsi alla governante, che era davvero troppo anziana per poter scendere giù in cantina. Annuii, alzandomi, e presi la bottiglia vuota che mi stava porgendo in modo da non sbagliarmi e prenderne un’altra, dopodichè aprii la porta della cantina – che si trovava nella stessa cucina – e scesi le ripide scale di legno immerse nel buio, dato che la struttura della casa nella quale abitavamo era troppo antica per permettere di installare la corrente elettrica anche là sotto.

Io avevo la mia torcia, ad ogni modo.

Appena giunsi alla fine delle scale, sentii uno strano calore all’altezza del petto, e incuriosita tirai fuori dal colletto del pullover che indossavo la mia Sfera, che avevo agganciato ad una catenina in modo da portarla sempre con me. Non appena la sfiorai con le mani essa divenne ancora più calda, oserei dire quasi bollente, e fui costretta a mollare la presa per non bruciarmi. E poi, sentii di nuovo quel suono, come il ritmo dei battiti di un cuore.

«Ma cosa accidenti sta succedendo?» Borbottai, puntando la torcia in direzione del rumore.

Mi ritrovai ad illuminare una specie di vecchio pozzo, posto quasi al centro della cantina, dalla quale ero quasi certa che provenisse quel suono: Forse si tratta di una qualche falda acquifera sotterranea, pensai, sforzandomi di non tornare urlando su in cucina.

Incuriosita, mi avvicinai al pozzo, del quale notai la struttura in pietra: inoltre era scoperchiato, come se effettivamente fosse ancora utilizzabile. Mi sporsi, puntando la torcia ad illuminarne il fondo, ma non vidi che muschio e pietre: era chiaro che ormai si era asciugato, e non poteva servire più a niente. Tirai un sospiro di sollievo e indietreggiai, voltandomi verso gli scaffali nei quali riposavano le bottiglie di vino che mio padre aveva fatto arrivare dalla Francia. Era ovvio che non ci fosse nulla nel pozzo, ero stata una sciocca a farmi spaventare da una cosa così; e allora perché continuavo ad avere quella strana sensazione, come di una presenza alle mie spalle che non mi toglieva gli occhi di dosso?

Stavo per risalire le scale ed andarmene quando, all’improvviso, accadde. Non ebbi il tempo di reagire, né di urlare: potei solo rendermi vagamente conto di qualcosa – un paio di braccia, forse – che mi afferrò in vita, sollevandomi di peso e trascinandomi all’interno del pozzo, dove precipitai senza mai raggiungere il fondo. La sfera nel frattempo aveva iniziato ad ardere, come se fosse stata nel fuoco, e allora gridai sia dalla paura che dal dolore.

«Urla pure quanto vuoi, umana…» Un sibilo, seguito da una breve e secca risata, giunse alle mie orecchie, facendomi rabbrividire. «Non ti sentirà nessuno, e dopo che avrò preso la Sfera, ti mangerò…»

«Cosa diavolo sei?!» Gridai, presa dal panico, mentre cercavo di dibattermi dalla sua presa.

La creatura rise di nuovo, accentuando la stretta ed avvicinando il viso al mio. «Sono un demone, sciocca… E tu hai qualcosa che voglio!»

Le sue braccia strapparono il mio pullover, denudandomi e scoprendo la catenina con appesa la sfera di mia madre che avevo tenuto gelosamente nascosta. Quando le mani del demone si avvicinarono ad essa, la Sfera irradiò una luce che mi accecò, facendo probabilmente lo stesso anche con il mostro che mi voleva uccidere. Approfittando del fatto che quest’ultimo aveva allentato la stretta, mi liberai con un violento strattone, riuscendo ad allontanarlo da me semplicemente toccandogli le braccia. Al mio tocco emise un grido spaventoso, precipitando nel buio del pozzo.

«Maledetta sacerdotessa! Mi vendicherò!»

Dopodichè venne inghiottito dall’oscurità, nel momento esatto in cui io atterrai sul fondo del pozzo, reso morbido dall’erbetta e dal muschio che vi era cresciuto. Ero sconvolta.

«Ma… È stato solo un sogno?» Mormorai, guardandomi intorno. Tuttavia, il fatto di indossare solo il reggiseno e di avere il pullover completamente distrutto mi fece ricredere sul fatto di avere immaginato tutto. Quel mostro quindi voleva la mia Sfera? Perché? E per quale motivo mi aveva chiamata sacerdotessa? Io, che ero in Giappone da poco più di due mesi!

Con un sospiro mi alzai, spazzolandomi via la polvere dalla gonna; come glielo avrei spiegato il mio aspetto ad Hiromi-san? Dubito che avrebbe creduto a quella storia, se gliel’avessi raccontata…

Mi rimboccai le maniche – metaforicamente parlando, dato che indossavo solo il reggiseno – e provai ad arrampicarmi sulle pareti del pozzo per tornare in superficie, visto che se avessi chiamato aiuto non mi avrebbe sentito nessuno. Fortunatamente il pozzo era asciutto da abbastanza tempo, così le pietre delle pareti non erano scivolose e non fu difficile risalire. Una volta arrivata in cima, però, mi accorsi che c’era qualcosa che non andava. Quella non poteva essere la mia cantina.

Perché il pozzo spuntava in mezzo ad un bosco?












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Questo è un piccolo esperimento ^^
E' la prima volta che scrivo una fan fiction su Inuyasha, ma adoro troppo la storia - e in particolare Sesshomaru - per non cimentarmi nell'impresa!
Ad ogni modo, mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, l'ambientazione eccetera... So che è un pò prematuro avendo solo il prologo, ma almeno provate xD Il titolo in kanji l'ho preso da google translate perchè purtroppo non ho mai studiato il giapponese, ma mi auguro che sia giusto... -.-
Un grazie in anticipo a tutti quelli che avranno il cuore di leggere e recensire! Grazie =*
Ah, un avviso: causa studio e altre storie in corso, non riuscirò a postarla in modo molto puntuale, ma cercherò di fare di tutto perchè non resti incompleta.
Alla prossima!


Le mie storie:
The Wrong Man - Originale
No One Would Listen - Fan fiction su "Il Fantasma dell'Opera"
La Sciarpa Rossa - One shot originale
An Angel only for me - One shot originale

Buona lettura ^^


   
 
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