Forks. Fermata pullman. 16 gennaio 2009.

 Sono le 8,20 e dell’autobus non c’è nessuna traccia. Un gruppo di ragazzini assonnati aspetta l’arrivo del mezzo pubblico, che questa mattina sembra stato inghiottito dalla densa nube di nebbia che ricopre la città. Ad aspettare la corriera c’è anche Bella, una ragazza di 18 anni, altezza media, lunghi capelli marroni nascosti dalla spessa cuffia di lana che porta in testa e occhi di un profondo marrone cioccolato, ormai da tempo sempre persi nel vuoto come a voler cercare qualcosa che non ritornerà.

8.23 due piccole luci  fanno capolino dalla nebbia ed il pullman color giallo canarino appare davanti alla pensilina.

Le porte si aprono e i ragazzi entrano dentro in fila indiana, con le facce afflitte come condannati a morte. Eppure, tra quei visi sconsolati, ce n’è uno che è più addolorato di tutti gli altri, quello di Bella. Perché per lei salire su quel pullman non significa soltanto dover sopravvivere ad un’altra giornata di scuola, come per tutti gli altri ragazzi, vuol dire anche ricordare. Infatti, i ricordi non tardano ad arrivare: lo stridio delle gomme che frenano; i vetri che si rompono….

- Sali o no?- domandò l’autista del pullman, sempre ansioso di fare tardi. Bella si risvegliò dai suoi pensieri e si guardò intorno. Tutti i suoi compagni erano già saliti e lei era rimasta sola sotto la pensilina.

- no, io non salgo-

Non ce la faceva, perchè sapeva che quei ricordi così dolorosi sarebbero ritornati, più impetuosi di prima, ad attanagliarle il cuore, già sanguinante, se solo fosse salita su quel pullman. Così si giro ed entrò nel denso banco di nebbia che la inghiottì.