Sibilla si leccò le labbra umide di lacrime con un gesto veloce e distratto. Sbuffò, e cercò di asciugarsi il viso con un fazzoletto di carta, ma le lacrime continuavano ad uscire dai suoi occhi arrossati, come se gli argini della diga che aveva costruito in quei giorni non fossero più in grado di contenere tutta la sua disperazione. Chiara la guardò, immobile e con un’ espressione preoccupata prima di avvicinarsi e di scompigliarle i capelli con un gesto affettuoso.
“Basta piangere! Lo vedi questo bicchiere?”
disse facendo roteare a mezz’aria il bicchiere dove un attimo prima aveva
ospitato la sanguinella, “se non la smetti entro trenta secondi giuro che te lo
spacco in testa. Almeno poi piangerai per un motivo.”
Appoggiò il bicchiere sul tavolo e si sporse
di nuovo verso di lei, accarezzandole goffamente una spalla. Patrizia rimane in
silenzio, osservando la scena dal divano dove
era seduta.
“Il dolore fisico potrebbe essere niente
rispetto a quello che sta provando stasera Sibilla. Non hai ancora capito quanto
soffre?”
A quelle parole, improvvisamente Sibilla si
sentì più vicina alla sua amica allampanata e curva, e le sue lacrime scorsero
ancora più liberamente, finendo per bagnarle il collo e il tavolo.
“Grazie a tutte e due di essere passate
stasera, avevo bisogno di sfogarmi e di liberarmi da questo segreto che mi
attanagliava.”
Patrizia strinse le labbra e si avvicinò
alle due amiche, prendendo posto accanto a Chiara.
“Senti, Sibilla… vuoi un consiglio del
tutto spassionato? Lascia Cristiano e non sentire più Jonatha. È la decisione
migliore che tu potresti prendere. Intanto li conosci entrambi da poco e li
dimenticherai presto.”
“No” gracchiò Chiara colpendo il tavolo con
un pugno, “Cristiano è un ragazzo d’oro e non puoi fartelo sfuggire così!
Lascia perdere Jonatha, dimentica le fotografie e concentrati solo su
Cristiano. E’ lui quello giusto, è più che evidente.”
Sibilla sospirò a pieni polmoni e si
stiracchiò le braccia dietro la schiena. Aveva smesso di piangere e sorrise
amaramente. Patrizia e Chiara non avrebbero mai avuto la stessa idea su
qualcosa.
“Non intendo ascoltare né l’una né l’altra.
Io voglio bene a Cristiano, ma Chiara, non capisci che con lui ho sbagliato
tutto? Ho ceduto ancora per l’ennesima volta e abbiamo iniziato il rapporto andando
a letto insieme. Anche se era quello che volevamo entrambi abbiamo sbagliato,
soprattutto Cristiano. E’ fragile e ancora scosso per quello che gli è
successo, dovevamo essere più cauti.”
Le amiche annuirono e Sibilla continuò.
“Proprio per questo motivo non sono più
sicura di voler stare con lui. Credetemi, mi spiacerebbe tantissimo lasciarlo
proprio adesso che le cose cominciavano ad andare bene e avevamo chiarito anche
la questione di Simone, ma non è questo quello di cui ha bisogno Cristiano. Io
non sono quella adatta. Lo sarò fra qualche tempo, forse, ma non ora. Non mi
sento di stare vicino ad una persona con così tanti problemi.”
Chiara si irrigidì sulla sedia, sibilando
fra i denti qualcosa di incomprensibile. Patrizia invece annuì di nuovo.
“Allora sai quello che devi fare. Trova il
momento più opportuno e tronca immediatamente questa relazione, prima che ti
affezioni troppo a lui per poterlo fare senza provare rancori.”
Sibilla giocherello con la sua cintura e
strinse le labbra.
“E poi c’è Jonatha. Io vi giuro, ragazze,
che non so cosa mi ha fatto quel ragazzo. Non ho mai provato nulla di simile.”
Le due amiche la guardarono, e la luce di
gioia che brillava negli occhi di Sibilla le fece ammutolire. Non volevano
rovinare quel momento che doveva essere così caro a Sibilla.
“Prima sotto la doccia sono giunta ad una
conclusione. Jonatha non mi ha solo posseduto, mentre preparava il mio corpo
per quegli scatti. Ci siamo posseduti entrambi, è stato un qualcosa di
reciproco, una donazione bi-direzionale. Un qualcosa di meraviglioso che non mi
capiterà più con nessun’altro. Un’esperienza davvero unica. Finalmente sono
riuscita a raggiungere un’intimità stupenda con una persona senza ricorrere al
sesso, e vi giuro, è ciò che di più bello mi è capitato. E ho provato un
assaggio di quelle sensazioni ieri, quando abbiamo visto quel film insieme e
siamo stati al buio a fissarci. Jonatha è inquietante, affascinante, colto,
bellissimo… ma sono consapevole che non posso più vederlo. Sarebbe un rapporto
logorante, il nostro.”
Patrizia si rilassò contro lo schienale
della sedia.
“E forse su questo punto io e Chiara siamo
dello stesso parere.”
Chiara annuì e Sibilla sorrise alle amiche.
“Grazie, davvero. Siete le mie due migliori
amiche e vi voglio davvero molto bene.”
“Cosa farai adesso?” chiese Chiara
versandosi un po’ di sanguinella nel bicchiere.
Sibilla sospirò.
“Beh, ancora non lo so. Non vedrò più
Jonatha, questo è poco ma sicuro. E parlerò con Cristiano del nostro rapporto e
deciderò con lui se continuare la nostra relazione o troncarla sul nascere.”
L’atmosfera rilassata fu interrotta dalla
forte vibrazione del cellulare di Sibilla, appoggiato sopra la televisione in
soggiorno. Sibilla fece una breve corsa e guardò lo schermo prima di
rispondere.
“E’ Cristiano” mormorò prima di rispondere
con un sorriso.
“Ciao!”
“Cristiano è andato al bar sotto casa a
prendere le sigarette. Non ho molto tempo.”
La voce cupa e profonda di Jonatha le
sciolse le gambe. Dovette sedersi, con le labbra scosse da brividi di emozione.
“Sì” riuscì soltanto a dire con voce
strozzata.
“Le fotografie sono pronte. Tra un quarto
d’ora sarò a casa tua. Voglio mostrartele.”
“Sì” gemette ancora, sotto lo sguardo
offuscato e sospettoso delle amiche.
“Non ti preoccupare, cancello
immediatamente dalla memoria questa telefonata. Cristiano non si accorgerà di
niente.”
Riattaccò, lasciando Sibilla tremante e
quasi verde in viso.
“Chi era?” chiese Patrizia ad alta voce,
facendola rinvenire. Sibilla si schiarì la voce.
“Jonatha, sta venendo qui. Sparite!”
Patrizia e Chiara si alzarono.
“Avevi detto che non lo vedevi più!” tuonò
Chiara stringendo i pugni.
Sibilla la prese per le spalle e la spinse
verso la porta d’ingresso.
“Lo so cos’ ho detto, vi giuro che questa è
l’ultima volta! Sparite!”
Venti minuti più tardi, Jonatha era di
fronte a lei sullo stipite della porta, serio e con un’espressione gentile e
vagamente imbarazzata, che gli donava ancora quell’aria da adolescente.
“Entra” gli disse, facendolo sorridere
leggermente.
“Non ho resistito, dovevo mostrartele”
disse appoggiando l’album fotografico sul tavolo. Sibilla annuì.
“Senti Jonatha… mi fa piacere che sei qui
e non vedo l’ora di vedere quelle
fotografie. Ma ti prego, quando le avrò viste forse è meglio che tu te ne vada.
Non voglio che Cristiano ci scopra insieme.”
Jonatha indurì la sua espressione e
incrociò le braccia sul petto.
“Infatti non era mia intenzione restare. Ti
ho portato la copia che ti spettava di diritto, tutto qui.”
“No…” mormorò Sibilla, e senza riuscire a
frenarsi gli appoggiò una mano leggera sul collo leggermente ruvido per la
barba incolta. “Voglio vederle con te.”
Jonatha socchiuse gli occhi a quel tocco, e
annuì appena.
“Come vuoi, Sibilla. Ma potresti trovarti
pentita di questa decisione.”
“E perché mai?” chiese stupita Sibilla
prendendo l’album fra le mani.
“Apri e vedrai.”
Già dalla prima immagine Sibilla sentì la gola fremere di rigidezza e gli occhi pungere. Era bellissima in quelle fotografie, un angelo blu, una creatura che poteva esistere soltanto nell’animo gentile e oscuro di Jonatha. E le ali… come di seta, brillanti, del blu della notte, tempestate da miriadi di stelle immobili, come gemme incastonate nel velluto del cielo, si ergevano maestose dalla sua schiena dritta e lattea. Sibilla scosse la testa.
“Jonatha…” mormorò facendo scorrere con
delicatezza un dito su una delle fotografie, “Davvero mi vedi così?”
“Hai capito perché non volevo restare,
Sibilla?” le soffiò sul collo, in piedi dietro di lei. “Perché ora sono
obbligato a spiegarti quello che non avrei mai voluto dirti.”
Sibilla deglutì, irrigidendosi sentendo che
Jonatha era in piedi dietro di lei, vicinissimo.
“Che cosa?”
Jonatha rimase in silenzio, fino a quando
Sibilla fu costretta a voltarsi. Gli occhi di Jonatha brillavano, il suo viso
era teso, triste, respirava quasi a fatica.
“Non potrò più fare fotografie da questo
momento in poi.”
“E perché mai?”
La domanda di Sibilla cadde nella stanza,
pesante come una rivelazione scioccante.
“Perché dopo aver trovato te, Angelo blu,
nessuna modella riuscirebbe più a soddisfare la mia arte.”
Sibilla gli sfiorò una spalla con la mano.
“Ma io non posso più posare per te.”
“Lo so” disse in un sussurro Jonatha, “per
questo ho detto che dopo questa volta non fotograferò più niente e nessuno.
Grazie di avermi dato la possibilità di fotografarti.”
Sibilla lo guardò, immobile, senza fiatare.
“Ora me ne vado. Non ci rivedremo mai più,
te lo prometto. E lo so che dopo quanto è accaduto lascerai anche Cristiano. Mi
dispiace, non volevo spingerti a tanto.”
Sibilla piegò la testa di lato e arricciò
il naso.
“Come puoi dire questo? Che cosa c’entra
Cristiano con questa storia?”
Jonatha le sorrise. Un sorriso freddo,
sinistro. Soltanto i suoi occhi rimasero amabili.
“Continuerai a vederlo? Pensaci bene.”
Sibilla abbassò lo sguardo che si agganciò
alle mani di Jonatha, aggrappate saldamente alle tasche dei suoi jeans,
leggermente tremanti. Si immaginò con Cristiano, in intimità con lui. Immaginò
il suo sorriso ampio, falso quanto una gemma di plastica, che nascondeva la
disperazione che lo stava distruggendo a poco a poco dall’interno. Si vide
stretta a lei, felice, spassionata e senza grossi problemi, preoccupata solo di
renderlo felice e di non incontrare più Jonatha quando sarebbe andata a casa
sua.
Non era quello che voleva. Non voleva stare
con Cristiano solo per alleviargli momentaneamente il vuoto che sentiva dentro
di lui. Era stanca di essere usata, stanca di usare a sua volta per sentirsi
meno sola di quanto in realtà era.
E di fronte a lei il suo fotografo la stava
fissando, triste, vuoto, colmo di riflessioni inquiete quanto i suoi occhi in
tempesta. Abbassò di nuovo lo sguardo sulle sue mani pallide, quelle mani calde
e morbide da intellettuale che l’avevano sfiorata ovunque nell’intento di
possedere ogni parte di lei, di trasformarla in quell’ Angelo blu che popolava
i suoi sogni più privati. Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò a
stringerlo. Jonatha la strinse a sua volta.
“Che cosa mi hai fatto? Quello che desidero maggiormente è stare con te, anche se conosco a malapena il tuo nome.”
Jonatha sorrise, perdendosi nel profumo dolciastro dei suoi capelli.
”Non ti ho fatto niente, Sibilla. Ciò che
sta succedendo a te sta succedendo anche a me. È assurdo, paradossale… ma è
anche il mio desiderio quello di stare con te. È come se ti conoscessi da
sempre, Angelo blu. Come se conoscessi di già le tue prossime mosse.”
Sibilla si staccò leggermente da lui, tanto
da riuscire a guardare la sua bocca ipnotica mentre parlava lentamente.
“E quale sarà la mia prossima mossa?” chiese
seria e accigliata, senza staccare gli occhi dalla sue labbra fini e pallide.
Jonatha rimase in silenzio, poi sospirò
pesantemente.
“Baciarmi, Angelo blu, mi stai guardando le
labbra. Prendile.”
A quell’ordine secco Sibilla si avvicinò,
ma fu Jonatha a baciarla. Il bacio profumava di menta e di respiro, dolce di
gentilezza e cupo di promesse. La strinse, cortese e terso.
“Jonatha,
voglio solo te, ora lo so. Ma devo dirlo a Cristiano.”
Jonatha
cercò di sorridere, ma le sue labbra si curvarono verso il basso. Non poteva
continuare a vivere sotto lo stesso tetto di Cristiano dopo quello che aveva fatto, dopo che aveva criticato persino Simone e la sua attrazione per Sibilla. Lui aveva fatto ben peggio... Lentamente,
allentò l’abbraccio e si congedò, apparentemente fiero e altero, con la testa alta e la schiena
dritta.