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Autore: Linktroll    12/04/2010    5 recensioni
Non tutti gli scherzi riescono col buco. E a volte, il buco, te lo lasciano in fondo al cuore. [FrUk o... Sorpresa? A mana]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giudizio dell'autore: Gli amanti di Francis potrebbero trovare orribile e crudele questa fict. Devo dire che quando ho iniziato a scriverla, neanch’io avevo previsto un finale del genere. La sofferenza però è insita nella natura umana e sempre dietro l’angolo, e a volte, la lotta solitaria di un cuore infranto, a poco serve. Buona lettura.
Un bacio a chi legge e due a chi commenta <3

 

Aveva trangugiato un altro bicchiere di vino tutto d’un fiato.
E a quello ne era seguito un altro, e un altro.
Il pavimento di casa sua era ormai pieno di solchi, creati dall’andirivieni dei suoi stivali che non trovavano pace.
Chiunque si sarebbe agitato, nella sua situazione.
Francis… aspettami a casa tua. E’ una questione delicata che serbo dentro da tanto tempo. Non posso continuare a nascondere i miei sentimenti per tutta la vita.”
Che diamine. Quella telefonata, così, secca. Non aveva neanche avuto il tempo di rispondere che il telefono aveva già cominciato a dare il segnale dell’occupato.
Quelle parole… non potevano che lasciare intendere una sola cosa.
Francis era scattato sull’attenti, peggio di una teenager alle prese col suo primo appuntamento. Si era fiondato a cercare il vestito migliore - migliore può significare soltanto elegante, per uno come Francis che snobba le uniformi degli altri perché outrè – rimanendo più tempo indeciso sui due capi che preferiva di più, passandoli continuamente da una mano all’altra, senza saper scegliere.
Per risparmiare del tempo, aveva pensato bene di decidere il tutto mentre si sarebbe diretto in bagno per darsi un’aggiustata ai capelli, un colpo di phon, una spruzzata di acqua di colonia all’essenza concentrata di rosa, una ritoccatina alle sopracciglia - solo Arthur può essere così ostinato nel tenerle così folte - ed era pronto.
Ed era questo lo stato in cui si trovava Francis, mentre macinava metri e metri dentro casa sua: agitato, impaurito, esaltato, irrefrenabile, iperattivo, dubbioso, incontenibile.
Fissò attentamente le lancette dell’orologio da polso, dando peso ad ogni singolo secondo che si frapponeva all’incontro con l’inglese.
Quando il campanello suonò, la porta venne buttata giù da un calcio dall’uomo appena arrivato.
Si trattava proprio di Arthur.
Uno smoking nero ed un vistoso papillon rosso sono le prime cose su cui Francis posò lo sguardo. Dopo toccò alle sopracciglia. Ed infine, al bouquet di fiori che teneva in mano.
Un bouquet di fiori…
Va bene che doveva fare il gentiluomo, ma stavolta Arthur aveva esagerato.
Cosa doveva rappresentare quel mazzo di primule che così orgogliosamente stringeva tra le mani?
Ma… c’era qualcos’altro alle spalle del britannico?
Un pacco. Un pacco gigantesco. Più grande perfino del bretone. Incartato con carta regalo… rosa. Perché proprio rosa? Che l’avesse scelto apposta in onore della rosa, il simbolo di Francis?
La testa del franco sembrava scoppiare. Tutti quegli avvenimenti avevano preso forma così velocemente: quell’entrata in scena da vero duro, quei fiori, quel regalo gigante. Francis si sentiva simile ad una principessa attanagliata dalla corte spietata del suo principe.
Arthur socchiuse appena gli occhi, sistemandosi il papillon e varcando la soglia della stanza, trascinandosi dietro il regalo, prendendolo da uno dei lacci del fiocco.
Richiuse la porta dentro di sé, per riservare quel momento solo a loro due. L’aveva detto che era una questione delicata. Non poteva permettere l’ingresso ad altri visitatori.
“Art-Arthur, tu…”
“Shut up, stupid frog. Sono io a dover parlare adesso.”
Mettendo da parte ogni imbarazzo – eccezion fatta per il rosso del suo volto – Arthur si avvicinò a Francis, facendogli dono del bouquet, scostando allo stesso tempo il volto di lato. “Questo è per te.”
“Cosa significa, Arthur? Sta accadendo tutto così in fretta che…”
“Devi per forza parlare, diamine? Complichi le cose così…”
L’espressione affranta di Arthur aveva paralizzato Francis tanto da renderlo temporaneamente muto. Il britannico, recuperando un po’ della sua spavalderia, cinse le sue braccia attorno al collo del francese, appoggiando la propria testa sulla spalla dell’altro.
Il bouquet scivolò via dalle mani sudate del francese, che aveva la testa attraversata da mille pensieri. “Finalmente…”
Alzò la testa al cielo, lasciandosi andare ad un sorriso rilassato. Prese a ringraziare Dio più e più volte, per la gioia che aveva deciso di regalargli.
Tutte le sue sconfitte, i suoi fallimenti, divennero minuscole macchie invisibili di fronte a tanta grazia. Le sue mani andarono a posarsi sulla schiena rigida del britannico, ma il sudore rendeva difficile la presa; l’aveva a pochi centimetri dal proprio corpo e non poteva abbracciarlo. Ciò valse sicuramente ad aumentare la sua frustrazione.
“Francis…?” Sussurrò l’inglese.
“Dimmi… dimmi tutto.”
“I love you so much.” Rispose masticando quelle parole a stento, come se nello stesso momento in cui le dicesse se ne pentisse.
“Angleterre… je t’aime. Je t’aime moi aussi.”
“I’m so… i’m so happy.
Sei riuscito a capirmi nonostante te l’abbia detto nella mia lingua?”
“Potrai anche aver usato la tua lingua. Ma la lingua dell’amore è universale.”
Francis aveva proprio dato il meglio di sé. Questa frase ad effetto era proprio quella che gli serviva. Adesso che aveva stordito l’inglese con questo virtuosismo poetico, doveva passare all’attacco facendolo suo per l’eternità.
Poggiò una mano sul volto del britannico, avvicinando le sue labbra a quelle serrate dell’inglese, pronto a farvi breccia; il destino, però, ha strade tortuose, e qualcosa non andò secondo i suoi piani: due dita sulle labbra lo frenarono, respingendolo.
“Non preferisci vedere prima cosa c’è là dentro?” Lo stimolò Arthur indicando il gigantesco regalo rosa che ancora sostava nel bel mezzo della stanza.
“Mmmh… l’hai detto in maniera così sensuale che mi hai quasi convinto.” Con lo sguardo pieno di malizia, sicuro di trovar dentro un qualche costume o attrezzo perverso, Francis si accinse ad aprire il grosso pacco, iniziando a disfare il fiocco che stava alla sommità.
Giusto quando il nodo fu sciolto, e la carta in superficie strappata, le ali della parte superiore della scatola si dispiegarono da sole, rivelando all’interno un oceano infinito di piccoli pezzi di polistirolo, all’interno dei quali si trovava, braccia all’aria, Alfred.
“Qualcuno aveva richiesto l’intervento di un eroe?” Urlò l’americano, assumendo la sua solita posa a pollice alzato, con l’aria di chi ha sempre tutto sotto controllo.
Francis torse la sua testa di 180 gradi, in un movimento lento e inquietante. I suoi occhi erano gonfi e pieni di ira, le labbra rappresentavano bene il suo sgomento e il naso arricciato probabilmente stava a mostrare la sua indignazione.
“… Cosa vuol dire tutto questo.”
“E’ un pesce d’aprile, stupid frog!” Dichiarò l’inglese a denti stretti, mettendosi tre dita di fronte alla bocca, come se fossero sufficienti a placare le risate che gli eran cominciate ad uscir fuori di bocca.
Francis fissò alternativamente Alfred e Arthur, ancora stordito dall’insensatezza della scena. “Non ho mai sentito di un pesce d’aprile messo in atto il 2 aprile.” Proferì il francese, continuando a fissare i due alternativamente.
“2 aprile?”
“Oh, Francis… suppongo che anche questo faccia parte del suo pessimo umorismo inglese.” E sotto di nuovo con la sua posa da eroe.
“U-u-umorismo cosa? Sbaglio o sei stato tu a pianificare il tutto? Io sono l’eroe! Penso a tutto io! Fuck you, damned shit!” Urlò Arthur di rimando, raccogliendo il bouquet che Francis aveva lasciato cadere, per lanciarlo addosso all’americano.
Alfred con gesto sicuro lo afferrò al volo, dimostrando ancora una volta di poter salvare la situazione. Una volta salvato il bouquet, lo restituì a Francis, dandogli qualche leggera pacca sulla spalla: “Credo che questo sia tuo, caro mio!” Dopo di che, si gettò dal pacco, andando a raggiungere Arthur.
Francis fissava la scena ammutolito, appoggiato ad uno dei lati della grossa scatola, col mazzo di bouquet che gli era di nuovo scivolato dalle mani, insieme ai frammenti del suo cuore spezzato.
“Allontanati, brutto idiota!” Sbraitava il britannico, con le guance giusto un po’ arrossate.
“Su, su, ehi! Abbiamo ottenuto lo stesso l’effetto che volevamo, no?”
“E’ facile parlare per te, quello che ho dovuto recitare sono stato io!”
Recitare.
Recitare, recitare, recitare, recitare, recitare, recitare, recitare, recitare.
Che qualcuno mi liberi da questo brutto sogno.
“Arthur, tutto quello che mi hai detto prima…” Mormorò, tendendo la mano nei confronti dell’inglese.
“Cancella tutto, stupid frog. Era uno scherzo, l’hai già scordato? Direi che qui abbiamo anche finito. See you, vinofilo!”
Alfred salutò Francis con un sorriso innocente e un cenno della mano. Ma Francis sapeva che in quel sorriso c’era poco di innocente. Era stato un complice. Si era macchiato anche lui della colpa di avergli spezzato il cuore, per poi portarsi via, per giunta, l’unico uomo che Francis avesse mai amato.
Li fissò entrambi, di spalle, mentre varcavano la porta di casa di Francis, per andare a trascorrere dei piacevoli momenti insieme. Alfred aveva appoggiato il suo braccio sulle spalle di Arthur, avvinghiandolo al collo, per tirare a sé l’inglese e punzecchiarlo in fronte con l’altra mano libera, suscitando l’ira dello tsundere.
Erano così dannatamente felici, nel momento in cui lasciarono quella stanza, lasciandosi dietro un pacco scartato, del polistirolo a terra, un bouquet di fiori ormai spiegazzati e un uomo dal cuore infranto.
Il francese appoggiò la schiena ad uno dei lati della scatola, scivolando lentamente verso il pavimento, fino ad arrivare col sedere a terra.
Compostamente, senza esprimere esteriormente alcun segno di debolezza, frugò tra le tasche del suo vestito in cerca del fazzoletto. E una volta che lo trovò, se lo infilò in bocca, stringendolo ferocemente tra i denti.
E allora, solo allora, iniziò a piangere.

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Raccolgo queste briciole di UsUk per donarle a Mana. Ma tu guarda se dovevo fare soffrire così tanto Francis. A volte mi chiedo davvero se non sia sadico apposta con i miei personaggi preferiti. In ogni caso… per quanto sia microscopica l’allusione alla coppia spero ti piaccia. Ma non ti azzardare a dire che io somiglio ad Alfredo è_é

   
 
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