Pov Robert
Il profumo di Elena era dappertutto.
Era sul
cuscino e sulle mie labbra, era fra le lenzuola e fra i miei capelli.
Era di
nuovo dentro di me.
Lei, la
mia Elena, era tornata.
Aprii gli
occhi ed eccola lì a guardarmi, bellissima come era sempre rimasta nella mia
mente per tutti quei mesi.
Solo che
stavolta era reale, ed era lì.
Ed era
stata mia di nuovo.
-Hey..- mi disse sorridendo
come un angelo.
-Hey- le sorrisi di rimando,
ancora incredulo al pensiero di avere fatto l’amore con lei solo poche ore prima.
Si
avvicinò ed io la strinsi a me.
-Sei bellissima…- le sussurrai.
-Robert…- fece lei
prima di baciarmi.
Quanto…quanto avevo
aspettato per tornare a sentire il suo sapore su di me? Troppo tempo, troppi mesi
nei quali forse avevo fatto finta di aver per sempre chiuso quella
indimenticabile parentesi fuori dalla mia vita.
Ma la
verità è che non potevo farlo, perché lei non era mai stata una parentesi per
me, non avrebbe mai potuto esserlo.
L’unica
ragione per la quale alzarsi la mattina, ecco cos’era per me.
E le cose,
mi resi conto, non erano cambiate.
"Pensavo che non ti avrei mai più stretta tra le mie braccia,
baciata, coccolata...pensavo di non poter rivivere momenti del genere con
te..." le dissi, scostandole i capelli da davanti gli occhi.
"So che è difficile credermi...dopo quello che ti ho
fatto...ma mi credi se ti dico che è esattamente la stessa cosa che pensavo
io?? Pensavo che per sempre mi avresti odiato, Rob..."
mi disse lei e mi sarei quasi messo a ridere per l’assurdità di quella affermazione
perché non esisteva un universo nel quale io avrei mai potuto odiarla.
Mi guardò e si mise a
piangere ed io mi sentii male dentro. Male per me, per lei, per Sugar…perché stare in quel letto insieme a lei mi sembrava
allo stesso tempo la cosa più giusta e più sbagliata, perché onestamente non
c’era un altro posto dove volessi essere e perché vederla piangere portava con
sé così tanti ricordi e sensazioni che rischiavo di restarne travolto.
"Shh...non piangere...io non ce
l'avrò mai, mai con te...ti amo così tanto..." le dissi.
La strinsi forte contro di me, ispirando tutto il suo dolce
profumo e chiudendo gli occhi, provando ad immaginare per un istante soltanto
che quella fosse semplicemente una delle tante mattine che avevamo condiviso
insieme, come se non se ne fosse mai andata.
Perché non poteva essere così facile?
“Però…” esclamò poi, staccandosi
leggermente da me e sospirando.
“Cosa?” le chiesi, in un inutile e stupido tentativo di
allontanare per un altro po’ ancora la realtà.
“Tu, ora..” disse e quello bastò. Quelle due parole ruppero la
magia e mi fecero sospirare forte.
“Sugar…” sentii me stesso dire e non
appena lo feci mi tornò in mente la sera prima e l’espressione triste dei suoi
occhi quando le avevo detto che uscivo con Marcus.
Provavo nausea per me stesso. Anzi, nausea era davvero riduttivo
per descrivere la portata del disgusto che nutrivo verso la mia persona.
Fissai il soffitto “E’ così complicato…”
“Cosa?” mi chiese e io spostai di nuovo il mio sguardo su di lei.
“La amo, Elena…so che non è una cosa
facile da sentirsi dire, ma la amo…”
Ed era assolutamente, indiscutibilmente vero.
Io amavo Sugar. E la amavo da morire.
“Ho capito…” fece lei e scostandosi
ancora da me, si mise a sedere. “E’ troppo tardi…lo so…prima o poi bisogna fare i conti con le conseguenze
delle proprie scelte…”
Ma non appena pronunciò quelle parole, non appena il pensiero di
perderla nuovamente mi attraversò la mente sentii che non avrei mai più potuto
fare a meno di lei, nemmeno per un istante.
"Elena...non è troppo tardi...ti amo, ti amo da morire...ma
sono confuso, mi capisci?” le dissi, alzandomi a mia volta e sfiorandole una
spalla "Non ho mai smesso d'amarti, credo..." lei provò a sorridere,
anche se le lacrime le rigavano le guance, e si voltò verso di me.
Le accarezzai il viso con una mano e la baciai.
*
Spostai lo sguardo su due bambini che si rincorrevano spensierati
pochi metri davanti a me, sull’erba verde di Hyde
Park, e improvvisamente mi sentii un estraneo nella mia stessa pelle.
Nei miei stessi occhi e nei miei stessi pensieri, perché fino a
qualche giorno prima il Robert Pattinson che
conoscevo non si sarebbe mai comportato in quel modo.
Mai e poi mai.
Il Robert Pattinson che conoscevo
trascorreva gran parte delle sue giornate a sentirsi fortunato per stare
insieme alla ragazza più fantastica dell’universo, quella che per anni aveva
desiderato, quella che alla fine era stata sua.
Ma questo Robert Pattinson era un’altra
persona. Perché da quando il ricordo di Elena era tornato a fare capolino nella
mia mente, non ero stato capace di pensare ad altro.
Ed avevo davvero smesso di pensare a qualsiasi altra cosa che non
fosse lei, considerando come mi ero comportato la sera prima.
Chiusi gli occhi e scivolai leggermente sulla panchina sotto il
salice piangente.
Neanche me ne ero accorto di essere finito proprio là, se non
quando spostando lo sguardo alla mia destra avevo notato due piccole incisioni
nel legno chiaro “S. e R.”
Mi venne da sorridere al ricordo di quel pomeriggio d’estate con Sugar, quando per me lei era una sorella sotto ogni punto
di vista, quando le tiravo le trecce per farla arrabbiare e lei mi nascondeva
gli spartiti di musica in giro per casa, tanto per farmi innervosire.
Sua nonna ci aveva detto che una traccia è per sempre, che non
sbiadisce mai, che non è effimera come le parole.
“Così anche fra un milione di anni la gente saprà di noi?” aveva
chiesto Sugar con la vocetta
squillante che aveva a 10 anni.
“Un giorno qualcuno si siederà qui e vedrà quelle due lettere e si
metterà a pensare a chi mai potranno essere stati S ed R, e il vostro ricordo
non finirà mai”
Toccai le piccole lettere incise, così ruvide al tatto e così
morbide nei miei ricordi e mi venne da piangere per quello che avevo fatto
proprio a lei, alla mia dose di zucchero quotidiana.
L’avevo tradita.
Niente più e niente meno. In una sola notte avevo sbriciolato ciò
che rendeva speciale il nostro rapporto, la reciproca fiducia.
Perché come avrei fatto a guardarla ancora in faccia, sentendomi
morire ogni volta che il ricordo di Elena si riaffacciava alla mia mente?
Era impossibile.
Non sarei mai più stato in grado di fidarmi di me stesso, non dopo
aver ferito così tanto profondamente proprio lei.
Ma d’altra parte, mi resi conto, non avrei saputo fare altrimenti.
Ero stato avventato, sconsiderato e profondamente stupido ma
nonostante i sensi di colpa mi attanagliassero lo stomaco, non riuscivo a
pentirmi di ciò che avevo fatto.
Io amavo Elena.
Non più di Sugar, ma sicuramente neanche
meno.
Lei mi era entrata dentro per caso, come una ventata di brezza
estiva.
Mi aveva fatto tornare a sorridere dopo un periodo di buio totale,
mi aveva trascinato con sé sotto il sole, quel sole che probabilmente l’aveva
creata perché come splendeva Elena, nessuna donna lo faceva.
Quante volte mi ero trovato a fare esattamente quel pensiero?
Elena era il sole per me.
Aveva illuminato una parte della mia vita in una maniera che, ero sicuro, nessun’altra persona sarebbe mai
stata in grado di fare.
Nemmeno Sugar.
Non potevo e non volevo pentirmi perciò di aver fatto l’amore con
lei, perché nel modo in cui l’avevamo fatto, avevo ritrovato quella parte di me
stesso che credevo aver perso per sempre.
Quella parte di Robert che non mi faceva essere completo al 100%.
Ma come si faceva ad amarle entrambe?
Non allo stesso modo, questo è ovvio, ma amarle entrambe
disperatamente ed incondizionatamente?
Sapevo che una scelta era d’obbligo, quella situazione non avrebbe
potuto continuare per molto, ma come potevo scegliere quando il pensiero di
perderne una mi faceva desiderare di morire?
Provai ad immaginare una vita senza Sugar,
senza più le sue follie e il suo modo di parlarmi, di capirmi, di amarmi.
Lei c’era sempre stata. Sempre. Una vita senza di lei era
semplicemente insopportabile.
Poi provai ad immaginare una vita senza Elena e la nausea tornò a
farsi sentire.
Sì era vero, in quei mesi avevo creduto di averla dimenticata, mi
ero convinto che in fondo si era semplicemente trattato di una tappa della mia
esistenza, certo una bellissima e sconvolgente e incancellabile tappa, ma pur
sempre una tappa, e invece no.
E invece era bastato uno schifo di articolo per farla tornare
chiara e nitida nella mia mente, era bastato uno sguardo per capire che lei era
sempre la stessa dentro di me.
Mi presi la testa fra le mani e sospirai ancora più forte.
Sei proprio un coglione mi ripetei.
Già, ero proprio un coglione. Ma autooffendermi
non cambiava lo stato delle cose.
Alzai lo sguardo e i bambini se n’erano andati, la luce cominciava
ad affievolirsi e la luce calda del tramonto aveva già indorato i prati.
Probabilmente la loro mamma li aveva richiamati, dicendogli che
era ora di andare a cena.
Quanto mi sarebbe piaciuto tornare a quell’età, quando c’erano
altre persone a dirti cosa dovevi o non dovevi fare, a prendersi cura di te.
Perché una volta che cresci, è inevitabile che inizi a sbagliare
tutto.
*
Davvero credevo di farla franca così?
Una cena e tutto a posto?
La definizione di “coglione” era proprio riduttiva per me.
Mi ero sforzato di comportarmi normalmente quella sera a cena nel
nostro ristorante preferito ma era evidente sotto ogni punto di vista quanto le
cose non fossero normali.
Sugar se n’era
accorta appieno, perché va bene che io fossi stupido ma ciò non significava che
automaticamente lo fosse anche lei.
Infatti mi aveva a malapena rivolto la parola e non aveva
praticamente toccato cibo, nemmeno il cheesecake alla
fragola, il suo dolce preferito.
Una volta a casa poi, avevamo litigato.
Ma l’inevitabilità di quel litigio era palese, aveva aleggiato
sopra le nostre teste per tutto il tempo della cena ed entrambi sapevamo quanto
un niente avrebbe potuto far degenerare le cose.
E la cosa peggiore era stato sentire le mie bugie, sentirmi
mentire così spudoratamente e scoprire di non essere poi così pessimo nel
farlo.
L’avevo guardata negli occhi e avevo fatto finta che ciò che era
accaduto con Elena, in realtà non era successo affatto.
Mi ero quasi auto convinto delle mie stesse parole mentre le
dicevo che non era successo niente, che ci eravamo solo scontrati e che di
Elena non me ne importava niente.
E mi ero arrabbiato con lei perché ce l’avevo a morte con me e le
avevo urlato addosso perché in realtà volevo che qualcuno urlasse addosso a me.
E poi, ecco tornare nei suoi occhi quello sguardo…quello
che mi aveva fatto perdere la testa per lei e che continuava ad essere presente
in ogni mio pensiero, e mi ero convinto di amare lei sopra tutto e tutti. Lei e
nessun’altra.
E l’avevo stretta a me, l’avevo sbattuta sul tavolo, e avevo avvertito
chiaramente il desiderio di fare l’amore, forte e intenso.
Di sentirla mia, di aggrapparmi forse a qualcosa che era sempre
stato reale.
Volevo credere ancora che lei fosse l’unica, volevo avere la prova
di essermi sbagliato, e che una caduta alla fine è concessa a tutti, ma la mia
retta via era con Sugar.
E l’avevamo fatto.
Così tanto da perderci la testa, così intensamente da restarne
affogati, ma alla fine, quando avevo posato lo sguardo su di lei, addormentata
contro il mio petto, di nuovo avevo sentito le lacrime pungermi gli occhi
perché non c’era Elena stretta contro di me.
E il mostro che da qualche tempo aveva iniziato ad abitare la mia
anima mi aveva sussurrato “Ma cosa ci fai qui? Vai da Elena.”
E l’avrei fatto. Giuro che l’avrei fatto. Me ne sarei andato senza
dire a niente Sugar, avrei permesso che si fosse
svegliata da sola, senza una spiegazione.
Solo che poi lei aveva sussurrato il mio nome nel sonno e aveva
sorriso ed io ero rimasto incantato a guardarla e immediatamente avevo cambiato
idea.
Se io l’avessi lasciata, lei ne sarebbe morta.
Non avevo nessun dubbio sulla portata dell’amore che nutriva nei
miei confronti.
Per quanto si sforzasse di fare la dura, quella che non si lascia
coinvolgere, quella che sa affrontare tutto a testa alta, io sapevo quanto
piccola si sentisse nei miei confronti, quanto non all’altezza di stare con me
pensasse di essere.
E quanto la amassi per quello, perché se c’era qualcuno indegno
nella nostra relazione, quello ero sicuramente io.
Però non era Elena.
Non lo era e non lo sarebbe mai stata.
Elena era…tutto.
Tutto ciò che desideravo.
Con quella consapevolezza mi addormentai e la sognai.
*
“E adesso sei finalmente felice, Rob?”
mi chiese la ragazza che stava conducendo l’intervista per Harper’s
Bazaar.
Sorrisi per l’assurdità di quella domanda in quel momento.
Me l’avesse chiesto un mese prima non avrei avuto nessun dubbio a
rispondere.
Mi sarebbe venuta in mente Sugar e la
sua risata e avrei riso a mia volta, rispondendo che sì ero felice per davvero.
Adesso, i visi che mi venivano in mente erano due. Due paia di
occhi e due risate contagiose.
“Sì, sono felice” dissi dopo qualche momento di silenzio.
E sono anche tremendamente
tormentato e lacerato e un sacco di altre cose che non potrei mai e poi mai dire
in un’intervista.
Risposi a qualche altro paio di domande e finalmente potei
andarmene, perdermi ancora un altro po’ nei miei pensieri.
Chissà che non avrei trovato la soluzione alle mie pene.
Ne dubitavo, ma non sapevo dove sbattere la testa.
Non avevo intenzione di parlare ancora con Tom e di sentirmi dire
quanto avessi sbagliato, che razza di bastardo fossi eccetera eccetera eccetera.
Le sapevo di già quelle cose.
Camminavo per Oxford Street senza una vera consapevolezza di dove
stessi andando, perdendomi fra la folla di Londra, seguendo con lo sguardo le
altre persone, i loro visi e immaginando le loro storie.
Chissà quanti di loro stavano compiendo sbagli proprio come me.
Quanti di loro stavano facendo soffrire le persone che amavano? Quanti stavano
soffrendo?
Ripensai alle lacrime di Sugar quella
mattina.
Quanto mi ero odiato per averla fatta piangere?
Non trovavo neanche una risposta.
Io non voglio perderti, mi aveva
detto. C’era mancato poco che le dicessi tutto in quel momento, che le facessi
capire che uomo di merda aveva scelto di amare…ma poi
mi ero reso conto che una cosa del genere l’avrebbe distrutta.
Nemmeno io volevo perderla.
E dicendole una cosa simile, l’avrei persa sicuramente.
In quell’istante sentii vibrare il cellulare in tasca.
Lo estrassi e il nome che vidi lampeggiare sul display sembrò come
un accanirsi del destino.
Sugar.
Cercai di schiarirmi la voce e rispondere normalmente.
“Zuccherino!”
“Ciao Rob…so che stasera hai detto che
vuoi uscire con i tuoi amici, ma Trixie ha sentito
Tom e abbiamo deciso di venire con voi” esclamò, ancora risentita per la mia
chiamata di qualche ora prima quando le avevo raccontato l’ennesima bugia.
“Ah” esclamai chiudendo gli occhi e sentendomi scivolare addosso
la disperazione.
Peccato che io non sarei uscito con loro.
Già, peccato che c’era
Elena ad aspettarmi.
“Venite con noi?”
“Sì, non ha molto senso che usciamo tutti e andiamo in posti
diversi ti pare?”
Sapevo che le cose non sarebbero mai potute andare lisce.
“Infatti hai ragione. Ti passo a prendere io, ok?”
“Ok” e prima che potessi dirle qualsiasi altra cosa buttò giù.
Fantastico, davvero fantastico.
Chissà come cazzo l’avrei detto a Elena.
Perciò quando qualche ora più tardi la chiamai, mi stupii un poco
del suo tono inespressivo.
Come era possibile che già sapesse dei piani cambiati?
Solo che poi mi venne in mente face book e tutti i cavolo di
social network e mi risposi da solo.
Altro che la rovina del nostro secolo.
“Ho parlato con Sugar, Rob…” mi disse dopo un po’.
Appunto.
“Quindi sai già di stasera..” le dissi.
"Robert...ascolta...stasera non credo
verrò...dobbiamo...dobbiamo porre fine a questa situazione...mi sento un merda
e non è una situazione che posso, che riesco a gestire..." e per quanto
ogni singola cellula del mio corpo le stesse gridando di non farlo, si mise a
piangere.
"Elena, ti prego...non è stata colpa mia...Sugar ha organizzato tutto..."
Non volevo rassegnarmi all’idea di non vederla nemmeno quella
sera.
“Ma non capisci, Rob che io non ce l'ho
con te??? Sto solo dicendo che il tempo in cui stavamo insieme è passato,
finito cinque mesi fa...mi dispiace..." e senza
aggiungere altro buttò giù, davvero.
Non credevo che il silenzio che andò a riempire lo spazio occupato
giusto un secondo prima dalla sua voce, potesse farmi tanto male.
Eppure lo fece.
E come due sere prima, smisi semplicemente di pensare e mi diressi
a casa sua, fregandomene di tutto il resto.
Bussai alla sua porta che sembravo un invasato da quanto i colpi
risuonavano forte anche nell’aria circostante.
Mi venne ad aprire dopo qualche minuto e dalla piega del suo
sorriso stanco, mi accorsi che doveva appena essersi asciugata le lacrime.
“Che ci fai qui?” mi chiese.
Non risposi nemmeno ed entrai in casa, non mollandola un attimo
che fosse uno con lo sguardo.
“Io ho bisogno di te Elena. Ho bisogno di te.” Continuai a
guardarla, sperando che mi credesse.
Perché, per una volta, quella era davvero la verità.
Lei ridacchiò amaramente “Già…e hai
bisogno anche di lei scommetto..”
Sospirai e mi stravolsi i capelli, al culmine del nervosismo.
“Possiamo…per favore possiamo non
nominarla..almeno per un po’?”
“Sei veramente uno stronzo, Robert. Non ti avrei mai creduto
capace di cose simili…” mi voltò le spalle e si
diresse verso la cucina.
La afferrai per un braccio e la voltai istantaneamente verso di
me, baciandola.
Non potevo farne a meno, non riuscivo a farcela.
E se non riuscivo a farne così a meno, significava che non poteva
essere così sbagliato in fondo.
“Io ti amo Elena. Ti amo, ti amo, ti amo” continuai a ripeterle e
lei scoppiò di nuovo in lacrime.
“Smettila, basta. Non è vero…tu mi hai
amata..ma adesso guardati cazzo Robert. Tu hai una ragazza. E non è una ragazza
qualsiasi, è la tua migliore amica. Come puoi farle una cosa del genere?” si
allontanò da me, lasciandomi profondamente scosso.
“Dovresti solo vergognarti…e anche io.
Non posso fare a meno di sentirmi in colpa perché lei ti ama…l’ho
capito..”
Non mi guardava più in faccia.
“Credi che non lo sappia? Credi che sia facile o che mi diverta?”
“Non ho detto questo.” Si voltò verso di me e sospirò “ma come ti
ho già detto il nostro tempo è passato. Ho sbagliato e adesso ne pago le
conseguenze..succede” mi rivolse un sorriso forzato e vederla sorridere fra le
lacrime mi ferì nel profondo.
Perché se lei se n’era andata 5 mesi prima, la colpa era stata
esclusivamente mia.
“Elena smettila di ripeterlo. Io ti ho spinta a prendere quella
decisione, me ne rendo conto..per cui la colpa è di entrambi e comunque ormai è
successo e non possiamo cambiare le cose…ma ciò che
non è cambiato e che non credo cambierà mai è quello che provo per te.” Mi
avvicinai e le accarezzai i capelli, scostandoglieli dal viso.
“Vedi, io non voglio smettere di provare questi sentimenti. Perché
sono i sentimenti più veri che abbia mai provato in tutta la mia vita.”
“Rob perché? Perché vuoi farmi male
così? Non c’è bisogno che ti dica che anche io ti amo perché lo sai, perché è
l’unica cosa ha mai avuto senso per me…amarti…ma
adesso è diverso e io credo che forse, prima o poi..riuscirò a dimenticarti e
ad essere felice..”
Chiusi gli occhi, come se qualcuno mi avesse appena dato un pugno
nello stomaco.
“Non voglio che tu mi dimentichi.” Scossi la testa “non voglio…perciò ti prego non farlo mai”
Le presi il volto con entrambe le mani e la baciai, stringendola
ancora più stretta contro di me.
“Adesso che ti ho ritrovata non voglio perderti.”
*
Cazzo, cazzo, cazzo.
Salii in macchina, accesi il motore e partii come un razzo.
Ero sempre più convinto che la parola “coglione” non potesse
proprio descrivere appieno la portata della mia idiozia.
“Devi andare a prendere Sugar…” mi aveva
fatto notare Elena, mentre io mi beavo col suono del suo respiro su di me.
“Ma porca puttana!” avevo imprecato quando il pensiero della
serata imminente mi aveva colpito improvvisamente.
Mi ero alzato di scatto dal letto, raccogliendo in fretta e furia
i pantaloni e la camicia gettati sul pavimento della sua camera e quando avevo
alzato lo sguardo, l’avevo vista fissarmi avvilita.
Mi ero chinato su di lei, seduta in mezzo alle lenzuola, e l’avevo
baciata “Ci vediamo dopo…”
Aveva semplicemente annuito.
“Anche se non credo che sopporterò troppo bene la vista di quel
bellimbusto al tuo fianco…”
Lei aveva sorriso un po’ “Così come io non sopporterò la vista di
te e lei insieme…”
“Touchè” l’avevo baciata ancora.
“Ti amo” le avevo detto poi, prima di precipitarmi giù per le
scale.
Sugar doveva
avermi chiamato come minimo 150 volte.
Ero in ritardo di un’ora e non osavo immaginare in che stato
l’avrei trovata.
Accesi il cellulare e immediatamente mi arrivarono 5 messaggi.
4 di Tom e uno di Sugar.
1)Rob accendi
il cellulare.
2) Non fare il coglione.
3)Dove cazzo sei finito?
4)Sei nella merda, amico.
5) Tom mi ha
detto che te ne sei andato da casa sua un’ora fa. Il tuo cellulare è sempre
staccato. Non sprecare tempo a venire, per favore. Ho cambiato idea.
Merda, pensai.
Composi velocemente il numero di Sugar
ma lo trovai spento.
E che lei spegnesse il cellulare, era un pessimo segno.
Me la immaginai sdraiata sul divano a fissare il soffitto, la
mente piena di odio verso il sottoscritto.
E non avrebbe avuto per niente torto quella volta.
“Forzaaa!” gridai alla macchina ferma
davanti a me, che non ne voleva sapere di ripartire.
Suonai il clacson a tutto spiano e sbattei la testa contro il
volante.
Non potevo continuare per molto in quelle condizioni.
Finalmente arrivai sotto casa sua, frenai bruscamente e lasciai la
macchina in mezzo di strada.
Mi attaccai al campanello, cercando di spremere le pochissime
facoltà mentali rimastemi per elaborare almeno una parvenza di scusa da
fornirle, ma non mi venne in mente niente.
“Stavolta sei fottuto, Robert Pattinson”
mi dissi.
Dopo 10 minuti, non mi aveva ancora aperto.
Valutai la possibilità che non fosse in casa, ma in quell’istante
mi accorsi della luce alla finestra di camera.
Non voleva aprirmi.
Mi odiai come mai prima.
Iniziai a gridare il suo nome, incurante delle 2 persone che in
quel momento passavano sul marciapiede dietro di me.
Ma che dicessero pure tutto ai giornali, non me ne fregava niente.
Tanto niente sarebbe mai stato peggio di quella situazione.
Anzi no, ovviamente mi sbagliavo ancora, dato che di lì a un
secondo iniziò a piovere e figurarsi se avevo un ombrello.
Mi lasciai cadere sulle scale del portico e mi presi la testa fra
le mani, la terribile sensazione di aver rovinato tutto pulsante dentro di me.
Le avevo ferite entrambe.
Adesso tutte e due stavano soffrendo per me, un perfetto idiota.
Dio, mi sarei staccato la testa da solo.
Nessuna se lo meritava, eppure era l’unica cosa che avevo fatto.
Farle soffrire.
Non saprei dire quanto tempo passò prima che avvertissi il portone
alle mie spalle aprirsi, ma quando mi voltai Sugar
era lì.
Le braccia incrociate e gli occhi tristi.
Mi passai una mano fra i capelli ormai bagnati fradici e rimasi a
fissarla, senza dire niente.
“Entra” fece lei, dopo un po’.
“Sugar…” deglutii e mi alzai ma lei mise
le mani avanti e mi bloccò “Ti faccio entrare perché sta piovendo e so che
saresti capace di trascorrere tutta la notte su questi gradini, ma è solo per
questo”
Le presi una mano e lei la tolse istantaneamente “Non toccarmi”
Non aveva mai usato quel tono con me. In 17 anni che la conoscevo,
mai.
“Ti prego..” mi uscii comunque dalle labbra.
Lei era sull’orlo delle lacrime, lo capivo da come si sforzava di
evitare il mio sguardo e da come muoveva il piede destro sul gradino.
Poi si voltò ed entrò nel portone.
La seguii per tutte le scale fino al suo piano, senza proferire
parola e una volta dentro al suo appartamento, provai ancora a toccarla.
Tremava e quando alzò lo sguardo mi accorsi che piangeva.
“Guardami Robert” fece dopo un istante “guardami perché questa è
l’ultima volta che mi vedrai piangere.” Si asciugò le lacrime e tirò su col
naso.
“Non verserò più una lacrima per te”.
Volevo solo abbracciarla. Dirle che sarebbe andato tutto a posto.
Qualsiasi cosa pur di non vederla stare così.
Ma mi resi conto che
sarebbe stato tutto inutile e tutto privo di senso.
“Sugar…posso spiegarti…?”
Ma cosa vuoi spiegarle, razza di
deficiente? Non lo sapevo, non sapevo sinceramente cosa dire, ma qualcosa
doveva pur esserci.
“Lascia stare. Non mi va di ascoltare nessuna spiegazione.” Si
allontanò voltandosi.
“Dormi sul divano per favore” e detto questo si chiuse la porta
della sua camera alle spalle.
Ed eccoci di nuovo a postare!
Contente??? (Immaginiamo XD)
Sì, prima che diciate
qualunque cosa, vi diamo ragione..dobbiamo davvero farci una vita sociale (io
in particolare, by RG) ma insomma quando
l’ispirazione c’è non si può di certo fermarla, e quindi..ecco a voi la 2°
parte del Rob Pov curata da
me (RG)
Bene che dire…sinceramente
non so bene cosa è uscito fuori dato che nemmeno ho riletto adeguatamente, ma
ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lui e in quello che poteva
provare in una situazione del genere.
Ci sono riuscita? No.
Anche se poi sarete voi a
dirmelo XD
Beh…scusate anche per la lunghezza O__O
ma dovevo arrivare a coprire tutti i fatti avvenuti finora e svelare cosa
caspita era successo in quelle benedette 3 ore…che poi…poteva essere altrimenti? Conoscendo il tipo fedifrago
che è…di certo non era andato a giocare a Monopoli
con i suoi genitori XD
Noi ringraziamo infinitamente
le 20 persone che l’hanno messa
fra i preferiti, le 13 fra le seguite e come al solito la nostra Themis che l’ha messa fra quelle da
ricordare! Siete fantastiche *-*
Purtroppo stasera mi tocca
scappare subito fanciulle e non ce la faccio a ringraziarvi adeguatamente una
per una (lo so faccio pena, by RG)
(prendetevela con lei perciò
ragazze, io non c’entro niente u.u, by WP) (grazie ale, by RG) (prego amore non c’è di che, by
WP)
Insomma mi dispiace..però
spero abbiate gradito questa 2° parte, che vi abbia aiutato a fare un po’ più
di chiarezza (anche se sicuramente penso che abbia ottenuto l’effetto contrario
XD) e che commenterete di nuovo in così tante!
Grazie mille a tutte, in
particolare a:
cris91
midnightsummerdreams
kyni
lisettola
ada90thebest
ginevrapotter
Piccola Ketty
rita Cullen
_Miss_
dindy80
Enris
Adesso scappo davvero….vi amiamo!!!!!!!! E continuate a schierarvi, mi
raccomando XD Vogliamo sapere che ne pensate!
Anche per il Team Rob, ovviamente :D
Un baciooo
<3