Terence era appena uscito dal piccolo
appartamento dove lui e suo nonno abitavano per andare a parlare con la
polizia. Appena arrivò nel distretto spiegò
quello che era successo la sera
prima << Faremo tutto il
possibile per trovare chi ha ucciso suo nonno, glielo promettiamo
>>
disse un agente << grazie >> rispose
uscendo dalla centrale.
Vagava per le strade
disorientato, non sapeva neanche lui che fare, ma di sicuro non avrebbe
aspettato che la polizia risolvesse la faccenda, non hanno mai risolto una faccenda; lo sapeva
bene. Decise che se la sarebbe
cavata da solo, avrebbe trovato quegli assassini e
gliel’avrebbe fatta pagare,
ne era certo. Però, prima di fare qualsiasi altra cosa,
doveva organizzare il
funerale di suo nonno, di sicuro ci sarebbero state lui e poche altre
persone.
Nessun parente, ne era sicuro; erano tutti morti e se per caso ce ne
fosse stato
uno ancora vivo da qualche parte non si sarebbe sprecato a farsi vivo.
Forse
sarebbero venuti dei clienti affezionati a quel dolce signore che ormai
era un
po’ il nonno di tutti quelli che entravano nel suo negozio.
Ad un tratto
sobbalzò: che ne avrebbe fatto del negozio? Di sicuro non
poteva darlo via, era
uno dei ricordi più preziosi che aveva di suo nonno. Fin da
piccolo Terence
aveva aiutato il vecchietto a vendere la merce e poi sapeva che suo
nonno non
l’avrebbe mai perdonato dall’altro mondo se avesse
venduto il negozio. Doveva
per forza gestirlo in qualche modo, anche se non sapeva come fare, non
aveva
amici che lo potessero aiutare. Decise di farci un salto, magari
andando lì
avrebbe trovato l’ispirazione giusta per un’idea.
Appena entrò
mille ricordi
gli passarono davanti, ma in particolare uno, quel ricordo che aveva
tanto
amato ma allo stesso tempo odiato in tanti anni, la prima volta che
aveva visto
suo nonno e la sua bottega: aveva all’incirca cinque anni e
una poliziotta lo
teneva per la piccola mano bianca e fredda mentre entrava nel negozio.
Appena
il vecchietto lo vide gli sorrise, un sorriso falso, l’aveva
capito subito, il
vecchietto non era bravo a mentire; la poliziotta gli lasciò
la mano e andò a
parlare con suo nonno. Tornarono poco dopo, l’anziano signore
aveva gli occhi
rossi, solo qualche anno dopo Terence aveva capito il
perché. Il nonno gli prese
la mano e disse << Ora mi occuperò io di te.
>> il piccolo bambino
strinse la sua mano << Ma la mamma e il papà
dove sono? >> domandò
il piccolo bambino con voce innocente e inconsapevole. Il nonno
abbassò lo
sguardo ma poi lo rialzò subito
<< Sono
dovuti andare
in un posto molto lontano >> rispose << Ma
quando tornano? >>
domandò ancora il bambino << Non lo so,
però nel frattempo mi prenderò io
cura di te, che ne dici? >> rispose << Ok,
piacere, io sono Terence
>> rispose << Tu chi sei? >>
domandò. Il vecchietto sorrise,
questa volta per davvero, poi rispose << Io sono Albert e
sono tuo nonno,
piacere >> il bambino guardò confuso quel
signore che si spacciava per
suo nonno e domandò << Che
cos’è un nonno? >>
l’anziano rise <<
Un nonno è il papà o della mamma o del
papà, in questo caso io sono il papà
della mamma, capito? >> rispose. Il bambino
annuì << Allora io ti
devo chiamare Albert o nonno? Oppure papà della mamma?
>> Albert rise di
nuovo << Chiamami nonno >> rispose
dolcemente il vecchietto
<< Ok >> disse Terence.
Quel ricordo gli
passò
davanti come un fulmine, improvviso e letale, scoppiò a
piangere dopo pochi
secondi. I suoi genitori non erano mai stati tanto presenti nella sua
vita, gli
avevano insegnato le cose fondamentali, mangiare, camminare e parlare,
non gli
avevano dedicato tante attenzioni, se ne rese conto solo dopo aver
riassistito
alla scena del giorno in cui aveva conosciuto Albert, tanto che neanche
gli
avevano spiegato cos’era un nonno, ma soprattutto chi era il
suo.
Si sedette tra i mille
scatoloni del magazzino asciugandosi violentemente gli occhi con le
mani e
pensando che in fondo adesso non aveva voglia di prendersela anche con
i suoi
genitori, morti tanti anni prima a causa di una rapina. Suo nonno aveva
deciso
di parlargliene quando lui un giorno era tornato da scuola, aveva dieci
anni,
domandandogli << Nonno, mamma e papà non
torneranno più, vero? >> a
quella domanda il vecchietto era rimasto spiazzato ma si era salvato
dicendo
<< ma no Terence, ci stanno mettendo solo più
del previsto! >>
allora il bambino l’aveva fissato insistentemente negli
occhi, aveva raccolto
tutto il coraggio che un bambino di dieci anni possiede e gli aveva
chiesto:
<< La mamma e il papà sono morti?
>> il vecchietto rilasciò lo
sguardo e fece cenno a Terence di avvicinarsi a lui. Si mise seduto e
iniziò a
parlare << Ascolta bene piccolo Terence, la mamma e il
papà non sono più
qui perché un giorno mentre tornavano da teatro sono stati
fermati da un
signore molto cattivo che voleva tutti i loro soldi e loro non glieli
volevano
dare, allora quest’uomo gli ha sparato e gli ha portato via i
soldi >>
fece una pausa e guardò Terence, aveva la faccia
completamente viola, gli occhi
rossi e le guance ricoperte di lacrime << Mi dispiace di
non avertelo
detto prima ma avevo paura che non avresti capito molto bene, eri molto
piccolo
quando è successo, è stata la prima volta che ci
siamo visti >> il
bambino alzò lo sguardo e riuscì a dire solo una
parola << abbracciami!
>> ordinò. Albert non se lo fece ripetere due
volte e abbracciò quel
piccolo bambino che anche se era cresciuto era sempre docile e indifeso
come
cinque anni prima anzi, forse dopo questa notizia, era anche
più fragile di
prima, il vecchietto sapeva che non poteva sbagliare, o la mente del
povero
Terence sarebbe esplosa come un palloncino ad una festa.
Angel aveva appena
finito di
raccontare tutta la storia a Tom; non sapeva neanche lei
perché l’aveva fatto,
forse era semplicemente perché sentiva di potersi fidare di
lui anche se non lo
conosceva. Sapeva solo che quel biondino lavorava in una pizzeria e
aveva il
vizio del fumo, tutto qui. Tom bevve un goccio di coca-cola appena
presa dal
frigo della pizzeria << Ho capito tutto e so il motivo
perché non è
venuto e non si fa trovare >> disse <<
Davvero? E qual è? >>
domandò << è molto semplice, non
aveva il coraggio di dire che non voleva
suonare con voi e non si è fatto più vivo per non
dovervelo dire! >> Angel
guardò male il ragazzo << Ok, ora ho capito
che sei davvero stupido!
>> confermò la ragazza << E
perché? >> domandò lui
<< Quale
persona
potrebbe essere così stupida? >>
domandò << Io..? >> rispose
facendosi piccolo piccolo. La ragazza rise << Comunque
devo scoprire cosa
gli è successo! >> disse più
determinata che mai << Sì e io..
>> Tom stava per finire la frase quando il telefono di
Angel squillò
<< Pronto >> disse << ciao
Angel, sono Erik, ma dove sei?
>> chiese
preoccupato << sono
uscita a fare un giro, ma adesso torno non ti preoccupare! A dopo, un
bacio
>> rispose chiudendo la comunicazione. La ragazza prese
la giacca che
aveva appoggiato all’attaccapanni all’entrata della
pizzeria << ma dove
vai? >> chiese Tom << A casa, mi stanno
aspettando tutti, mio
fratello, la mia migliore amica, il mio ragazzo.. capisci, devo andare
>>
spiegò << Capito >> rispose
<< però torna a trovarmi, ti
ritengo un’amica! >> disse <<
Certo! Ma non comprerò più una pizza
>> rispose << è
perché ti ho chiesto se avevi lo stomaco di ferro?
Ma io.. >> Angel lo interruppe << ma no,
è perché anche io lavoro
per una pizzeria e se compro la pizza qui potrei mettere in crisi il
negozio,
visto quante ne mangio! >> spiegò
<< Capisco.. allora ci si vede
presto, ci conto eh! >> disse salutando la ragazza
<< Certo!
>> rispose uscendo dalla pizzeria.
Tutti quei flashback lo
stavano
facendo impazzire, doveva andarsene prima che qualcos’altro
gli saltasse per la
testa, ma era troppo tardi, un altro ricordo gli balenò
nella mente: lui era
seduto dietro il bancone in attesa che arrivasse qualche cliente mentre
suo
nonno era andato a fare la spesa, aveva circa dodici anni. Ad un tratto
entrò
un ragazzo di circa sedici anni << Ciao! >>
salutò. Terence non
rispose, era intento a fissare il ragazzo che teneva per mano una
bambina
bellissima: occhi grandi color del cielo e dei lunghi capelli biondi
legati in
due trecce. Il ragazzo si fece avanti.
<<
Dov’è Albert?
>> domandò cercandolo con lo sguardo
<< è uscito a fare la spesa,
torna subito >> rispose << ma
perché lo cerchi? >> domandò
curioso. Il ragazzo si avvicinò portando con sè
la bambina << è un mio
caro amico, tu devi essere Terence vero? >> disse. Il
ragazzino lo guardò
stupito << Tu come fai a conoscere il mio nome?
>> domandò <<
Tuo nonno mi ha parlato spesso di te >> sul volto di
Terence si dipinse
un sorriso raggiante << Davvero? E che ti ha detto?
>> domandò
<< Che sei testardo ma che ti vuole tanto bene e che te
ne vorrà per
sempre! >> rispose.
A quella risposta Terence si
era sentito felice, una sensazione che non provava da tanto tempo.
<< Come ti chiami? >> domandò << Christian e questa è mia sorella Martah, ha dieci anni ed è molto timida! >> rispose. La bambina sorrise, sembrava molto più piccola, era così gracile e bianca che sembrava un confetto. Ad un tratto entrò in negozio Albert << Ciao Christian, ciao Martah! >> salutò il vecchietto
<< Vedo che avete già conosciuto mio nipote! >> notò << Sì >> rispose il ragazzo << Senti siamo solo venuti a fare un saluto, ora dobbiamo proprio andare >> disse il ragazzo avanzando verso la porta << Ciao! >> salutò << Ciao Terence >> salutò la bambina. Il ragazzino ricambiò il saluto con un gesto della mano
<< Sono
simpatici vero? >> domandò il nonno.
<< Sembra di sì >> rispose << Sai, li conosco da tanti anni, tu ancora non eri nato quando Christian veniva in negozio! >> raccontò il vecchietto
<<
Continueranno a venire? >> domandò curioso.
<< Spero
di sì, sono
due persone così care, gli voglio molto bene, quasi quanto
ne voglio a te
>> spiegò. Terence sorrise <<
Allora io vado in magazzino a
sistemare un pò di cose, ci vediamo tra poco!
>> disse entrando nel
deposito << Ok, ma fa attenzione! >> si
raccomandò tornando alla
sua postazione dietro il bancone.
Terence uscì
dal negozio
stravolto da tutti quei ricordi, forse era ancora troppo presto per
ricordare
suo nonno, perché ancora si doveva abituare
all’idea che fosse morto. Però si
chiedeva una cosa: Che fine avevano fatto quei due? Non li aveva
più visti a
negozio da quella volta.
Decise di andare dal becchino per mettersi d’accordo sul funerale. Entrò nel negozio << Scusi >> disse. Un ragazzo sulla trentina si girò verso di lui.
<< Mi dica
>>
disse << Volevo mettermi d’accordo con lei per
il funerale di mio nonno,
ve ne ho parlato stamattina, ricorda? >>
spiegò. Il ragazzo, che
aveva dei lunghissimi capelli neri e dei
bellissimi occhi verdi, rispose << Certo, ricordo.
>> rispose.
<< Beh, le
va bene se
facciamo questa domenica alle dieci? >>
domandò << Benissimo,
grazie >> rispose << Allora ci vediamo al
cimitero >> disse e
Terence annuì. Uscì dal negozio con gli occhi
lucidi, parlare del funerale del
proprio nonno non era una cosa molto divertente.
Mentre camminava per
strada
una ragazza gli andò a sbattere e finirono tutti e due per
terra.
<< Oddio,
scusa!
>> disse frettolosa << non ti preoccupare
>> rispose mentre
la aiutava a rialzarsi << Devo scappare! >>
disse lei raccogliendo
la borsa tappezzata di spille e scritte di gruppi rock e metal. Terence
voleva
fermarla ma la ragazza era già troppo lontana.
Quando tornò
a casa decise di
mangiare qualcosa anche se non aveva per niente fame. Eppure
è da ieri pomeriggio che non mangio, bah si disse
frugando
nel frigo. Prese un pezzo di pane e ci spalmò sopra un
po’ di nutella, poi
iniziò a mangiare mentre si dirigeva verso la scrivania
vicino al letto. Appena
ebbe finito di mangiare prese carta e penna e iniziò a
scrivere “chiuso per
lutto P.S. per tutti i clienti affezionati, siete invitati al funerale
del
padrone del negozio che si terrà domenica alle 10.00 al
cimitero comunale.
Grazie. Terence”. Appena ebbe finito di scrivere diede
un’occhiata all’orologio,
erano le sette e mezzo; decise di fare un salto al negozio per
appendere
l’annuncio.