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Autore: Gigiatt    15/04/2010    0 recensioni
<< E’ bello chiudere gli occhi e sognare che qualcuno ti vuole davvero bene.. ma è ancora più bello riaprirli e scoprire di non aver mai sognato! >> disse Tom ad Angel << Grazie di essere la mia migliore amica Angy! Ti voglio bene.. >> concluse abbracciando la ragazza che scoppiò a piangere << Anche io ti voglio bene Tom.. >>
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  Terence era appena uscito dal piccolo appartamento dove lui e suo nonno abitavano per andare a parlare con la polizia. Appena arrivò nel distretto spiegò quello che era successo la sera prima  << Faremo tutto il possibile per trovare chi ha ucciso suo nonno, glielo promettiamo >> disse un agente << grazie >> rispose uscendo dalla centrale.

Vagava per le strade disorientato, non sapeva neanche lui che fare, ma di sicuro non avrebbe aspettato che la polizia risolvesse la faccenda, non hanno mai risolto una faccenda; lo sapeva bene. Decise che se la sarebbe cavata da solo, avrebbe trovato quegli assassini e gliel’avrebbe fatta pagare, ne era certo. Però, prima di fare qualsiasi altra cosa, doveva organizzare il funerale di suo nonno, di sicuro ci sarebbero state lui e poche altre persone. Nessun parente, ne era sicuro; erano tutti morti e se per caso ce ne fosse stato uno ancora vivo da qualche parte non si sarebbe sprecato a farsi vivo. Forse sarebbero venuti dei clienti affezionati a quel dolce signore che ormai era un po’ il nonno di tutti quelli che entravano nel suo negozio. Ad un tratto sobbalzò: che ne avrebbe fatto del negozio? Di sicuro non poteva darlo via, era uno dei ricordi più preziosi che aveva di suo nonno. Fin da piccolo Terence aveva aiutato il vecchietto a vendere la merce e poi sapeva che suo nonno non l’avrebbe mai perdonato dall’altro mondo se avesse venduto il negozio. Doveva per forza gestirlo in qualche modo, anche se non sapeva come fare, non aveva amici che lo potessero aiutare. Decise di farci un salto, magari andando lì avrebbe trovato l’ispirazione giusta per un’idea. 

Appena entrò mille ricordi gli passarono davanti, ma in particolare uno, quel ricordo che aveva tanto amato ma allo stesso tempo odiato in tanti anni, la prima volta che aveva visto suo nonno e la sua bottega: aveva all’incirca cinque anni e una poliziotta lo teneva per la piccola mano bianca e fredda mentre entrava nel negozio. Appena il vecchietto lo vide gli sorrise, un sorriso falso, l’aveva capito subito, il vecchietto non era bravo a mentire; la poliziotta gli lasciò la mano e andò a parlare con suo nonno. Tornarono poco dopo, l’anziano signore aveva gli occhi rossi, solo qualche anno dopo Terence aveva capito il perché. Il nonno gli prese la mano e disse << Ora mi occuperò io di te. >> il piccolo bambino strinse la sua mano << Ma la mamma e il papà dove sono? >> domandò il piccolo bambino con voce innocente e inconsapevole. Il nonno abbassò lo sguardo ma poi lo rialzò subito

<< Sono dovuti andare in un posto molto lontano >> rispose << Ma quando tornano? >> domandò ancora il bambino << Non lo so, però nel frattempo mi prenderò io cura di te, che ne dici? >> rispose << Ok, piacere, io sono Terence >> rispose << Tu chi sei? >> domandò. Il vecchietto sorrise, questa volta per davvero, poi rispose << Io sono Albert e sono tuo nonno, piacere >> il bambino guardò confuso quel signore che si spacciava per suo nonno e domandò << Che cos’è un nonno? >> l’anziano rise << Un nonno è il papà o della mamma o del papà, in questo caso io sono il papà della mamma, capito? >> rispose. Il bambino annuì << Allora io ti devo chiamare Albert o nonno? Oppure papà della mamma? >> Albert rise di nuovo << Chiamami nonno >> rispose dolcemente il vecchietto << Ok >> disse Terence.

Quel ricordo gli passò davanti come un fulmine, improvviso e letale, scoppiò a piangere dopo pochi secondi. I suoi genitori non erano mai stati tanto presenti nella sua vita, gli avevano insegnato le cose fondamentali, mangiare, camminare e parlare, non gli avevano dedicato tante attenzioni, se ne rese conto solo dopo aver riassistito alla scena del giorno in cui aveva conosciuto Albert, tanto che neanche gli avevano spiegato cos’era un nonno, ma soprattutto chi era il suo.

Si sedette tra i mille scatoloni del magazzino asciugandosi violentemente gli occhi con le mani e pensando che in fondo adesso non aveva voglia di prendersela anche con i suoi genitori, morti tanti anni prima a causa di una rapina. Suo nonno aveva deciso di parlargliene quando lui un giorno era tornato da scuola, aveva dieci anni, domandandogli << Nonno, mamma e papà non torneranno più, vero? >> a quella domanda il vecchietto era rimasto spiazzato ma si era salvato dicendo << ma no Terence, ci stanno mettendo solo più del previsto! >> allora il bambino l’aveva fissato insistentemente negli occhi, aveva raccolto tutto il coraggio che un bambino di dieci anni possiede e gli aveva chiesto: << La mamma e il papà sono morti? >> il vecchietto rilasciò lo sguardo e fece cenno a Terence di avvicinarsi a lui. Si mise seduto e iniziò a parlare << Ascolta bene piccolo Terence, la mamma e il papà non sono più qui perché un giorno mentre tornavano da teatro sono stati fermati da un signore molto cattivo che voleva tutti i loro soldi e loro non glieli volevano dare, allora quest’uomo gli ha sparato e gli ha portato via i soldi >> fece una pausa e guardò Terence, aveva la faccia completamente viola, gli occhi rossi e le guance ricoperte di lacrime << Mi dispiace di non avertelo detto prima ma avevo paura che non avresti capito molto bene, eri molto piccolo quando è successo, è stata la prima volta che ci siamo visti >> il bambino alzò lo sguardo e riuscì a dire solo una parola << abbracciami! >> ordinò. Albert non se lo fece ripetere due volte e abbracciò quel piccolo bambino che anche se era cresciuto era sempre docile e indifeso come cinque anni prima anzi, forse dopo questa notizia, era anche più fragile di prima, il vecchietto sapeva che non poteva sbagliare, o la mente del povero Terence sarebbe esplosa come un palloncino ad una festa.

 

Angel aveva appena finito di raccontare tutta la storia a Tom; non sapeva neanche lei perché l’aveva fatto, forse era semplicemente perché sentiva di potersi fidare di lui anche se non lo conosceva. Sapeva solo che quel biondino lavorava in una pizzeria e aveva il vizio del fumo, tutto qui. Tom bevve un goccio di coca-cola appena presa dal frigo della pizzeria << Ho capito tutto e so il motivo perché non è venuto e non si fa trovare >> disse << Davvero? E qual è? >> domandò << è molto semplice, non aveva il coraggio di dire che non voleva suonare con voi e non si è fatto più vivo per non dovervelo dire! >> Angel guardò male il ragazzo << Ok, ora ho capito che sei davvero stupido! >> confermò la ragazza << E perché? >> domandò lui

<< Quale persona potrebbe essere così stupida? >> domandò << Io..? >> rispose facendosi piccolo piccolo. La ragazza rise << Comunque devo scoprire cosa gli è successo! >> disse più determinata che mai << Sì e io.. >> Tom stava per finire la frase quando il telefono di Angel squillò << Pronto >> disse << ciao Angel, sono Erik, ma dove sei? >>  chiese preoccupato << sono uscita a fare un giro, ma adesso torno non ti preoccupare! A dopo, un bacio >> rispose chiudendo la comunicazione. La ragazza prese la giacca che aveva appoggiato all’attaccapanni all’entrata della pizzeria << ma dove vai? >> chiese Tom << A casa, mi stanno aspettando tutti, mio fratello, la mia migliore amica, il mio ragazzo.. capisci, devo andare >> spiegò << Capito >> rispose << però torna a trovarmi, ti ritengo un’amica! >> disse << Certo! Ma non comprerò più una pizza >> rispose << è perché ti ho chiesto se avevi lo stomaco di ferro? Ma io.. >> Angel lo interruppe << ma no, è perché anche io lavoro per una pizzeria e se compro la pizza qui potrei mettere in crisi il negozio, visto quante ne mangio! >> spiegò << Capisco.. allora ci si vede presto, ci conto eh! >> disse salutando la ragazza << Certo! >> rispose uscendo dalla pizzeria.   

 

Tutti quei flashback lo stavano facendo impazzire, doveva andarsene prima che qualcos’altro gli saltasse per la testa, ma era troppo tardi, un altro ricordo gli balenò nella mente: lui era seduto dietro il bancone in attesa che arrivasse qualche cliente mentre suo nonno era andato a fare la spesa, aveva circa dodici anni. Ad un tratto entrò un ragazzo di circa sedici anni << Ciao! >> salutò. Terence non rispose, era intento a fissare il ragazzo che teneva per mano una bambina bellissima: occhi grandi color del cielo e dei lunghi capelli biondi legati in due trecce. Il ragazzo si fece avanti.

<< Dov’è Albert? >> domandò cercandolo con lo sguardo << è uscito a fare la spesa, torna subito >> rispose << ma perché lo cerchi? >> domandò curioso. Il ragazzo si avvicinò portando con sè la bambina << è un mio caro amico, tu devi essere Terence vero? >> disse. Il ragazzino lo guardò stupito << Tu come fai a conoscere il mio nome? >> domandò << Tuo nonno mi ha parlato spesso di te >> sul volto di Terence si dipinse un sorriso raggiante << Davvero? E che ti ha detto? >> domandò << Che sei testardo ma che ti vuole tanto bene e che te ne vorrà per sempre! >> rispose.

A quella risposta Terence si era sentito felice, una sensazione che non provava da tanto tempo.

<< Come ti chiami? >> domandò << Christian e questa è mia sorella Martah, ha dieci anni ed è molto timida! >> rispose. La bambina sorrise, sembrava molto più piccola, era così gracile e bianca che sembrava un confetto. Ad un tratto entrò in negozio Albert << Ciao Christian, ciao Martah! >> salutò il vecchietto 

<< Vedo che avete già conosciuto mio nipote! >> notò << Sì >> rispose il ragazzo << Senti siamo solo venuti a fare un saluto, ora dobbiamo proprio andare >> disse il ragazzo avanzando verso la porta << Ciao! >> salutò << Ciao Terence >> salutò la bambina. Il ragazzino ricambiò il saluto con un gesto della mano 

<< Sono simpatici vero? >> domandò il nonno.

<< Sembra di sì >> rispose << Sai, li conosco da tanti anni, tu ancora non eri nato quando Christian veniva in negozio! >> raccontò il vecchietto 

<< Continueranno a venire? >> domandò curioso.

<< Spero di sì, sono due persone così care, gli voglio molto bene, quasi quanto ne voglio a te >> spiegò. Terence sorrise << Allora io vado in magazzino a sistemare un pò di cose, ci vediamo tra poco! >> disse entrando nel deposito << Ok, ma fa attenzione! >> si raccomandò tornando alla sua postazione dietro il bancone.

Terence uscì dal negozio stravolto da tutti quei ricordi, forse era ancora troppo presto per ricordare suo nonno, perché ancora si doveva abituare all’idea che fosse morto. Però si chiedeva una cosa: Che fine avevano fatto quei due? Non li aveva più visti a negozio da quella volta.

Decise di andare dal becchino per mettersi d’accordo sul funerale. Entrò nel negozio << Scusi >> disse. Un ragazzo sulla trentina si girò verso di lui. 

<< Mi dica >> disse << Volevo mettermi d’accordo con lei per il funerale di mio nonno, ve ne ho parlato stamattina, ricorda? >> spiegò. Il ragazzo, che  aveva dei lunghissimi capelli neri e dei bellissimi occhi verdi, rispose << Certo, ricordo. >> rispose.

<< Beh, le va bene se facciamo questa domenica alle dieci? >> domandò << Benissimo, grazie >> rispose << Allora ci vediamo al cimitero >> disse e Terence annuì. Uscì dal negozio con gli occhi lucidi, parlare del funerale del proprio nonno non era una cosa molto divertente.

Mentre camminava per strada una ragazza gli andò a sbattere e finirono tutti e due per terra.

<< Oddio, scusa! >> disse frettolosa << non ti preoccupare >> rispose mentre la aiutava a rialzarsi << Devo scappare! >> disse lei raccogliendo la borsa tappezzata di spille e scritte di gruppi rock e metal. Terence voleva fermarla ma la ragazza era già troppo lontana.

Quando tornò a casa decise di mangiare qualcosa anche se non aveva per niente fame. Eppure è da ieri pomeriggio che non mangio, bah si disse frugando nel frigo. Prese un pezzo di pane e ci spalmò sopra un po’ di nutella, poi iniziò a mangiare mentre si dirigeva verso la scrivania vicino al letto. Appena ebbe finito di mangiare prese carta e penna e iniziò a scrivere “chiuso per lutto P.S. per tutti i clienti affezionati, siete invitati al funerale del padrone del negozio che si terrà domenica alle 10.00 al cimitero comunale. Grazie. Terence”. Appena ebbe finito di scrivere diede un’occhiata all’orologio, erano le sette e mezzo; decise di fare un salto al negozio per appendere l’annuncio.   

 

  
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