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Autore: waferkya    15/04/2010    0 recensioni
Il problema, quando decidi che per oggi hai studiato abbastanza ed è ora di andar fuori a prendere un po' d'aria, è che poi te ne penti.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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—Scritta per l'AngstFest di Fanworld.it.
— 15/iii/2010

 

~ Forever the Sickest Kid.


Spesso è da forte,
più che il morire, il vivere.

Vittorio Alfieri


Il problema, quando decidi che per oggi hai studiato abbastanza ed è ora di andar fuori a prendere un po' d'aria, è che poi te ne penti. Finché te ne resti trincerato dietro la scrivania, la cosa peggiore che ti può capitare è che qualche mensola si sganci dal muro e frani per terra, devastando letteratura sul pavimento, o, tutt'al più, che ti si rovesci il caffè sulla pagina del libro su cui ti stavi svenando – e sono catastrofi, d'accordo, da un certo punto di vista, però poi esci, ed è fuori che incappi nelle catastrofi vere, quelle che puoi rigirarle come ti pare, guardarle da sotto, sopra, destra, sinistra, da un altro universo, e sempre catastrofi restano: per esempio, Giorgia.

Per esempio, incontrare Giorgia, che fino al giorno prima era solo quella lì che in gita stava nella camera accanto e passava metà delle sue nottate a fumare sul balcone e l'altra metà a cazzeggio per l'albergo, e ritrovarsi a prendere un caffè con lei perché, 'fanculo al Grande Demone Celeste, il tuo pomeriggio di nullafacenza con Antonio salta all'ultimo minuto e lei non si sa che cosa avesse da fare, ma comunque il tempo per un caffè ce l'ha. Per esempio, scoprire con Giorgia una sintonia quasi perfetta, perché la tua linguaccia biforcuta si sposa grandiosamente con il suo sorriso pacato; perché lei sgancia battute brillanti col contagocce e tu alterni doppisensi da scaricatore di porto ad arzigogolate bizzarrie tragicomiche che lei ascolta ad occhi sgranati e gratifica con una risata incredibile, soffocata educatamente contro il palmo di una mano; perché Giorgia non giudica il tuo pantalone o le tue scarpe e tu, sinceramente, non avevi neppure notato che ha i capelli tagliati alla cazzo e si mangia le unghie.

Giorgia, anzi, volendo essere pignoli, la mia amicizia con Giorgia, iniziata davanti a un caffè per il semplice motivo che non avevamo di meglio da fare, quel pomeriggio, è la prova più eclatante in assoluto, nella storia dell'uomo, che può essere noioso, può essere inutile, ma studiare Alfieri può veramente salvarti il culo, la vita e soprattutto il cuore. Se avessi deciso, quel malaugurato pomeriggio – che era, marzo? Aprile? Maggio? Faceva caldo, comunque, - di sciropparmi l'eterno conflitto tra tiranno ed eroe e bla bla bla, Dio, se solo la letteratura mi avesse affascinato più della prospettiva di vascheggiare inutilmente per la città, sarei un uomo felice.

Sarei un uomo felice.

Sarei un uomo che non divide le proprie mattinate scolastiche in interminabili conversazioni in corridoio intervallate da qualche minuto di lezione. Sarei un uomo che non arriva sempre disgustosamente presto in istituto, spesso prima della metà dei bidelli e comunque largamente in anticipo rispetto alla totalità dei docenti, solo per potersi godere una sana chiacchierata con lei accanto alla macchinetta prima che inizino le lezioni. Sarei un uomo felicemente impegnato, magari anche fidanzato, magari anche scopato con regolarità da una ragazza qualsiasi, una ragazza con un sorriso un po' così e la testa che le funziona bene – una ragazza normale, una di quelle che ne trovi a palate, se guardi con un po' di calma. Sarei un uomo felice, con una moderatamente smodata passione per i pancake e assolutamente nessuna migliore amica di cui essere pateticamente, smidollatamente innamorato al punto da non vedere né volere altro.

Dio, come sarei felice.

Ed è un ragionamento idiota e assurdo, ai massimi livelli di illogicità, però se domani un meteorite polverizzasse metà della Terra, chi è che non sospirerebbe, piccato, pensando a quanto saremmo stati felici, se solo non? Ed è stata una catastrofe identica, conoscere Giorgia. Diventarle amico. Innamorarmi di lei. Vederla ogni giorno e sfottere la sua tranquillità, farla ridere, portarla via dalle lezioni più noiose con la scusa che in segreteria avevano dei documenti per lei o chissà che altro. Cercarla, e scoprire che dalla collisione dei nostri universi nessuno era uscito indenne, perché il mio Antonio ha preso a provarci con la sua Marianna e Marianna non ne ha mai voluto sapere, nonostante gli sforzi congiunti miei e di Giorgia. E ne abbiamo fatti, di sforzi, organizzando uscite a quattro – che mi hanno devastato gli ormoni, - e progettando incontri casuali nei posti più impensabili dell'universo, gite comunitarie, viaggi strampalati, tutto il possibile per costringerli a vedersi e magari, dai, a piacersi, con il simpatico effetto collaterale di me e Giorgia soli per ore, ad angustiarci per la sorte drammatica della storia d'amore di quei due e ridere per ogni stronzata.

È stata una catastrofe, Giorgia che sorrideva e si chiedeva – mi chiedeva – come esattamente facessi ad indovinare sempre una canzone che ama. Ed è stata una catastrofe il fatto che io, cotto, ridacchiassi con aria saputa, e mi piaceva – no, Dio, mi piace immaginarci insieme e felici, ridicolmente, assurdamente, immensamente. E lei, intanto, si è rimessa con il suo ex, qualcosa come un mese dopo aver conosciuto me, qualcosa come il giorno stesso in cui sono sceso a patti con l'evidenza dei fatti – con l'idea che c'era questa voragine, questa cosa che non volevo, dentro di me, questo sentimento che non ho chiesto a nessuno e che, sinceramente, sarei ben felice di restituire a chiunque me l'abbia appioppato. Dopo averlo pestato a sangue fino a cambiargli i connotati, s'intende.

E la vivo, la mia personale catastrofe, amando Giorgia zitto zitto, standomene appollaiato in cima alla sua vita, però una spanna troppo in basso. Catastrofe, catastrofe, catastrofe, che ha fulminato i miei giorni migliori perché non ho voluto studiare Alfieri. Catastrofe, catastrofe, catastrofe.

Chiudimi gli occhi quando li vedo, lei e il suo uomo – che l'ha abituata ad un gioco di tira e molla infernale, che mi avvelena più di quanto sarebbe giusto e salutare, perché penso che non sono affatto io, la catastrofe di Giorgia, quanto, piuttosto, quell'enorme, glorioso deficiente, e non si tratta solo di gelosia, perché voglio sperare che nessun altro, nell'universo, debba fare i conti con questa- questo- queste- bah.

Quello che mi fa tirare avanti è l'idea che se non sono morto quando li ho visti, abbracciati, ballare un lento alla festa di lei, allora non mi ucciderà più niente. Il che, volendo, è un disastro ancora più grande, perché, Dio, almeno morissi. O morisse lui. Morissimo tutti. Ma no. No, la catastrofe deve continuare a rotolarmi addosso, strappandomi l'aria a cucchiaiate, pian piano, ogni volta che Giorgia mi sorride – ogni volta che mi raggiunge, accanto alla finestra in corridoio che ha accompagnato i discorsi più improbabili che la storia ricordi, e ogni volta che mi molla là con Antonio per scappare da quel tizio che secondo lei la rende felice, e secondo me, se si impiccasse, altro che catastrofe – farebbe, piuttosto, un incalcolabile beneficio al mondo intero.



a/n. Se siete arrivati fin qui, complimenti ò_ò Innanzitutto, credo fermamente che questa storia necessiti di una betata di quelle potenti, tuttavia sono troppo esausta (e comunque non abbastanza sadica XD) per sottoporla al giudizio di una delle anime pie che in genere si sorbiscono le mie elucubrazioni, perciò ve la prendete per com'è ._.

In secundis, ho bisogno che sappiate che amo tantissimo Vittorio Alfieri, perciò mi dissocio completamente dalle opinioni del mio personaggio qui sopra! XD

Ancora, spero che chiunque abbia proposto il prompt non sia eccessivamente disgustato da tutto ciò °O°"
  
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