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Autore: corpoestraneo    15/08/2005    16 recensioni
“L’ultimo petalo sulla rosa è Harry, Minerva” per la prima volta, la bambina pronunciò il nome della strega, e per la prima volta, la strega fu capace di sostenere la sguardo della bambina. “Harry è l’unica cosa che ti rimane". ATTENZIONE SPOILER DA HBP!!!
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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La notte era scesa silenziosa su quel vecchio castello quella notte, come un lenzuolo blu cobalto si era lasciata cadere lenta

La notte era scesa silenziosa su quel vecchio castello quella notte, come un lenzuolo blu cobalto si era lasciata cadere lentamente, un poco alla volta, dando il tempo ai pochi abitanti di quell’immensa fortezza di abituarsi a lei, e con la notte, era arrivata anche una delle sue creature.

Scivolava lenta per i corridoi del castello, come se non appartenesse a quel tempo e a quel luogo. La creatura si confondeva fra le ombre e la polvere, fluttuava nell’aria come fumo. Non c’era nessuno da incontrare, fra quei corridoi.

La creatura non provava sentimenti, era solo spirito. Non vi era materia in lei. Nessuno poteva vederla, se non il suo scopo.

Attraversò un dipinto dell’800 raffigurante uno splendido gatto soriano.

La creatura osservò la stanza in cui si trovava, un luogo tranquillo, ordinato. Pile di libri erano ordinatamente sistemati sulla scrivania, vi era un mazzo di fiori in un vaso, accanto ad una scatola di latta, ornata da un ricamo in tipico stile scozzese. La stanza profumava di muschio ed era calda. Il caminetto scoppiettava in un angolo e lei, lo scopo, dormiva rannicchiata su un divanetto lì accanto.

La creatura scivolò al suo fianco, osservandola meglio. I capelli color ebano erano sciolti, ed alcuni ciuffetti le scivolavano sugli occhi. In una mano teneva gli occhiali squadrati, nell’altra un fazzoletto di seta azzurra. Le guancie erano rigate di lacrime ancora fresche. La creatura toccò la spalla della donna, e a quel tocco, lei divenne materia.

 

Aveva l’aspetto di una bambina, con lunghe trecce castane e grandi occhi azzurri. Lei non riusciva a capire perché avesse assunto proprio quell’aspetto fanciullesco, non capiva perché proprio una bambina era il suo canale di comunicazione con lei. Si era aspettata di prendere le forme dell’amore della donna, o di un suo famigliare ormai deceduto..ma non era nulla di tutto questo. Era una fanciulla, una bambina graziosa e paffutella di quasi dieci anni.

Trasse un respiro profondo, toccando nuovamente la spalla della donna.

Lei sussultò, e anche la bambina si tirò indietro, spaventata del movimento improvviso della strega, che ora era scattata in piedi e corsa verso la porta.

“No…fermati…ferma” la scongiurò la bambina. Si sorprese. La sua voce era quella di una persona adulta.

La strega avanzò lentamente verso la bambina, la sua mano sulla bacchetta. L’elegante veste verde smeraldo fasciava le sue forme, donandole un aspetto severo, ma allo stesso tempo affidabile. Il petto si alzava e si abbassava seguendo il suo respiro e le spalle erano sollevate, quasi cercasse riparo dalla bambina.

“Fatti vedere” ordinò la donna. Quello fu solo un tentativo. La sua voce uscì spezzata, non aveva nulla a che vedere con un ordine. Ma la bambina obbedì lo stesso. Si fece avanti, mettendosi sotto la luce emanata dal caminetto.

Gli occhi della strega si spalancarono e la sua bocca si aprì. Puntò un dito verso la bambina, il suo corpo era in preda ai tremiti. Cercò di gridare, ma non un solo verso usci dalla sua bocca. Sembrava paralizzata dalla paura. La creatura non riuscì a spiegarselo. Come poteva una bambina incutere tanto timore di fronte a una donna adulta?

“Non temere…” le parole le uscirono automaticamente, e senza pensare, fece un’ulteriore passo verso la strega.

“Hai-hai d-d-de-t-t-to la s-s-stes-s-sa … » tentò la strega, ma ogni parola pronunciata era a malapena udibile. Tirò un profondo respiro, riprovando a parlare “Hai detto la stessa cosa l’ultima volta…ma tu poi sei morta!”.

Un’ombra si dipinse sul volto della bambina. Ora non riusciva veramente a capire. Cosa intendeva dire con quella frase. Era qualcosa che riguardava il suo passato?

La strega si lasciò cadere sul divanetto, ancora tremante. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, come faceva da bambina.

“Non sento nulla” disse poi, con voce atona, inespressiva. La bambina alzò la testa e la guardò a fondo. Gli occhi verdi della strega fuggirono da quello sguardo profondo, ma lei non si arrese, tenne i suoi occhi sulla nuca della donna. Passarono alcuni minuti, prima che la strega ripetesse quella frase “Non sento nulla, e mi spaventa a morte”.

La bambina si sedette al suo fianco, coprendo la mano candida della donna con la sua, più piccola e scura.

“Cosa vuoi dire con ‘Non sento nulla’?” chiese la bimba, costringendosi di sembrare di non conoscere la risposta.

La strega si alzò, andando alla finestra. Guardò fuori, nella notte scura. Sentiva lo sguardo della bambina sulla schiena. Non riusciva a spiegarselo, ma sentiva di potersi fidare, sentiva il bisogno di parlare con qualcuno da giorni, e sentiva che quella bambina era la persona giusta. Sapeva che non era una bambina come le altri, anzi, a dire la verità sapeva esattamente cosa era, ma quell’aspetto fanciullesco era così rasserenante.

“Sei qui per cosa? Come mai? Sei qui per me?” chiese, senza voltarsi.

“Tu cosa pensi?”

La strega non rispose. Sapeva cos’era quella bambina, sapeva qual’era il suo compito nel mondo. Perché ora non aveva paura di morire. Perché ora voleva morire?

“Non sono qui per prenderti con me” precisò la bambina, movendosi con cautela sul divano. “Sono qui solo per parlarti”

La strega provò un moto di rabbia “Da quando la Morte di prende il disturbo di parlare con qualcuno prima di portarlo via?! Da quando le regole sono cambiate?! Da quando? Solo da ora, a quanto sembra!” tuonò, voltandosi bruscamente.

La bambina non potè non sorridere.

“Se è venuta la tua ora, io non devo giustificare. Hai capito chi sono in pochi minuti…perché non riesci a capire che quello che faccio a volte non mi piace, ma sono costretta a farlo? Perché non riesci a capire che io non voglio ferire le persone, anche se questo è il mio incarico? Perché rendi ogni cosa più difficile? Non è un problema mio, se non sei mai riuscita a dirgli ciò che provavi, non è un problema mio se lui è morto e ti ha lasciato sola con mille compiti sulle spalle. Se ne è andato, io l’ho preso con me” disse la bambina tutto d’un fiato. Era un rimprovero, la sua voce era acida e piena d’ira, ma il suo sguardo di addolcì quando finì la sentenza “Ma-non-è-colpa-mia”.

Il corpo della strega riprese a tremare e si girò nuovamente verso la finestra, scrutando l’orizzonte.

La bambina aspettò che fosse di nuovo lei a parlare. Quei momenti sembrarono un’eternità.

“E’ stato grazie a te che..no, grazie alla persona che incarni, che l’ho conosciuto..ma questa è un’altra storia, e tu non sei qui per questo, giusto?” chiese, guardando la bambina da sopra la spalla.

Lei si limitò a sorriderle, facendole cenno di continuare con la sua storia, ma la strega non disse null’altro.

“Se ti fa sentire meglio” incalzò la bambina “Raccontami di come lo hai conosciuto…oppure…dimmi quando hai capito che lo amavi…”.

La strega arricciò le labbra in un sorriso amaro.

“No. Non ci riesco. Non voglio ricordare” disse, appoggiando la fronte al vetro freddo della finestra.

La bambina prese un profondo respiro.

“A volte, i ricordi sono l’unica cosa che ci permette di non morire con la persona che si ama” disse, sciogliendo le lunghe trecce.

“Sono quasi buffo detto da quello che sei tu”

“Lui non avrebbe voluto essere dimenticato” tentò la bambina, cambiando discorso.

“Non l’ho dimenticato, lo ricordo sempre, non lo dimenticherò mai…però…” fece la strega, ma si dovette fermare, perché il nodo alla gola le impediva di continuare.

“Però è difficile tirare avanti, perché sei arrabbiata. Non con me, non con l’uomo che l’ha ucciso…ma con lui” disse la bambina, affiancandosi alla donna.

La strega strinse i pugni. “Sono arrabbiata con lui, si. Sono arrabbiata perché mi ha lasciato, perché non mi ha mai preso sul serio, perché non ha mai capito che lo amavo..” disse. Ogni parola era carica di odio.

“Oh, si che ti amava…” disse la bambina.

La strega si allontanò di nuovo da lei, sedendosi sul divano. Sentire quella creatura vicino risvegliava in lei un sentimento strano e pericoloso.

“Non lo puoi sapere” sibilò lei.

“Lo so, invece…lo so perché me lo ha detto” affermò la bambina, con un’aria di superiorità che solo i bambini sapevano avere. Si sentiva così irrimediabilmente umana.

Gli occhi della strega si illuminarono, riempiendosi di lacrime.

“Vuoi sapere quando? Me l’ha detto quando mi ha chiesto di venire qui a parlarti, e a darti questa…” disse la bambina porgendo una rosa con un solo petalo alla donna.

Lei la prese con delicatezza, ammirandone i colori, ma non riuscendo a sentirne il profumo.

“Perché questa? Cosa vuol dire?” chiese alla bambina, ammirandone la bellezza di quella rosa morente.

“La rosa sei tu. Ogni petalo caduto, sono le cose che hai perso. Hai perso la tua famiglia” disse, mettendo nell’altra mano della donna alcuni petali, “hai perso molti amici cari e con essi la capacità si seguire il cuore”, continuò, mettendo altrettanti petali nella sua mano, “hai perso l’unica persona che ti abbia mai amato per quello che eri e che sei tutt’ora” concluse la bambina, mettendo un ultimo petalo nelle mani della vecchia signora.

“E perché c’è ancora un petalo?” chiese la strega, spostando gli occhi dalla rosa morente ai petali nella sua mano.

“L’ultimo petalo sulla rosa è Harry, Minerva” per la prima volta, la bambina pronunciò il nome della strega, e per la prima volta, la strega fu capace di sostenere la sguardo della bambina. “Harry è l’unica cosa che ti rimane. Il mio scopo eri tu, il tuo scopo è lui. Sii la sua rosa del deserto. Non abbandonarlo in mezzo alla tempesta. È difficile per te, soprattutto ora, ma lui sarà molto molto orgoglioso di te, quando da lassù, vedrai cioè che hai fatto. Combatti Minerva.”

La strega osservò la bambina e per la prima volta dopo giorni, un sorriso sincero si disegnò sul suo volto stanco. Improvvisamente, i petali svanirono dalla mano della strega, e ricomparvero sulla rosa, che apparve più bella e che più viva che mai. La bambina prese la rosa dalle mani della strega, si abbassò, e le posò un bacio sulla fronte. “Sii la sua rosa, mantieni la tua promessa. lui è lassù e ti osserva, si fida ti te. Non deluderlo, Minerva. Sii la rosa di Harry. Combatti. Non ti arrendere, nemmeno quando è notte”.

Minerva chiuse gli occhi, per impedire alle lacrime di scendere. Voleva dire alla bambina di salutarle il suo amato Albus, ma quando li riaprì, si ritrovò sotto le coperte del suo letto, nella sua casa sul mare. Fuori era giorno, il sole splendeva, e la bambina se ne era andata. Pensò di aver sognato tutto, che quella notte fosse stato solamente il frutto del suo dolore, ma quando allungò la mano per prendere gli occhiali dal comodino, le sue dita si punsero con le spine di una meravigliosa rosa con un unico petalo.

 

 

  
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