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Autore: _matthew_    16/04/2010    2 recensioni
Un McGee ormai sessantenne si è ritirato a vita privata; ma un giorno una visita inaspettata riapre la strada a vecchi ricordi. Una ragazza sconosciuta vuole scoprire cosa turba i ricordi della madre,e cosa distrusse la squadra di Gibbs,e l'unico modo per farlo è partire da un racconto che solo McGee le può fare. Lui accetterà di rievocare tristi ricordi?
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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E dopo secoli e secoli d'ingiustificata ed imperdonabile assenza (colpa soprattutto dell'ispirazione che era fuggita alle Barbados XD ) eccomi qui con l'ultimo capitolo di questa fic! Buona lettura!




Attraversò il corridoio a passo rapido, dirigendosi verso la camera che gli era stata indicata, trepidante. Rivolse un veloce e distratto cenno del capo ai due uomini che piantonavano l'esterno dell'asettica camera d'ospedale, degnando appena di uno sguardo i loro eleganti completi scuri, le fondine discretamente appese alla cintura e coperte dalle giacche, gli auricolari trasparenti infilati nell'orecchio.
Varcò la soglia con un ghigno di trionfo stampato in faccia, aveva finalmente in suo potere la sfuggente Tali David: aveva vinto la battaglia d'abilità con la piccola israeliana, anche se aiutato da un misterioso benefattore, e ora poteva godersi i frutti di quel successo.
Sarebbe riuscito ad interrogarla, a torchiarla, a collegarla a quell'efferata e cruenta scia di sangue che si era lasciata dietro. L'avrebbe incastrata e non ci sarebbe stata nessuna telefonata altisonante da Tel Aviv, quella volta: quella non era una missione ufficiale e il Mossad non avrebbe certo rischiato la faccia tentando di coprire l'operato di un agente fuori controllo.
Sorrise di nuovo: il suo ego avrebbe finalmente ottenuto la giusta e meritata vendetta.
Troppo concentrato sul viso sereno della sua vittima, sui tubicini e fili che le sbucavano dalla veste e dalla vistosa fasciatura tendente al rossiccio che le occupava la spalla sinistra, pericolosamente vicina al cuore, non notò subito gli altri occupanti della stanza.
Troppo intento a studiare quel giovane volto troppo rilassato nonostante la situazione, soltanto i suoi occhi di giada brillavano di rabbia repressa, si accorse della donna in piedi davanti al letto solamente quando questa parlò in una lingua a lui ignota.
La sconosciuta gli dava le spalle e si muoveva a scatti, facendo oscillare i lunghi capelli raccolti in una complicata treccia; per lo più ascoltava, limitandosi a brevi e secche risposte.
Ad una domanda più lunga delle precedenti guardò per un attimo Tali, prima di rispondere.
Concentrandosi su quella donna, che sicuramente non era ne un'agente dell' F.B.I. ne un medico dell'ospedale, notò anche il secondo intruso presente nella stanza: un uomo altro e atletico, che fissava con aria assorta il parcheggio dell'ospedale attraverso la finestra della stanza; anche lui, come la donna, gli dava le spalle.
Si schiarì pesantemente la voce, ma non ottenne reazione di sorta. Solo Tali si girò verso di lui per un attimo, regalandogli un sorrisetto di scherno prima di tornare a rivolgere lo sguardo verso la donna in piedi davanti al suo letto.
"Dille che sto bene e di non preoccuparsi" le disse con voce squillante in inglese. La donna annuì distratta.
Irritato, tossì. La donna alzò una mano con aria stizzita, un gesto inequivocabile che lo invitava al silenzio, eseguito senza neppure voltarsi a guardarlo; l'uomo invece rimase immobile davanti alla finestra, ma dal suo riflesso nel vetro era ovvio che stesse ridendo. Ridendo di lui, quasi sicuramente.
"A.." era sua intenzione chiamare i due uomini fuori dalla porta, ma venne interrotto prima ancora di poter formulare la prima parola.
"Risparmi il fiato, agente poco speciale Corby" lo canzonò Tali senza neppure guardarlo "I due di fuori sono estremamente meno pazienti di loro"
"Scusa?" chiese perplesso, ma con cipiglio di sfida. Non si sarebbe lasciato fregare ancora da quell'insulsa ragazzina.
"Loro" e indicò le due statue impassibili all'interno della stanza "sono agenti del Kidon abituati anche al dialogo e alla trattativa verbale" sussurrò lei piano, senza mai degnarlo di uno sguardo "I due la fuori sono più inclini alle maniere spicce, capisci?"
No, dalla sua faccia idiota era ovvio che non capiva e che non sapeva neppure cosa fosse il Kidon; a quanto pareva ignorava che fosse il braccio operativo della Metsada. Ignoranza, quella, che aveva portato alla morte di molte persone, pensò compiaciuta.
La fissò per un istante, cercando di stabilire se un foro prodotto da una calibro 45 nella spalla sinistra, pericolosamente vicino al cuore, potesse produrre sproloqui di quel tipo; optò per una risposta negativa, quindi si limitò a sorridere maligno, assaporando il gusto dolce della vittoria.
Sorriso che evaporò dal suo volto pochi secondi dopo, quando si trovò faccia a faccia con la donna che aveva appena concluso la sua conversazione telefonica con uno scatto secco dell'apparecchio a conchiglia e che ora lo fissava con sguardo minaccioso.
Il suo sguardo scorse per un attimo sulla sua scollatura, individuando la catenina identica a quella di Tali che faceva bella mostra di se nell'incavo della gola.
Anche l'uomo si era finalmente girato verso di lui: dai primi due bottoni slacciati della camicia che indossava giungeva un luccichio dorato poco incoraggiante, mentre nella sua mentre si faceva strada un ricordo sbiadito di un corso di aggiornamento sostenuto a Quantico qualche anno prima.
Metsada, il braccio paramilitare del Mossad e Kidon, ovvero baionetta, il corpo d'elite che si occupava delle missioni più delicate e rischiose. Le missioni in cui si doveva uccidere senza lasciare traccia, in sostanza.
"Merda" sospirò, arretrando di qualche passo; tutto inutile, ovviamente.
La donna gli era praticamente addosso, Tali sorrideva soddisfatta osservando il suo volto sconcertato e l'uomo stava bofonchiando qualcosa nella manica della giacca. O si inventava qualcosa alla svelta, o era ufficialmente fregato.
"Allora, che ne dice di qualche domandina, agente Corby?" soffiò la donna, afferrandolo per un polso.
Reagì d'istinto, spostando violentemente il polso bloccato verso il basso per liberarsi dalla presa. Lei assecondò il movimento, spostandosi al contempo prima al suo fianco e poi alle sue spalle, bloccandogli il braccio dietro la schiena e tirando verso l'alto.
Tentò un piccolo salto per liberare il braccio da quella dolorosa tensione, ma il ginocchio della sua avversaria fu più veloce, colpendolo impietosamente alle reni e togliendoli il respiro. Si ritrovò inginocchiato a terra, boccheggiante, le braccia della donna avvolte intorno al collo in quello che era un principio di presa mortale, se ben eseguita.
"Stavo dicendo, tempo di qualche domanda, agente" gli soffiò nell'orecchio, stringendo in maniera appena percettibile la presa sul suo collo.
"Vivian, non ucciderlo" l'avvertì Tali. Corby respirò a fondo, nella stanza era rimasto qualcuno con un po' di buon senso, a quanto pareva.
"Non ancora, per lo meno" chiarì, facendolo impallidire "Ci serve qualche informazione, prima"
"Informazioni?" s'intromise una voce rauca e leggermente affannata, proveniente da oltre la porta.
"Quelle posso darvele io, e di sicuro migliori di quelle del damerino" aggiunse la voce, che si fece un po' più fioca.
"Basta che diciate a questi due bestioni di mollarmi" soffiò, ora appena udibile.
Tali fece un gesto all'uomo davanti alla finestra, che annuì. In tre passi arrivò alla porta e l'aprì, rivelando la figura del vecchio con cui aveva parlato la sera prima, gli occhi chiari leggermente appannati dalla mancanza di ossigeno.
"Tutto ok, lascialo" ordinò secca all'uomo che lo stava lentamente soffocando, privandolo di conoscenza. Quello ubbidì, spinse con malagrazia l'uomo nella stanza e richiuse la porta.
"Vivian" sussurrò Tali, un sorrisetto divertito sulle labbra "Dimentica quello che ti ho detto prima"
La donna mugugnò in segno d'assenso.
"Senza rancore, agente" sussurrò all'orecchio di Corby. Prima che potesse ricordarsi che la prima regola della Metsada prevedeva di non lasciare mai, in nessun caso, testimoni, sentì le ossa del suo collo stridere in maniera innaturale.
Poi solo un sonoro e profondo scrocchio, un dolore intenso che esplodeva all'altezza della quarta vertebra e poi solo silenzio.
"Micheal, fa accomodare il nostro ospite" ordinò Tali. L'uomo fu fatto sedere su una scomoda sedia in ferro che era stata avvicinata al letto, Micheal e Vivian lo sovrastavano, rimanendo immobili alle sue spalle.
Prima di parlare, concesso un'occhiata di qualche secondo al corpo senza vita del federale.
"Avrete qualche problema, con quello" osservò alla fine. Tali rise, sistemandosi meglio contro i cuscini che le tenevano sollevata la schiena.
"Hamit!" chiamò a voce alta. La porta si aprì, e un viso scuro fece capolino nella stanza.
"Accompagnate giù il signore e occupatevi del resto" ordinò piatta. I due annuirono, sollevarono Corby da terra e sparirono.
"Problema risolto" sussurrò, tornando a concentrare l'attenzione sul suo interlocutore "Parliamo di cose serie, ora"
"Per esempio, chi ha sparato, ieri sera?" s'intromise Vivian, poggiando le sue mani sulle spalle dell'uomo con fare decisamente intimidatorio.
"Calma" l'apostrofò il vecchio con tono diplomatico, forgiato da anni di trattative con poliziotti, federali e mafiosi.
"Non siamo certo così pazzi da andare a sparare alla figlia del direttore del Mossad"
"Interessante" interloquì Micheal "Tali, avevi fatto le presentazioni?" chiese. Lei scosse la testa.
"Un amico mi doveva un favore, e dopo la visita del pomeriggio ho fatto i compiti a casa" replicò il vecchio, per nulla intimorito.
Era nel suo elemento: lo scambio d'informazioni, la trattativa, l'uscire illesi da situazioni quasi disperate usando furbizia, intelligenza, informazioni e parlantina. Era nato per quello, era la cosa che gli riusciva meglio. Non era secondo a nessuno in quell'arte, a nessuno ancora in vita, per lo meno.
"Anthony DiNozzo" ordinò gelida Tali. Era un ordine perentorio, una domanda che esigeva una risposta; una risposta esauriente, per giunta.
"Ragazzo simpatico" buttò li, ma un'occhiata di ghiaccio gli fece capire che si trovava su un terreno pericoloso e che se avesse tirato troppo la corda ci sarebbe rimasto impiccato, a quella corda.
"I Disalvo avevano un loro modo di risolvere i problemi" iniziò a spiegare con tono flemmatico "Anzichè fare massacri alzavano il telefono e passavano informazioni"
Sguardo interrogativo. Sospirò sollevato: finchè aveva l'interesse e l'attenzione della ragazza era salvo.
"Una volta le informazioni sono state passate all'agente DiNozzo, un bravo agente, sveglio e coscienzioso" i suoi occhi si persero per un momento nel vuoto, alla ricerca di ricordi ormai lontani.
"Ci aveva risolto un problemino scottante, anche se ci era costato la chiusura di una bisca, un ragazzo in gamba"
Tali fece un gesto stizzito con il braccio sano, impaziente. Non le interessava sapere che suo padre aveva sempre avuto una condotta impeccabile, quello lo sapeva già.
"Preambolo noioso, lo so, ma necessario" si giustificò il suo interlocutore.
"Vedi, noi gestiamo armi, droga e denaro; abbiamo un codice, ovviamente, ma facendo il nostro lavoro si viene a sapere tutto, anche ciò che non interessa" di nuovo quello sguardo perplesso e curioso, di nuovo quella scintilla calda e smeraldina che indicava la via della salvezza.
"La regola per le armi era semplice, non vendere se le tue stesse armi avrebbero potuto ucciderti il giorno dopo" si stava perdendo di nuovo nei ricordi, un gesto secco lo riportò alla realtà.
"Ma questo non ci impediva di sapere che c'era gente in cerca di armi, molte armi, e pronta a pagare in contanti" piccola pausa, alla ricerca di suspance e fiato. Non era più abituato a parlare così tanto, la lingua e la bocca si stavano seccando.
"Contanti arabi, capisci?" aggiunse. Tali annuì. Semplice e lineare: terroristi che cercavano armi per un attentato.
Un bicchiere di plastica comparve nel suo campo visivo; bevve grato un paio di sorsi, poi riprese a parlare.
"Mentre stavamo pensando a come usare l'informazione, a chi passarla e cosa chiedere in cambio, Disalvo riceve una telefonata" altra pausa, altra sorsata d'acqua.
Forse era davvero troppo vecchio per fare ancora quel genere di cose, avrebbe dovuto davvero lasciar spazio ai giovani; ma la sua era una storia che andava raccontata e lui era l'unico ancora in grado di farlo.
"Era DiNozzo, quella volta era lui ad avere un problema e noi ad avere la soluzione. Ovviamente l'aiutammo" lo sguardo color smeraldo che lo stava fissando da quasi dieci minuti si fece più intenso, più acceso, ardente quasi.
Sembrava quasi che la ragazza volesse leggere il proseguo della storia direttamente dai suoi pensieri.
DiNozzo, e questo l'aveva capito dopo, mettendo laboriosamente insieme i pezzi faticosamente estrapolati dalle conversazioni avute con lui, aveva ricevuto un incarico sotto copertura: Jean Benoit. L'incarico, però, aveva infastidito qualcuno, e il qualcuno in questione aveva deciso di eliminare il problema alla radice.
"Quindi?" chiese Tali dura, gli occhi che scavavano nelle iridi del vecchio cercando di scoprire la verità prima che venisse rivelata dalle sue parole.
"Quindi proponemmo all' F.B.I uno scambio: informazioni per la morte di DiNozzo. Come sai accettarono, e ce lo consegnarono"
"Ma voi non lo volevate uccidere" anticipò Tali, il cuore che aveva inaspettatamente accelerato i battiti. La macchina a cui era ancora attaccata iniziò a scandire a suon di snervanti "bip" quel nuovo ritmo; ficcò la mano sotto la vestaglia, strappandosi gli elettrodi dal petto.
"No, è rimasto con noi, al sicuro. Gibbs è andato in Messico, tua madre è tornata in Israele per impedire che la usassero come mezzo per arrivare a lui, e molta gente si scordò di Anthony DiNozzo" la storia era quasi alla fine, ma qualcosa le diceva che non era una favola: quella volta non ci sarebbe stato il lieto fine.
"Ma qualcuno non l'aveva dimenticato" l'aiutò Tali, mentre lui prendeva un altro sorso d'acqua gelata, cercando il coraggio di finire la storia.
"Pare che la signorina Benoit l'abbia presa molto male, quando ha scoperto che Tony DiNardo era un federlae più interessato ai traffici di suo padre che a lei" sospirò, prima di concedersi l'ultimo sorso d'acqua contenuto nel bicchiere.
"E pare che" s'infilò due dita nella tasca interna della giacca estraendo lentamente -molto lentamente, non voleva farsi rompere un braccio da uno dei due che lo sovrastavano- un piccolo fodero in pelle, per poi buttarlo sul letto. Rimbalzò sul lenzuolo, aprendosi.
All'interno, un tesserino di riconoscimento ed un distintivo: entrambi portavano la dicitura C.I.A.
"L'Agenzia non avesse preso bene il tentativo fatto dall'N.C.I.S. di arrestare il suo burattino per il controllo del traffico d'armi"
"Ma l'Agenzia aveva perso le tracce di DiNozzo" intervenne a sorpresa Vivian, rimasta in religioso silenzio fino a quel momento.
"E già che ci siamo" interloquì Micheal, uscendo dal suo mutismo e parlando con una voce tenorile pacata e calda "Come mai possiedi quel tesserino?"
Sospirò, giocherellando per un attimo con il bicchiere prima di decidersi a rispondere.
"L'Agenzia ha ritrovato le tracce di DiNozzo quando Fornell è andato in pensione ed è stato sostituito dall' agente..."
"Sax!" sputò Tali, gli occhi fiammeggianti. Il vecchio annuì piano, sorpreso.
"Merda! Sapevo che avrei dovuto farlo soffrire di più prima di ammazzarlo!" soffiò tra i denti, con una punta di quello che al suo anziano interlocutore parve rimorso. Deglutì a fatica, innervosito.
"Il distintivo è di quello che ha sparato alla ragazza" aggiunse in fretta, per riprendere le redini del discorso, per arrivare al punto veramente caldo, a quello veramente importante.
Il punto in cui emergeva che Tali David, quindi sua madre ZIva David, e quindi di riflesso il Mossad, dovevano un favore a lui e di riflesso alla famiglia Disalvo.
Tali però sembro non accorgersi neppure di lui, troppo intenta a scribacchiare qualcosa su una pagina di taccuino che venne strappata ed affidata all'uomo alle sue spalle. Tra i due corse un'occhiata carica d'intesa, poi l'uomo si girò e svanì oltre la porta.
"Chi era il riferimento C.I.A. per Benoit padre?" gli venne chiesto a bruciapelo dalla donna che aveva alle spalle.
"Trent Cort" Rispose in modo automatico, senza neppure pensare. Le due donne si scambiarono un'occhiata, e anche Vivian scomparve oltre la porta.
Erano rimasti soli, lui e la ragazzina; era il momento giusto per parlare di favori: favori dati, favori resi, favori sospesi.
"Portami da mio padre" non era una richiesta ne una supplica, era un ordine. E come ad ogni ordine degno di quel nome, non potè fare a meno di obbedire.
Dieci minuti dopo erano in viaggio verso il piccolo cimitero dove Anthony DiNozzo stava dormendo il suo ultimo, eterno, sonno.


Prese il telecomando ed iniziò a fare zapping tra i canali, passando da un talk show messicano ad un gioco a premi coreano -maledetta antenna satellitare- per poi approdare al telegiornale della CNN. Stava per cambiare nuovamente canale, quando un nome familiare lo trattenne.
La famiglia Benoit, stava spiegando un'arrossata ed affannata corrispondente in diretta, era rimasta vittima di un tragico incidente domestico; una fuga di gas assassina, che aveva fatto esplodere la loro bella villetta a due piani uccidendo tutti i membri della famiglia.
Registrò il fatto, cambiando nuovamente canale. La BBC stava passando in diretta la notizia di un'auto dell' F.B.I. esplosa nel parcheggio di un ospedale di Washington D.C.
Nella tragica esplosione, provocata a quanto pareva da uno straccio infilato nel serbatoio e poi incendiato, erano morti l'agente speciale Ethan Corby e la sua squadra, che stavano conducendo una qualche indagine non meglio definita.
Stava per cambiare nuovamente canale, quando sullo schermo apparve il volto invecchiato e deperito di Trent Cort, che stando alla cronaca era stato trovato morto su una panchina del parco in cui era solito passeggiare, un proiettile calibro 9 in mezzo agli occhi.
Una lacrima gli sfuggì dalle palpebre, andando a bagnare un sorrisetto soddisfatto che aveva iniziato ad allargarsi sul suo volto da quando aveva sentito il nome "Benoit"
"Perchè quella faccia, pivello?" gli avrebbe sicuramente chiesto Mike Frenks, se fosse stato ancora in vita.
Domanda a cui lui avrebbe risposto limitandosi ad un'alzata di spalle ed un ghigno, borbottando un'unica parola -Metsada- tra i denti.
Giustizia è fatta, pensò allegro Leroy Jethro Gibbs aprendosi la sesta Corona Extra della giornata e scolandosela tutta d'un fiato, in onore del suo agente anziano, che aveva finalmente trovato la pace.
  
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