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Autore: giallofluorescente    16/04/2010    4 recensioni
Ci sono decisioni difficili da prendere ma Roy Mustang è abituato a scegliere senza rimpianti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi di questa storia sono tutti maggiorenni e le vicende narrate non si collocano in nessun momento specifico dell'anime o del manga.
La storia narra esclusivamente situazioni inventate dall'autrice e sono senza scopo di lucro.


DIFFERENZE SOSTANZIALI

 
 
 
Il Tenente Hawkeye si avvicina alla finestra e una leggera brezza le colpisce il viso accaldato facendola rabbrividire.
Mi volto verso di lei e la vedo sorridere timidamente a se stessa e al sole che la investe oltre i vetri socchiusi, prima di inclinare il viso e riavviarsi i capelli dietro l’orecchio.
E’ così raro vederla comportarsi come una semplice donna che quasi non la riconosco.
Ma è piacevole.
Molto piacevole.
Come il suo profumo che si espande nell’ufficio trasportato dal vento
Lo inspiro forte: è vigoroso e frizzante, come quello dell’oceano in tempesta e mentre si china verso di me indicandomi i documenti più urgenti, non posso fare a meno di guardare il solco morbido del suo seno che si intravede dalla camicia sbottonata.
Adoro il periodo del cambio di stagione. Attendere le disposizioni per le divise estive mi permette di poterla guardare senza giacca, con le maniche arrotolate sulle braccia esili, la gonna stretta.
Ci sono alti ufficiali che metterebbero a rischio qualunque cosa pur di averla al loro fianco, ma lei è mia. Mi appartiene da sempre.
Apro un altro bottone del colletto della camicia e ascolto il rumore dei suoi tacchi che si avvicinano al tavolinetto basso per prendere la caraffa e versarmi un bicchiere di acqua ghiacciata.
Seguo i movimenti del suo corpo con la testa accarezzando con lo sguardo le gambe che si piegano, la gonna che si tende, la goccia di sudore che le scivola sulla nuca.
E’ bellissima.
Si volta verso di me e mi scopre a fissarla con il mento appoggiato sul palmo: solleva un sopracciglio tra l’incuriosito e il sospettoso ma in silenzio si avvicina nuovamente alla scrivania.
Il ghiaccio tintinna nel bicchiere e ondeggia così come il suo seno che mi riempie gli occhi.
So cosa vuole da me, non è mai stato un mistero.
Senza parole, solo uno sguardo e il suo nome soffiato sulle mie labbra, basterebbero a farla inginocchiare tra le mie gambe per regalarmi il paradiso.
Per la prima volta da quando la conosco mi chiedo come sarebbe sentire il suo seno stretto tra i nostri corpi, cosa proverei ad alzarle la gonna e a prenderla con forza.
E lo farei proprio qui, in quest’ufficio, su questa scrivania, tra l’odore dell’inchiostro e delle divise inamidate.
Immagino la morbidezza della sua pelle mentre bevo dal bicchiere che mi porge come se potessi dissetarmi di lei.
Vedo me stesso affondare il viso tra i suoi seni, sento le sue braccia delicate sulla schiena, le sue gambe circondarmi e il suo corpo accogliermi in un incastro perfetto, come se fosse stata creata appositamente per me.
E profumo di buono, di eccitazione, di donna...unico, inconfondibile e talmente dolce che un uomo non potrebbe mai uguagliarlo. 
Un uomo...
Socchiudo gli occhi al ricordo di un torace piatto, di muscoli tesi e nervosi sotto la mia pelle.
Di rabbia espressa in morsi e baci così intensi da lasciare segni indelebili, di graffi sui miei fianchi dovuti al metallo di una gamba artificiale.
Di lui non ho alcuna memoria di carezze amorevoli, nessuna tenerezza...nulla che non ricordi una lotta continua per la supremazia delle nostre due essenze.
Fare sesso con lui è come resistere ad un uragano: mi eccita e mi sfianca, distrugge le mie fondamenta e spazza via ogni briciola di me stesso.
Ogni volta sono in balia del suo vento furioso, mi maltratta, mi ferisce e poi sparisce nei silenzi con i quali mi circonda.
Sono stanco.
Non voglio un corpo che mi violenti, non voglio arti metallici che mi schiaffeggino per aver osato desiderare un bacio o che mi graffino a sangue la schiena per aver sospirato piano “Ti amo”.
I nostri incontri mi demoliscono fisicamente e psicologicamente.
Ogni volta non resta mai nulla del nostro stare insieme, se non i resti del mio cuore triturato nel palmo del suo automail e l’odore della sua pelle nelle lenzuola strappate.
Basta.
Ho bisogno di certezze semplici, di un corpo che io possa scaldare e ritrovarmi  tra le braccia al mio risveglio, di una voce che sospiri il mio nome nella confusione di un orgasmo, e non che lo maledica.
Guardo il Tenente Hawkeye sistemarsi i capelli: ha una penna tra le labbra e mentre si infila una ciocca ribelle nel fermaglio continua a leggere il documento appoggiato sulla scrivania.
Lei sarebbe perfetta.
La sua bellezza e il suo essere donna purificherebbero con la sofficità dei suoi fianchi le mie assurde fantasie di felicità, quelle in cui appare un ragazzino insopportabile con la carne fusa nell’acciaio...
Alza i suoi occhi nocciola su di me e abbozza un sorriso smarrito.
Capisce che la sto guardando come non ho mai fatto e sa con certezza che qualcosa è cambiato.
Mi ama da sempre e con il tempo anch’io saprei amarla come merita.
Si, è giusto così.
Mi allungo e le sfioro la mano sfoderando il migliore dei miei sorrisi.
“ Tenente vorrei invitarla a...”
Il bussare pesante di un pugno d’acciaio contro la porta interrompe il mio tentativo di seduzione e mi si infila nella testa come un martello pneumatico.
La cosa mi irrita...quasi quanto vederlo entrare nella stanza e grugnire quello che dovrebbe essere un saluto.
Avanza socchiudendo gli occhi sulle dita del tenente Hawkeye che scivolano nervose dalla mia mano e improvvisamente il passo della gamba metallica aumenta d’intensità.
Lo fa apposta. Sa che non lo sopporto.
“ in questo ufficio fa decisamente troppo caldo”
Pronuncia le parole con lentezza, masticandole tra i denti, mentre aspetta sbuffando che io afferri i fogli che mi tende.
Una nota di rassegnazione mi oscura la mente: irascibile già dal primo mattino il piccoletto...e chissà perché la cosa non  mi sorprende.
Ma oggi non ho intenzione di assecondare i suoi umori.
Lo ignoro sprofondando nello schienale della poltrona e aspetto fiducioso che li poggi sul pianale della scrivania e che se ne vada il prima possibile, ma la mascella gli si indurisce e mentre me li sventola minaccioso davanti al viso mi sembra quasi di sentire i denti sibilare sotto la pelle.
Tutto deve essere sempre come desidera: l’alchimia, il sesso, persino io.
Maledetto ragazzino!
Aggrotto le sopracciglia e con un gesto esasperato glieli tolgo dalla mano vedendo un pezzo di carta scivolarmi sulle gambe.
E’ l’angolo strappato di un quaderno a quadretti e scritto con la grafia nervosa di chi non ha tempo da perdere:
 
al solito posto.
Puntuale!!!
 
Lo rileggo un paio di volte e mi viene da ridere.
La sua presunzione mi diverte, ma è come scherzare con un serpente. Piacevole finché non ti morde.
Alzo il viso per congedarlo ma è voltato di schiena e fissa il tenente Hawkeye come se fosse qualcosa di disgustoso che gli si è appiccicato sotto lo stivale.
Gelosia?
No, assolutamente. Non abbiamo quel tipo di rapporto.
Con i polpastrelli seguo il lato strappato e ruvido del messaggio. Perfino questo biglietto, non centra nulla con l’amore.
Una frase fredda e anonima senza nessun “tesoro” nessun “ti aspetto” solo dei punti esclamativi che mi ricordano la fretta con la quale gestisce i nostri amplessi.
Io sono solo il tramite di un gioco crudele.
E’ annoiato, curioso, e vuole solo un corpo da manipolare per soddisfare una sessualità acerba che ancora non riesce a gestire.
Non siamo amanti, non potremmo sembrarlo neanche volendo.
Non siamo nulla. Solo due corpi che condividono un piacere impossibile da confessare.
Li guardo entrambi e non posso fare a meno di confrontarli ancora una volta: il corpo di lei è armonioso, sensuale da mordere e da succhiare. Una culla soffice e accogliente per i miei pensieri e per la mia carne.
Il corpo di lui è spigoloso, ruvido, fallato.
Le sue unghie mi graffiano e i suoi denti mordono strati di pelle così sensibili da piangere.
Sotto le sue carezze affrettate il mio corpo sanguina e la mia mente perde ogni volta un po’ della sua lucidità.
Lui è un veleno che mi corrode.
Nemmeno un pazzo oserebbe scegliere qualcosa che non risulterebbe piacevole neanche in un sogno.
La sua schiena si allontana ma quando apre la porta per uscire si attarda sull’uscio e mi fissa stranamente serio, come se avesse capito dai miei silenzi che non gli permetterò più di paragonarmi ad una semplice sega notturna.
No.
No.
Improvvisamente il suo sguardo muta nei miei occhi e la differenza sostanziale tra lui e la Hawkeye, quella che mi confonde e mi cattura, mi appare chiara come un mattino d’estate.
Riconosco quello sguardo: è quello che mi mostra solo dopo l’orgasmo, quando diventa così caldo e avvolgente da eguagliare la luce del sole, quando posso baciargli le labbra sospiranti senza timore di essere colpito.
Sono gli occhi che avrebbe avuto se il destino fosse stato più clemente, se la sua vita non fosse un continuo rincorrersi di sangue e morte.
Una debolezza sublime che mostra solo a me e a nessun altro.
Una responsabilità che mi impone solleticando il mio orgoglio e il mio cuore e trasformandomi  nella sua vittima sacrificale.
Chiudo gli occhi e abbasso il viso sulla scrivania. La mia resa è fin troppo evidente.
Sento la porta chiudersi  e gli unici pensieri che riesco a formulare sono: “ stanotte riposerà sul mio petto? Mi permetterà di accarezzarlo?”
No, non sarà così. Non è mai così.
Ogni volta fugge come un animale braccato appena le gambe smettono di tremare e il fiato cessa di essere il tumulto che lo scuote.
Infilo un guanto e mentre il foglietto nel posacenere si circonda di fiamme alzando sottili spirali di fumo, la presenza del Tenente Hawkeye ritorna reale nel rumore dei suoi tacchi.
“Colonnello cosa stava per chiedermi prima?”
Alzo appena lo sguardo su di lei.
I loro capelli hanno la stessa tonalità di biondo, la stessa lunghezza, ma sono sicuro che anche intrecciati in un letto, saprei dividerli e riconoscere quelli di lui ad occhi chiusi.
Rido di me stesso e di quella maturità che dovrebbe porre fine a tutto questo, ma tra le sue braccia sono un uomo diverso,un uomo che non avrei mai pensato di poter diventare.
Un uomo stupido, incosciente...innamorato.
Ascolto il mio cuore in attesa della notte e mentre prendo una penna per firmare uno dei tanti documenti, le sorrido debolmente senza guardarla.
“...nulla d’importante Tenente. Sarà per la prossima volta.”
  
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