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Autore: Sam_Rox88    17/04/2010    3 recensioni
[AGGIORNAMENTO] Pubblicata la terza storia "After the Second War": Harry non ha mai vinto contro Voldemort durante la battaglia ad Hogwarts, e si è dissolto, svanendo nel nulla. Da allora sono passati sei anni e il mondo magico è sotto il controllo di Voldemort e dei suoi Mangiamorte, mentre Maghi, Mezzosangue e Babbani sono costretti a vivere in continua fuga... // Raccolta di One Shot varie su Harry Potter... alcune tratte da una mia precedente storia a capitoli (Harry Potter and the Eyes Collector) altre nate semplicemente così, dalla mia folle ispirazione :) Un avvertimento posso darverlo però, scrivo quasi sempre sulla mia coppia preferita: Ron/Hermione!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Senza nome 1

UN WEASLEY A CASA GRANGER

 

Dalla sconfitta di Jahat, erano trascorsi alcuni mesi e gli esami si avvicinavano inesorabilmente per gli studenti di Hogwarts, in particolar modo per coloro che dovevano affrontare i temutissimi M.A.G.O.

Harry era seduto su uno dei divanetti della Sala Comune di Grifondoro, con Ginny che dormiva accoccolata sul suo petto, mentre leggeva il manuale di Storia della Magia che avrebbe sicuramente imparato a memoria senza apprendere assolutamente nulla, solo per superare l’esame. Nella mano destra, faceva roteare una piuma tra indice, pollice e medio, con una tale abilità che si poteva quasi dire che non avesse fatto altro per mesi. Con l’altra mano si reggeva il capo. Ginny fece qualche piccolo movimento impaziente, Harry temette per un attimo di averla svegliata, ma la ragazza si assopì di nuovo. L’estate era vicina, e nella Sala Comune la temperatura era piuttosto alta. Harry avrebbe tanto voluto essere fuori a godersi la splendida giornata, così come stavano facendo molto probabilmente Ron & Hermione. La sua concentrazione, però, oltre che dal caldo, era anche disturbata delle chiacchiere di due studenti del secondo anno. Ci mise un po’ a capire che in realtà non si stava applicando per niente sul capitolo “Il decreto 14.7 e la Restaurazione del Ministero della Magia”, ma era preso completamente da quella conversazione che alle sue orecchie apparve tanto ingenua. Tornò con la mente a sette anni prima, quando lui, Ron e Hermione si ritrovavano la maggior parte delle volte, chiusi in quella Sala Comune, a non poter uscire perché sommersi dai troppi compiti arretrati. Gli dava serenità ripensare a quei momenti.

- Avanti Jacob, dobbiamo finire assolutamente questo capitolo! Ho sentito che è argomento d’esami. –

- E chi sarebbe la fonte suprema che t’avrebbe passato quest’informazione, Lane? –

- Questo non ha importanza, ma fidati! E’ meglio non tralasciare niente se possiamo. –

- Ma sono stanco. Voglio uscire. –

- Potresti ripete l’anno per questo. –

- Che assurdità. –

- Assurdità o meno, è stato uno studente del terzo anno a dirmelo, quindi io mi fiderei. –

Harry sentì Jacob sospirare pesantemente, con rassegnazione.

- E va bene ma solo questo e poi usciamo. –

Lane fece una piccola smorfia di compiacimento. Harry non poteva vederla perché i due giovani Grifondoro erano alle sue spalle, ma giurò che stesse sorridendo. Gli ricordarono tremendamente i suoi due amici, proprio quando avevano quell’età. Sorrise di nuovo, sempre vagando con la mente ai ricordi felici che aveva in quel castello. Improvvisamente i suoi pensieri cambiarono direzione. Gli esami si avvicinavano, il che significava che presto avrebbe anche lasciato Hogwarts. Una fitta allo stomaco lo attanagliò. Tirò il capo all’indietro e sospirò, osservando il soffitto. Socchiuse gli occhi, e respirò profondamente. Storia della Magia non era assolutamente una materia facile per quelle temperature.

Poco dopo sentì dei passi provenire dalle scale del dormitorio maschile.

- Ehi Harry! –

Sentì chiamare alle sue spalle. Aprì gli occhi e, sempre tenendo il capo all’indietro, osservò l’immagine capovolta di Neville avvicinarsi al divanetto, con un libro sotto braccio.

- Oh! – esclamò con tono di sorpresa il ragazzo quando notò Ginny addormentata sul petto di Harry, che rialzò il capo – Non l’avevo vista. Tutto bene? – chiese poi abbassando il tono di voce.

Harry annuì.

Neville posò lo sguardo sul libro aperto.

- Pesante eh? Io ho lasciato perdere. Spero soltanto che Luna mi aiuti… anche se ho notato che tende un po’ ad aggiungere qua e là cose piuttosto bizzarre per quanto riguarda Storia della Magia. Storie assurde, ed episodi che secondo lei sono stati occultati dai programmi di studio ufficiali perché ritenuti scomodi. –

Harry non poté far a meno di sorridere.

- Io mi attenderei al libro. – aggiunse, sempre sorridendo.

- Già. – aggiunse un po’ rassegnato Neville. – Allora vado da lei… a più tardi Harry. –

Harry ricambiò il saluto con cenno del capo. Tornò a guardare il libro che aveva sulle ginocchia, e dopo aver letto per l’ennesima volta lo stesso rigo, scosse il capo, e sospirando richiuse l’enorme volume.

- Credo che aspetterò Hermione. – aggiunse e si soffermò a guardare Ginny che dormiva beatamente su di lui, prendendo ad accarezzarle i capelli lentamente.

 

**

Ron e Hermione erano seduti su una panchina nel cortile interno del Castello. Hermione era concentrata su un grosso manuale che teneva aperto dinanzi a sé, mentre Ron, piuttosto che avere il capo fisso sulle pagine del suo libro, osservava silenziosamente la ragazza studiare. Lei sorrideva compiaciuta, ma non distoglieva gli occhi da ciò che stava leggendo.

- Ron… sai che questo pregiudicherà i tuoi esami vero? – chiese sempre sorridendo.

Ron scosse il capo debolmente.

- So che li supererò a pieni voti. – esclamò con un grande sorriso stampato sul volto.

L’affermazione riuscì a far abbandonare a Hermione il suo intenso studio.

- Ah-Ha! – esclamò, voltandosi verso il ragazzo, e inarcando un sopracciglio. – E sentiamo… Ron Weasley… cosa ti dà questa sicurezza? –

Il sorriso di Ron si espanse ancora di più.

- Semplice! Perché so che potrò contare su di te. –

Hermione assunse un’espressione scettica.

- Sai benissimo che non posso farti copiare agli esami, per cui… dovrai cavartela da solo. –

Ron alzò gli occhi al cielo, con aria divertita.

- Vorrà dire che troverai il modo per aiutarmi. Sei così intelligente… -

Hermione aprì la bocca più volta per controbattere, ma solo dopo qualche secondo riuscì a replicare.

- Sì, potrei… è vero! Ma io non vado contro le regole della scuola. – disse di tutto punto, incrociando le braccia.

Ron inarcò le sopracciglia, e piegò le labbra in una strana smorfia di disappunto.

- Mmmh… ecco che torna l’Hermione che ho detestato per anni. –

- Ah-Ha! Senti questa! – fece per ribattere lei fingendosi profondamente offesa, ma in realtà rideva – Si dia il caso, carissimo Ronald Weasley, che tu non mi abbia mai detestato! Anzi… mi hai amato proprio per questo! –

L’espressione di disappunto non scomparve dal volto di Ron.

- Dì un po’ Granger, questa volta non sei tu ad essere un po’ troppo sicura di te? –

Hermione sorrise.

- Oh, assolutamente no. –

Anche Ron non poter far a meno di sorridere, incrociando il suo sguardo.

- Ti odio quando hai ragione. – esclamò.

- Cioè sempre? – chiese lei con aria maliziosa.

- Sì… diciamo di sì. –

E detto questo, si avvicinarono l’un l’altro per baciarsi. Come al solito, ogni loro bacio sembrava essere il primo. L’emozione intensa che riusciva addirittura a contorcergli lo stomaco risaliva fino al petto, i cui argini straripavano come un’esplosione di sentimenti. Ad ogni tocco di Ron, Hermione si sentiva come attraversata da un fremito; così come Ron si riscopriva sempre più innamorato ad ogni gesto di Hermione. Gli bastava anche solo guardarla studiare in silenzio, per sentirsi in pace con il mondo, così come lei s’accoccolava tra le sue braccia ed avvertiva quella sicurezza che soltanto lui riusciva a darle.

- Io ti adoro quando hai torto, invece. – esclamò Hermione sorridendo, quando poté riprendere fiato.

- Oh, sono felice di saperlo. – sorrise amaramente lui.

Ci fu un attimo di silenzio tra i due; attimo in cui Hermione tentò di riprendere tra le mani il suo libro e dedicarsi allo studio, ma non fece nemmeno in tempo a posare di nuovo lo sguardo sul punto in cui si era fermata, che si voltò di scatto verso Ron, che al contrario, non si era mosso affatto.

- Ascolta, volevo dirti una cosa. –

Aveva un tono piuttosto serio.

- Mmh? – fu l’interrogativo di Ron – Dimmi. – la invogliò.

Hermione cominciò a gesticolare con le dita, piuttosto freneticamente. Sembrava imbarazzata.

- Ecco… vedi… -

Ron era piuttosto curioso.

- Vedi… volevo chiederti… -

- Come mai sei così nervosa? – chiese lui con aria piuttosto tranquilla.

- E’ che… non è una cosa semplice… cioè… OH AL DIAVOLO! Pensavo di portarti da me una volta diplomati. – tirò fuori tutto d’un fiato.

Quelle parole furono come una doccia gelata per Ron, che rimase per vari istanti interdetto.

- C-c-come? –

- Beh, hai capito. –

Ron cercò di riprendersi sbattendo più volte le palpebre.

- No… cioè… che significa vuoi portarmi da te? –

- Beh, non lo so. – fece Hermione scrollando le spalle – Un paio di giorni, un fine settimana… per presentarti ufficialmente ai miei genitori. – concluse.

- Pr-pre-presentarmi ufficialmente? –

- Sì… come mio ragazzo! Loro già ti conoscono, ma non puoi negare che ti abbiano visto poco. E poi… l’abbiamo fatto con tua madre che mi vede gironzolarle per casa da anni, credo sia dovuto farlo anche con i miei genitori. Non trovi? –

Ron stava ancora cercando di regolare la dimensione delle sue orbite.

- Beh… mi prendi alla sprovvista… - disse al momento. – Sì… però… sì… - aggiunse vedendo l’espressione di Hermione. – Certo che si può fare, anzi… mi… cioè… sono fin troppo felice del fatto che tu voglia presentarmi loro come il tuo ragazzo. Dico… Wow! Devo solo metabolizzare questa cosa, ma… ok… è tranquillo. Va bene. – concluse annuendo convinto.

Hermione si animò di gioia.

- Sul serio? –

- Certo. C’è da chiederlo? E poi… muoio dalla voglia di vedere la tua stanza. –

Hermione sospirò.

- Ah, guarda che non ti lascerò rovistare nei miei cassetti. –

Ron piegò il capo sconsolato.

- Immagino ci siano solo libri. – sospirò.

**

- Sono distrutto! – esclamò Ron quando uscì dall’aula dopo aver sostenuto il suo ultimo esame. Era stato l’ultimo in ordine alfabetico, e fu felice di trovare Harry, Hermione e Ginny ad attenderlo in una calda e splendida giornata.

Hermione gli andò subito incontro, mentre Ginny e Harry si tennero un po’ indietro.

- Allora? Com’è andata? –

- Oh, non lo so. – disse Ron passandosi un braccio dietro la nuca. – A parte delle domande assurde di Rüf su cui ho inventato, credo sia andata piuttosto bene. –

Si fermò un istante, come se stesse meditando su qualcosa, e poi avvertendo un movimento alle sue spalle, si voltò. A una decina di metri di distanza, il corpo docenti, con a capo la professoressa McGranitt, stava abbandonando l’aula.

- La McGranitt mi ha aiutato. – disse con gli occhi colmi di gratitudine, ed Hermione giurò di aver visto un velo di malinconia nel suo sguardo.

Ron tirò su con il naso, come se si fosse appena commosso, e poi si voltò sorridente verso gli altri due.

- Ragazzi… è finita! – esclamò entusiasta.

**

Il banchetto fu degno di Hogwarts. Anche se nell’aria si avvertiva un leggero alito di malinconia in tutti gli studenti dell’ultimo anno. Quello sarebbe stato il loro ultimo banchetto, eccetto per coloro che sarebbero tornati in quella scuola come insegnanti. Ron, quasi come per non dimenticare il sapore di nessuna di quelle pietanze, si servì tutto due volte.

- Amore… sei indecente! – esclamò Hermione portandosi una mano alla tempia.

Harry, Ginny e Neville non poterono far a meno di ridere divertiti.

- Ragazzi, grazie. – esclamò Neville, trattenendo le risate. – Riuscite a rendere divertente anche momenti come questo. –

Harry annuì con il capo.

- Ha ragione. – ed assunse subito un tono più serio. – E siete stati proprio voi a rendere tutto questo uno spasso, nonostante la presenza di Voldemort. Avete reso piacevole quello che per me era un inferno. Non so come avrei fatto senza voi due. –

Ron che aveva quasi portato la forchetta alla bocca, la lasciò cadere insieme anche alla fetta di roast beef che vi era infilzata e restò a bocca aperta. Hermione chinò un po’ il capo da un lato con fare dolce.

- Oh, Harry… -

Allungò una mano verso di lui, dall’altra parte del tavolo, e afferrò la sua.

- Non devi ringraziarci. – aggiunse.

Ron sembrò essersi ripreso dallo shock, si pulì lentamente la bocca con il tovagliolo, afferrò il suo calice e bevve un sorso del suo succo, e dopo un paio di secondi di concentrazione in cui assunse un’aria solenne, guardò dritto negli occhi Harry, che era seduto proprio di fronte a lui. Respirò profondamente. Aveva gli occhi lucidi.

- Sono io che ringrazio te, amico. –

Harry sapeva cosa voleva dire. Non c’era bisogno che Ron aggiungesse altro. Sapeva che in quell’affermazione, Ron lo stava ringraziando non solo per la splendida amicizia che avevano consolidato, ma per essergli diventato amico prima di tutto senza avere pregiudizi su di lui o sulla sua famiglia; per averlo aiutato numerose volte, e per aver fatto in modo che la scuola non fosse un calvario, ma una vera e propria avventura. Annuì debolmente, e poi allungò un braccio stringendo la mano di Ron, in quello che sembrava un vero e proprio gesto di fratellanza.

- Oh, che scena virile. – esclamò Ginny.

Tutti risero.

- Ci siamo allora, il nostro ultimo banchetto. – disse Neville.

Un silenzio contemplativo calò su di loro, e poi fu Ginny a romperlo.

- Che cosa faremo? –

- Oh. – esordì immediatamente Hermione, senza dare neanche il tempo di pensare agli altri – Io devo entrare al Ministero, devo un po’ cambiare le cose. Anche se c’è Shacklebolt all’amministrazione, ci sono ancora cose che vanno perfezionate, insomma… devo riuscirci! Voglio dire… hanno preso Percy appena uscito da qui, perché non dovrebbero prendere me? –

Tutti la osservarono un po’ storditi dalla foga con la quale Hermione aveva dettato i suoi desideri di affermazione.

- Ok, calmati, però. – disse Ron con aria intimorita – Sembri quasi la Umbridge. –

Hermione sorrise abbassando il capo, dovendo riconoscere che in fondo era vero. Dopo fu Harry a prendere la parola.

- Beh… io e Ron abbiamo un sogno comune. –

Ron sorrise.

- Puoi dirlo forte. –

- E tu Neville? – chiese Ginny.

- Oh, io voglio specializzarmi in Erbologia. Penso che non vi stupisca l’idea. –

- Ti ci vedo tra qualche anno al posto della Sprite, lo sai? – gli confessò Ron.

Neville sorrise, imbarazzato.

- No, ma che dici. –

- Vedremo. – annuì Ron – E tu sorellina? In cosa sprecherai le tue abilità? –

Ginny sorrise dandosi un tono pomposo.

- Che domande. Giocherò a Quidditch. –

Ron aggrottò le sopracciglia, dando l’idea di non prenderla seriamente, ma Hermione non gli diede l’opportunità di soffermarsi troppo su quella bizzarra osservazione.

- Beh, ad ogni modo,  per quanto riguarda progetti più prossimi… Ron verrà da me per qualche giorno, non è vero? – dichiarò a tutti i presenti.

Gli altri furono piuttosto sorpresi.

- Beh… sì… - annuì Ron, tenendo il capo basso.

Ginny sorrise maliziosamente.

- Bene, vai fratellino, così Harry si fermerà da noi tranquillamente. –

- Ehi, non è giusto! Harry deve esserci quando ci sono anch’io! – ribatté il fratello.

- Ron non preoccuparti, dai Dursley non ci torno mica. Certo, non posso nemmeno accamparmi a casa tua per tutto il tempo. –

- Certo che sì! – esclamarono Ginny e Ron in coro.

Harry in men che non si dica fu assalito dalle moine del suo migliore amico e della sua ragazza, che premevano affinché lui si stabilisse definitivamente alla Tana. Non riuscì a parlare finché non fu Hermione a dettare il silenzio, placando gli animi, con una domanda che attirò l’attenzione di tutti.

- Hai già pensato ad una possibile collocazione, Harry? –

Harry scosse lentamente il capo, mentre il vociare di Ron e Ginny si spegneva lentamente. Il ragazzo scosse il capo.

- Non saprei… suppongo che i giorni che passerò alla Tana mi saranno d’aiuto per rifletterci. Tuo padre si è offerto di darmi una mano – disse poi rivolto a Ginny.

- Beh, amico – esordì Ron – sta sicuro che puoi passare da noi anche tutta l’estate. – e si voltò verso Hermione, sorridendole – Questo vale anche per te. –

 

**

 

Per l’ultima volta salirono sull’espresso che li avrebbe riportati a Londra, precisamente al binario 9 e ¾ della stazione di King’s Cross. Il viaggio fu tranquillo, sia per Harry e Ginny, che lo passarono interamente in compagnia di Neville e Luna, con la quale non fecero altro che ridere; quanto per Ron e Hermione, che lo trascorsero tranquillamente nello scompartimento prefetti, se non fosse per l’inquietante immagine  di Draco Malfoy, che se ne stava completamente assorto in un libro, senza batter ciglio. Non rivolse minimamente la parola ai due, nemmeno per disprezzarli. Ron si soffermò molte volte ad osservare insistentemente il giovane Serpeverde biondo, e ogni volta, Hermione rifioriva dalle sue letture e gli dava un colpo sul ginocchio, accompagnandosi con un cenno intimidatorio del capo, per far sì che Ron distogliesse l’attenzione.

- Cerco solo di capire se è vivo! – bisbigliava il ragazzo, con un filo di voce.

Hermione scuoteva il capo, rassegnata.

**

 

Fu soltanto alla fine del viaggio, però, che qualcosa si mosse. Erano ormai tutti sul punto di scendere, i prefetti sempre per ultimi. Ron si alzò, insieme a Hermione e ai prefetti delle altre Case, e Malfoy li imitò.

- E’ vivo, come puoi vedere. – bisbigliò Hermione, un tantino acida.

Ron le si rivolse con una smorfia, precedendola verso la porta dello scompartimento, quando Malfoy, che era di spalle, con un movimento involontario causato dall’arresto definitivo del treno, gli fu addosso. Ron riuscì a restare in piedi, e anche Draco si ricompose subito. Hermione, tesa, era sull’attenti perché temeva lo scoppio di una rissa tra i due da un momento all’altro. “Attento a dove metti i piedi, Weasley” si aspettava di sentire da Malfoy, ma, inaspettatamente non fu quella la frase che il Serpeverde pronunciò.

- Scusami. –

Scusami”? Ron e Hermione si guardarono in silenzio, entrambi molto perplessi.

- D-di di niente. – disse Ron titubante e senza rimuginarci troppo, aprì la porta dello scompartimento, intento ad uscire, con Hermione al suo seguito.

- Ah, Weasley. –

Ron e Hermione, ancora più perplessi, si voltarono lentamente verso Malfoy, che era lì in piedi, di fronte a loro, che reggeva il suo baule.

- Auguri per tutto. – disse.

Ron e Hermione erano a dir poco interdetti.

- Porta i miei saluti anche a Potter, quando lo vedi. –

In quel momento Ron era sicuro che i suoi occhi erano completamente schizzati fuori dalle sue orbite, le quali si erano aperte fino a dimensioni esorbitanti. Non credeva nemmeno possibile che potessero raggiungere una tale estensione.

- Oh… va bene. – disse con un filo di voce, sempre stordito da quella scena che era convinto di star immaginando – Buona fortuna anche a te. –

Giurò di vedere un piccolo sorriso comparire sul viso di Draco, che non aggiunse altro, e trascinando il suo baule, passò accanto a loro nel corridoio e li precedette. Ron rimase per qualche secondo come imbalsamato, e poi si voltò lentamente verso Hermione.

- Ma chi era? – chiese, e ricevette come risposta una scrollata di spalle dalla sua ragazza.

 

**

 

Dopo aver salutato Neville e Luna, i quattro Grifondoro si unirono frettolosamente alla famiglia Weasley. Molly e Arthur erano schierati in prima fila in dirittura d’arrivo dell’espresso, e subito accolsero tutti tra baci e abbracci.

- Congratulazioni per il diploma. – disse, sciogliendosi, la signora Weasley, mentre Arthur li osservava gioioso.

- Il vostro ultimo viaggio sull’espresso, eh? Come state? – chiese.

- E’ andato tutto bene. – rispose Ginny.

- Harry, tu ovviamente verrai a stare da noi? – chiese Molly, rivolta al suo figlio acquisito.

Harry annuì energicamente.

- Hermione, dove sono i tuoi? – chiese Ron, guardandosi intorno.

- Li sto appunto cercando. Ah! Eccoli! – e li chiamò a gran voce – Mamma! Papà! –

I Granger notarono la figlia, accompagnata da un divertito gruppetto di maghi, e s’avvicinarono a passi svelti.

- Torni a casa Hermione? – chiese in tono quasi sconsolato la signora Weasley – Ma immagino che qualche giorno da noi lo passerai, quest’estate. Sei sempre la benvenuta, lo sai. E poi Ron come farebbe? – disse sorridendo.

- Ecco… mamma… vedi… - esordì Ron, imbarazzatissimo.

 

**

 

Fortunatamente Molly non fece troppe storie. Ron e Hermione le assicurarono che si sarebbe trattato solo di un paio di giorni, quindi avrebbe rivisto il figlio presto, e che al termine di questi entrambi sarebbero andati di corsa alla Tana, per passare una lunga estate in famiglia. Di lì a un quarto d’ora dopo, Ron si ritrovò seduto sul sedile posteriore di un’auto regolarmente babbana, senza nemmeno il benché minimo ritocco magico, pensando a quanto fosse buffo che, per la prima volta, alla separazione in stazione, lui si dirigeva verso una casa babbana, mentre Harry, tornava con l’ausilio della magia, in una casa di maghi.

Era piuttosto teso in macchina, e non parlò per tutta la durata del viaggio. Fortunatamente i Granger non notarono molto il suo silenzio, visto che erano piuttosto presi dalla gioia di riavere di nuovo la figlia con loro. Una figlia che, tanto per non smentirsi, li stava inondando di parole. Distolse lo sguardo dalla scenetta familiare, e si voltò ad osservare le strade di Londra che scorrevano lentamente fuori dal finestrino; per questo motivo non notò il movimento del signor Granger, che spostò lo sguardo sullo specchietto retrovisore, proprio per soffermarsi su di lui.

- Ron giusto? – chiese, non tanto perché non si ricordasse il suo nome, quanto per attirare la sua attenzione.

Ron ebbe quasi un sussulto, come se si stesse destando in quel momento, e annuì goffamente.

- Sei cresciuto dall’ultima volta che ti ho visto. – continuò il padre di Hermione – Ricordo che eri appena un ragazzino. –

- Gli anni passano per tutti, signor Granger. –

Si maledì per aver detto quella frase, e non sapeva nemmeno il perché, ma gli uscì fuori praticamente spontanea. Hermione si voltò verso di lui, con una strana espressione dipinta sul viso. Il signor Granger sorrise.

- Già, hai ragione. Non so perché noi genitori continuiamo a stupirci del tempo che passa, vero? – chiese conferma alla moglie seduta al suo fianco, che annuì – Ancora non riusciamo a capacitarci che nostra figlia sia ormai quasi un’adulta. Sai, devi scusarci Ron – aggiunse poi – noi non siamo molto pratici del… del tuo mondo, Hermione ce ne parla, ma comunque ne capiamo poco, quindi se commettiamo qualche errore, ti prego di sorvolare, è che non siamo abituati ad avere a che fare con dei maghi. –

Ron, scosse il capo, accomodante.

- Oh, no, no. Ma si figuri signor Granger, nessun problema. –

- Chiamami pure Edward. – disse sorridendo il signor Weasley – Dopo tutto sei amico di mia figlia. –

- E di’ un po’ Hermione – esordì la signora Granger – e quel tuo amico di cui ci parli sempre, come si chiama, Harry mi pare, viene anche lui a farci visita? Ne parli talmente tanto, che è quasi come se lo conoscessi. –

Hermione sembrò imbarazzata di fronte a quell’uscita della madre, e si passò i capelli dietro l’orecchio, mentre Ron si voltò lentamente freddandola con lo sguardo, ma non disse nulla.

- Oh no, mamma, credo che lui non potrà venire. –

- E’ un vero peccato. – aggiunse la signora Granger.

- Ad ogni modo, Ron, i tuoi genitori sono davvero brave persone. – disse Edward, sempre squadrando Ron dallo specchietto retrovisore.

- G-g-grazie… mio padre adora i babba… ehm… le persone comuni. –

Voleva morire. Stava combinando un disastro dopo l’altro, era troppo nervoso.

**

Il viaggio non durò più del previsto, ed in breve tempo giunsero a casa di Hermione. Era una piccola villetta in stile classico, bianca e grigia, con un tetto spiovente e un’adorabile veranda con un’altalena, una sedia a dondolo e tantissime azalee. Ron fu quasi inondato dal profumo dei fiori, al suo arrivo, e trovò che quella piccola casetta fosse tutto modo accogliente, nonostante non avesse confort magici. Hermione posò in terra la cesta che conteneva un irrequieto Grattastinchi, e la aprì; il gatto rosso schizzò fuori a gran velocità e si precipitò sui gradini, entrando in casa per la sua porticina. I genitori di Hermione fecero gli onori di casa, e Ron e Hermione li seguirono, trascinando il grosso baule lei e un piccolo bagaglio lui. Ron fu rapito dall’arredamento classico e sobrio, che rendeva veramente quella casa calda e familiare.

- Che cos’è? – chiese a Hermione, osservando quella che per lui era una grossa cornice vuota.

- Oh – fece la ragazza sorridendo. – E’ il televisore. –

Vedendo che Ron continuava a non capire, si avvicinò al tavolino del salotto, raccolse il telecomando, e puntandolo contro il televisore lo sintonizzò su un canale a caso. Le immagini comparvero sullo schermo nero, e Ron ne fu molto colpito.

- Ma è magico! –

Hermione scosse il capo.

Ron soffermò lo sguardo sul resto dell’arredamento.

- Capisco perché mio padre li trova interessanti. – disse quasi senza fiato.

- Allora, Ron, ti piace qui? – chiese Edward.

Ron annuì deciso.

- Quanto tempo ti fermerai? – chiese poi la madre di Hermione.

- Oh, non lo so. Credo… un paio di giorni forse. –

La donna sorrise amorevolmente.

- Ma posa pure il bagaglio. Anzi… Hermione perché non porti Ron nella sua stanza? Sarete stanchissimi, avrete bisogno di riposarvi. –

Hermione annuì, spense il televisore e posò il telecomando, avviandosi verso le scale che conducevano al piano di sopra.

- Grattastinchi. – chiamò, e il gatto senza farselo ripetere due volte le fu dietro, con Ron al seguito che reggeva il suo zaino.

 

**

 

- E’ bellissimo qui. – esclamò Ron, mentre risalivano le scale.

Hermione sorrise.

- E’ la stessa reazione che ebbi io quando vidi per la prima volta casa tua. –

 

**

 

- Vuoi vedere prima la mia stanza, o sistemarti nella tua? – chiese la ragazza una volta che furono sul pianerottolo, mentre Grattastinchi sgattaiolò tra le loro gambe, per correre in una stanza.

- Suppongo che sia… - fece Ron seguendo la direzione del gatto.

Hermione annuì.

- Dai, ammiro questo capolavoro, e poi mi sistemo in camera. – disse.

Hermione lo precedette, facendogli strada verso la porta in cui si era infilato Grattastinchi; la aprì completamente, e fece segno a Ron di entrare. Il ragazzo posò il suo bagaglio sul pavimento, e sempre estasiato, prese a guardarsi intorno. La camera di Hermione aveva un gran tocco femminile, le pareti erano di un color pesca molto tenue, e anche molto rilassante, ideale per una persona che studiava tanto. Ron non poté fare a meno di notare che vi erano libri praticamente dovunque, in ogni angolo che guardasse, lunghi scaffali si susseguivano ricolmi di volumi. Poi vi era uno scrittoio, in legno chiaro, con una semplicissima sedia in legno, arredata con un comodissimo cuscino dalla fodera bianca a fiorellini rosa. Mancava quello che Hermione giù in salotto aveva definitivo televisore. Il letto era in legno, coordinato con la scrivania, dallo stile molto semplice. Le coperte, leggere, di un rosa che richiamava in qualche modo i colori delle pareti. Accanto a letto, un piccolo comodino, con una abat-jour in vetro opaco, e tre libri ammassati in fila, e quasi in bilico. Alla sinistra del letto, proprio di fronte alla porta, una finestra contornata da soffici tendine, che il vento stava leggermente muovendo.

- Wow – fu il commento estasiato di Ron.

Hermione sorrise mentre lo guardava aggirarsi, stupito, per la sua stanza.

- Ti piace? –

- C’è da chiederlo? – esclamò Ron mentre posava i suoi occhi sugli oggetti personali di Hermione. – Davvero hai letto tutti questi libri? –

Hermione annuì energicamente.

- La cosa ti sorprende? –

Ron si voltò a guardare Hermione come se fosse un’esemplare  di una rara razza magica in via d’estinzione.

- Tu mi sorprendi. Ogni giorno di più. –

Hermione arrossì appena e abbassò lo sguardo, mentre quello di Ron si posava su una cornice in cui Ron scorse i primi segni di magia, considerando che tutte le altre foto che aveva visto fino a quel momento erano statiche. I soggetti questa volta si animavano, all’interno della cornice, cosa che per lui era la normalità. La foto, scattata ad Hogwarts, ritraeva lui, Harry, Hermione e Ginny colti nel bel mezzo di una simpatica conversazione, al tavolo di Grifondoro. Nessuno a quanto pare, si era accorto che qualcuno aveva scattato quella foto, perché era tremendamente naturale. Ron, dai suoi capelli, dedusse che risaliva a due anni prima, precisamente quando si trovavano al sesto anno, ma non seppe riconoscere il momento esatto in cui fu scattata. La scena vedeva lui parlare in toni animati, rivolto verso Harry che, aveva l’aria divertita probabilmente per quello che Ron stava dicendo, ma lo sguardo era rivolto a Ginny, che era intenta ad osservare il fratello ridendo. Hermione, seduta dall’altro capo del tavolo, di fronte a Ginny e accanto ad Harry, sorrideva appena, ma dalla sua espressione sembrava come se non stesse ascoltando i divertenti discorsi dei suoi amici; si limitava ad osservare Ron, con uno sguardo che appariva malinconico. Ron osservò attentamente quella foto, così vera, e rise tremendamente quando notò che dietro la testa di Harry si scorgeva l’immagine di Neville, che camminava dietro di lui, con un’espressione assurda.

Ron rimase a lungo ad osservare la foto, e poi si voltò verso Hermione, con uno sguardo interrogativo.

- E’ del sesto anno. – gli confermò lei. Colin Canon la scattò per la sua solita mania di fotografare Harry. Quando la vidi, e notai che c’ero anch’io, gli chiesi se potevo tenerla. Dopo tutto lui di foto di Harry ne aveva così tante, ed accettò. Ma… la cosa che davvero mi colpì di questa foto è che parla di una verità che allora era ancora a noi sconosciuta, e che oggi è il nostro presente. Non trovi? –

Ron si soffermò di nuovo sulla foto, e dovette riconoscere che Hermione aveva ragione. In verità, non ci aveva mai fatto caso, ma il modo in cui Harry scrutava silenziosamente Ginny, e Hermione guardava lui, erano in realtà segni dei sentimenti che provavano. Quella foto aveva colto il perfetto attimo della manifestazione delle loro emozioni, e lui non si era mai accorto di niente.

- E’ spettacolare. – disse infine. – Certo, ci dice anche che Neville sa fare delle smorfie incredibili. – aggiunse ridendo.

Anche Hermione rise, e poi si avvicinò a Ron che si era buttato pesantemente sul suo letto. Era tremendamente stanco.

- Credo che tra poco si ceni. – gli disse Hermione a titolo informativo, e si sedette accanto a lui.

Ron emise come un grugnito in tono di assenso.

- Ovviamente hai considerato il fatto che stando due giorni a casa mia, si sarebbe presentata l’inevitabile prospettiva di pranzare e cenare con i miei genitori. –

- Certo, è stata una delle prime cose a cui ho pensato. – ammise Ron. – Solo che… - aggiunse, ma si fermò, in tono meditativo.

Hermione lo scrutò, curiosa. Il viso di Ron si era oscurato.

- Solo che…? – lo incentivò a continuare.

- Stavo pensando… -

- Mmh? –

- Com’è questa cosa che parli sempre di Harry? – si liberò, infine, voltandosi verso Hermione.

La ragazza abbassò lo sguardo, quasi esasperata, e sospirò.

- Dovevo immaginarlo che fosse una cosa del genere. Mi era parso strano che tu non lo avessi notato. –

- Beh, scusami! Tuo padre a stento sa chi sono e come mi chiamo, ma in compenso, parti tanto di Harry che è quasi come se lo conoscessero. Sembra che io sia un fastidio, ma morivano dalla voglia di avere lui come ospite. Ne deduco che non ho una buona pubblicità che mi precede. –

Ron aveva alzato un po’ il tono della voce, ed Hermione si alzò, stizzita.

- Non puoi essere geloso del tuo migliore amico! –

Ron boccheggiò ma si riprese in fretta.

- Sono geloso del fatto che la mia ragazza si vergogni talmente di me, che non trovi nemmeno interessante parlare del sottoscritto con i proprio genitori. Certo, è Harry, il figo del gruppo, è normale. –

Hermione sembrava sconvolta da ciò che Ron stava dicendo, e stentava a crederci.

- Se mi vergognassi di te, non ti avrei portato a casa mia per presentarti ai miei genitori. Cosa vuoi che gliene importi a loro, del successo, della fama… non sanno nemmeno chi è Voldemort, e figurati se conoscono le distinzioni sociali tra maghi. Non vedo quale sia il tuo complesso di inferiorità, sinceramente. Ma – e sembrò fermarsi per un attimo, ma decise di continuare la frase – ma alla fine è sempre lo stesso discorso. –

- Cioè? – chiese curioso Ron.

- Questo Ron! Questo è il discorso. Hai un complesso di inferiorità verso Harry, e laddove c’è lui, tendi ad ingigantire le cose più di quanto non lo siano. –

Anche Ron si alzò in piedi.

- Ingigantire le cose? Scusami se mi dà un po’ fastidio che la mia ragazza ne parli più di quanto non parli di me! –

Hermione scosse il capo, e si voltò su stessa muovendo qualche passo lungo la stanza. Ron la seguì.

- Ma allora non vuoi proprio capire! –

- Cosa Hermione? Cosa c’è da capire? – chiese lui, sempre più nervoso.

Lei si voltò di scatto verso di lui.

- SCUSAMI TANTO, RON, SE TENDO A TENERE PER ME LE COSE CHE AMO DI PIU’ PERCHE’ NE SONO GELOSA! E COMUNEMENTE NON E’ CHE VADO A SPIATTELLARE AI MIEI GENITORI QUANTO SONO INNAMORATA DI UNO STUPIDO COGLIONE CHE INVECE SI FERMA SOLO ALLE APPARENZE! –

Hermione aveva urlato con tutta la rabbia che aveva in corpo, strinse i pugni, e le lacrime le rigarono il viso. Come ritorno a casa, non fu proprio un successo.

- E adesso ti pregherei di uscire dalla mia stanza. – concluse Hermione.

In seguito alla sfuriata di Hermione, Ron parve essersi reso conto di aver esagerato, e di aver tormentato la sua ragazza con assurde paranoie e gelosie, nonostante lei gli desse tutte le dimostrazioni di fiducia necessarie.

- Hermione… - disse debolmente, avvicinandosi, ma lei rimase impassibile, con lo sguardo ardente fisso su di lui.

- Ho detto fuori! – scandì ogni parola.

Ron abbassò il capo, con l’espressione di un cane bastonato. Si voltò, andando verso la porta, raccolse il suo bagaglio ed uscì richiudendo la porta alle sue spalle.

 

**

 

Ron uscì dalla camera di Hermione con un’espressione abbattuta, mentre richiudeva la porta alla sue spalle, notò Grattastinchi corrergli tra le gambe. Non aveva idea di quale fosse la stanza messa a disposizione per lui dai signori Granger, ma vide che il gatto che tanto odiava, gli stava facendo strada. La piccola palla di pelo rossa s’intrufolò in una stanza, sulla destra, in fondo al corridoio. Ron immaginò che in una delle altre due stanze chiuse ci dovesse essere la camera dei genitori di Hermione. Sorvolò su quel suo ultimo pensiero, e si fidò di Grattastinchi, aprendo completamente la porta che il gatto aveva scostato appena. Si ritrovò in una camera singola piuttosto accogliente, alla sua destra un balcone che dava su una tranquilla stradina di quartiere; le ante erano aperte e un leggero venticello scostava le tende. Di fronte a lui un letto, in ferro battuto, dalle curve elaborate e delle lenzuola verde acqua che si intonavano all’azzurro delle pareti. Un comodino classico, con un’unica gamba in ferro che si divideva in tre piedi, anch’essi ricurvi; mentre alla sua sinistra c’era un enorme cassettone, con uno specchio molto grande.

Lasciò cadere la sua borsa sul pavimento, e senza neanche preoccuparsi di chiudere la porta, si gettò senza forse sul letto. Un attimo dopo Grattastinchi balzò miagolando, accanto a lui.

 

**

 

Passò circa un quarto d’ora, o almeno, così immaginava, dal momento che per un attimo era caduto in un sonno profondo. La signora Granger era in piedi, con una mano poggiata sulla porta, e lo osservava con un dolce sorriso stampato sul volto.

- Scusami caro, ti ho disturbato? – chiese dolcemente.

Ron cercò di apparire più sveglio possibile mentre si rimetteva in piedi, stropicciandosi gli occhi.

- Oh, no… non si preoccupi. Sono solo un po’ stanco. –

La donna sorrise nuovamente.

- La cena è pronta. Hermione è già di sotto. –

Quella fu un’informazione che avrebbe preferito non ricevere. Sarebbe dovuto entrare in sala da pranzo, da solo, agli occhi di suo padre, con Hermione che molto probabilmente lo stava ancora detestando; la cosa lo rendeva terribilmente nervoso. Si sarebbe sentito senza ombra di dubbio sotto osservazione, e probabilmente avrebbe combinato qualche altro danno.

Annuì debolmente, e mentre pensava a queste cose seguì la signora Granger, cercando almeno di nascondersi dietro di lei.

 

**

 

Purtroppo le loro strade si divisero al termine delle scale, poiché la madre di Hermione si diresse in cucina, e a lui spettava attraversare il salone da solo, e sedersi a tavola. Lanciò uno sguardo al tavolo, già perfettamente apparecchiato, e con una tovaglia di un bianco candido; ed ebbe un tuffo al cuore quando vide che Hermione non c’era. C’era solo suo padre, che si teneva gli occhiali con una mano mentre con l’altra reggeva un libro aperto, su cui ogni tanto annotava delle cose a matita. Ron si avvicinò molto timidamente, e salutò con piccolo cenno. Edward posò il libro e si tolse gli occhiali appena lo vide.

- Oh, Ron. Prego, siediti. Non fare complimenti. – disse in tono molto educato.

Ron prese posto timidamente, di fronte a lui. Suppose che fosse meglio averlo di fronte, che non a fianco. Calò inevitabilmente il silenzio, un silenzio che Ron sperò si spezzasse subito con l’arrivo di qualcuno, e per sua fortuna fu proprio così. Hermione uscì dalla cucina portando un grande vassoio, seguita da sua madre, con una pentola fumante.

Ron lanciò a Hermione uno sguardo curioso, indagatore, per cercare di capire se la ragazza potesse ancora avercela con lui. Lei non rispose al suo sguardo, posò il vassoio in tavola, e si sedette alla sua destra, mentre la madre prese posto di fronte a lei e cominciò a distribuire le porzioni di zuppa nei piatti.

- Spero ti piaccia tutto Ron. – disse sempre sorridendo la donna.

Ron sembrò sciogliersi, quando si parlava di cibo era a suo agio.

- Oh, non si preoccupi signora Granger, sarà senza dubbio tutto delizioso. E poi quando si tratta di cibo, non so dire proprio di no. –

Ron notò uno strano sorriso del padre di Hermione, ma non riuscì ad interpretarlo.

- Allora… buon appetito. – esordì Edward, e gli altri lo seguirono in coro.

 

**

 

La cena fu piuttosto tranquilla, Hermione non incrociò mai lo sguardo di Ron, che invece lo cercava spesso. Si parlò di argomenti che Ron ignorava, affari da babbani, a cui non se la sentì di partecipare, fin a che non fu chiamato direttamente in causa, quando si era ormai già al dessert.

- Allora, Ron… dimmi… come ti sembra questo mondo ora che ci sei a contatto così da vicino? Com’è trovarsi dall’altra parte? –

Ron strofinò le mani sui jeans.

- Devo ammetterlo. Piuttosto strano. – ammise nervoso.

- E’ solo questione di abitudine. – disse sorridendo il signor Granger – Guarda Hermione come si è abituata bene al vostro mondo. –

A Ron sembrò strana quell’ultima osservazione.

- Beh, è il suo mondo. – disse, senza temere di commettere errori o qualcos’altro. Si sentiva dalla parte della ragione. – Hermione era già una maga perfetta quando l’ho conosciuta. Non si sarebbe mai detto che provenisse da una famiglia di babb… non-maghi. –

Hermione alzò per un attimo gli occhi verso di lui; ma fu solo un attimo.

- Proprio perché ha dimostrato di sapersi integrare con grande velocità. – disse Edward, con uno scintillio negli occhi.

Era una provocazione, ma Ron non poteva e non voleva controbattere. Avrebbe compromesso ancora di più la sua posizione con Hermione. Tacque, e fortunatamente fu la madre di Hermione a rompere la tensione.

- Gradisci un altro po’ di dolce, caro? –

Ron sembrò cascare dalle nuvole, e poi scosse il capo debolmente.

- Oh, no, no. Grazie. Era tutto ottimo, davvero. Complimenti. –

La donna sorrise, e poi si rivolse a sua figlia.

- Ah, Hermione, cara, visto che sei appena tornata e tra poco già ripartirai, io e tuo padre ci siamo presi la briga di organizzare un pranzo in famiglia. Non vedono l’ora di vederti… tutti quanti. Soprattutto Zio Morgan. –

Il mondo crollò nuovamente su di Ron. Pranzo in famiglia? Non era sicuro che sarebbe riuscito a sopportarlo. Hermione sembrava raggiante.

- Davvero? Oh, sì, non vedo l’ora! E’ passato talmente tanto tempo. –

Nessuno parlò per qualche secondo, ed Hermione decise che era giunta l’ora di congedarsi.

- Allora forse sarà meglio che noi andiamo, così saremo riposati per domani. Il viaggio ci ha stancati molto. –

- Oh, sì ragazzi, andate pure. – fu il permesso della madre.

Hermione non aveva fatto alcun cenno a Ron, ma dal momento che aveva parlato al plurale, e che lui non vedeva l’ora di alzarsi da quel tavolo, si precipitò subito dietro di lei, seguendola lungo le scale.

 

**

 

Salirono le scale lentamente, in silenzio, Ron osservava Hermione dal basso facendo attenzione a non muoversi troppo velocemente, finendo così per travolgerla. Lei non si voltò, fino a quando non furono di fronte alla porta della sua stanza.

- Hermione… - sussurrò Ron, appena.

Lei emise un grosso sospiro, e si voltò appena per un attimo.

- Buona notte. – disse, ed aprì la porta, intrufolandosi nella sua stanza.

Ron cercò di fermarla, e ci si precipitò contro.

- No, Hermione, aspetta! –

Purtroppo la ragazza fu più veloce, e chiuse la porta prima che Ron potesse bloccarla. Rimase qualche secondo ad osservarne la superficie bianca e levigata, e poi si voltò amaramente per raggiungere la sua piccola stanzetta azzurra. Un attimo dopo sentì Grattastinchi grattare su una superficie di legno, si voltò e lo vide in attesa davanti alla porta di Hermione, la porta si aprì per permettere al gatto di entrare, e si richiuse subito dopo. Ron emise un ennesimo sospiro, dopodiché chiuse la porta, e si abbandonò sul letto, addormentandosi all’istante.

 

**

 

La mattina seguente il risveglio fu brusco, ma per Ron tremendamente piacevole. La prima cosa che vide non appena aprì gli occhi fu il cuscino che gli era arrivato in faccia.

- Alzati Ron, è tardissimo! Tra poco saranno tutti qui! –

Era la voce nervosa di Hermione, che lui conosceva molto bene. Scostò il cuscino e vide la ragazza agitarsi freneticamente e frugare nel suo zaino, dal quale stava tirando fuori tutto il contenuto.

- Accidenti, ma non ti sei portato niente di più… adatto? – disse lei voltandosi pretenziosa verso di lui.

Ron scosse appena il capo, non capendo nemmeno cosa lei intendesse dire.

- Bu… Buongiorno anche a te, Hermione. – disse, ancora un po’ stonato.

- Buongiorno, sì. – disse acidamente.

Si voltò a guardarlo, e vide che Ron se ne stava comodamente sdraiato, non concependo la gravità della situazione. – Alzati! – lo invogliò lei ancora una volta.

Ron questa volta eseguì.

- Avanti… fatti una doccia e vestiti. – disse, premendogli contro il petto i vestiti più normali che era riuscita a trovare nello zaino.

Ron raccolse il pacco di indumenti e restò per qualche attimo fermo nel fissare Hermione.

- Mmh? – fu il verso di lei, che non riusciva a concepire perché mai Ron non si fosse ancora dato una mossa.

- Questo significa… che abbiamo fatto pace? – chiese, speranzoso lui.

Hermione sospirò, e gli diede uno strattone.

- Ronald! – lo ammonì, e lui questa volta prese la via della porta.

- Va bene, va bene. Ho capito. Dov’è il bagno? –

- La prima a sinistra. – disse lei, sempre un po’ acida, ma poi scoppiò a ridere vedendolo così impacciato e ancora intontito mentre cercava di aprire la porta del bagno.

 

**

 

Venti minuti dopo, Ron uscì dal bagno perfettamente in ordine. Hermione, nel frattempo, aveva rimesso a posto tutte le cianfrusaglie che aveva sparso per la stanza.

- Allora? – chiese appena varcò la porta. – Come sto? –

Hermione alzò lo sguardo verso di lui. Ron aveva un paio di pantaloni neri, con sopra una camicia bianca, ed Hermione gli aveva procurato anche una cravatta. Non sarebbe riuscita ad immaginarselo più sexy di come le apparve in quel momento. Solitamente, anche quando occasioni importanti lo richiedevano, Ron appariva in vesti “eleganti” da mago, e quindi la maggior parte delle volte vestiva in modo bizzarro, fatto sta che per colpa di sua madre si era ritrovato spesso ad indossare vestiti fin troppo inusuali anche per il mondo magico. Questa volta, invece, era lì di fronte a lei vestito come un vero gentiluomo, e per la prima volta Hermione scopriva un lato di lui che aveva sempre celato, e che le piaceva terribilmente.

Ron, di fronte al silenzio di Hermione, si scoraggiò.

- Faccio così schifo? –

Hermione sorrise leggermente, e scosse il capo. Si alzò ed andò verso di lui.

- Assolutamente. – aggiunse, e con questo si alzò sulle punte per baciarlo.

 

**

 

Pochi minuti dopo i due scesero al piano di sotto, dove poterono scorgere in camera da pranzo una lunga tavolata perfettamente apparecchiata.

- Dimmi un po’, Hermione – bisbigliò Ron – quante persone devono venire? –

Hermione si fermò un attimo, e diede l’idea di passare in rassegna dei nomi.

- Allora, diciamo… nove! Sì, nove in tutto. –

Ron ebbe l’ennesimo infarto.

- Vogliamo parlare della tua famiglia? – chiese lei in tono allusivo.

- No, è che… dovrò conoscerli… tutti… così… in una volta… ecco… sono nervoso. –

Lei sorrise.

- Beh, prima o poi dovrai pur conoscerli, se pensi di sposarmi. –

E detto questo, sorridendo maliziosamente, Hermione si allontanò, lasciando Ron sulle scale come un allocco, a riflettere su quella sua ultima frase.

 

**

 

Le nove persone erano composte da: i nonni materni, la zia materna, single e madre di tre ragazzini dai nove ai tredici anni; e lo zio Morgan, fratello di Edward, con sua moglie e suo figlio, di quindici anni. Ron osservò attentamente la situazione prima di essere presentato. I nonni davano l’idea di essere simpatici; lui sembrava un po’ rintronato ma sicuramente più lucido di lei, che dava l’idea di essere un po’ troppo fastidiosa. Sembravano una di quelle coppie che si sono amate tanto ma che, allo stesso tempo, hanno passato la vita a “sopportarsi”, tanto è vero che il nonno di Hermione protestava ad ogni cosa che la moglie diceva, dandole della pesante; lei in tutta risposta lo chiamava rimbambito. Davano vita a scene molto divertenti. La zia di Hermione, sorella della madre, aveva lunghi capelli biondi, ed un fisico esile, per aver partorito tre bambini, due maschi e una femmina. A Ron diede l’impressione di essere una brava donna, anche abbastanza simpatica. Quello che lo mise in soggezione, invece, fu zio Morgan. Aveva un aspetto comune, capelli corti neri, un viso tondo e un paio di occhiali dalla montatura sottile. Indossava un vestito gessato grigio, e una cravatta bordeaux, che Ron pensò stonasse assolutamente con tutto il resto. Eppure, dava l’idea di essere una persona molto seria. La moglie, una donna minuta, molto magra, con un vestito viola, sembrava invece vivere all’ombra del marito; come di una donna che non ha nemmeno la libertà di pensiero, se non ha prima consultato il proprio consorte. Il figlio, quindicenne, era molto buffo, e non sembrava nemmeno essere figlio di suo padre. Indossava una T-shirt nera con uno strano disegno sopra, fatto di fiamme e draghi, con una scritta (Ron non poteva sapere che era il nome di un famoso gruppo metal), aveva un berretto nero, con bordi bianchi, e un jeans scuro, molto largo, con catene e borchie e un cavallo che arrivava alle ginocchia, per concludere con un paio di scarponi da ginnastica che potevano essere di tre numeri in più.

Finito il giro di presentazioni, in cui Ron ricevette una vera e propria stritolata di mano da zio Morgan, tutti si accomodarono in sala da pranzo. Inizialmente tutto cominciò in un’atmosfera molto pacata, e divertita, tra gli schiamazzi e le chiacchiere dei parenti che non si vedono da tanto tempo. A Ron piaceva quel clima familiare, ma improvvisamente una fitta allo stomaco lo stravolse, ed avvertì la nostalgia della sua famiglia, dei suoi fratelli. Ad ogni modo, il suo silenzio continuò, dal momento che molte delle cose di cui parlavano, non le poteva comprendere. Ma ancora ignorava che presto sarebbe stato chiamato in causa.

- Quindi tu… sei un amico di Hermione. – si interessò zio Morgan, prendendo la parola.

- Oh… sì… sì. – annuì Ron, piuttosto nervosamente.

- Solo amico? – continuò lo zio, sorridendo e mandando un’occhiata allusiva a Hermione, che abbassò il capo.

- Morgan, andiamo. – fu l’ammonimento, divertito, della zia single. Lei, al contrario della moglie, sembrava non temerlo.

- Beh, era solo una curiosità la mia. – ammise Morgan, portandosi indietro con la schiena, fino a diventare un tutt’uno con lo schienale.

Hermione in quel momento alzò il capo, senza neanche dare il minimo preavviso a Ron.

- No, in effetti no. – disse, risoluta. Lo sguardo fiero, fisso su suo zio.

La forchetta cadde dalle mani di Edward, e fece risuonare il suo tintinnio nel solenne silenzio che seguì quell’affermazione.

- Ron è il mio ragazzo. – aggiunse Hermione, sempre più decisa.

Dopo lo stupore generale, Morgan sorrise ancor di più, e cominciò a guardare Ron con aria divertita.

- Oh, bene… bene… - disse portandosi di nuovo avanti.

- E’ così un bel ragazzo, sono contenta, sono proprio contenta. Brava nipote mia, sai scegliere! – fu il commento, del tutto fuori luogo, della nonna.

Ron sorrise, imbarazzato, e insieme a lui anche altri commensali. Zio Morgan, intanto, continuava a scrutare Ron, piuttosto interessato.

- E sentiamo Ron, anche tu, come Hermione, ti sei diplomato a pieni voti? Suppongo di sì, visto che frequenti mia nipote. –

Ron ebbe un attimo di titubanza, attimo in cui Morgan ricevette altri ammonimenti.

- Cosa c’è? Che cos’ho detto? Mi interesso soltanto della vita di mia nipote! – e si rivolse a suo fratello – A te non interessa? Edward? –

Edward rimase in silenzio, e Ron ancora si asteneva dal rispondere. Continuava a sfregare le mani sul jeans, nervosamente.

- Allora? – incalzò zio Morgan.

- Ron eccelle in quello che fa. – affermò Hermione a gran voce.

Zio Morgan si voltò con aria stupita verso sua nipote. – Oh! – fu il suo commento.

- E non ha bisogno di votazioni. – aggiunse poi la ragazza.

- Figlia mia… - disse pacatamente lo zio, come se volesse biasimarla, e poi tornò a rivolgersi a Ron – E i tuoi genitori, che professione svolgono? –

Hermione scoccò un’occhiata di fuoco a suo zio, e poi si voltò a guardare Ron, che appariva sempre più impacciato.

- Beh… mi-mia madre non lavora… -

- Oh molto bene. – esclamò divertito Morgan.

- …si …si occupa di noi. – continuò Ron – Siamo cinque fratelli ancora a casa, se non consideriamo Bill che si è sposato da poco, e poi c’è mio padre. Insomma, lavora più lei di tutti noi. – ammise tranquillamente Ron.

Zio Morgan sembrava alquanto interdetto.

- Quanti figli, scusa? –

- Set… sei. In verità sette. –

- Bah! – esclamò Morgan, sotto gli occhi accigliati di tutti i presenti – E tuo padre? –

- Lavora al Ministero! – disse Ron, di getto, senza pensarci.

- Oh… un politico. – osservò zio Morgan. – Eh beh potevi dirlo subito. Mi stupirei se la moglie di un politico lavorasse. Ma non ti vedo poi così sicuro. Ministero? Weasley… mai sentito. Bisogna vedere che occupazione svolge… Dico, lavora al Ministero ma potrebbe pulire anche… -

Ma zio Morgan non completò la frase, perché Hermione lo interruppe con violenta decisione.

- BASTA COSI’! Ho ascoltato fin troppo! E abbiamo veramente superato i limiti! –

I presenti posarono lo sguardo su Hermione, che appariva ferma e rigida, e soprattutto, davvero arrabbiata, ma nessuno ebbe il coraggio di controbattere.

- Che cosa stiamo insinuando? A che prove volete che si sottoponga per poter essere accettato quale mio ragazzo? Credete che forse io sia ad un gradino più elevato rispetto a lui? Beh, vi sbagliate di grosso, perché Ron ha tutte le carte per mettermi in seria difficoltà, per la sua passione, per la sua abilità innata, per il suo coraggio. I libri, i buoni voti, non possono competere con queste cose. Se poi volete metterlo in difficoltà per la sua estrazione sociale, beh, vi ricorderei che non potete giudicare una persona non conoscendola. Inoltre, vi posso assicurare che la famiglia di Ron si è rivelata essere di gran lunga migliore di questa, dal momento che mi hanno accettato in casa loro per anni. Sua madre mi considera come una figlia, e sono stati semplicemente felici di sapere che io e Ron stavamo insieme. Non potevate anche voi partecipare alla nostra felicità, piuttosto che inscenare questo… processo?! Ripeto, Ron è il mio ragazzo, ed io l’ho scelto come tale, e non mi interessano i soldi, o la famiglia, o le ambizioni, la carriera e il resto, perché io lo amo, e questo basta a rendermi soddisfatta, e poi sono sicura che avrà una brillante carriera, perché sa quello che vuole, e questo mi rende già tanto orgogliosa di lui, che non ho altro da desiderare. Ho tutto ciò che di cui ho bisogno, e non sarà di certo la famiglia Granger a sottrarmelo, o a dirmi che questo non va bene per me; perché è ciò che ho scelto, ed è ciò che voglio. Ed ora scusatemi. –

E detto questo posò violentemente il suo tovagliolo sul tavolo, ed uscì di corsa dalla sala da pranzo. Tutti coloro che erano seduti al tavolo si guardarono con espressioni sconcertate e perplesse. Lo stesso Ron non sapeva cosa fare. Dopo qualche secondo fu la madre di Hermione ad alzarsi, e a correre dalla figlia. Anche gli altri invitati, comprendendo che il pranzo era ormai finito, si alzarono, e si dedicarono ciascuno a una propria attività. Ron decise di andare a controllare che Hermione stesse bene, e si allontanò sotto lo sguardo vigile di Morgan. Si avvicinò all’uscio della porta della cucina, e lì sentì le voci di Hermione e sua madre.

- Tesoro… - era la voce della madre – Io ero convinta che… tra te e Harry… -

- NO! – esclamò Hermione decisa. – No, mamma, no! Harry è il mio migliore amico, ma no… Ron è… Ron è… -

Ron capì che Hermione era ancora sconvolta dalla sfuriata appena fatta.

- Eppure, ne parli sempre. – disse la madre. – Ero convinta che prima o poi ce l’avresti presentato, perciò mi sono stupita del fatto che avessi portato Ron. –

Hermione sospirò, stremata.

- E’ stato tutto un disastro. – disse amareggiata. – Ma perché? Perché doveva accanirsi contro di lui? Lui che cosa ne sa di noi? Che cosa ne sa di quello che abbiamo subito? Soprattutto, che cosa ne sa di me? Si vanta tanto del fatto che sua nipote abbia preso ottimi voti, ma non sa nemmeno che cosa ho studiato in questi anni! Ma poi… metterlo così in difficoltà, un ragazzo. Cosa voleva dimostrare?

- Lo so, tesoro, lo so. Ma non dargli peso. A me Ron piace, davvero. –

Ron scorse un po’ il capo all’interno della cucina, e vide la madre afferrare Hermione per le braccia, e chinarsi verso di lei per guardarla negli occhi.

- E’ talmente adorabile. – continuò la donna. – E poi è così imbarazzato, tiene sempre gli occhi bassi, e quella volta che gli alza è soltanto per guardarti. Fidati, ieri sera ho notato che lo faceva parecchie volte. Credo che sia proprio innamorato, non può fare a meno di non seguirti con gli occhi, e questa è una cosa meravigliosa. Poi, il fatto che appartenga al mondo magico, credo che sia solo un bene per te, perché è il tuo mondo, figlia mia, e il tuo posto non può essere che accanto a uno di loro, e se deve essere Ron, che ben venga. La sua famiglia ti ha accolto da quando avevi dodici anni, e sono stati così buoni sia con te, che con noi, senza disprezzarci perché magari noi non siamo maghi. Ha tanti di quei lati positivi. Sono sicura che è un ragazzo splendido. Poi da quello che ho capito, ti fa divertire, e questa è un’altra cosa fondamentale in una relazione. Se ne sei innamorata, allora non temere il parere degli altri. Non lasciare che niente smonti quello in cui credi. –

Hermione guardò la madre in silenzio, e poi sorrise.

- Sì, hai ragione. Ma non temere, non mi lascerò abbattere da niente e da nessuno. Non ci sono abituata. E comunque sì, ne sono davvero innamorata. –

La madre sorrise, ed abbracciò Hermione più forte che poteva.

Ron, che era in piedi fuori dalla porta della cucina, si sentì talmente felice ed appagato in quel momento che avrebbe quasi urlato. Il suo istinto primordiale era quello di irrompere nella stanza, correre da Hermione e baciarla, ma era meglio non farle scoprire che aveva origliato tutto. Anche la scoperta di aver conquistato la madre di Hermione lo rendeva immensamente felice, dal momento che non se l’aspettava minimamente. Sentì lentamente i passi di Hermione e della madre avviarsi verso la porta, e scattò velocemente verso la sala da pranzo, dove gli altri erano rimasti in attesa di qualcosa, a rigirarsi i pollici, a guardare fuori dalla finestra, ad osservare le foto sulla mensola del caminetto, a giocare con la forchetta, a fissare l’aria, o a giocare a rincorrersi per il salone (cosa che facevano i ragazzini). Lo zio Morgan, che era in piedi di fronte al camino, e aveva in mano una piccola anfora di ceramica, si voltò avvertendo lo spostamento d’aria, e vide Ron avviarsi a passi decisi verso la sedia che aveva occupato per l’intera durata del pranzo. Posò l’anfora, si mise le mani in tasca, guardando entrare poco dopo sua nipote e sua cognata. Nessuno parlò per qualche istante, fin quando Edward, che era rimasto seduto al suo posto giocando con le posate, si alzò e guardò tutti i presenti.

- Credo che… qualcuno debba ricevere delle scuse. – disse e il suo sguardo si posò sul fratello, che restava fermo e impassibile, sempre tenendo le mani in tasca.

Morgan contorse appena le labbra, e Ron dopo aver visto la sua espressione si voltò verso Edward, che era alla sua sinistra, e alzò un braccio verso di lui, per indicargli di non preoccuparsi.

- Non si preoccupi, signor Granger, non è niente davvero. Non è dovuto a… -

Ma non terminò la frase, perché Edward prese di nuovo la parola.

- Mi dispiace interromperti, ragazzo, ma non sono assolutamente d’accordo. Tutto ciò che avviene sotto il mio tetto non deve in alcun modo… e ripeto… in alcun modo… turbare la serenità di mia figlia, né tantomeno giudicare le sue scelte. E, quando dico mia figlia, mi riferisco a tutto ciò che a lei è annesso, tutto ciò che le appartiene. Dunque anche tu, Ron, nel momento in cui sei entrato in questa casa, accanto a lei, sei diventato parte di questa famiglia. E non tollero, in alcun modo, che nessuno… nessuno, sia esso anche il mio caro fratello, offenda i componenti di questo nucleo familiare. – e detto questo fissò negli occhi suo fratello, che continuava a rimanere immobile con la sua aria da spaccone – Hai sbagliato Morgan. Mi hai deluso, molto deluso, davvero. –

Morgan alzò un sopracciglio, indifferente.

- Mi preoccupo soltanto per il bene di mia nipote, tua figlia… –

- MIA figlia hai detto bene! So che l’adori da quando è nata ma non è figlia tua, quindi con chi vuole fidanzarsi non sono affari che ti riguardano. Il fatto che tu non sia riuscito ad essere un buon padre non ti dà di certo il diritto di tentare di giocare a fare il genitore con i figli degli altri. – concluse risoluto Edward.

Morgan fece altre caratteristiche smorfie, dopodiché si voltò verso sua moglie, seduta sua una poltroncina.

- Margaret, raccogli le tue cose, ce ne andiamo. – e tornò a guardare il fratello – Il tuo caro fratello… - disse sottolineando le parole di Edward, e dopo assunse un’espressione di superiorità - …non ho davvero parole. –

Con aria fiera lasciò il salotto, seguito dalla moglie e dal figlio, e pochi istanti dopo si sentì lo sbattere della porta di casa, e poi il rombo di un motore che s’allontanava a gran velocità.

- Finalmente se n’è andato! – fu il commento liberatorio della zia materna di Hermione.

Edward si voltò verso Ron con aria rammaricata.

- Davvero, scusami di nuovo. Non volevo… -

Ron alzò entrambe le mani…

- Non davvero, non ha nulla di cui scusarsi. –

Hermione, in un angolo del salotto, accanto a sua madre, sorrise compiaciuta. Il padre si voltò verso di lei, e le si avvicinò lentamente, le passò una mano sulla testa dolcemente, dopodiché le baciò i capelli. Hermione abbassò appena il capo per ricevere quel gesto d’affetto.

- L’importante è che tu sia felice, tesoro mio. – concluse Edward, ricevendo in cambio un grande abbraccio da parte di sua figlia.

Un applauso si sollevò dalla zia materna, che osservava lo spettacolo così come si guarda un film romantico.

- Tutto bene quel che finisce bene. – fu il suo motto di saggezza.

Ron la guardò e sorrise, lo metteva di buon umore. Intanto Edward tornò di nuovo a guardarlo, e gli si avvicinò.

- Ron, volevo dirti che, quello che ho detto prima a mio fratello, è tutto vero. Il fatto che tu sia legato a mia figlia ti rende parte di questa famiglia, è un’autentica verità, quindi ti do ufficialmente il benvenuto. – disse tendendogli la mano, che Ron strinse – E mi raccomando, trattemela bene la mia principessina. –

- Può contarci, signor Granger. – disse Ron, sorridendo e terribilmente sollevato per come erano andate le cose.

 

**

 

La giornata trascorse lentamente, fino ad arrivare al primo rinfrescarsi della sera. La zia single, i suoi tre figli e i nonni abbandonarono casa Granger qualche ora più tardi l’acceso litigio con l’austero Morgan. Ron e Hermione rimasero a lungo a conversare con i genitori di lei. Ron si era ormai sciolto, e si trovava a proprio agio, dopo che l’atteggiamento dei genitori di Hermione era cambiato nei suoi confronti e non era più intimidatorio. Raccontò loro molte cose, del suo mondo e della sua famiglia, cose che Hermione ovviamente già aveva provveduto a narrargli, ma con un entusiasmo diverso. Edward fu molto entusiasta di ascoltare i racconti del Campionato del Mondo di Quidditch da un vero e patito tifoso, ed espresse il desiderio di poter vedere qualche vera partita. Hermione, che non prendeva parte a quelle discussioni sportive, si entusiasmò soltanto quando si perse nell’elogio della bravura di Ron come portiere, ed Edward ne fu molto orgoglioso. La signora Granger, invece, fu molto colpita dagli aiuti domestici usati dalla signora Weasley, e avrebbe tanto voluto usufruirne. Le risate e gli scherzi durarono fino a sera tarda, e dopo cena, Ron e Hermione, finalmente salutarono i due genitori, e si spostarono in veranda. Era una bellissima serata estiva, le stelle brillavano indisturbate nel cielo, e i grilli si sentivano nel loro vociare continuo e regolare.

- Sono contenta! E’ stata una giornata piena di emozioni! – esclamò Hermione sedendosi sull’altalena accanto a Ron.

- E che emozioni! – commentò ironico lui.

- Dai! Hai conquistato i miei genitori. Ti pare poco? – gli chiese lei sorridendo.

Ron si portò entrambe le braccia dietro la nuca, con fare compiaciuto.

- No, direi di no. –

Hermione emise un profondo sospiro, e si accoccolò sul suo petto sicuro e forte. Lui le cinse le spalle con un braccio.

- Hermione? –

- Mmh? –

- Io devo ancora chiederti scusa per… - esordì Ron, ma la sua ragazza gli impedì di continuare.

- Shh! – lo zittì. – Non voglio sentire una sola parola. So perché l’hai fatto, Ron. Conosco perfettamente il tuo stato d’animo, e in fondo, forse avevi anche un po’ il diritto di arrabbiarti, per cui non hai alcun bisogno di scusarti. –

Ron circondò Hermione con entrambe le braccia, e la strinse vigorosamente.

- Ron? – lo chiamò lei, questa volta.

- Cosa? – chiese lui.

Hermione rispettò una lunga pausa, e poi liberò la sua domanda.

- Tu credi che il nostro futuro sia come lo immaginiamo? Nel senso… staremo ancora insieme? –

Ron ebbe come un sussulto, ed Hermione, quasi avvertendolo, si alzò e lo guardò dritto in viso.

- Perché questa domanda? –

- Credo che siano domande che tutti si pongano quando hanno una persona importante al loro fianco. –

Ron attese qualche attimo prima di rispondere.

- Io credo che al momento non sia importante quello che sarà, quanto più quello che vogliamo. Ed io sinceramente vorrei che il nostro futuro sia esattamente come me l’immagino. Tu lo vorresti? –

Gli sorrise.

- Certo, più di ogni altra cosa. –

Hermione chiuse gli occhi, e si avvicinò per baciarlo, quando sentì la voce di suo padre dal salotto.

- Tesoro? Puoi venire un momento? Cos’è successo al televisore? Non funziona! Non dà più segni di vita. Sembra come essersi… non saprei… fulminato! –

Hermione sentendo quelle parole, aprì gli occhi, ed osservò Ron con aria divertita. Il ragazzo sembrava imperturbabile, ma era piuttosto stranito…

- Ron? Hai fatto esplodere tu il televisore? –

- Ehm… -

Entrambi scoppiarono in una sonora risata, mentre Hermione si avvicinava per baciarlo, e suo padre continuava ad imprecare per il televisore misteriosamente non funzionante. Era stata una giornata ricca di emozioni per entrambi. Per Hermione, messa di fronte ai suoi sentimenti, e alla prova di dichiarare apertamente ai suoi familiari di essere innamorata di uno dei suoi migliori amici. E per Ron, che era stato messo a dura prova da uno zio babbano, una prova che però aveva superato egregiamente, scoprendo poi che l’amore della sua ragazza era sincero, e non aveva in alcun modo bisogno di dubitarne. L’unico danno, non irreparabile, ma indubbiamente costoso, fu quello di aver fatto esplodere un televisore ma… quello era solo il minimo che poteva combinare un mago neo-diplomato in un’illesa casa babbana…

 

**

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