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Autore: NeverThink    18/04/2010    7 recensioni
Si dice che non ci sia niente di meglio dell’amore.
Si dice che l’amore elevi l’animo dell’uomo, ingentilendolo.
Si dice che l’amore ti trascina, ti travolge e ti sconvolge.
In fondo è vero, lo so perché l’ho provato.
Ma soprattutto si di dice che l’amore sia irrazionale…

[..] Poi ci sono giorni in cui, invece, non ti va di fare ciò che dovresti fare. Ed era ciò che stava succedendo a me in quel momento. Mentre con la mente mi perdevo in spazi infiniti, nel mare azzurro dei Caraibi, nella bianca e sottile sabbia della spiaggia, qualcuno bussò crudelmente alla porta. Riemersi dall’oceano di fantasia e immaginazione mi ero immerso ritornando alla realtà… che di certo non era tanto dolce ed assolata come quella dei Caraibi.
Ero steso sul piccolo divano, con la testa che penzolava dal bracciolo e spirali di fumo che si alzavano nell’aria. La luce della luna, pigra e chiara, filtrava attraverso il vetro, illuminando la piccola stanza.
Si, quello non era decisamente una spiaggia caraibica. Sospirai e spensi la sigaretta nel posacenere poggiato ai piedi del divano. [..]
[Non è Robsten... più o meno]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You could be my unintended
Choice to live my life extended
You could be the one I'll always love
You could be the one who listens to
my deepest inquisitions
You could be the one I'll always love
I'll be there as soon as I can
But I'm busy mending broken pieces
of the life I had before.
Muse, unintended.

 

 

Capitolo otto

Facile come respirare



«Buon giorno!» esclamai avvicinandomi a Rachel, da dietro. Il mio viso vicinissimo ai suoi capelli color della pece.
Lei sobbalzò e si voltò di scatto, allontanandosi di un paio di passi.
Soddisfatto sorrisi. «Ops, ti ho spaventata?» chiesi fingendomi preoccupato.
Rachel, con le mani poggiate sul petto, all’altezza del cuore, mi guardava con occhi sgranati a bocca spalancata. «No, certo che no. Ho solo finto.» ansimò.
Sorrisi. «Attrice magnifica.»
 Deglutì lisciandosi la maglia nera sul ventre piatto. Si riavviò i capelli ribelli e poi, chiudendo gli occhi per un attimo ed ispirando profondamente, tornò a guardarmi in volto. «Ma sei impazzito?» sbottò portandosi le mani sui fianchi.
Risi di gusto. «Ho detto che sarebbe accaduto.»
Rachel corrugò la fronte e aprii la bocca per replicare, alzando l’indice, ma la richiuse. La riaprì ancora e dopo qualche secondo, in cui trattenne il respiro e tenne la bocca spalancata, disse: «Credevo sarebbero dovute passare almeno un paio di settimane.»
Incrociai le braccia al petto. «E invece no. Cosa vuol dire?»
Lei arricciò le labbra prima di fissarmi confusa. «Che hai visto una gallina volare?»
«Sbagliato.»
«Era una mucca?»
«A far cosa?»
«A volare, genio.»
«Oh. No, no. Sbagliato. Che avevo ragione io.»
«Oh.» sussurrò annuendo piano con la testa e carezzandosi il mento. «No, non ho capito.»
Sbuffai ed iniziai a camminare dirigendomi verso la grande stanza per le prove. «Che sei stata tu a farmi impazzire per prima.»
Rachel sorrise e scosse lentamente il capo. «E’ ciò che tu credi.» disse e la sua voce parve celare concetti sconosciuti.
«Che intendi?» chiesi corrugando la fronte, d’un tratto serio.
Per alcuni secondi Rachel si fissò la punta delle scarpe da tennis logore, poi alzò lo sguardo mostrandomi un allegro e dolce sorriso. «Quanti caffè hai bevuto, Bob, oggi?»
Corrugai la fronte, confuso. «Questo non è lecito saperlo.»
«Dai, spara. A me puoi dirlo.» ridacchiò sbattendo le palpebre con fare civettuolo.
«Un… paio, credo.»
«Solo?»
«Okay, tre.»
«Ora spiega tutto». Rise.
Agitai le mani in aria. «C’è una giusta spiegazione.» annuii alle mie stesse parole.
«Cioè?» chiese portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e salendo la grande scalinata.
«Beh, sono in piedi dalle quattro e il caffè era l’unico amico capace di tenermi compagnia.»
«E ti sei alzato così presto per scorgere delle galline volere nel cielo mattutino?» ridacchiò.
«No, certo che no.»
«Giusto… erano mucche.»
«Ma come siamo simpatiche oggi.» ironizzai.
«Ma come siamo esaltati oggi.»
«Colpa del caffè, delle poche ore di sonno e di un amico in piena crisi.»
«Esistenziale?» chiese con tono preoccupato.
Feci un risolino, passandomi una mano fra i capelli e scuotendo il capo. «Sarebbe stata una buona ragione per svegliarmi alla quattro.»

Di scatto apro gli occhi.
Il cellulare sul comodino non fa che vibrare ed il suo rumore è terribile ed assordante. Mi perfora i timpani.
Impreco con voce impastata e allungo una mano. Non guardo nemmeno chi osa disturbare il mio sonno. Mi porto il cellulare all’orecchio, mentre affondo parte del mio viso nel cuscino.
«Pronto?» mugugno chiudendo gli occhi.
«Mi tradisce.»
«Non ti tradisce.» sbiascico le parole, corrugando la fronte.
«Sì, invece. Rob, me lo sento!»
Sospiro e mi metto a sedere, accendendo la lampada sul comodino.
La radiosveglia segna le quattro del mattino.
Spalanco gli occhi. «Che tu sia dannato, Kellan! Hai idea di che ora sia?» esclamo.
«Certo.» fa una breve pausa. «Le sette del mattino.»
Taccio. Non è possibile.
«Okay… le quattro. Ma sono in piena crisi ed ho bisogno di parlare con qualcuno.»
«E devi chiamare per forza me?»
«Certo. Chi altri sennò?»
Sbuffo e scoprendomi, gettando il lenzuolo di lato, esco dalla mia camera dirigendomi verso la cucina.
«Dovresti comprarti un cane, amico. Magari puoi raccontare a lui dei tuoi squilibri mentali.» ironizzo prima di sbadigliare ed andare a sbattere contro lo stipite della porta della cucina. Mi massaggio il braccio con una smorfia, prima di accendere la luce in cucina.
«Ehi, tutto okay?» chiede.
Sbuffo. «No. Ti pare che possa andare bene svegliato alle quattro del mattino da un pazzo psicotico in preda ad una, Dio solo sa, idiota ed inesistente crisi esistenziale?»
«Parli di me?»
Scuoto il capo, passandomi una mano sul viso. «No, del tuo cane.»
«Ma non ho un cane, Robert.» risponde innocentemente.
Mi fermo ponderando sulle sue parole, prima si scuotere il capo ed aprire il frigo in cerca di un vasetto di yoghurt.  «Allora, da cosa nasce questa tua “crisi”?» domando afferrando un cucchiaino dal cassetto della cucina e sedendomi sul tavolo.
«Non mi ama più.»
Sgrano gli occhi e mi blocco, il braccio e mezz’aria mentre mi porto il cucchiaino alla bocca. «Cosa?» chiedo con voce strozzata.
«Sì, non mi ama più.» mugugna, quasi fosse un bambino ed è questo tono a mettermi in allarme. Poggio il barattolo sul tavolo e premendo la cornetta, stretta tra spalla e orecchio, in mano, mettendomi dritto. Chiudo gli occhi per poi riaprirli. «Perché non parti dal principio?»
«Oggi non mi ha chiamato! Ha un altro, lo so!» urla con isteria nella voce.
Scioccato guardo un punto indefinito della cucina, spalancando la bocca. «Non ti ha chiamato. Mi hai svegliato per questo?» chiedo con voce estremamente tranquilla.
«E ti sembra poco?»
«Kellan?» ringhio.
«Dimmi.» mugola.
«Va al dia volo, amico!»


«Oh, ma è terribile!» esclamò portandosi una mano sulle labbra.
«Lo so!» sospirai alzando le braccia al cielo per poi farle ricadere.
«Non so come tu abbia fatto. Devi una grande forza interiore.» disse poggiandomi una mano sul un braccio e sorridendomi con dolcezza e comprensività. Si avvicinò alzandosi in punta di piedi e mi baciò una guancia. Il suo profumo di fragola m’inondo straordinariamente i polmoni e per pochi istanti fu come essere a casa.
«Mi dispiace.» sorrise poi battendomi piano la mano sul capo, poi si voltò ed entrò nella grande sala.
Rimasi per alcuni istanti, immobile, ripensando alle sue labbra morbide sulla mia guancia e… al suo sguardo. E poi capii.
«Mi ha preso in giro.» mormorai scioccato. Di scatto mi voltai, accigliato. «Rachel!»


Era ora di pranzo e morivo di fame. Il mio stomaco non faceva che brontolare, mentre, diligentemente, cercavo di fare il mio lavoro.
Quando finalmente arrivò l’ora di pranzo tirai un sospiro di sollievo. Quel giorno nel menù offertoci c’era pasta e polpettone. Davvero molto leggero. Ad ogni modo, non avevo alternative.
Mi diressi all’uscita della grande stanza diretto alla toilette per lavarmi le mani, ma, quando uscii dal bagno diretto al lavandino, sobbalzai, colto di sorpresa dalla singolare figura poggiata al muro di mattonelle bianche ed azzurre.
«Mi hai fatto prendere un colpo.» disse con tono grave avvicinandomi al lavandino.
«Femminuccia». Fece spallucce per poi sorridere.
«Che ci fai qui, Rachel?» chiesi corrugando la fronte ed insaponandomi le mani.
«Dovevo andare in bagno.» disse rimanendo a fissarmi.
«Ora è libero.» dissi voltandomi a guardarla. Alla luce del neon i suoi occhi erano turchese vivo.
«Lo so.» annuì. Aprii l’acqua e mi lavai le mani.
«E perché rimani a fissarmi?» ridacchiai.
«Perché sei strano.»
«Io? Oh, se ne sei convinta.»
«Certo, chi altrimenti? Qui ci siamo solo io e te, e sai bene che io sono assolutamente normale.», sorrise. «E poi ho una cosa per te.»
Mi voltai a guardarla, dapprima corrugando la fronte, poi sorridendo. «Cosa?»
«Mi permetti di andare in bagno prima?» chiese staccandosi dal muro e mettendosi dritta.
«Okay, te lo permetto.» dissi afferrando un pezzo di carta.
«La ringrazio, Bobby. Sa, lei è davvero una persona di buon cuore.» disse fingendosi commossa e portandosi le mani al petto.
Feci spallucce e le indicai il bagno con un cenno del capo. Lei sorrise e si avvicinò a me, usando la mia spalla come appendiabiti per sua borsa di stoffa rossa. Con movimenti sinuosi entrò in bagno, chiudendosi la porta alla spalle.
Osservai il riflesso del legno chiaro nello specchio. Come faceva? Non ne avevo la più pallida idea. Riusciva a farmi sorridere con una tale naturalezza da lasciarmi quasi sconvolto. Riusciva a farmi sentire… a casa come pochi, nell’ultimo periodo, erano riusciti a farmi sentire, ma, cosa più sorprendente, con lei riuscivo a non pensare. Riuscivo ad estraniarmi dalle preoccupazioni giornaliere vertenti sul lavoro o su… Kristen. Ed era strano… maledettamente strano. Forse cercava di dirmi qualcosa, qualcosa che ingenuamente non riuscivo a cogliere, o forse ero io stesso che cercavo di dirmi qualcosa, di giungere ad una conclusione ben chiara al mio cuore, o al mio animo, ma ancora troppo cieco per vedere. Magari mi sbagliavo su tutto, per via delle infinte congetture nella quale mi perdevo. Riaffiorai dall’immenso oceano di pensieri quando la serratura scatto e Rachel uscì dal bagno, rivelandomi il suo viso.
Non so cosa mi successe, non ho idea di cosa fosse scattato in quel momento, ma ai miei giovani occhi apparve la ragazza più bella e dolce mai conosciuta. Osservai il suo viso di bambina, armonioso e solare, quel viso di cui non puoi non fidarti, quel viso che guarderesti sorridere, o ridere, per ore senza mai distogliere lo sguardo né da esso né dai suoi occhii limpidi e cristallini.
«Ehi, sta bene?» sussurrò d’un tratto poggiandomi una mano su un braccio. Solo allora mi accorsi che si era avvicinata.
Deglutii riaffiorando da quel mondo fatto di sole sensazioni, scostando quel velo che mi copriva il viso e mi offuscava la vista.
«Sì.» soffiai guardandola negli occhi, dallo specchio.
Lei inclinò il capo ed i capelli le finirono oltre la spalla. «Sicuro?»
«Sì.» mormorai abbozzando un sorriso.
«Okay.» disse mentre un sorriso sghembo le colorava il viso sottile. Poi si avvicinò al lavandino per lavarsi le mani.
«Comunque… cos’hai per me?» chiesi votandomi a guardarla e affondando le mani nelle tasche dei jeans.
«Se mi lascia lavare ed asciugare le mani, te la recupero dalla borsa, genio.» disse indicando la borsa di stoffa poggiata alla mia spalla.
Feci un risolino. «Perdòn
«No importa
«Qualcosa mi dice che al liceo non sono stato l’unico a seguire un corso di spagnolo.»
«Arguto il ragazzo.» annuì fissandomi negli occhi ed incrociando le braccia al petto.
Quasi impacciato rimasi, lì, immobile, fissando il turchese dei suoi occhi.
«Hai intenzione di uscire di qui?» chiese alzando un sopracciglio.
Risi e mi grattai la nuca prima di voltarmi ed uscire dal bagno.
«Allora, Bob…»
«Rachy…»
Si voltò e mi fulmino con lo sguardo, prima di tornare a guardare davanti a sé. «Allora, Robert… vieni con me. E non fiatare.» disse e, d’un tratto la sua mano strinse la mia, in un gesto del tutto casuale. Per un attimo la guardai sorpreso, ma sembrò non accorgersene mentre mi trascinava lungo il corridoio e poi in ascensore. Quando fummo dentro non lasciò la mia mano. La sua stretta era delicata ma allo stesso tempo salda. La tipica stretta di chi sa ciò che vuole, di chi non ha paura di rapportarsi agli altri e non potei fare a meno di chiedermi cosa ella pensasse in quel momento.
Quando arrivammo all’ultimo piano, Rachel mi trascinò fuori.
«Il tetto?» chiesi accigliandomi.
«Sta zitto.» sbuffo aprendo la grande porta di metallo.
«E’ aperta?» chiesi sorpreso.
«Sì, ho chiesto all’addetto alla pulizie di lasciarla aperta. Certo che tu ed il silenzio non andate d’accordo, eh?» roteò gli occhi mentre avanzava sul grande terrazzo. Il vento le sfiorava i capelli che si muovevano come onde del mare. Il campanello legato alla borsa tintinnava e sorrisi, scuotendo appena il capo.
Ad un tratto, Rachel si fermò nel punto in cui il cornicione incontrava il muro. «Direi che qui va benissimo.» disse saltando sul cornicione e sedendosi appoggiandosi al muro. Per un attimo lo stomaco mi si strinse in una morsa.
«Ma non sarà pericoloso?»
«Non sono una bambina, Bob. Non cado.» sbottò afferrando la borsa.
Sospirai. «Okay, se lo dici tu.» dissi sedendomi a gambe incrociate sul pavimento.
«Ecco a te.» disse porgendomi una busta di carta.
«Cos’è?» chiesi corrugando la fronte ed afferrando il sacchetto.
«Un… assaggio.» disse scrollando le spalle e facendo oscillare i piedi.
«Ehi, da questa angolazioni sembri più alta.» ridacchiai.
«Ah-ah, divertente.»
Aprii il sacchetto e spalancai gli occhi, prima di afferrare il panino.
«E’ un hamburger vegetariano!» esclamò sorridente.
Spalancai la bocca e repressi una risata. «Oh, ma è… è fantastico, Rachel.»
«Non fare così, scemo. Magari ti piacerà.» disse facendo spallucce e tirando fuori dalla borsa un altro sacchetto di carta. «Ho bisogno di nutrirmi anche io.» aggiunse quando si accorse che la guardavo.
«Okay, proviamo.» disse addentando il pane. Masticai molto lentamente cercando di assaporare al meglio il panino.
«Allora?» chiese saltando già dal muretto e sedendosi accanto a me, a gambe incrociate.
Mi grattai la nuca e feci una smorfia. «Perdonami, Rachel… ma la carne è al carne.»
«Uhm… ciò vuol dire che non ti piace?» sbuffò inarcando la schiena.
Mi voltai e le sorrisi. «Ciò vuol dire che preferisco la carne, non che non mi piaccia.»
«Giusto.», e gli angoli della bocca si sollevano piano verso gli occhi mentre chinava il capo, giocando con un filo del taglio dei jeans.
«Questa sera vedremo se ti piacerà la mia cucina.» disse tirandomi un leggero spintone con la spalla.
«Spero solo di arrivare al dolce.»
«Come fai ad essere così sicuro che ci sia il dolce?» chiese corrugando la fronte.
La guardai alzando un sopracciglio. Lei rise. «Sì, scusa.» aggiunse portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«E sono io quello strano.» osservai tirando un altro morso al panino.
«Certo!» esclamò lei seria, annuendo col capo.
«Qual è stata la cosa più… cattiva che hai fatto, Robert?» chiese lei dopo un minuto di silenzio.
«Uhm… non saprei.» mormorai rovistando nel cassetto dei ricordi.
«Dai… da bambino non hai mai fatto nulla di perfido?» chiese spostandosi e posizionandosi davanti a me, senza mai alzarsi e rimanendo con le gambe incrociate.
«Okay. Ho… ho consumato un pranzo e sono scappato senza pagare.» dissi annuendo alle mie stesse parole.
Rachel schioccò la lingua e fece una smorfia. «Questo l’ho fatto anch’io… e non una volta. Dai, scommetto che hai fatto di peggio.» disse mordendosi il labbro inferiore.
Feci spallucce. «Ho introdotto alcolici nella scuola. Avevo sedici anni quando in bagno bevvi della vodka. E’ una cosa che non sa nessuno.» dissi più a  me stesso che a lei.
«Perché me lo dici?» chiese con espressione imperscrutabile.
«Non lo so.» ammisi.
«Interessante.» annuì accarezzandosi il mento.
«E tu, Rachel?» chiesi mangiando altro panino.
«Azionato l’allarme antincendio.»
«Scommetto che non bruciava nulla.» osservai mentre prendeva una bottiglietta d’acqua dalla borsa.
Rise. «Perspicace.»
«Grazie.»
Lei si avvicinò la bottiglia alle labbra e, per qualche strano motivo, dovetti faticare per non osservarle a lungo.
«Ne vuoi un po’?» chiese porgendomi la bottiglia. Annuii e l’afferrai. Dopo essermi dissetato le restituii la bottiglia.
«Credo sia ora di andare, Bob, altrimenti Sam non può chiudere.», sorrise, alzandosi.
«D’accordo, ragazzina.» ghignai alzandomi. Rachel scosse il capo e cominciò a camminare.
Sì, stare con Rachel era facile come respirare.

 

*

Ed eccomi qui… ancora.
Mi scuso per il ritardo, ma purtroppo non posso aggiornare tanto in fretta. Colgo l’occasione per dirvi che gli aggiornamenti saranno rallentati perché, con la scuola che volge al termine e gli esami che si avvicinano, il tempo è davvero poco… senza contare che la testa è altrove.
Chiedo davvero scusa.
Ora, via le ciarle e passiamo a  ringraziare gli angeli che hanno recensito lo scorso capitolo. Ma prima… un meraviglioso ed enorme grazie ad Ire… e lei sa benissimo perché.

Ryry_ : ciao, So! Beh, sì… chi non ha paura delle mucche assassine! E Robert piano capisce tante cose… grazie mille per la recensione, cara, davvero, mi ha fatto un immenso piacere. Spero che questo capitolo sia stato di tuo gradimento.
KeLsey: ciao, Eri! *-*  sono felice di sapere che Rachel ti piaccia come personaggio, davvero! Il tuo parere conta molto, e lo sai mostriciattolo! Spero di non averti annoiata con questo. Grazie, Eri, davvero. Ti voglio bene. (L)
Piccola Ketty: ciao, Kè! *-* oh, non sai che piacere ricevere le tue recensioni! (nah, non è vero, lo sai!) Guarda quel pezzo ha un fondo di verità… ma non diciamolo a nessuno XD Sono contenta ti sia piaciuto… avevo il timore di essere ridicola e noiosa. Spero ti sia piaciuto il capitolo, davvero. Oramai il tuo parere… è il tuo parere. Grazie di tutto, tesoro, davvero. <3 ti voglio bene.
Nessie93: ciao, Chià! Alla fine ce l’ho fatta. Stupida scuola. Sono contenta ti sia piaciuta la scena al bar, mi sono divertita un sacco a scriverla XD il calcio sotto il tavolo è quasi un classico… che in realtà non funziona mai… te lo dico per esperienza personale. Beh, qui l’allarme anti-incendio c’è, ma in un altro contesto. Grazie, tesoro, davvero. Grazie di tutto. Ti voglio bene.
Railen: ciao, Ire! *-* ti devo ringraziare di cuore, e lo sai! Grazie, grazie, grazie! Sono contenta ti piaccia la mia fiction, ci tengo molto al tuo parere, bello o brutto che sia. Ebbene sì, Rachel è una parte positiva e questo capitolo sta un po’ a dimostrarlo. Eh eh, qualcosa di hot… mmmh, si vedrà. Grazie, tesoro, davvero. Grazie di cuore (scusa le ripetizioni XD).
Xx_scrittrice_xX: ciao, Ely! Sono contenta il capitolo ti sia piaciuto, e spero ti sia piaciuto anche questo. Il tuo sclero è stato fenomenale, davvero, mi ha fatto morire dalle risate XD  Spero che questo capitolo ti abbia fatto comunque ridere. Grazie per la recensione, davvero. Grazie.
Lucy_Scamorosina: ciao! *-* oh, che piacere ricevere la tua recensione, davvero! *-* Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo, davvero! Mi spiace solo aver postato così in ritardo, ma la scuola ha effetto risucchio e purtroppo non ho più molto tempo disponibile. Dopo le ore di studio non connetto più e ho difficoltà a scrivere. Spero ti sia piaciuto questo capitolo. Grazie, sul serio.
ginevrapotter: ciao! *-* sul serio ti è piaciuta? Okay, ora comincio a gonogolare come una scema. Chiedo scusa per il ritardo, ma come ho detto per
Lycy, la scuola ha effetto risucchio. Grazie.

A voi, un bacio,
                    
Panda.

   
 
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