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Autore: Bellatrix    17/08/2005    3 recensioni
Da "Quattro amiche e un paio di jeans" di Anne Brashares.
Ho voluto scrivere l'avventura di Bailey attraverso i suoi occhi perchè... bè, in realtà non lo so neanch'io! Ma è un personaggio che mi piace molto, e ho cercato di immedesimarmi in lei come meglio potevo! Read&Review, please, è molto importante per me!
Ps. Non c'è bisogno di aver letto il libro per comprendere la storia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 4

 

Bailey era affascinata da ciò che Tibby le stava raccontando davanti a un gelato al cioccolato con biscotti. A quanto pare, aveva intenzione di girare un piccolo documentario sulle persone che la colpivano o divertivano di più. Anche Bailey avrebbe voluto farlo, ma non aveva nemmeno una videocamera!

 

Considerando il modo in cui l’altra le parlava, Bailey si chiese se Tibby non avesse altri amici con cui passare il tempo.

 

“Ma hai degli amici?” chiese a un certo punto.

 

“Sì” rispose Tibby sulla difensiva, e cominciò a raccontare delle sue fantastiche, meravigliose amiche. C’era Lena, bellissima e molto timida, che stava passando le vacanze a Oia, sull’isola di Santorini dove erano nati i suoi genitori, poi c’era Carmen, per metà portoricana, che aveva raggiunto suo padre in South Carolina per passare con lui le vacanze, e infine Bridget, la biondissima atleta che era ad un campo di calcio in Messico, a Baja California.

 

Bailey ascoltò affascinata, fino a quando non fu il suo momento di descrivere Maddie. Tralasciò il particolare che non la vedeva da sei mesi e non la sentiva da due.

 

A un certo punto, Tibby guardò oltre le spalle di Bailey e fece una faccia strana.

 

Perché fai quella faccia?”

 

Tibby le lanciò un occhiata incandescente. “Cosa intendi?”

 

“Così, con tutte le guance risucchiate in dentro” rispose Bailey esibendosi in un’imitazione esagerata.

 

La ragazza avvampò violentemente. “Ti sbagli, non stavo facendo nulla”

 

Bailey seguì il suo sguardo, a capì cosa aveva attirato l’attenzione dell’amica.  Accanto al balcone, c’era un ragazzo di circa sedici anni.

 

“Ti piace?”

 

Tibby esitò. “è okay” disse infine.

 

Bailey non era molto convinta. “Credi? Che cosa ti piace di lui?”

 

Che cosa mi piace di lui?”  Tibby era un po’ irritata. “Guardalo”

 

Bailey lo fissò apertamente, sapendo di mettere Tibby in imbarazzo. Il ragazzo non era granché, agli occhi di Bailey. Aveva i capelli lucidi tenuti su con una quantità industriale di gel, e degli orecchini luccicanti al lobo destro.

 

“Secondo me ha l’aria stupida” sentenziò.

 

“Davvero?” domandò Tibby, pur non essendo particolarmente interessata al suo giudizio.

 

Ma crede sul serio che quegli orecchini siano carini? E poi, insomma, guardagli i capelli. Quanti chili di gel ci ha messo?”

 

Tibby la guardò seccata. “, non offenderti Bailey, ma tu hai dodici anni. Non sei nemmeno entrata nella pubertà. Perdonami dunque se non accetto il tuo esperto parere sui ragazzi”

 

Bailey non era affatto offesa, anzi, si stava divertendo. “Non mi offendo per nulla” assicurò. “Ti dirò una cosa. Prima o poi troverò un ragazzo che ne vale la pena, e tu mi dirai se non sei d’accordo.”

 

“Bene” concordò Tibby, anche se non particolarmente entusiasta.

 

***

 

Quella sera, Bailey prese una decisione. Le sarebbe piaciuto molto girare un filmino come Tibby, ma visto che non aveva l’attrezzatura adatta, avrebbe aiutato l’amica come assistente.

 

Che lei l’avesse voluta o no.

 

***

 

Il mattino dopo, Bailey arrivò davanti a casa Rollins (aveva letto il cognome sul cartellino di Wallman’s di Tibby e aveva cercato l‘indirizzo sull’elenco) e suonò il campanello.

 

Venne ad aprire una donna di chiare origini latino-americane. Bailey si presentò come un’amica di Tibby e chiese se poteva salire. Mentre attraversava il corridoio, notò che una bambina di circa un anno stava giocando sul divano con degli animali colorati di plastica.

 

Pochi secondi dopo era già nella camera della ragazza. “Ciao”

 

Tibby la guardò sorpresa. Non era entusiasta di vederla. “Bailey, ma cosa ci fai qui?”

 

Bailey si sedette sul letto disfatto. “Non riesco a non pensare al tuo film. È un’idea fantastica. Voglio aiutarti.”

 

“Non puoi. Non ho nemmeno cominciato” protestò l’altra.

 

Quindi hai assolutamente bisogno d’aiuto” dedusse. “Sarò il tuo cameraman, il tuo tecnico del suono, il tuo capo-elettricista… Il tuo uomo tuttofare” concluse.

 

“Non sembri esattamente un uomo” puntualizzò Tibby.

 

“Potrei essere la tua assistente. Il tuo ufficio stampa. O una portaborse”

 

“Grazie, ma davvero non ho bisogno d’aiuto” ripeté Tibby.

 

Bailey si era rialzata e si era avvicinata a una gabbietta di plastica contente un piccolo e cicciotto porcellino d’India. “Chi è questo qui?” chiese.

 

“è Mimì. Ce l’ho da quando avevo sette anni” spiegò l’altra.

 

“è tenera. Posso prenderla?”

 

Tibby la guardò, un po’ stupita. “Certo.”

 

Con cautela, Bailey estrasse Mimì dalla gabbietta, tenendola in una mano a cucchiaio. “Oh, com’è calda. Io non ho nemmeno un animale.”

 

Mimì non fa molto. È abbastanza vecchia e dorme un mucchio.”

 

“Si annoia lì dentro, secondo te?” chiese Bailey.

 

Tibby scrollò le spalle. “Non lo so. Credo che sia abbastanza felice. Non credo che senta nostalgia della vita selvaggia.

 

Bailey si sistemò su una sedia, sempre tenendo in mano Mimì. “Hai già deciso chi sarà il tuo prossimo intervistato?” chiese.

 

“Probabilmente Duncan, lo svitato di Wallman’s” rispose vaga l’amica.

 

“In che senso, svitato?”

 

“Mio Dio, è che… è che parla un’altra lingua: “dirigentese”. Si sente così importante… ed è ridicolo.”

 

“Ah” commentò Bailey, grattando la pancia di Mimì.

 

“Poi c’è una con delle unghie incredibili” continuò Tibby. “E credo che anche Brianna meriti qualche attimo di gloria per la sua pettinatura che sfida la forza gravitazionale! Poi mi piacerebbe intervistare la donna che lavora al multisala Pavillion: sa recitare intere scene di film, ma solo quelli idioti.

 

Bailey era sempre più entusiasta. “Io ho sempre voluto fare un documentario.

 

Perché non ne fai uno?” chiese Tibby.

 

“Non ho la videocamera. Non so come fare. Mi piacerebbe davvero che tu mi permettessi di aiutarti” disse Bailey con un sorriso angelico.

 

Tibby sospirò. “Stai cercando di farmi sentire in colpa perché hai la leucemia, vero?”

 

“Sì. Abbastanza.” Strinse a sé Mimì. “Senti,  quella al piano di sotto era la tua sorellina?”

 

Tibby annuì.

 

“Bella differenza di età, eh?”

 

“Quattordici anni. Ho anche un fratellino di due. Sta dormendo.”

 

“Uno dei tuoi genitori si è risposato?”

 

“No. I genitori sono gli stessi. Hanno sposato un nuovo stile di vita.”

 

Bailey era interessata. “Cosa intendi?”

 

, non saprei.” Tibby si lasciò cadere sul letto. “Quando i miei genitori hanno avuto me, abitavamo in un appartamento minuscolo sopra un ristorante della Wisconsin Avenue e mio padre scriveva per un quotidiano socialista mentre studiava legge. Poi, quando non ne ha potuto più di lavorare come un pazzo come pubblico difensore, siamo andati a vivere in una roulotte su due acri di terreno oltre Rockville, e mio padre ha imparato le regole dell’agricoltura biologica, mentre mia madre scolpiva piedi. Un’intera primavera l’abbiamo passata in tenda in Portogallo. Tibby si guardò in giro. “Ora lo vedi, come viviamo.”

 

Bailey si incuriosì ancora. “Erano giovani, quando hanno avuto te?”

 

“Diciannove anni.”

 

“Una specie di esperimento” commentò Bailey cullando Mimì addormentata.

 

Tibby si girò a guardarla. “Credo di sì”

 

Bailey rifletté. “Poi sono diventati adulti e hanno voluto avere figli sul serio.

 

Tibby distolse lo sguardo da lei e Mimì. Si era rattristata, forse. “, devo uscire, tra poco. È meglio che tu vada” disse.

 

Bailey decise di non insistere. Si alzò per rimettere Mimì nella gabbia e uscì.

 

***

 

 

  
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