Amantes amentes
La follia corre di pari passo con l’amore
La follia corre di pari passo con
l’amore..Mai letta frase più veritiera.
Non che fosse un’esperta in materia,
d’altronde aveva solo diciotto anni, ma da due anni a quella parte poteva
affermare con assoluta certezza e sincerità di essere venuta a stretto contatto
con entrambe, se non di averle provate sulla propria pelle.
Non puoi dare giudizi o esprimere opinioni su
qualunque argomento senza prima conoscerne la traccia e le linee generali,
questo Akane l’aveva sempre saputo.
Sarebbe stato un comportamento superficiale,
per non dire scorretto e lei da ragazza schietta e senza peli sulla lingua qual
era e quale sempre era stata, detestava ogni qualsivoglia forma di bugia e
menzogna, che queste avessero gambe corte o fossero del tipo del naso lungo da
Pinocchio.
A tal guisa e conseguentemente a rigor di
logica l’odio era ampliamente indirizzato anche a coloro che di tal crimine si macchiavano.
Arrivare alla constatazione di essere
diventata lei stessa oggetto del proprio disprezzo, non poteva certo essere fonte
di gioia o letizia alcuna né il sapere che tutto ciò fosse accaduto a causa del
suo infatua mento, si rifiutava categoricamente di dare altra definizione a
quel passeggero malessere che la coglieva ogniqualvolta incrociasse lo sguardo
di Ranma, esserle di consolazione.
Ciò di cui davvero non riusciva a capacitarsi
in tutta quella situazione, oltre l’essere costretta a convivere con l’oggetto
di quel suo strano amore-odio, era il dover costantemente fare i conti con uno
stato di malsana follia collettiva, una vena di squilibrio e pazzia furiosa di
cui sembravano cadere preda le persone intorno a lei quando era insieme al
soggetto sopraindicato.
Stare insieme a Ranma ero uno stillicidio,
niente di più né di meno, un gesto di insensato autolesionismo che a conti
fatti però si era ritrovata a compiere sempre più spesso.
Nonostante sapesse che fosse qualcosa di
sciocco, fondamentalmente stupido, un desiderio masochistico, sentiva infatti crescente
il bisogno di averlo vicino.
Ascoltare la sua voce profonda, vederne il
profilo, incontrarne lo sguardo e ritrarsene falsamente infastidita, litigare e
urlargli contro indispettita rinfacciandogli il suo essere un idiota senza
speranze quando lì l’unica ad esserne a corto era proprio lei.
Sì, si ritrovò ad ammettere, averlo accanto a
sé in ogni momento della giornata, a portata d’orecchio e d’occhio, di cuore, era diventato qualcosa di
necessario, un’esigenza fisica e impellente quanto l’atto meccanico ed
esistenziale del respirare.
Ora a riempire i polmoni non era più semplice
ossigeno, ma aria, aria rarefatta forse per conservarne labile traccia, ma che
sapeva remotamente di lui, del suo profumo muschiato e del suono della sua
risata.
Ogni volta che aveva cercato di spezzare quel
legame che sapeva, credeva, non
essere corrisposto, quella mancanza era stata insopportabile.
Aveva provato procedendo per tentativi,
deboli quanto il desiderio stesso di porvi rimedio, ma aveva fallito e si era
arresa all’evidenza.
Cioè che privarsi di quella pseudo relazione non
era solo teoricamente impossibile, ma anche concretamente irrealizzabile.
L’innegabilità e chiarezza di quella verità
l’aveva annientata.
Scoprire di dipendere completamente da una
persona che sia diversa da te stessa, qualcuno che non nutre alcun particolare
sentimento nei tuoi riguardi se non affetto, ma che è impegnato con te per
obbligo e dovere nei confronti di una promessa, la parola data da due padri
troppo sbrigativi per capire appieno la portata dell’azione che stanno
compiendo, non rappresenta nulla di consigliabile.
Stare forzatamente insieme a una persona
quando sai benissimo che lui o lei non vorrebbe e probabilmente desidererebbe
essere altrove, in qualunque altro posto e con qualcun altro ogni singolo
istante in cui è con te, non è piacevole.
La cosa più orribile e disgustosa era appunto
la finzione.
Lei che disprezzava meschinità e secondi
fini, il perbenismo e l’ipocrisia, era tenuta a quella costante messa inscena, costretta
ad indossare la maschera di fidanzata antipatica e discostante per diventare attrice di quella commedia che vedeva giorno
dopo giorno prender vita sotto i suoi occhi.
Era stanca di quei giochi, stanca di sembrare
matta e comportarsi come tale, ma sopra tutto stanca di Ranma e della sua
eterna ed amletica indecisione.
Sapeva di non essere la fortunata prescelta
del cuore del fidanzato, sebbene avesse avuto nel corso del tempo indizi di
natura discordante a tal proposito e ad esser sinceri non gliene importava più
neanche molto.
Benché ci fosse sempre chi avesse messo in
dubbio questo fattore, lei era una ragazza e come ogni ragazza non poteva
evitarsi di fantasticare su un immaginario futuro, fare sogni ad occhi aperti
su un ipotetico principe azzurro.
Sapeva bene di non essere in una fiaba,
eppure nel suo cammino aveva incontrato una sorta di Baba Yaga, streghe e
stregoni, animali capaci di trasformarsi in uomini e donne e viceversa, un
Brucaliffo e una mummia anche se ancora in ossa e un po’ di carne, demoni,
fantasmi, fenici e dragoni.
Insomma il principe davvero se l’era meritato
e anche se Ranma non rispecchiava l’archetipo classico, in fin dei conti anche
lei in qualità di principessa lasciava parecchio a desiderare, Akane non
avrebbe peccato d’ingratitudine, accettando al contrario la lauta ricompensa e
facendosela piacere.
Ma, ed ecco il nocciolo della questione, se
il principe non si decideva a fare il primo passo e si rivelava essere un
irrimediabile citrullo e imbranato negli affari di cuore, cosa poteva fare la
donzella in questione per togliersi da ogni impiccio ed ottenere il tanto
desiderato lietofine?
Aveva già appurato che usare a suo favore lo
strumento della gelosia non fosse esattamente la migliore delle soluzioni, ma
potesse giocare a suo svantaggio, tentare di rendersi più carina dava miseri e
infruttuosi risultati, cucinare e riversare i propri sentimenti in un piatto o
qualcosa di preparato da lei, particolarmente indigesto. Poiché non aveva alcuna
intenzione di dichiararsi a un Ranma in preda a gastrite acuta o nel bel mezzo
di una lavanda gastrica, non restava che un’ultima possibilità, quella che non
aveva nemmeno pensato di prendere in considerazione vista la sua semplicità.
A star con gente complicata dopotutto si
finisce col diventare complicati, si disse.
Ma sì, poteva funzionare. Dirgli la verità
senza giri di parole o mezzi termini, attendere in silenzio e coll’ansia in
gola una risposta, sperando e pregando perché non fosse un diniego o che non
gli venisse un soffio al cuore.
Preda di tali ingarbugliati pensieri, Akane
non prestava minimamente attenzione a ciò che la circondava, ignorando
bellamente che nel frattempo, nel salotto al piano di sotto, il resto della
famiglia in compagnia di qualche simpatico membro esterno ad essa fosse
impegnato in una lotta per l’ultima fetta di dolce rimasto.
Chiusa in camera sua poteva dirsi al sicuro,
sana e salva dalla propagante sindrome di schizofrenia che dilagava come
un’influenza o una malattia particolarmente contagiosa.
Quella stanza rappresentava il suo rifugio,
baluardo di se stessa e fortezza che la rinchiudeva e proteggeva al contempo e
tutti, perfino i più imprevedibili tra i pazzi, erano a conoscenza del suo
attaccamento per quell’esiguo spazio e ne rispettavano i sentimenti.
Perché dietro ogni gelosia, invidia o
tentativo di rivalsa, c’era il rispetto e chi ne varcava la soglia ne era
pienamente consapevole. Lì, tra quelle quattro mura c’era il compromesso e un
silente patto di armistizio, quella era la zona neutra in cui tregua e pace
regnavano sovrane sotto la potestà della padrona di casa.
Un lieve bussare alla porta la distolse da
ogni pensiero consecutivo ai precedenti e scuotendo leggermente la testa – sì,
nell’ultimo periodo stava decisamente pensando troppo anche per i suoi gusti-
con voce appena arrochita e udibile, disse avanti al visitatore. Eccolo là
l’oggetto costante dei suoi pensieri.
Con un fare sommesso e discreto davvero
inusuale, Ranma varcò l’insigne porta, tenendo tra le mani in segno di pace un
piattino con una fetta di torta al cioccolato.
«Kasumi mi ha chiesto di
portartelo prima che quegli ingordi lo finissero.» spiegò subito, sottolineando
come quella premura non provenisse da lui, ma ne fosse solo portatore.
Akane si sforzò di sorridere e
ringraziarlo, socchiudendo appena gli occhi come a distoglierli da tutti gli
oggetti appuntiti e contundenti che li circondavano e allontanare il desiderio
impellente di sfracellarglieli in fronte.
Prese il dolce che lui le porgeva
posandolo sulla scrivania e tornò a puntare lo sguardo su Ranma, ancora in
piedi, le mani dietro la nuca, stranamente impacciato. Sembrava a disagio,
incerto sul da farsi e occhieggiava ora lei ora la porta, come non sapendo bene
quale fosse la scelta migliore.
Fuggire o affrontarla, andando
incontro a tutte le spiacevoli conseguenze?
Akane lo fissava con la testa
inclinata e un’espressione perplessa, ma lui non si fece ingannare dal suo
aspetto aggraziato, ben sapendo quanto il maschiaccio fosse propenso alle mani
e alla violenza e che bastasse anche la minima sciocchezza ad infiammarne
l’animo irruente e caparbio. Perché tutto appariva così strano
maledizione?Doveva essere per forza così imbarazzante?Si trattava solo di..
«Ti serve qualcosa Ranma?» chiese
lei cortese, voltando completamente la poltroncina per affrontarlo.
Bene, ora o mai più.
«Ecco..io..» balbettò incerto.
Forza Ranma, coraggio!Carpe diem,
cogli l’attimo prima che arrivi qualcuno a disturbarvi come al solito.
«Quello che sto tentando di dire
è che.. insomma..» incespicò ancora sulle ultime parole fissando intensamente
il muro, senza sapere come continuare. Sentì Akane alzarsi e avvicinarsi a lui,
ma non si volse a guardarla finché non sentì la mano di lei sulla propria
fronte.
Puntò gli occhi grigi su quelli abbassati della ragazza, tutti presi dal contemplare un
laccio della sua maglietta, sentendo le guance imporporarsi, sopraffatto dalla sua
presenza e dal tenue profumo che emanava.
«No, non hai la febbre.» gli
disse poco dopo e sembrava sollevata mentre si scostava da lui, continuando a
sorridere senza prestargli particolare interesse.
Quell’improvviso allontanamento
fu doloroso e Ranma capì di desiderarne la vicinanza, ancora e per sempre.
Formulare un pensiero di quel tipo lo spaventò, ma al tempo stesso sembrò
rincuorarlo a tal punto da fargli riconquistare fiducia, permettendogli di
proseguire il discorso precedentemente interrotto.
«Akane..» la chiamò gentile e lei
alzò lo sguardo stupita.
Fu lui stavolta ad avvicinarsi e
lei ad arrossire, senza riuscire però a distogliere lo sguardo dal suo.
Era strano, pensò ancora, ma
familiare, in definitiva una sensazione piacevole.
«So di non essere un fidanzato
modello a volte..» la vide inarcare le sopracciglia e sorrise tra sé
proseguendo, «non faccio altro che farti arrabbiare e mi ritrovo sempre
circondato da altre ragazze pur non volendo..» lei abbassò la testa,
nascondendo una smorfia sulle labbra sottili.
Akane provava lo stesso
sentimento di insicurezza e rabbia quando nelle vicinanze comparivano Ukyo,
Shampoo o Kodachi ad infastidirlo, la stessa gelosia risentita che percepiva invece
lui vedendola insieme a Ryoga?
«Ma.. » tentennò prendendo un bel
respiro prima di concludere, «ti amo e se tu mi accetti, prometto di diventare
migliore.»
La sentì trattenere il fiato,
mentre ancora si rifiutava di sollevare il capo. Non potendone vedere il volto,
cercò allora la mano e non trovando resistenza, la intrecciò alla sua tentando
disperatamente di non arrossire, il cuore in gola.
«Non ti dico certo che sarà
semplice, né che la nostra vita sarà normale..» ammise, ben sapendo quanto ciò
che stava dicendo corrispondesse alla realtà. «I nostri genitori cercheranno sempre
di mettersi in mezzo e gli altri daranno i numeri probabilmente. Potresti
scocciarti di avere un ragazzo a metà e stare insieme a me ti porterà solo problemi,
ma..» inghiottì a vuoto, «se tu mi vorrai, risolveremo ogni cosa.»
Ancora silenzio. Sentì il cuore
sprofondare e prendere il sopravvento il terrore di essere rifiutato.
Akane..non lo voleva più come
fidanzato forse?
Se, se, se, quanti se
dannazione!Eppure se lei avesse detto
qualcosa, se solo anche lei gli
avesse risposto di amarlo, sentiva sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa
pur di restarle accanto.
Strinse maggiormente la presa,
aspettando paziente, non aveva fatto lei lo stesso fino ad ora d’altronde? Che
cosa strana l’amore, davvero bizzarra e unica. Capace di acquietare e provocare
gli animi in egual misura.
«Baka!» replicò finalmente lei,
dopo un attimo di interminabile ed angosciante attesa.
Di certo non era così che aveva
immaginato il tutto, pensò Ranma incontrando il volto piangente di Akane, né
che lei in risposta gli urlasse contro o lo offendesse.
Insolitamente però, quella volta
non ne fu risentito mentre lei gli buttava le braccia al collo. Immerse il viso
nel collo scoperto respirandone l’aroma delicato, i capelli morbidi a
sfiorargli la guancia, carezzandogliela. Non gliene importava nulla, rettificò.
«Anch’io..anch’io..» sussurrò lei
nel suo petto, la voce rotta dai singhiozzi.
Davvero davvero gradevole.
Poco interessava ad entrambi che
il silenzio che avvolgeva la casa fosse surreale, nulla che molesti ascoltatori
stessero spiando la scena dietro la porta, armati di bicchieri sotto lo sguardo
indulgente nella commozione di Kasumi. Loro erano dentro, troppo impegnati nel contemplare la propria felicità,
duramente conquistata per interessarsi a quella degli altri. Fuori c’erano i
genitori che due anni prima li avevano gettati in quel pasticcio, c’erano gli
amici, i rivali, le spasimanti, la famiglia
e che di gioia o rimpianto fossero, quelle lacrime sarebbero rimaste impresse e
care nei ricordi di ognuno dei presenti.
Ranma e Akane finalmente stavano
insieme e non per mera apparenza o pura convenienza paterna e..
«Ed era anche ora..» commentò in
un soffio Nabiki, comodamente appoggiata al muro, gambe incrociate e sguardo
vagamente annoiato. Insomma erano già tutti lì, avevano assistito alla scena da
sé e perciò non avrebbe ricavato nessun guadagno. Pensando all’allettante
sommetta di denaro sfumata, sospirò leggermente.
«Oh Nabiki, non sei contenta per
Akane?» Kasumi sorrideva dolcemente, un fazzoletto ad asciugarle gli occhi
lucidi.
«Penso solo che Ranma avrebbe
potuto evitare di gridarlo ai quattro venti» replicò lei indicando la folla
appostata nel corridoio poco distante da loro.
Genma in versione panda e Soun si
abbracciavano piagnucolando e tirando su col naso in modo rumoroso, Ryoga
cercava di non dare a vedere la propria delusione stringendo appena i pugni,
Ukyo sorrideva triste, senza rabbia, ma solo comprensione, Shampoo a testa alta
e lo sguardo acceso, pronta a dar battaglia alla prima occasione, Mousse fedele
e silente al suo fianco. Gli altri stavano in disparte, chi piangendo mesto come
Kuno, chi saltellando qua e là sul proprio bastone, chi danzando con Betty lo
scheletro intorno a Kodachi e Happosai legati e imbavagliati come salami.
«Credo andrò a preparare la cena.
Ukyo, Shampoo, verreste ad aiutarmi per piacere?Papà, Signor Genma perché non
scendete anche voi nel frattempo?»
Ritornando in sala, tutti erano a
conoscenza che qualcosa si fosse rotto irrimediabilmente tra loro, ma qualcos’altro
poteva essere creato o ricucito. L’importante in fondo era stare insieme, non
il come.
Ranma era Ranma e Akane Akane, il
fatto che ora fossero anche Ranma e
Akane ufficialmente, non cambiava proprio nulla davvero e anche di questo in
fondo erano a conoscenza. Avrebbero continuato ad essere il ragazzo e la
ragazza di cui ognuno dei presenti era innamorato.
Punzecchiarli e vederli litigare
tra loro come al solito sarebbe stato altrettanto divertente, dopotutto l’amore non è bello se non è litigarello.
*
N/A:
Stamattina non avevo nulla di
meglio da fare e mi sono messa a spulciare le cartelle sul desktop. Facendo
pulizia sono incappata in questa e ho deciso di completarla. Non avevo mai
scritto nulla su Ranma e Akane, ma ricordo che rimasi colpita dalla locuzione
Amantes amentes (amanti pazzi) e subito la ricollegai a loro, perché se il loro
non è un amore pazzo non so davvero quale lo sia..
Immagino e temo di non essere
riuscita a rappresentare al meglio ogni personaggio e che forse sarebbe stato
più IC fare in modo che lamentele e interruzioni varie da parte di alcuni ci
fossero, ma incorrendo in tutti i rischi e pericoli di questa scelta, ho deciso
di renderla in quest’altro modo e il motivo è semplice.
Se lo meritano Ranma e Akane un
momento d’intimità, tutto loro, una dichiarazione in piena regola e che sia lui
a farla a lei era il sogno di una vita, perciò vi prego lasciatemi sognare e
fatemela godere.
Ho aspettato così tanto questo
momento, che puntualmente non è mai giunto, se non in modo parziale, beh
effettivamente un ti amo urlato è la migliore delle dichiarazioni, ma se poi
viene tutto lasciato lì senza spiegazione, ma con finale aperto..Ok immaginare
è bello, ma..ç____ç
Non voglio dire altre
scempiaggini perciò chiudo qui, sperando la lettura sia di vostro gradimento.
Un saluto a tutti!