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Autore: Fuffy91    19/04/2010    3 recensioni
Strinse il pugno sul suo bastone magico, aggrottando il viso, corrucciato. Era ancora vigile, su di loro, e pronta ad attaccare. Poteva avvertire il suo respiro gelido sulla sua pelle e il suo risolino beffardo scuotergli le viscere. Sbarrò gli occhi, alzandosi dal suo seggio di scatto, attirando l’attenzione di Frodo e di Aragorn, che seguì lo sguardo di Legolas, dilatato e teso, verso un punto indefinito della boscaglia.
“ Arrivano.”
Sussurrò, nel momento esatto in cui una massa brulicante di orchi fuoriuscì dagli alberi, urlando e sguainando le loro armi.
AGGIUNTO 25° CAPITOLO!!! BACISSIMI, FUFFY91!!!^____^***
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aragorn, Frodo, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 22

Dopo l’incessante battaglia, sotto i raggi caldi del sole primaverile, le Amazzoni, aiutate dagli Yoria, ricostruirono il loro villaggio, rinsaldando le tende, rifocillando i cavalli scalpitanti e rinforzando il legno d’ebano delle case, sbarazzandosi dei detriti impossibili da ripristinare, i soli segni lasciati dai loro mostruosi nemici.

Le loro salme erano state accantonate e bruciate, ai bordi della florida pianura, e i corpi massicci degli temibili Andes, ormai esanimi, gettati giù dalla scogliera a nord-ovest, lasciandoli sprofondare nelle profondità del mare blu cobalto.

“ Romilda, dove vai? Scappi dalla fatica, vero?”

Chiese, deridendola, l’amazzone Oleandro, i capelli corti frustati dal vento, come la sua ridotta veste di lupo grigio, indicandole con il capo il gruppo di sorelle e, provvisoriamente, alleati Yoria, compiere il loro lavoro di ripristino, forniti di martelli ed utensili vari.

Romilda, lo sguardo corrucciato, le trecce corvine accarezzate dai soffi alterati dello zefiro e tra le mani, una bacinella di legno smaltato di rosso-terracotta, ricolma d’acqua, le rispose calma ma irritata dalla sua insinuazione.

“ No, come al solito, sei in errore, Ole. Sto andando ad aiutare Meiscia a curare i feriti.”

Disse, dirigendosi di gran passo, alla grande tenda dell’antica maga di Marzia.

“ Si, improvvisati pure guaritrice, ora. Tanto lo so che ti rendi utile, solo per sfuggire ai tuoi doveri, o magari…”

Lasciò la frase in sospeso, insospettendo Romilda, che si arrestò, voltandosi per incrociare lo sguardo scuro e il sorrisino di schermo della sua insopportabile sorella.

“ Magari?”

“ Magari ti dai tanto da fare per i feriti, perché tra loro c’è il cavaliere di Amlach. Immagino come ti renderai utile, per garantirgli una facile guarigione.”

Concluse incrociando le braccia e reclinando il capo di lato, il sogghigno ancora presente sul suo piccolo viso.

Romilda distolse lo sguardo sconvolta ed indispettita insieme, per le sue parole, avanzando, ignorandola del tutto, incassando il colpo tagliente del suo risolino ironico.

In quel momento, avrebbe voluto strozzarla, ma si trattenne, convincendosi che le avrebbe solo dato ulteriore soddisfazione, vedendola irritarsi per le sue illusioni gratuite. Un sorriso orgoglioso nacque sul suo viso color cioccolato, quando vide Vanesia rimproverare Oleandro di perdere tempo ed incaricandola di andare ad aiutare le sue sorelle, fra cui Taras ed Aragorn, a risollevare un pilastro portante di una casa, particolarmente resistente.

Non appena varcò la tenda, non le fu difficile individuare in quelle massa di capi bruni, i capelli biondo grano di Will, investiti da un raggio di sole filtrante da una fenditura del tessuto verde muschio della tenda, sorridendo osservandolo lamentarsi come un bambino insolente.

“ Ahi! Dolcezza, ti prego, piano!”

Implorò dolorante la sua compagna di viaggio, Luthien, che, china su di lui, ripuliva la sua ferita al braccio sinistro, provocata dalla lancia dell’Andes, prima di scaraventarlo su di lei ed un gruppo di sorelle Amazzoni.

Vide la bella principessa guerriera sbuffare debolmente, scostandosi una ciocca di capelli castani, che ricadde nuovamente sulla sua guancia, oscurandole la vista dell’occhio sinistro.

“ Insomma, William. Mostra un po’ di tempra. È solo un unguento.”

Lo rimproverò Luthien, nel tono di voce, una nota infastidita ad inclinare il tono melodioso della sua voce. Mi chiesi come un’inguaribile amatore come Will, non avesse ancora cercato di sedurla.

La osservò ancora, questa volta più attentamente. Era bella, non c’era alcun dubbio, ed anche coraggiosa, visto che era stata lei a richiamare gli Yoria e condurli a Marzia, per aiutarci durante la lotta con gli orchi di Venia.

Aveva un fisico slanciato ed atletico, seppur mantenendo intatta la sua femminilità, con quel abito d’arciere argentato indosso che, se baciato dalla luce del giorno, la faceva apparire una ninfa appena uscita dalle acque di un lago. I tratti del suo viso erano cesellati e il colorito della sua pelle così candido e splendente, da apparire fatto della stessa sostanza delle stelle.

 

Poi, il suo sguardo, si posò su Will. Era così bello vederlo ridere gioioso e senza remore, riempiendo l’intero abitacolo dei suoi sorrisi brillanti. Il solo guardarlo, le trasmetteva serenità e la felicità la colpiva violenta, invadendole le membra di dolce calore, quando lo scorgeva arrivare di corsa, in groppa al suo stallone nero. Quel simpatico ragazzo, era sempre stato la sua luce, dopo il periodo sventurato che l’aveva imprigionata e quelli difficili a venire.

Sorrise, nell’incrociare i suoi occhi brillanti e sollevati, nello scorgerla.

“ Romilda, tesoro! Ti prego, vieni a salvarmi da questa tortura. Dolcezza, per favore. Piano!”

Intimò, con tono lamentoso, ad una Luthien corrucciata, ai limiti della pazienza, mentre cercava di fasciargli il braccio offeso.

“ Va bene, come vuoi. Ti accontenterò.”

Disse infine, placida e pratica, raccogliendo le sue cose e spostandosi ad un altro lato, dove vi erano feriti, sicuramente, più gravi di lui.

“ Ma, dolcezza, non puoi lasciarmi così.”

Le sussurrò confuso, indicandole, con l’altra mano, il braccio lasciato a metà fasciatura.

Luthien si arrestò, senza voltarsi.

“ Invece lo farò. Però, c’è qualcuno che potrà, sicuramente, essere più paziente di me.”

Disse, osservandola e facendola sussultare, sotto il suo sguardo penetrante, ma comunque rassicurante.

Ricambiò il suo sorriso a fior di labbra, per poi seguirla con lo sguardo, allontanarsi e chiedere ad uno Yoria, contento di vederla, se Meiscia, che si trovava più in fondo alla tenda, ma comunque vigile e sorridente, come sempre, lo avesse già medicato.

“ Allora, sarai tu la mia nuova guaritrice. Bene, bene.”

Commentò Will, investendola con il suo solito sorriso disarmante.

Romilda si avvicinò a lui, inginocchiandosi accanto al suo giaciglio e riponendo, su cumulo di stracci, la bacinella ricolma d’acqua, specchiandosi per un labile momento.

“ Non gioire troppo presto. Sarò anche paziente, ma non tollero i capricci.”

Lo avvisò, sorridendo fra sé e sé, notando il suo tenero broncio.

“ Io non sono capriccioso.”

Replicò lui, indignato. Romilda rise, mentre gli afferrava il braccio delicatamente, risciogliendo la benda intorno ad esso.

“ Si, invece. Molto peggio di un bambino.”

Will sbuffò, corrucciando il volto angelico e giocando, con la mano del braccio sano, con la federa delle sue grandi spade.

Intanto, Romilda, distese le bende sul pavimento coperto della tenda, afferrando un barattolo di ceramica, riposto nella sua borsa di cuoio, che portava a tracolla, svitandolo e spalmandone il contenuto sulla stoffa bianca. Si trattava di una specie di pomata verde foglia, che emanava un piacevole ma pungente odore, che a Will, in un primo momento, sembrò menta unito a muschio.

“ Cos’è?”

Chiese, curioso e dubbioso, ad una meticolosa Romilda.

“ Un infuso di erbe e semi di piante guaritrici.”

Gli rivelò, mentre iniziò a riporgli le bende, intorno al braccio offeso.

Will fu percorso da un brivido di gelo, al tocco della pomata con la ferita aperta, che subito lasciò il posto, a una sensazione di bruciore, ma, stranamente, piacevole come il tepore di un focolare acceso.

“ Va già meglio, vero?”

Gli chiese, notando il sollievo che mostrava il suo volto ed il suo sorriso accennato, che si allargò ulteriormente, quando incrociò il suo.

Will annuì, rasserenato.

“ Si, va meglio.”

Confermò, anche se, a parere di Romilda, non ce n’era alcun bisogno. Le sue espressioni avevano già risposto per lui.

“ Bene. Sono contenta. Così non ti lamenterai più.”

Disse divertita, prendendolo in giro e facendolo, stranamente, sorridere e sghignazzare con lei.

“ Non sopporto le ferite.”

Le disse, mentre l’osservava compiere gesti precisi ed attenti, per fornirgli una buona fasciatura.

“ Si, l’ho notato. Forse perché, non ne hai mai ricevute.”

Will scrollò le spalle.

“ Possibile. Anche se, fin da piccolo, non sono mai stato molto tollerante, ad ogni genere di malattia o ferita.”

Rise, ad un ricordo lontano.

“ Povera madre mia. Quante ne ha dovute sopportare. Ero un bambino impossibile, all’epoca.”

“ Be’, non sei cambiato molto, no?”

Gli disse, legando la benda con un nodo deciso, avvitando il vasetto lasciato scoperto e riponendolo nella borsa, sorridendogli allegra.

“ Spiritosa. Volevo vedere te, da piccola. Un vero diavolo!”

La accusò, mentre si sollevava, spolverandosi la gonna dai granelli di polvere.

“ In realtà, sono sempre stata una fanciulla molto buona e rispettosa. È con il tempo, che ho subito delle deformazioni caratteriali, per tua sfortuna.”

Gli rispose, facendolo sorridere divertito.

“ Forza, andiamo, ora.”

Gli disse, in seguito, tendendogli la mano destra. Will la guardò confuso.

“ Dove?”

“ Nella tenda che abbiamo allestito per voi. Lì potrai riposarti, insieme ai tuoi compagni di viaggio. Credo che i piccoli hobbit, siano già cullati da un dolce sonno. Non ti andrebbe di seguirli? Ne avresti bisogno.”

Gli propose, tracciando, con la punta delle dita, le occhiaie che cerchiavano i suoi occhi, segno di un’evidente stanchezza.

Will catturò la sua mano, sorridendo.

“ Tranquilla, sto bene. Però…”

Sussurrò, investendola con uno sguardo acceso di una ritrovata malizia, sbilanciandola e trascinandola sul suo corpo, ancora semidisteso, circondandole le spalle, con il braccio sano.

“ Se tu dormissi accanto a me, sarebbe tutta un’altra storia.”

Le disse, sorridendo seducente, per poi bisbigliarle all’orecchio:

“ Sai, avrei tanto bisogno di coccole.”

Concluse, baciandole la guancia destra, mentre Romilda, indispettita ed imbarazzata, cercava di liberarsi dalla sua stretta.

“ Non essere ridicolo, per favore, Will. Sei sempre il solito approfittatore.”

Disse, per poi accasciarsi su di lui, sospirando rassegnata.

“ Insomma, vuoi lasciarmi andare? O vuoi rimanere così per l’eternità?”

Will rise sulla sua pelle, sfiorandole la tempia con le labbra schiuse in un sorriso.

“ Non sarebbe una cattiva idea. Ma tu, vorresti rimanere abbracciata a me, all’infinito?”

Romilda portò gli occhi al cielo, esasperata.

“ Immagino sia evidente la mia risposta.”

Will intensificò la sua stretta, cingendola anche con l’altro braccio, toccandola solo con la punta delle dita. Romilda percepì un lamento sommesso a quel suo gesto e, preoccupata ed accigliata, lo osservò in volto.

“ Non fare gesti avventati. L’infuso deve ancora fare effetto. Per questo devi riposare, altrimenti, domani, non potrai affrontare gli eserciti di Venia.”

Gli spiegò, pregando in un suo barlume di ragione.

Will sorrise lievemente, abbandonandosi sul cuscino di piume, guardandola dolcemente, mentre accarezzava i suoi capelli intrecciati.

“ Ti preoccupi per me. Sei tanto cara, tesoro.”

Romilda compì un gesto stizzito con il capo, facendo leva sui gomiti, per alzarsi.

“ La stanchezza ti fa delirare. Di bene in meglio.”

Concluse, cercando di evitare i suoi tentativi di afferrarla e stringerla, nuovamente, a sé, visto che, finalmente, era riuscita a divincolarsi dalla stretta delle sue braccia.

Will mugugnò di protesta, mentre la vedeva afferrare le sue cose, scrollarsi i capelli ricaduti sulle spalle, in una cascata di trecce, ed avviarsi verso l’uscita. In un ultimo tentativo di trattenerla, Will si allungò ad afferrarle il polso, incrociando i suoi occhi e leggendo nei suoi, una supplica silenziosa.

“ No, rimani qui.”

Romilda sospirò combattuta. Non poteva rimanere. Aveva le sue mansioni da compiere. E poi, doveva lasciarlo riposare. La sua presenza, sicuramente, lo avrebbe distratto.

Romilda incrociò lo sguardo di Luthien che, notando la sua situazione, annuì, dandole un placido appoggio.

“ Che succede?”

Chiese Vanesia, entrata improvvisamente nella tenda, investendola con la sua voce calda e rassicurante. Sorrise nel rivederla.

“ Will non vuole lasciarmi andare.”

“ Perché?”

Le chiese Vanesia, puntando lo sguardo sulla sua mano avvinta al polso della sua protetta.

“ Vorrebbe che riposassi con lui.”

Le rispose, quasi vergognosa, per l’implicito significato delle sue parole.

“ Va bene.”

Acconsentì Vanesia, annuendo decisa.

Romilda la scrutò sconvolta.

“ Come?”

“ Va bene. Accontentalo. Riposerai nella tenda della Compagnia, accanto a lui. Così lo terrai fermo e buono, il tempo necessario per fargli recuperare le forze.”

Vista dalla sua prospettiva, non era poi così male, come idea. Si sarebbe ripreso in un lasso di tempo breve e non avrebbe dato fastidio a nessuno e né tanto meno, danneggiato sé stesso.

“ D’accordo, allora. Lo porto dai suoi amici.”

Vanesia annuì, sorridendole, mentre la vedeva prenderlo sotto braccio, già ubriaco di stanchezza, ma con ancora la stretta della sua mano, salda su di lei.

Romilda la vide avvicinarsi a Meiscia, guardando con sospetto Luthien, per poi allontanarsi e dirigersi verso la tenda color beige, varcandola senza sforzo, nonostante sostenesse Will, ad occhi socchiusi e già con un piede nel mondo dei sogni.

La prima immagine che vide, fu quella dei quattro hobbit rapiti dal loro riposo, scossi da respiri regolari e pesanti. Sorrise nel vedere Pipino e Merry muoversi e contorcersi nelle coperte, schiaffeggiandosi o calciandosi a vicenda. Sam era posto su un fianco, accanto a Frodo, la cui Gemma brillava al ritmo del suo respiro. Lo trovò singolare, ma non indagò oltre, trovandolo normale. In fondo, era pur sempre il suo portatore.

Depose Will sul suo nuovo giaciglio, sorridendo nel vederlo mugugnare ad occhi chiusi. Le sembrò molto tenero. Lo osservò circospetta, mentre allentava la sua stretta e riponeva la sua mano sul suo grembo, ricoprendolo con una coperta ed allontanandosi in punta di piedi.

“ Dove vai?”

Le chiese Will, con voce impastata, ancora ad occhi chiusi, tanto da farle credere che stesse ancora dormendo.

Ma una sua mano che la invitava ad avvicinarsi, le fece cadere ogni speranza. Sospirò. Non le restava che assecondarlo.

Si avvicinò a lui, sedendogli accanto. Magari, se attendeva che si addormentasse, sarebbe potuta sgusciare via senza provocare alcuna reazione.

“ Vieni qui. Stenditi.”

Le disse ancora, scostando la coperta e mettendosi di lato, per darle il suo spazio.

Romilda arcuò un sopracciglio, osservandolo scettica.

“ Cosa hai in mente? Guarda che io sono qui, solo per assicurarmi che tu dorma.”

Precisò, a bassa voce, per evitare di destare gli hobbit dal loro sonno ristoratore.

“ E chi ha detto altro? Dai, vieni qui, vicino a me.”

Le intimò, concludendo la richiesta, sussurrando strascinante le ultime parole, battendo una mano sulla morbida coperta. Romilda, colta da una divertita tenerezza, lo assecondò ancora una volta, stendendosi al suo fianco.

“ D’accordo, hai vinto tu. Ma  ti avverto: tieni le mani a posto, altrimenti....”

Lasciò la frase in sospeso, minacciosa, mentre si copriva con la coperta rosso rubino, come la veste di Will.

“ Si, si. Va bene. Faccio il bravo.”

Le assicurò, ancora con quel tono strascinante e sonnolento, che la fece sorridere.

Con un sospiro, si abbandonò sul cuscino in piume, chiudendo gli occhi, quasi per abitudine. Ma, stranamente, si sorprese di provare uno strano languore che sciolse le sue membra, rilassandola.

Il calore emanato dal corpo di Will, accanto al suo, contribuiva a rendere il tutto molto piacevole.

Sbarrò gli occhi, però, quando lo sentì avvolgerle la vita con il braccio e trascinarla di fianco, con il viso rivolto verso il suo petto scoperto.

Con la mano le accarezzò languido la schiena, per poi baciarle la fronte e, tenendola stretta a sé, costringendola a raggomitolarsi sul suo petto, con il mento che solleticava la catenina che sosteneva il medaglione di Amlach, si abbandonò alla tensione con un sospiro sereno.

Per alcuni attimi, Romilda non si mosse, deglutendo nervosa.

“ Will, ma, che cosa…”

“ Ssssht…”

La zittì lui, strofinando la guancia destra, sui suoi capelli.

“ Dormi.”

Le sussurrò, baciandole, ancora, la fronte ed accarezzandole, di nuovo, la schiena, come per tranquillizzarla.

Romilda rimase completamente immobile, quasi come se le sue forti braccia l’avessero impietrita. Non sapeva come districarsi da quella situazione insidiosa, ed era combattuta con sé stessa.

Infatti, non le sembrava appropriato giacere, in quel modo, con un uomo destabilizzante come Will. Era così imprevedibile! Alzò il capo, sondando la sua espressione e cercando di comprendere le sue intenzioni. Ma, dovette ricredersi, sorridendo con un sospiro.

Will, le palpebre dalle lunghe ciglia bionde strettamente serrate, a nascondere il luccichio di stelle dei suoi occhi azzurri, il respiro regolare a sottolineare il suo placido stato di quiete, sorrideva, strofinando il mento sulla sua fronte, solleticandone la pelle scura con l’accenno di barba, ben visibile.

Romilda sorrise intenerita, rilassando i muscoli tesi e ricambiando la sua stretta, cingendogli la schiena con le braccia esili e nascondendo il volto sul suo petto, parzialmente scoperto, appoggiando l’orecchio sul suo cuore, cullata dai suoi battiti.

Quando credette, ormai, di oltrepassare la soglia del portale dei sogni, una voce sussurrata la richiamò alla realtà, tanto lieve da sembrare irreale. Lei mugolò in risposta, alzando il capo nuovamente, incontrando, questa volta, gli occhi spalancati di Will, che sembravano volerle scrutare l’anima, tanto erano intensi, con quella sfumatura scura intorno all’iride, che li rendeva ipnotici.

“ Romilda.”

La richiamò di nuovo lui, scontrando la sua fronte con la sua, accarezzandola con i ciuffi biondo grano dei suoi folti capelli, e sospirando sulle sue labbra serrate.

“ Cosa c’è?”

Gli chiese Romilda, scivolando con il palmo della mano destra sulla sua ampia schiena, ed affondando le dita tra i suoi capelli, sorprendendosi della loro morbidezza. Credeva fossero più ispidi.

Will socchiuse per un attimo gli occhi a quella carezza affettuosa, abbandonandosi totalmente, per poi incatenare ancora il suo sguardo confuso dal suo mutamento d’umore, ricambiando l’attenzione ricevuta, con un piccolo bacio posato al centro della fronte.

Romilda sorrise a quello slancio, ma il sorriso gli morì sulle labbra, quando avvertì quelle stesse labbra percorrerle il profilo destro del viso, segnando un percorso che partiva dalla tempia, per poi scivolare sulla guancia, la mascella contratta, il mento appuntito, la punta del naso, sentendolo sorridere a quel suo gesto, per poi concentrarsi sulla sua bocca, dischiusa per la sorpresa.

Accarezzò prima il labbro superiore e poi quello inferiore, più carnoso del primo, mordendolo delicatamente, strappandole un gemito sommesso.

Maledizione, si trovò a pensare Romilda in un attimo di lucidità, la stava seducendo. E, accidenti, se era bravo, nella sua opera!

Will sorrise sulle sue labbra, come se l’avesse letta nel pensiero, per poi distaccarsi e portando la mano del braccio sano sul suo viso, accarezzandolo lievemente.

“ Romilda, provo l’irresistibile desiderio di baciarti.”

Lei sbatté più volte le palpebre, cercando di diradare la nebbia di meraviglia e confusione che le intorpidiva la ragione, stordendola. Baciarla…come se non avesse altro per minuti interi! Ma perché glielo aveva permesso? La risposta si affacciò molto semplicemente alla sua mente: perché, in realtà, lo aveva desiderato anche lei, irretita dal suo potere seduttore.

Scosse la testa, maledicendosi per la sua debolezza. Stava cedendo ancora alle brame di un uomo, accantonando la propria dignità di amazzone. Solo che, nel primo caso, si era davvero innamorata di quel giovane guerriero dell’ est, dagli occhi neri e dal  sorriso lieve, per poi vederlo morire per opera di nemici, e vani furono i suoi tentativi di salvarlo. L’unica differenza tra lui e Will era che, per quest’ultimo, avvertiva un sentimento diverso ed indecifrabile.

Provava sicuramente affetto per quel testardo bambino troppo cresciuto, ma con il sorriso più solare che avesse mai visto, capace di sciogliere tutte le sue barriere. Un affetto che, spesso, si tramutava in un vago senso di piacere, quando la baciava improvvisamente o l’afferrava, stringendola in un dolce e forte abbraccio.

Il suo cuore sobbalzava, in quei momenti, doveva ammetterlo a sé stessa, ma questo non voleva dire che fosse amore ciò che sentiva per lui. Era così confusa e disorientata, quando c’era lui nei paraggi.

Lo aveva sempre preso in giro per la sua spavalderia, anche se era proprio questa ad attrarla, facendola sorridere anche nei momenti più tristi.

Lo osservò, ricambiando, senza accorgersene, la carezza sul viso, vedendolo abbandonarsi sul palmo della sua mano, scivolando sulla sua pelle, per baciarne il palmo.

Era così tenero, così dolce, che avrebbe voluto tenerlo con sé, per sempre, coccolandolo come un cucciolo bisognoso di calore umano. Ma si rattristò, al pensiero che, solo l’indomani, sarebbe partito a combattere contro la morte. Strinse il pugno della mano sinistra, incapace di credere a tale ingiustizia.

Will aggrottò la fronte, ricambiando la sua espressione velata di malinconia, con una accigliata.

“ Cosa succede?”

Le chiese, temendo di averla turbata con la sua rivelazione.

Lei si ridestò trasalendo, rassicurandolo con un sorriso. In seguito, lo riabbracciò, raggomitolandosi sul suo petto, mentre lui seguiva i suoi spostamenti, confuso.

“ Dormi, Will. Domani ci aspetta una giornata lunga.”

“ Ma…”

Voleva controbattere Will, ma lei glielo impedì, posando un dito sulle sue labbra.

“ Dormi, cucciolo, dormi. Domani, vedremo se accontenterò la tua richiesta.”

Lui sorrise a quel appellativo, usato solo una volta, da lei, alle Luci di Fata, mentre brindavano a lume di candela, trangugiando del vino appena consegnato. Ricordò con piacere il suo sorriso languido e la carezza della sua mano tra i capelli, scompigliandoglieli affettuosamente.

“ Sei proprio un cucciolo, Will.”

Gli disse, per poi sparire nel retrobottega, canticchiando. Fu in quel momento, che si accorse di provare qualcosa in più della solita attrazione, per lei. Ma non glielo aveva mai rivelato.

Quella notte, in barba al braccio ferito e alla prospettiva di una guerra imminente e decisiva, aveva desiderato di averla, di farla sua, ovviamente con il suo consenso, con l’ardore che sapeva, perché lo sentiva nel tremito che la scuoteva quando la sfiorava, pari al suo.

Ma, evidentemente, era costretto a rinunciare al suo intento. Sospirò sconfitto, ma sollevato. Chiuse gli occhi, stringendola ancora di più al suo petto, lasciando che avvolgesse la sua gamba alle sue, deliziandosi di quel gesto involontario, scivolando tra le braccia di Morfeo, con il profumo selvaggio dei suoi capelli, nelle narici.

Si, forse, era meglio aspettare.

Era ormai notte inoltrata, e tutti, Amazzoni, Yoria e i membri della Compagnia della Gemma, dormivano tranquilli, cullati dal silenzio della vallata di Marzia e dai soffi caldi del vento, che trasportavano l’odore degli alberi e il profumo di salsedine, del mare lontano.

Aragorn e Taras si sorpresero, varcando la tenda, loro rifugio per la notte, di trovare Will e Romilda abbracciati e dormienti. Con uno sguardo eloquente, i due si sorrisero a vicenda, scuotendo il capo, per poi augurarsi un buon riposo, stendendosi l’uno accano all’altro, le loro fedeli spade a separare i loro giacigli.

Gandalf si sedette su di una sporgenza rocciosa, osservando i piccoli fuochi spegnersi in scoppiettanti scintille, uno ad uno, lasciando tutto nell’ombra e nella quiete.

Ma il vecchio e saggio mago bianco sapeva che, questa, non era altro che la quiete prima dell’impareggiabile tempesta.

Emise una nuvoletta di fumo dolciastro e grigia, tenendo tra le labbra la sua pipa. La luce della Gemma si faceva sempre più intensa. Riusciva a distinguere il suo bagliore anche a quella distanza. Era diventata più forte, nel corso dei giorni, grazie alle cure del giovane Frodo, alimentandosi della sua energia vitale, senza farglielo risentire, ingannandolo con la sua arrendevolezza, ma in realtà, quel gioiello di enorme potere era sempre stato in vigile attesa, usandolo, al momento giusto, per difendersi da quella che, in ere passate, fu la sua padrona. Avvertiva la sua malvagità e non voleva ritornare  a brillare di una luce oscura. Il suo era solo silente istinto, non certo volontà di scelta.

 La Gemma del Destino, non aveva un proprio arbitro, come l’Unico Anello, e questo lo tranquillizzava. Ma le probabilità di sopravvivenza di Frodo diminuivano ad ogni sua piccola evanescenza. Ormai, erano diventati un tutto uno, e Gandalf temeva per la vita del suo amico.

Ma lui sarebbe stato lì, durante la battaglia contro Venia, la Signora dell’Oscurità, impedendo che gli facesse ulteriormente del male o che, peggio, lo uccidesse.

Avrebbe, dunque, evitato ogni suo tentativo di finirlo, come l’abbandono della Gemma, che sarebbe stato inevitabile in tutti i casi possibili, sia di trionfo che di sconfitta. Sapeva che questo avrebbe condotto Frodo verso un doloroso destino, ma scosse la testa, cercando di scacciare i pensieri nefasti. Doveva essere positivo, perché la giustizia, la speranza e il bene erano dalla sua parte. Con questi e con i suoi fedeli compagni avrebbe vinto contro il male. Di questo era sicuro, temendo soltanto le perdite e i sacrifici. Ma avrebbe fatto del suo meglio, usufruendo di tutte le sue arti magiche, per sostenere la causa e il coraggio dei suoi amici.

Sarebbero tornati tutti sani e  salvi, ne era certo.

“ Non riesci a dormire?”

Gli chiese una dolce e melodica voce, che egli riconobbe subito, lasciando che la proprietaria si sedesse accanto a lui, sorridendo al buio della notte.

“ Pensieri irrequieti mi distolgono in queste ore buie.”

Si voltò, la lunga pipa ancora fra le dita, sorridendo ad una Luthien ancora più bella, con la pelle scintillante d’alabastro ai raggi tenui della luna piena.

“ E quali sono i tuoi, a renderti deconcentrata?”

Lei si portò le ginocchia al petto, racchiudendole nella stretta delle sue braccia, lasciando che i lisci capelli di seta castana, scivolassero lungo le sue spalle.

“ Non ho alcun pensiero a distogliermi, che non sia quello volto alla battaglia imminente.”

Rispose pacata e con tono sussurrato, causando un nuovo sorriso increspato sulle labbra di Gandalf.

“ Ah, capisco.”

Disse, per poi voltarsi verso il campo, tirando un nuovo sospiro di fumo grigiastro.

“ A quanto pare,  Legolas sembra turbarti molto più di quanto tu non voglia dare a vedere.”

Luthien  si voltò di scatto verso di lui, spalancando gli occhi ed imbronciando le labbra, indignata da quell’insinuazione gratuita.

Gandalf ricambiò la sua fredda espressione, con una sorridente e leggermente divertita.

“ E’ a lui che devi la vita. Non dimenticarlo.”

Lei si indispettì ancora di più a quelle parole, alzandosi di scatto, ma sempre con un movimento leggiadro, per poi allontanarsi da Gandalf, di gran passo.

Che assurdità! Lei non aveva bisogno di nessuno, né tanto meno di quel elfo, per salvarsi. Certo, doveva ammettere che il suo appoggio era servito a destarla da quell’oscuro torpore, ma di certo non era stato determinante.

Eppure, si arrestò all’improvviso ricordo del suo bacio e dei suoi occhi azzurro mare, così limpidi e fiduciosi, da far capitolare ogni suo scudo. Quel bacio…si portò le dita alle labbra socchiuse, sfiorandole con la punta delle dita affusolate, sedendosi tra i fiori selvaggi di una piccola vallata in mezzo agli alberi maestosi della foresta di Marzia, cullata dalla freschezza del vento che le incollava la veste argentata d’arciere alla pelle, evidenziando ogni curva, e scompigliandole i capelli, che le accarezzavano le spalle e la schiena, ondeggiando ad ogni soffio dispettoso.

Non sapeva come era giunta in quel luogo, ma sospirò, cercando di ritrovare il suo equilibro.

La lotta contro la malvagità che risiedeva nel suo animo, per colpa del “dono” di Venia,  era stata dura e, per un breve attimo, aveva creduto di non riuscire a sovrastare tanta cattiveria.

Ma, fortunatamente, era riuscita a cavarsela, vincendo ogni suo dubbio, ogni suo tormento, tutte le sue più inconsce paure, abbattendo le catene dell’incertezza che la imprigionavano, riacquistando il dominio su sé stessa.

Eppure sapeva che, finché Venia fosse stata corrotta dal male, il suo destino era ancora in bilico fra il bene e il male. Bastava un piccolo squilibro, per lasciare che il mostro che la logorava dentro, tornasse prepotente a galla.

Si nascose il volto fra le mani, combattuta. Per quanto ancora avrebbe resistito alla potenza dell’odio e del rancore che covava nel suo essere, come un bimbo demoniaco piangente?

E poi, quel elfo non le rendeva certo la vita facile, tentandola, con ogni suo gesto ed ogni sua parola, verso la via della perdizione. Non aveva incontrato essere più testardo e caparbio!

Non riusciva a capire che lei era un essere pericoloso, che necessitava tranquillità e non turbamento?

Non riusciva a comprendere che avrebbe potuto ucciderlo, senza volerlo realmente, solo se avesse lasciato per un labile momento, che la Luthien malvagia e tentatrice prendesse il sopravvento su quella controllata e pacata.

Perché? Perché continuava a tormentarla con i suoi sorrisi e le sue parole confortanti? Perché non abbandonava il suo intento? Non riusciva a capirlo.

Si abbandonò ad un nuovo sospiro, cominciando ad intonare la canzone di sua madre, cercando di ritrovare la sua naturale quiete.

Non poteva certo sapere che l’oggetto dei suoi pensieri, senza volerlo, si era imbattuto in lei e che ora la osservava dal folto dei cespugli e delle fronde scure degli alberi.

Legolas si era inoltrato nella foresta, per cercare sollievo nella serenità che solo gli alberi e il verde dell’erba fresca, potevano conferirgli, immaginando, per un attimo, di essere ritornato nelle sue lontane terre, dove veniva accarezzato dai sussurri delicati delle foglie verdi della vegetazione florida di Bosco Atro, bagnato dal dorato della luce solare e rassicurato dal calore che i suoi raggi emanavano.

Inconsapevolmente, si era arrestato e il suo cuore aveva perso un battito alla vista di Luthien, raggomitolata tra i fiori ed illuminata dalla luna e dalle lucciole che le giravano intorno, posandosi sulle corolle variopinte.

Era lì, da sola, e sembrava quasi irraggiungibile ai suoi occhi. Avrebbe voluto stringerla a sé, confortarla, ma le sue mani sembravano quasi frenate da catene invisibili, avvolte intorno ai suoi polsi.

Era impietrito ed imbarazzato, al tempo stesso. Non sapeva come comportarsi. Il suo più grande desiderio era quello di uscire fuori dall’ombra, ma si vergognava al pensiero che il ricordo del loro bacio e delle emozioni che evocava in lui, così intense da lasciarlo tramortito e di desiderare di ripetere l’esperienza al più presto.

Pensieri proibiti e segreti, che lo tramortivano e lo lasciavano accaldato e pieno di languore inappagato. Sensazioni mai provate, eppure così belle da riempirlo di felicità.

La osservò ancora e preso coraggio, uscì allo scoperto, cedendo al bisogno impellente di confidarsi con lei, di renderla partecipe delle sue emozioni. Bisognoso di rivelarle il suo amore. Perché era amore, ne era sicuro, ciò che faceva palpitare freneticamente il suo cuore e a colmarlo di quel caldo benessere.

Luthien, avvertendo i suoi silenziosi passi, grazie all’udito sensibile che li acuminava, si destò dal suo torpore, riprendendo vita e sgranando gli occhi nel vederlo apparire alla luce della luna evanescente.

L’ombra scivolò lontano dal suo viso e il vento ne approfittò per renderlo oggetto dei suoi giochi, smuovendo delicato le sue vesti elastiche d’arciere, e i capelli lunghi e lasciati sciolti lungo le spalle, di un biondo dorato, che riluceva d’argento, sotto i raggi lunari. Solo due ciocche ai lati delle tempie erano intrecciate in due delicate trecce, che gli conferivano un aspetto fragile, nonostante la forza che emanava il suo corpo snello ed etereo.

Seguirono attimi dove solo il silenzio riempiva lo spazio circostante e quando il venticello cessò, Legolas sembrò animarsi, socchiudendo la bocca per parlare.

“ Siete qui.”

Lei trasalì al suono della sua voce. Non la sentiva da tanto.

“ Si. Anche voi, vedo.”

Legolas annuì, portando lo sguardo al suolo, quasi per nascondere il rossore che Luthien vide apparire sulla punta delle sue orecchie e sulle sue guance pallide. Sorrise tra sé, intenerita, nonostante tutto. Chissà cos’era ad imbarazzarlo così?

“ Siete imbarazzato?”

Lui sostenne il suo sguardo, sgranando gli occhi, meravigliato alla vista del sorriso luminoso, nato sul suo viso, posato sulle sue ginocchia, raccolte dall’abbraccio delle sue mani.

Ricambiò, ancora stordito, per poi annuire.

“ E cos’è che vi intimidisce?”

Gli chiese curiosa, ancora il sorriso ad incurvare le sue labbra, mentre lo vedeva avvicinarsi e sedersi accanto a lei, con le braccia posate sulle sue gambe divaricate.

Poso il suo sguardo su di lei, percorrendo interamente la sua figura e avvertendo il cuore stretto nella morsa dell’amore, ormai traboccante in lui ed evidente anche agli occhi di Luthien, che si drizzò all’erta.

Non ebbe il tempo di scansarsi, quando Legolas allungò una mano ad accarezzarle il viso e trattenendola sulla sua guancia, compiendo dei movimenti circolari sulla sua pelle, con le dita, come per sciogliere la sua tensione, marchiandola con la lucentezza e l’intensità dei suoi occhi azzurri, come il mare di mezzogiorno.

“ Voi. Siete voi, a provocare il mio imbarazzo.”

Luthien abbassò un attimo lo sguardo, immobile, per poi incatenarlo nuovamente al suo, tramortita dal tono della sua voce, basso e musicale.

“ La vostra voce mi stordisce. La vostra bellezza mi paralizza. I vostri occhi sembrano indagarmi l’anima, tanto è la loro intensità. I vostri lievi e dolci sorrisi fanno sussultare il mio cuore. Il vostro profumo mi inebria i sensi.”

Disse con voce velata d’emozione, per poi portare la sua mano, al mento di lei, sollevandolo con il pollice e il medio, accarezzando lievemente il suo labbro inferiore, saggiandone la morbidezza.

“ E le vostre labbra, mi tentano ad assaggiarne, sempre più spesso, la straordinaria morbidezza.”

Le sussurrò in un soffio, per poi declinare il capo, avvicinando il suo viso al suo e fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra, frementi le sue e socchiuse quelle di lei.

Erano così vicini, da poter sentire il suo fresco e dissetante respiro, infrangersi sul suo viso. Poteva vedere tutti i piccoli particolari che la contraddicevano, che, nell’insieme, la rendevano ancora più bella, come le pagliuzze dorate nelle sue iridi color nocciola, le piccole lentiggini che fiorivano sulla punta del suo naso all’insù, il rossore bruciante della sua bocca.

Aspettò che lo scostaste ma, si sorprese nel notare il suo totale abbandono, nonostante la sua evidente paralisi. Sembrava quasi che attendesse il suo bacio, e questo lo riempì di gioia.

Sorridendo, chiuse gli occhi e baciò l’angolo sinistro della sua bocca. Si allontanò dopo aver avvertito il suo debole sospiro infrangersi sulle sue labbra, lasciandola libera dalla sua presa e attese, finché non fu lei a parlare.

“ Cosa state cercando di dirmi?”

Lui sorrise e rise fra sé, osservandola per la prima volta, in sua compagnia, più sicuro di sé e determinato. Forse, questo improvviso coraggio, era dovuto alla consapevolezza dei suoi sentimenti.

“ Non è evidente?”

Lei aprì e chiuse la bocca, portando lo sguardo verso le fronde degli alberi, torturando una ciocca dei suoi capelli fra le dita. Gli sembrò a disagio e questo lo incuriosì e lo compiacque, al tempo stesso. Un sorriso comparve sul su volto. Allora, non le era del tutto indifferente.

Per toglierla da quel attimo di turbamento, si avvicinò e, afferrando la sua mano, se la portò gentilmente alle labbra, baciandone le dita, tiepide ed affusolate.

Alzò lo sguardo verso il suo viso, sorprendendosi di trovare una lieve sfumatura rosata ad abbellire le sue guance candide. Il suo cuore ebbe un sussulto e avvertì lo stomaco contrarsi in uno spasmo di tensione. Che non fosse davvero una sua vaga impressione? Che Luthien cominciasse a provare, davvero, qualcosa di diverso dal rispetto e dalla fiducia che nutriva per lui?

Al pensiero, la tensione accumulata fin a quel istante, si sciolse in una calda colata di speranza.

Le regalò uno dei suoi sorrisi più rassicuranti e avvertì le dita della sua mano vibrare, costrette dalla prigionia della sua.

Luthien distolse lo sguardo ancora una volta, e Legolas si perse nel movimento fluido dei suoi capelli che scorsero lungo la sua spalla, andandole a coprire una parte del seno coperto, ma ben visibile sotto la stoffa aderente dell’abito.

“ Volete forse dirmi, che mi amate?”

Sbottò all’improvviso, con voce ferma e melodica, facendolo trasalire.

La presa della sua mano si fece più salda e, portandola fra i ciuffi d’erba, ne intrecciò con delicatezza le dita, non forzandola in alcun modo e giocando con i polpastrelli.

“ Si.”

Confermò, rispondendo con sincerità alla sua richiesta ed intercettando il suo sguardo, nel momento stesso in cui lei si voltò ad osservarlo sconvolta e lui alzò il volto dal suolo e dalle loro mani unite.

“ Si, io vi amo, mia signora.”

Fu in quel momento, che Legolas sentì il macigno che gli opprimeva l’anima, sgretolarsi ad ogni sua parola, avvertendo una sensazione di leggerezza e di felicità invadergli l’essere intero.

Finalmente, le aveva confessato il suo amore. Finalmente, aveva spalancato le porte del suo cuore, lasciando che le parole fluissero via dalle sue labbra, come acqua che sgorga da una fresca fonte fra le montagne.

Ora, non bastava che attendere la sua risposta. Le lucciole illuminavano i loro visi, affievolendo ed intensificando le loro luci giallastre, sottolineando ogni ombra e rendendo gli occhi di Luthien due pietre scure d’incredulità e quelli di Legolas, due zaffiri luccicanti di attesa ed aspettativa.

“ Non è possibile.”

Disse lei, cercando di sciogliere l’intreccio delle loro mani. Ma le dita di Legolas si piegarono, arrestando il loro intento e trattenendola.

“ Perché dite questo? È così difficile credere che possa amarvi, come non ho amato nessun altro prima d’ora?”

Le chiese trepidante ed accorato, avvicinandosi di più a lei, ad ogni suo ritrarsi. La sua espressione era ancora dipinta di sgomento. Sembrava che non lo avesse mai visto prima d’allora.

Le sue labbra si serrarono e i denti perfetti ne andarono a turbarne la morbidezza. Scuoteva la testa, come a cancellare un pensiero molesto.

“ No, non può essere. Tutto questo non sta accadendo davvero.”

Sussurrò fra sé, melodica e pallida in volto, cercando di sfuggirgli, incapace di sostenere oltre il suo sguardo.

Ma Legolas, liberando con un movimento invisibile le loro mani, le circondò il viso con entrambi i palmi, nonostante cercasse di sfuggire alla sua presa, mormorando dei “no” disperati, come se la stesse sottoponendo a chissà quale tortura insostenibile.

Legolas portò le loro fronti a scontrarsi, respirando il profumo dei suoi sospiri agitati ed avvertendo le sue tempie pulsare frenetiche, come impazzite dai troppi pensieri contrastanti o in preda ad una terribile febbre.

“ Sssssh, va tutto bene.”

La rassicurò con voce morbida e carezzevole, accarezzandole i capelli e baciandole lieve l’apice del capo, circondandola con le sue braccia e lasciando che ascoltasse il suo cuore battere frenetico, sotto il suo orecchio.

“ Va tutto bene. Ci sono io, qui, ora. Non sei più costretta a combattere da sola, la battaglia contro te stessa.”

Le mormorò fra i capelli, nella lingua melodica degli elfi, cullandola fra le sue braccia e cercando di  placare quella che gli sembrava una crisi di nervi. Povera Luthien. Chissà come doveva essere combattuta, impaurita dalle sue stesse emozioni.

Dopo attimi che gli parvero eterni, con il suo ed il profumo dei fiori bagnati di rugiada nelle narici, le bisbigliò dolce, questa volta all’orecchio, sfiorandone la punta ad ogni parola con le labbra socchiuse.

“ Luthien,…”

La chiamò per la prima volta per nome, dandole del “tu”, con disinvoltura, come se l’avesse sempre fatto, causandole un tremito nelle membra, che avvertì indistintamente, dato che le stava accarezzando i lisci capelli castani, così fini sotto le sue dita d’arciere.

“ Io ti amo, perdutamente ed incondizionatamente. E continuerò ad amarti, anche se tu mi respingerai. Perché l’amore è un sentimento che si può solo donare e non sempre ricevere. Ma non importa…”

Disse con un sorriso malinconico, intensificando la stretta del suo corpo al suo, così fragile e minuto, ora, imprigionato nella sua tenera stretta.

“ Tu sarai sempre la donna meravigliosa che amerò per tutti i lunghi anni che mi restano da vivere. Per sempre, amore mio, delizioso angelo celeste, incantevole sirena dagli occhi color nocciola, l’unica che abbia stregato il mio cuore. Tienilo, appartiene a te.”

Le bisbigliò le ultime parole fra i capelli, baciandone la radice e sospirante, commosso dalle troppe esaltanti emozioni che lo incendiavano interamente, anima, corpo e mente.

Luthien appoggiò il palmo delle mani, inerti, sul suo petto, ascoltando il ritmo calzante del suo respiro e cullata dalle pulsazioni singhiozzanti del suo cuore.

Le sue parole le avevano perforato l’anima dannata, accarezzandola con il suono modulato della sua voce limpida e pura, come il suo animo, che sentiva soffiarle dolci sussurri d’amore.

Sorrise. Si, ora sapeva, comprendeva il motivo che lo spingeva a tormentarla. Non era ossessione, non era passione. Era quello sconosciuto, quel sentimento che accomunava ogni uomo e che incendiava lo spirito guerriero dei suoi compagni e che li spingeva e li rendeva più forti.

L’amore. Chiuse gli occhi, abbandonandosi alle cure di quel folle principe elfo. Che strano sentimento.

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

 

Allora??? Allora??? Vi è piaciuto, uhm??? Un capitolo all’insegna del romanticismo. Che Luthien si sia davvero innamorata di Legolas??? Chi può dirlo!!! Non perdete il prossimo cap, sicuramente, ricco di azione. Si avvicina la battaglia e anche la fine della storia, purtroppo! T-T

Beh, pazienza!!! Non è detto che vi farò sospirare ancora molto!!! Ne vedrete delle belle, in seguito, ve lo assicuro!!! Scuola permettendo, aggiornerò più in fretta!!!

Ringraziamenti a:

Fanny91: Grazie mille per aver commentato, nonostante le difficoltà!!! Bacissimi e a prestissimo, Fuffy91!!!^__^*

Ringrazio anche tutti quelli che leggono e che seguono la mia storia e che l’hanno aggiunta ai preferiti e fra le storie da ricordare!!!

Baci baci e prestissimo, Fuffy91!!!

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