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Autore: candidalametta    23/04/2010    4 recensioni
Tomo suonava nella stanza semi buia, pochi raggi filtravano attraverso le persiane, si lasciò andare completamente per accompagnare lo strumento tra le sue dita, lasciando che i capelli gli coprissero il viso guidato dall'immaginazione quando sopperiva la tecnica. A gambe larghe nel vuoto nero di una stanza pena di strumenti muti.Non una lacrima, ma una valvola sicura per il suo odio, per il rancore, per l'inevitabile realtà di essere stati uccisi da chi credeva gli volesse bene.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Tomo Miličević
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Giorni, settimane, forse mesi. Tre ragazzi perduti in una danza contorta e difficile. Uno di loro non conosceva i passi e gli altri due dovevano fare di tutto per indirizzarlo verso il posto giusto del palco, per non fargli perdere l'equilibrio, per mantenere una certa armonia.
Roxanne ci pensava spesso, la sua visione della vicenda era questa. Passava le giornate tra un Tomo sempre più confuso ma bene accetto per le attenzioni che lei gli donava e un Leonid nervoso, scattante. Si era rifiutato di accettare con naturalezza quell'astuto gioco. Ma non poteva rivelare tutto al migliore amico, sapeva quanto avrebbe sofferto. Cercava nei limiti del possibile di allontanarsi da Roxanne, anche se ogni barriera che metteva tra loro crollava miseramente ogni volta che lei lo guardava. Perduto nel rimorso Leonid viveva a metà, intrappolato in quello che gli sembrava un brutto sogno dal quale non aveva la forza di risvegliarsi. Era costretto ad inventare bugie, una dietro l'altra, sempre, per sfuggire all'ombra scura dagli occhi di cristallo che non lo lasciava mai.

Stavano giocando come sempre in quell'ora, le divise dei ragazzi grazie al caldo di quelle prime giornate si attaccavano loro corpi rendendo difficili i movimenti. Leonid aveva già segnato a cinque minuti dall'inizio della partita, un passo dietro di lui Tomo si trovava sempre in posizione disponibile per il passaggio, ma stavolta il biondo aveva un progetto diverso.
Era stufo, stufo di dover sempre passare la palla, stufo di quegli occhi glaciali che non lasciavano un attimo la sagoma di Tomo che correva per il campo lanciando inviti impossibili da ignorare, stufo di questo assurdo gioco che gli rovinava la vita rendendogli impossibile divertirsi o semplicemente pensare ad altro.
Gli avversari posti a semi cerchio dietro il biondo, un paio ai lati di Tomo; dopo anni di partite sapevano che Leonid non avrebbe mai tirato, avrebbe passato la palla all'amico lasciando che fosse lui a segnare.
Ma per una volta decise che le cose sarebbero andate diversamente, che il gioco adesso fosse in mano sua, Tomo non poteva saperlo e come sempre in quegli anni scattò lateralmente per portarsi alle spalle di Leonid proprio sotto il canestro. I loro personali passaggi prevedevano che Leonid lasciasse la palla scivolare sotto le sue gambe per finire in mano a Tomo che ormai solo avrebbe segnato.
Ma Leonid non lasciò la palla e il moro seguendo uno schema sbagliato gli finì addosso senza volerlo.
“Leo! Ti prego scusami, ti sei fatto male?” il corpo di Tomo restò un attimo disteso sulla schiena di Leonid prima di spostarsi e controllare l'amico. Il biondo scosse la testa, si girò cercando di alzarsi ma il suo sguardo cadde sul polso piegato in modo innaturale sotto di lui nella caduta. L'arbitro-professore si avvicinò per constatare il danno, “direi che si è proprio rotto signor Oslo, è meglio che si vada in infermeria, li troveranno qualcuno che la accompagni in ospedale”.
Leonid osservò ancora la strana angolazione e annuendo silenziosamente si alzò senza aiuto rientrando nell'edificio, “aspettami Leo ...” Tomislav lo stava già raggiungendo ma Roxanne gli si avvicinò prendendo Leonid per il braccio sano e sorridendo al bruno che, in colpa e confuso, rimase dov'era.

L'infermiera sbattè un pacco di ghiaccio sintetico sul bordo della sua scrivania e lo poggiò delicatamente sul poso tumefatto di Leonid, “ora aspettami qui mentre trovo qualcuno che ti porti via ok?”, il biondo accennò ad un si, “tu ragazza mia, puoi restare se vuoi”. Roxanne ringraziò sorridente e poggiò una mano sull'avambraccio di Leonid, aspettò che la donna chiudesse la porta alle sue spalle prima di scrutare il ragazzo con gli occhi gelidi alla ricerca di una risposta. “perché non gli hai passato la palla?”, Leonid si ritrasse al suo contatto guardandola truce, “era tra le mie mani, potevo farci quello che volevo, nessuno può obbligarmi a darla a qualcun altro”, la sua espressione era inequivocabile, non era della palla che stavano discutendo.
“dovevi lasciarla andare Leo, tu non sei capace di fare canestro, puoi portarla fino ad un certo punto ma poi devi lasciarla a Tomo”bisbigliò lei mentre compiacente gli sistemava una ciocca dei capelli chiari, “perché! Perché deve avere lui quello che può essere mio? Ho lavorato tanto per questo , mi sono impegnato fino a dare tutto me stesso, io ci metto tutto quello che posso ma alla fine …”, stava urlando adesso. “voglio solo quello che mi spetta Roxanne! solo quello, non sono più disposto a restare in ombra”, la ragazza lo osservò gelida, “anche a costo di vederlo soffrire?”.
Le sue parole lo colpirono come una secchiata di acqua gelida e continuò imperturbabile, “tu lo adori, non vorresti mai vederlo infelice perché è la persona a cui tieni di più al mondo, sai che puoi perderlo in un momento… se solo lui lo venisse a sapere… vuoi davvero questo?”.
Leonid rabbrividì, sentiva il dolore crescere al polso e il viso di Roxanne farsi più vicino fino a sfiorargli il collo con le labbra.
“puoi avere solo quello che io sono disposta a concederti Leo, nei modi e nei tempi che io ti dirò, facendo ciò che dico io… come voglio io …”, “non potrai vincere per sempre Roxanne” sussurrò il ragazzo sconfitto per l'ennesima volta.
Lei non si diede la pena di rispondergli mentre gli aderiva sempre di più.
Il biondo cercò di pensare con lucidità mentre il mondo sembrava cadergli addosso, poggio il palmo della mano buona contro la spalla di lei e la spinse via. “ho accettato per troppo tempo questo accordo, non puoi continuare a farmi vivere così”, gli occhi del ragazzo diventarono più chiari con le lacrime che chiedevano solo di cadere, “perché lui può averti e io no? Cos'ho fatto per meritarmi questo, che cos'ha lui di così speciale?”, la sua voce già roca per il pianto sembrava un singhiozzo.
“perché lui mi ama incondizionatamente Leo, lui non sa cosa sono realmente, ha un cuore tenero privo di crudeltà e infamia, deve essere protetto, deve rimanere intatto nella sua purezza”, disse lei con la testa alta fissandolo negli occhi, “e per questo io dovrei vivere come un dannato? Portando un segreto che potrebbe ucciderlo? Anche io ti amo Roxanne ma di me... no, di me non hai nessuna pietà!”.
Un rumore inaspettato gli fece girare, una vaschetta di metallo giaceva a terra ancora vibrante per il contatto con il pavimento. In piedi semi nascosto da una scaffalatura di alluminio e vetro Tomo ascoltava la conversazione.

Lo so è ridicolo, sa così tanto di telenovelas messicana che sento ero tentata di inserire un personaggio che urlava “non amarme!” … ma questo è un altro delirio. Rileggendo sta roba mi viene da piangere, come ho potuto inventare una storia così patetica?. Va bene non pensiamoci, ringrazio piuttosto chi ha ancora l’ardire di leggere e ancora di più il fegato di recensire.

Luxu2,
se ti piacesse Roxanne allora si che sarebbero problemi! La verità è che è un personaggio da odiare. E anche tanto. Grazie per la tua presenza ;)

Talita;
esseri come Rox sono davvero senza redenzione, nascono malvagi e forse vanno a vanti così per problemi che anime candide come Tomo non capiranno mai. Tranquillizzati il seguito c’è e Tomo capirà anche troppo .. grazie infinite per restare qui a commentare, è davvero molto importante per me. un bacio.

voglio ringraziare di cuore Shanna e Princes ... ho provato più volte a scrivervi una mail di ringraziamento per i commenti della mia debole poesia, ma non c'è l'ho fatta. so solo che sono vostre le mie lacrime di gratitudine.
  
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