Urla, colpi di spade che cozzavano intorno a me; tutto era rosso,
ricoperto da una pesante coltre di fumo. Ero arrivata troppo tardi: i Giganti
avevano iniziato la loro distruzione di Sottomondo.
Sentivo la Regina Rossa che strillava "Tagliateli la testaa!" ma non capivo né
dove si trovava né a chi si riferiva. Correvo tra i soldati intenti a combattere
alla ricerca di mia madre, dello Stregatto della Regina Bianca....ma non vedevo
nessuno. Se provavo a chiamarli forte la mia voce si perdeva nel rumore della
battaglia.
Poi mi ritrovai all'interno di un cerchio: ero circondata da ogni creatura di
Sottomondo che mi guardava con aria tetra ripetendo sommessamente "E' tutta
colpa tua; è tutta colpa tua!"
C'erano proprio tutti: la Pecora, la Duchessa col porcellino, il Brucaliffo che
mi lanciava nuvole di fumo in faccia. E io correvo...correvo senza meta
ripetendo "No...vi prego! Non è come pensate...mi importa di voi..mi dispiace!"
Poi tutti sparirono.
Una risata tetra si diffuse nell'aria e io vidi il fante di cuori, con la gola
mozzata venirmi incontro. "Non sei riuscita a salvare neppure me, e io ti
porterò via la cosa che ami di più."
Alle sue spalle vidi il Cappellaio che mi guardava con aria triste: era lontano,
irraggiungibile, sussurrava qualcosa, ma non riuscivo a sentirlo. "Noooo!"
gridai con tutte le mie forze.
Le mie dita finalmente sfiorarono il suo panciotto colorato, ma era tutto
bagnato di sangue. Poi intorno a noi calò il silenzio più assoluto e lui mi
fissò dicendo "Parole che iniziano per m....morte."
"Tarrant!" mi alzai di botto a sedere nel letto, con questo nome sulle
labbra e con quelle immagini terribili ancora davanti agli occhi. I capelli
erano attaccati alla fronte per il sudore, il mio petto si alzava e si abbassava
rapidamente e avevo la gola secca.
Mi alzai, inciampando nella lunga veste da camera in seta bianca che qualcuno mi
aveva messo e mi guardai intorno disorientata. Mi trovavo in una grande camera
da letto, regalmente arredata: le immense finestre erano aperte, lasciando
entrare la brezza della sera e facendo intravedere il cielo stellato.
Mi versai dell'acqua fresca in una coppa d'argento e la trangugiai avidamente.
Qualcuno mi aveva lavato e curato le ferite mentre ero svenuta, probabilmente
mia madre e la Regina Bianca.
Decisi di uscire dalla mia stanza: il sonno era del tutto passato, e avevo paura
di riavere altri incubi.
Il meraviglioso castello era pressoché deserto essendo ancora notte fonda;
eppure avevo la sensazione che ogni singolo abitante fosse sveglio, attendendo
del giorno seguente con ansia.
Questo palazzo era molto diverso da quello della Regina Rossa: qui ogni cosa era
bianca, con decori argentei e fluttuanti tende di seta. Era come se ogni cosa
fosse impalpabile, non come se volesse calcare la mano sullo sfarzo e sul
potere. Era bellissimo.
Salii una scalinata di candido marmo e mi trovai in quello che doveva essere il
Gran Salone delle Udienze. Una volta in visita a Parigi avevo visto delle
immagini che riproducevano il Salone degli Specchi di Versailles, e questo posto
me lo ricordava molto. In fondo alla stanza, dietro il trono c'era un immenso
affresco che prendeva tutta la parete.
Mi avvicinai e rimasi senza fiato: esso infatti raffigurava mia madre con
indosso l'armatura da paladina, mentre, su una torre sgangherata, tagliava la
testa ad un mostruoso drago.
Mia madre era assolutamente favolosa, con un espressione serena sul volto, e
l'armatura e la Spada Bigralace che sembravano emettere luce propria. Sarei
rimasta lì a fissarlo per ore.
"Il Giorno Gioiglorioso." disse una voce alle mie spalle. Non avevo bisogno di
voltarmi per sapere che era lei.
"Se penso che ho passato tutto questo tempo a pensare che fossi matta." mi
voltai "Potrai mai perdonarmi?"
Il suo viso si aprì in uno dei suoi meravigliosi sorrisi" Tesoro mio, tutto
quello che avviene in questo mondo fa parte esclusivamente di qui; è piuttosto
logico che altrove non abbia senso." Mi accarezzò lievemente una guancia "Non
hai nulla di cui debba farti perdonare."
Poggiai la mia mano sulla sua "Credevo di averti persa per sempre."
"Lo so, e mi dispiace per questo. Ma lascia che ti mostri una cosa." La seguii
curiosa nella stanza adiacente: fui sorpresa di trovarmi in un piccolo studiolo,
completamente spoglio e senza finestre. Appeso al muro opposto alla porta c'era
un immenso specchio di vetro, che andava dal soffitto al pavimento, con una
meravigliosa cornice barocca in argento.
"Lo vedi questo specchio? E' uno specchio incantato. Ti ho sempre guardato da
qui, dal momento in cui sono arrivata a Sottomondo."
La fissa con occhi sgranati "Dunque la sensazione di non essere mai sola era
reale! Eri tu che mi guardavi?"
Mia madre sorrise."Ogni volta che eri in difficoltà, ogni volta che ti
arrabbiavi con me, ogni singolo momento....non eri mai sola."
Non sapevo se essere arrabbiata o lusingata per tanta attenzione "Anche nelle
Lande Desolate?" chiesi.
"Certo, è per questo che non devi preoccuparti; tutti noi sappiamo che non hai
colpe, e saremo pronti ad accoglierli quando arriveranno."
Stavo per chiedere notizie della lince, ma mia madre mi precedette "La regina ha
già provveduto a lui." Sorrise, e anche io con lei.
Tornammo nel Salone delle Udienze "Come hai fatto, quando hai dovuto uccidere il
Ciciarampa?" questa domanda mi premeva in gola da troppo tempo ormai.
Mia madre si avvicinò alla finestra e entrambe guardammo Sottomondo addormentato
" Tu ci hai messo molto meno tempo di me a capire che tutto questo non era un
sogno, ma era reale. Io credevo che nulla avrebbe potuto farmi del male, perché
ero io a decidere. Ma quando mi resi conto che non era così, mi sentii
disarmata. All'inizio non volevo uccidere proprio un bel niente, ero sicura che
non ne sarei stata capace. Ma a che prezzo? Volevo davvero lasciar vincere il
male su questo mondo, senza neppure provarci?"
"E' la stessa cosa che ho pensato anche io. Ma stavolta è diverso! E' una
donna..." mi lamentai.
"Uccidere un essere umano è più semplice che uccidere un drago, materialmente
parlando." sussurrò mia madre.
Mi voltai e fissai sconvolta il suo profilo sereno. "Le cose qui funzionano in
un modo che non puoi sforzarti di comprendere. Se una ragazza è riuscita a
sconfiggere un drago, senza aver mai impugnato una spada, perché dovresti
fallire tu?" mi disse.
"Non ho paura di fallire, ma di riuscirci. Potrei davvero convivere con tutto
questo?"
"Io l'ho fatto." disse mia madre, poi si voltò e mi fissò coi suoi occhi azzurri
"Io e te siamo molto più simili di quanto la gente pensi. Lo so che tu non hai
mai pensato a sette cose impossibili prima di colazione, o che non hai mai
davvero odiato la vecchia società di cui facevi parte. Ma sei venuta in questo
mondo, hai affrontato con coraggio le peggiori situazioni, hai preso il tea con
un Cappellaio Matto e hai cambiato statura un sacco di volte. E non l'hai fatto
con la logica, l'hai fatto con il cuore. " mi sorrise. "Elise, se c'è una cosa
che ci accomuna entrambe non è la fantasia, ma il forte senso di giustizia. E io
ho visto quello di cui è capace Iracbhet?. Se non sarai tu a mettere fine a
questa follia, sarà lei a mettere fine a Sottomondo. Ti prometto una cosa: se
riuscirai a sconfiggere la Regina Rossa e a salvare questa terra una volta per
tutte, io ti rimanderò a casa, a Mondo di Sopra e tu non ricorderai più nulla.
Sarà solo come un sogno sbiadito."
La guardai stupefatta "Si può fare?"
"Certo, per me è stato così la prima volta. Ma solo se è quello che vuoi
realmente. Io vorrei che tu restassi qui con noi per sempre, ma non posso
trattenerti se non è quello che vuoi."
La guardai con tristezza "Tu non torneresti con me?"
Lei scosse la testa "Il mio posto è qui, tesoro, in questa gabbia di matti. Se
sono rimasta nel Mondo di Sopra tanto a lungo è stato solo per non lasciarti
sola. Ma ora sei una donna, e sai cavartela benissimo da sola, senza bisogno
ascoltare i miei consigli. Ti guarderei dallo specchio, certo, ma non penso che
mi condannerei ad altri anni di sofferenza."
Le sorrisi "Non te lo chiederei mai, so bene che il tuo posto è qui. Non abbiamo
più nemmeno la Compagnia..." sussurrai. Non avevo il coraggio di guardarla in
faccia.
Invece sentii la sua classica risata argentina "Avrei fatto la stessa cosa al
tuo posto. Perdonami per non aver inquadrato prima quell' Henry." mi abbracciò
calorosamente. "Sei ancora così giovane, tu puoi rifarti una vita lassù" mi
sussurrò all'orecchio "Ma sappi che se scegliessi di rimanere qui, saresti
felice lo stesso."
Rimanemmo abbracciate a lungo, fino a che non spuntarono le prime luci
dell'alba. Avevamo parlato quasi tutta la notte, eppure sentivo che c'erano
ancora tante cose da dire.
Un improvviso suono ci riscosse: l'ampia porta si era spalancata, lasciando
entrare la Regina Bianca col suo seguito.
Mi staccai da mia madre e feci un profondo inchino "Vostra Maestà."
Era la Grazia fatta persona, non c'erano altre parole per descriverla.
"Finalmente ho il piacere di incontrarti, Elise. E' molto che sento parlare di
te."disse dolcemente, sfiornadomi la fronte.
"Sfortunatamente non sono ancora stata in grado di dimostrare il merito della
grazia che mi avete concesso, Maestà." feci tristemente.
Un dolce sorriso si aprì su quelle labbra scure. "Al contrario mia cara. Molti
sudditi sono venuti qui, dopo averti incontrato, assicurandomi che tu sei
un'ottima paladina, degna di tua madre. Per i ringraziamenti, non preoccuparti.
Già il fatto che tu sia andata nelle Lande Desolate è abbastanza." sospirò
"Spero solo che riusciremo a mettere fine a quest'incubo una volta per tutte."
Aveva un'aria così triste, che mi venne voglia di consolarla.
"Dicci cara, come sono andate le cose dall'altra parte del muro?" una voce calda
e profonda mi giunse da sopra la mia testa.
Non potei fare a meno di sorridere e alzare lo sguardo "Stregatto! Dimmi la
verità ti sono mancata?" chiesi ammiccante.
"Scommetto una tazza di tea che esiste una persona a cui sei mancata di più"
disse muovendo la testa, sornione.
Il mio sguardo in quel momento si posò sul Cappellaio, che stava fermo in un
angolo della stanza, con gli occhi bassi sulle mani, mentre girava nervosamente
le dita.
Mi avvicinai lentamente "Ehi! Hai visto che sono tornata? Te l'avevo
promesso..." dissi dolcemente, come parlando ad un bambino.
Il Cappellaio alzò i suoi occhi verde smeraldo, che erano ancora più brillanti
di quello che ricordavo, puntandoli dritti nei miei e mi fece un largo sorriso.
"Sapevo che saresti tornata! E devo dire che trovo anche molto più.....moltosa."
Scoppiai a ridere, dopo quella mi sembrò una vita.
"Io ho mantenuto la mia promessa, ora tu devi mantenere la tua."
"Non preoccuparti. Durante la tua assenza oltre a riflettere sulle somiglianze
tra corvi e scrivanie; ho pensato a centinai di cappelli da farti..." poi la sua
espressione si rabbuiò "Ma nessuno mi sembrava giusto per te." mi fissò "Ora che
sei qui però, potrò prendere le giuste misure e farti un cappello
meraviglioso..con la stoffa del colore dei tuoi occhi...stoffa...cappello...o."
sembrava come perso in ragionamenti contorti.
"Cappellaio!" la voce di mia madre fece sobbalzare anche me, che ero intenta a
fissarlo.
"Oh! Scusate." sorrise a trentadue denti.
Il sospiro della Regina Bianca ci riportò alla realtà "Dobbiamo ultimare i
preparativi."
Non fece in tempo a finire la frase che entrò un cane di corsa, seguito dal
Coniglio Bianco. "Bayard!" mia madre si precipitò verso di lui: aveva la lingua
a penzoloni per la folle corsa.
"Sono alle porte Vostra Maestà, stanno arrivandooooo!" urlò il Coniglio Bianco
fuori di sé.
Mia madre mi guardò "Vai a preparati Elise."
Non riuscivo a muovere un muscolo, mentre intorno a me si scatenava l'inferno.
"Stregatto vai a controllare che i perimetri siano ben coperti dai soldati.
Bayard, lo so che sei stanco, ma bisogna avvertire i Jack e gli Alfieri di
prepararsi alla battaglia. Bianconiglio tu vai all'armeria. Ghiro, mettiti in
posizione sotto le mura, a capo dei topolini. Alice, tu vieni con me a
controllare le pozioni magiche per far rimpicciolire i Giganti." la Regina
Bianca impartiva ordini con calma e sicurezza.
Sentii una mano gelida afferrare la mia e mi lascia trascinare fuori da quella
stanza.
I corridoi bianchi si alternavano a porte di legno scuro. Dovevo prepararmi.
Dovevo andare a combattere e uccidere la Regina Rossa.
Guardai davanti a me e mi resi conto che era il Cappellaio quello che mi stava
guidando con sicurezza nel palazzo.
"Non dovresti essere anche tu là fuori, da qualche parte?" chiesi con voce
tremante.
"Il mio compito è quello di proteggere la paladina." esordì serio.
Non sapevo se scoppiare a ridere o mettermi a piangere. Chi mai vorrebbe un
Cappellaio Matto come guardia del corpo?
Ci fermammo davanti alla porta della mia camera. "Siamo arrivati. L'armatura e
la Spada Bigralace sono già dentro." disse calmo.
Non volevo staccare la mia mano dalla sua, così la strinsi ancora più forte.
"Cappellaio, ho paura." sussurrai con voce tremante. Avevo lo stomaco annodato e
la mente vuota; tutto quello che sentivo era solo un terrore paralizzante. "Non
sono ancora pronta." mi lamentai.
"Quando mai lo si è?" mi rispose.
"Ho la testa affollata da mille dubbi....e se non ce la faccio?" chiusi gli
occhi e inspirai a fondo "Sono stanca di avere paura. E' da quando sono nata che
ho paura. Ho imparato a nasconderla dietro la mia facciata di razionalità e
buone maniere...ma non l'ho mai affrontata veramente." era la prima volta che
avevo il coraggio di dirlo ad alta voce a qualcuno.
"E di cosa hai paura?" mi chiese curioso il Cappellaio.
"Non lo so... Quando ero piccola avevo paura di diventare matta, come mia madre;
avevo paura che la gente mi parlasse alle spalle. Ora ho paura di non farcela,
di non essere io la persona che stavate aspettando." il nodo alla gola era
sempre più stretto, ma non volevo piangere di fronte al Cappellaio.
Lui mi sorrise e mi prese il volto fra le mani "Non devi preoccuparti, davvero!
Ti rivelo un segreto: tutti i migliori sono matti." disse con entusiasmo " E poi
credimi " aggiunse, spostandomi i capelli dalla fronte "E' tutta la vita che ti
stiamo aspettando." Si avvicinò a me ulteriormente, e i suoi occhi elettrici
sembravano ancora più grandi. Anche da così vicino il suo viso non aveva una
ruga: sembrava fatto di pura porcellana bianca, che contrastava terribilmente
coi suoi capelli arancioni, eppure non riuscivo a trovarlo strano.
"Non sei sola, Elise. Anche lì fuori, ci saremo tutti noi al tuo fianco. Faremo
in modo che tu possa avvicinarti alla Regina Rossa il più possibile, senza
problemi.”
“E come farete a tenere impegnati i Giganti?” chiesi senza fiato. Oramai era a
due centimetri dal mio viso.
Si allontanò così bruscamente da me, che per lo spavento quasi caddi
all’indietro.
“Teoria dell’elefante!” gridò.
Sbattei un paio di volte le palpebre senza capire, ma lui si limitò ad aprire la
porta della mia camera e a spingermi dentro. “Non preoccuparti, mia piccola
Elise. Non è la prima volta che combattiamo contro quella Maledetta Capocciona.
Spesso sottovalutare dei pazzi è l’errore più grande che si possa compiere in
battaglia.” Scomparse chiudendo la porta, con un sorriso folle sul volto.
Sospirai: non mi ci sarei mai abituata.